Tuesday 29 July 2008

Biancaneve

C’erano una volta un re ed una regina.
Una volta, d’inverno, mentre ricamava, la regina si punse un dito. Tre gocce di sangue caddero sulla neve, e fu così che ella desiderò una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue e nera come l’ebano.
Un anno dopo, la regina diede alla luce una bambina dalle labbra scarlatte come il sangue, dai capelli neri come l’ebano e dalla pelle bianca come la neve. Il nome che le diede era Blanche Neige.
Labbra rosse come il sangue, pelle bianca come la neve…
…ma anche il suo cuore era nero come la tenebra.

Ludwig: Blanche Neige 
Apertura sfogo:
Uno dei miei difetti principali è che sono una persona pigra e abitudinaria.  Spesso non ho voglia di fare un piccolo sforzo per migliorare la mia vita, e tendo a ricadere in tentativi di mantenere le cose nel modo in cui sono. Senza, peraltro, accorgermi di quanto questi tentativi richiedano una quantità di energie ed una mole di sotterfugi più o meno leciti molto maggiore che non semplicemente andare avanti con buona pace di tutti. Così, devo impegnarmi a fondo nella recita e fare di tutto per ottenere il riflettore sul palcoscenico dell’abitudine. Devo lasciar lenti i fili dei miei burattini per dar loro l’illusione del potere e rendere impercettibili e dolci le mie manovre su di loro.
Chiusura sfogo.

Ma torniamo alla nostra storia.

La piccola Blanche è piuttosto precoce. È indubbiamente molto determinata, e per giungere al suo obiettivo, ovvero la consapevolezza di essere la più bella, di essere quella che piace a tutti più di tutti, ed una vita agiata nella quale coltivare la propria bellezza, non esita a sfruttare gli altri, anche in senso sessuale (non perdonerò mai, a questo riguardo, gli adattatori italiani che hanno censurato la scena in cui a sette anni si fa il padre sotto gli occhi della regina), fingendo interessamento e sentimenti a destra e a manca, rubando gli amanti alla mamma per il puro gusto di ferirla, schiavizzando i sette nani (altro che pulirgli casa!), ammazzando (e imbandendo in tavola) i sicari che la regina le manda contro senza batter ciglio. È fredda e calcolatrice, e sfrutta il proprio fascino e le sue doti teatrali senza alcun ritegno, senza remora, senza scrupoli. All’occorrenza, però, quando sa che la cosa può essere più vantaggiosa, smette di fingere ed inizia ad essere gelidamente schietta, distruggendo i castelli di carte che le persone intorno a lei avevano costruito con cura per proteggere la propria fragilità. Talvolta, inoltre, finge di essere totalmente in loro potere, solo per dar loro quel margine di sicurezza fatale, e riuscire a manovrarli subdolamente nell’ombra, dimostrando che, piuttosto che subordinata, è in realtà la padrona nell’ombra (questo genere di rapporto si rivela sia con la madre, quando finge di farsi avvelenare, sia col suocero, al quale si concede e cui permette di conquistare il regno del padre solo per poter essere lei regina).
La sua nemesi è unicamente una persona che la sovrasta in tutte le sue qualità, positive e negative, e che, alla fine, la conduce alla morte. Ma non tutti incontrano il principe Ludwig sulla loro strada…

…per cui, c’è chi riesce a vivere per sempre felice e contento.

Sunday 20 July 2008

Live from London

Hello there!

So, Gin and I are still alive and… wait a second… well, bene, modalità Italiano inserita, perfetto.
Riprendiamo: Gin e io stiamo bene e ci stiamo divertendo un botto. Ho speso qualcosa nell’ordine di 240 sterline in vestiti al mercato di Camden Town, ma ne è decisamente valsa la pena. Oggi abbiamo fatto un giro al cimitero di Highgate e abbiamo fatto un servizio fotografico che è uno spettacolo. Fra l’altro, suppongo che solo io e lei potevamo trascorrere più di tre ore e mezza lì dentro!
Il tempo è semplicemente spettacolare, a parte oggi è quasi sempre nuvoloso, e la temperatura non sale mai oltre i venticinque gradi, consentendoci di girare tranquillamente con gli anfibi, Gin con le calze e le maniche lunghe, io con la camicia ed il gilet in velluto. Senza contare che raramente qualcuno si gira a guardarci con gli occhi fuori dalle orbite… Insomma, cosa si può desiderare di più?
Io lo so! Se ci fosse anche mon amour, la vacanza sarebbe perfetta.

