Wednesday 30 September 2009

Piccole vendette

Ho aspettato fino all’ultimo a scriverlo per banalissima, volgare, dozzinale scaramanzia, ed oggi che finalmente tutte le più pressanti incombenze di stampo burocratico sono state finalmente espletate, posso annunciarlo: il mio posto nella casa dello studente di Trieste è salvo. Non solo, ma ci saranno non pochi cambiamenti: mentre, infatti, io mi spaccavo la schiena sui libri per preparare gli esami che mi hanno poi effettivamente consentito di conservare la mia accogliente stanza dai pavimenti in linoleum blu e la magnifica vista su Trieste che spazia dalle lontane colline di Cattinara sino al mare e la Slovenia, passando per i colli di San Giusto e una buona parte della città, il mio adorato dirimpettaio talebano e truzzo, quello del quale mi lamento sin dallo scorso novembre, ovvero da quando sono arrivato qui, si dilettava giocando a calcio o a basket nel parcheggio dell’ERdiSU, perdendo tempo con i suoi amichetti sulle panchine nel corridoio dall’alloggio alla mensa, leggendo i giornaletti sportivi e, soprattutto, in simpatici tentativi di farmi venire l’orchite con la sua decisamente poco gradita musica araba da discoteca sparata a tutto volume con degli amplificatori tali da far vibrare il linoleum blu del pavimento, incurante di che ora fosse e del fatto che intorno a lui poteva esserci gente che studiava, riposava o simili.

Ebbene, per dimostrare che il karma esiste, che tutto torna indietro, che what goes around will come around, poche settimane fa mi è stato comunicato da un’altra studentessa che alloggia qui e con la quale pranzo volentieri che il simpatico individuo di cui sopra non aveva racimolato in tempo i crediti necessari a confermare il posto alloggio e sarebbe quindi stato sbattuto fuori a fine mese. Inutile dirlo, nonostante fossimo in piena mensa mi sono messo a ridere stile assatanato come il Dottor Tomoe! Non solo perché finalmente mi libererò di lui e della sua maledetta musica (e con chiunque lo sostituisca non avrò certo la pazienza dimostrata con lui, ma anzi, essendo l’ultimo arrivato sarà subitaneamente messo in riga), ma soprattutto perché gliel’ho tirata addosso io, con un tale odio ed una tale ferocia che alla fine