Non c’è molto altro da dire, per cui stacco e cedo il piccì a Gin. See you later, dears!

Monday 14 July 2008

A/O

Presentati, il giorno dell’esame, munita/o di un documento di identità valido. La tua domanda si intenderà sottoscritta con la tua firma di presenza in quella sede.

Cristo, ma cosa diavolo è quest’idiozia sul modulo d’iscrizione all’università? Da quando si mette a/o al posto di o/a? E il prossimo passo quale sarà, dare i sostantivi e gli aggettivi al femminile sui dizionari? Cantare “Sorelle e fratelli d’Italia” nell’inno nazionale (come se non suonasse già abbastanza ridicolo, sembra un inno da banda di paese)? R I D I C O L O.

Se non si era ancora capito, me la sto prendendo per minchiate perché è una giornata del cazzo già dalla mattina, iniziata con uno scombussolamento dei miei piani, continuata con un altro scombussolamento dei miei piani, e ora con uno scombussolamento linguistico. Cazzo, non vedo l’ora di andare a Londra e dimenticarmi per una settimana dell’Italietta e delle sue cazzate, della Mater e sella sua irruenza, e di tutto.

Sunday 13 July 2008

Eléanor

Una decina di voli con relativo schianto al muro, qualche graffio, un paio di tagli profondi e numerosissime ammaccature in più.

Cazzo, di questo passo dovrò cambiare di nuovo la cover del cellulare.







The quicksand of life drags us down into the circle.
One day, one day we might not catch you.

[...]
I am starting to get sick of you.

I miss…

Mi manca quella giornata luminosa, in cui l’oro dell’erba secca si sposava con l'azzurro pallido del cielo, e i cespugli verdi si abbinavano magnificamente. Ed era bellissima la luna ponente, azzurrina nel cielo del pomeriggio.

Non sono di buon umore, stasera.
 
Sulla strada per Sassari Town...

Monday 7 July 2008

Sogni strani

Oggi, miei cari lettori, vi proponiamo una nuova puntata della serie “Visita l’inconscio anormale di Alessandro attraverso i suoi sogni”.
Scherzi a parte, ho appena fatto un sogno ambientato in una delle mie epoche storiche preferite, per cui ci terrei a fissarlo da qualche parte, anche se è assurdo, per certi versi inquietante, e soprattutto molto, molto confuso.

La prima scena che ricordo è al buio completo, sotto un cielo stellato. Inconsciamente, so che si svolge a Torino. È molto in alto (la Mole? una torre?), tanto che si intravedono, lontanissime, le luci di Parigi (sì, lo so che è assurdo, ma è un sogno, dopo tutto, no?). Ad una certa, ci sono delle piccole esplosioni sul cielo sopra la lontana città, e Dorian (perché c’è lui, in quel punto elevato, assieme ad un altro uomo che per istinto so essere un certo T.) mormora: “È iniziato”.


Cambio di scena. Il nostro bel Frisson (inquadrato dal basso) si trova sotto i mirabolanti giochi pirotecnici che illuminano il cielo di Parigi per il capodanno del 1900. Siamo quindi in piena Belle Epoque, ma sebbene i fuochi siano spettacolari, Frisson non se li gode, pensando a Dorian che è da qualche parte lontano (suppergiù le stesse emozioni che prima provava Dorian).



Fin qui, a parte che Parigi si vede da Torino, nulla di strano, c’è solo un mezzo spoiler del capitolo 19 del mio racconto, ma nulla di ingestibile. A questo punto, iniziano i problemi: Frisson non è più Frisson, ma un personaggio femminile che riesco vagamente ad assimilare a Stephanie Gray de La Dama col Mantello di Mary Balogh, o per lo meno ad una Stephanie prima di diventare governante, ereditiera o sposare il Duca (fate conto che è un mezzo Harmony, quel libro, quindi c’è roba di questo genere). Finiti i fuochi, la nostra ragazza si incammina verso casa. Anche se provo a fare mente locale, non ricordo di preciso cosa sia accaduto, ma, forse per tagliare un po’, la ragazza entra in una via che sembra distinta, ma è deserta. C’è solo uno stuolo di marmocchi alla Les Misèrables che giocano. D’istinto, io (perché a quel punto, da spettatore mi sono trovato nella protagonista - e non in senso sessuale) capisco che mi vogliono scippare, ed accelero il passo. Uno dei marmocchi tira fuori un coltello a serramanico, e prende ad inseguirmi.
Dato che non sono una stupida (dopo tutto, a fare il sogno continua pur sempre ad essere un maschio, insomma!), io mi preparo a difendermi, stringendo la borsetta, con la quale avrei potuto colpire l’aggressore (in fondo, è solo un bambino... e non credo che agli inizi del Novecento le donne andassero più in là di questi metodi contro gli aggressori, quindi non pensate che io sia una checca isterica, per favore). Attraverso la strada da sinistra verso destra, e scorgo che per mia fortuna ci sono delle transenne, inizio a spostarle nella speranza di ostacolare così l’inseguitore (da notare che gli altri bambini seguono a distanza con interesse).
A questo punto, non ricordo una sequenza – che, essendo un sogno, potrebbe non esserci nemmeno stata, dato che nei miei sogni i cambi di scenario improvvisi sono molto frequenti – e mi ritrovo in un vicoletto dall’aria poco raccomandabile (probabilmente, per quanto a sognare fossi io, un ragazzo, la nostra protagonista resta pur sempre una donna e si è cacciata nei pasticci per un difetto costituzionale). Il marmocchio inciampa mentre mi insegue, sbatte la testa e sviene. Gli amichetti iniziano a strillare attirando gli adulti. Io capisco al volo che non cercano altro che la scusa buona per aggredirmi, e il ragazzino svenuto è un invito a nozze. Mentre una dona terribilmente volgare  si avvicina al bimbo (in qualche modo, io so che non si è fatto niente e finge), io me la do a gambe, infilandomi in un vicolo laterale.
Questa parte è stata la più inquietante del sogno, perché si sa, quando una persona tenta di correre in sogno è semrpe, terribilmente lenta. Ricordo di essere corsa prima svoltando a destra, poi a sinistra, poi di nuovo a sinistra, a destra, e sinistra, pensando che un percorso quanto più irrazionale possibile avrebbe giocato a mio favore. Tuttavia, ad una certa, mi rendo conto di essermi perso (in questo momento sono di nuovo Frisson).
Ma una mano dall’alto non tarda ad arrivare, mentre seguo quello che sembra un vicolo cieco, mi accorgo che c’è un’entrata secondaria della metropolitana parigina (e qui sono di nuovo Stephanie).
Mi ci fiondo ringraziando chi di dovere, pago l’ingresso, e continuo a correre sotto terra. A quel punto, arrivo ad una specie di cafè, dove per qualche motivo che non ricordo, arriva la madre del bimbo. Io, contando sulla scarsa illuminazione del vicolo, le do le spalle, sperando di passare inosservata. La barista, capendo cosa sta succedendo e che in realtà si tratta di una mezza truffa, mi da dei vestiti con i quali mi camuffo da ragazzo, precisamente da suo figlio. A quel punto, mi chiede di portare una cosa al controllore dei treni, facendomi l’occhiolino, io annuisco e corro
verso i treni. La stazione, in marmo chiaro, è in squisito Stile Liberty (anche i miei sogni devono essere artisticamente curati, cosa credete?), ed io mi precipito verso una porzione della sala d’attesa, accanto ai binari (che sono alla mia sinistra) divisa da quella dove mi trovo e ci sono le scale (quindi più esposta) da un massiccio pilastro. L’istinto mi suggerisce di nascondermi dietro il pilastro, dove c’è un incavo che mi cela completamente, e vedo arrivare i vagoni del treno, in legno e dal sapore squisitamente Belle Epoque. Faccio per fiondarmici sopra, ma l’istinto mi suggerisce di restare nascosta. Infatti, arrivano tre uomini strillanti, che intuisco essere il padre e due fratelli grandi del marmocchio cencioso. I due giovani salgono sul treno (e io ringrazio di non esserci salita), mentre il padre inizia a strillare con tono da tragedia alla folla (che mi copre) dicendo che gli hanno quasi ucciso il figlio e altre cose del genere. A quel punto, mi sveglio.
 
Ed è tutto per questa puntata di “Insieme nel subconscio turbato di Alessandro”, grazie per l’attenzione, arrivederci alla prossima pubblicazione.

Sei nato negli anni 80 se…

Grazie a Veronica per la segnalazione!



Su, quanti di voi si riconoscono? Io le avevo quasi tutte, a partire dal Nintendo 64 e le Lego, per continuare con Sailor Moon, Carmen San Diego, le MicroMachines, i Kinder Sorpresa, le schede telefoniche… aww! *-*

Friday 4 July 2008

Diplomato

Finita. Con novantotto centesimi. Un voto di tutto rispetto.
Ho il diploma in mano, ho il tanto celebrato pezzo di carta, e posso andare avanti, lasciandomi alle spalle il liceo. Anche perché, alla fine, mi ha dato solo quello, né più, né meno.


Con tutta la buona volontà, non posso dire diversamente. In cinque anni, non ho trovato una benemerita seppia, in quella scuola, nulla che abbia una qualche rilevanza di qualunque tipo nella mia vita. La cultura generale ce l’avevo e ho continuato a farmela per conto mio, l’Inglese l’ho imparato per conto mio, l’amore per l’arte l’avevo già dalle medie, Oscar Wilde l’ho scoperto da solo, le amicizie sono nate pressoché tutte in altri ambiti, l’amore a maggior ragione, la passione per la fotografia ancora di più, la musica è un altro pianeta rispetto alla media lì dentro, il libro l’ho concepito in tutt’altro ambito, la maturazione interiore è avvenuta da tutt’altra parte (per la serie: Extremelot ha avuto un’incidenza maggiore e maggiormente positiva sulla mai vita che non il liceo), e potrei andare avanti fino a esaurimento caratteri.
L’unica cosa che davvero mi resta di quella scuola è la filosofia che mi ha insegnato Monica, per il resto nulla più.

Beh, let’s just move on. L’otto luglio mi iscriverò all’università e l’intera questione liceo sarà superata.
Resta solo un dettaglio che mi fa sorridere: quel numero Ci accomuna. :)

Thursday 3 July 2008

A volte ritornano

Mi sono accorto di aver fatto le cose alla spicciolata.

Prima per paura.
Poi per attaccamento.
Poi per ricordo.
Poi per abitudine.
Poi perché non me ne fregava più.
Poi perché non ci pensavo talmente più che me n’ero dimenticato.

Chiacchierando con una persona a cui voglio molto bene, mi sono reso conto che, qualche volta, anche a distanza di anni, ritornano.
E mi sono accorto che non avevo cancellato l’invito. Non perché ci tenessi ancora, ma solo perché era una cosa che ormai non mi tangeva più e l’avevo dimenticata. Così, per eliminare anche l’ultimo legame, dopo messaggi, contatti, numeri, cronologia di messenger, fotografie, e quant’altro, ho chiuso definitivamente la porta. Nessun ritorno.
Non che prima fosse più aperta, in effetti, quindi diciamo che ho fatto un po’ di potatura.

A dire la verità, mi sembra puerile aver sollevato un tale polverone per tanto tempo per una cosa che, a ben vedere, non è mai stata nulla di eclatante.
Quanto ero piccolo…

Tuesday 1 July 2008

Sleep

Hear your heartbeat
Beat a frantic pace
And it’s not even seven AM.
You’re feeling the rush
Of anguish settling,
You cannot help showing them in.
Hurry up, then,
Or you’ll fall behind and
They will take control of you,
And you need to heal
The hurt behind your eyes,
Fickle words crowding your mind.

So
Sleep, sugar, let your dreams flood in
Like waves of sweet fire, you’re safe within.
Sleep, sweetie, let your floods come rushing in
And carry you over to a new morning.

Try as you might,
You try to give it up,
Seems to be holding on fast.
It’s hand in your hand,
A shadow over you,
A beggar for soul in your face.
Still it don’t mater
If you won’t listen,
If you won’t let them follow you.
You just need to heal,
Make good all your lies,
Move on and don’t look behind.

So
Sleep, sugar, let your dreams flood in
Like waves of sweet fire, you’re safe within.
Sleep, sweetie, let your floods come rushing in
And carry you over to a new morning.

Day after day
Fickle visions
Messing with your head,
Fickle, vicious.
Sleeping in your bed,
Messing with your head,
Fickle visions,
Fickle, vicious…

Sleep, sugar, let your dreams flood in
Like waves of sweet fire, you’re safe within.
Sleep, sweetie, let your floods come rushing in
And carry you over to a new morning.

Sleep, sugar, let your dreams flood in
Like waves of sweet fire, you’re safe within.
Sleep, sweetie, let your floods come rushing in
And carry you over to a new morning.


[ Poets Of The Fall ]

Mi viene in mente un bel ricordo ascoltando questa canzone.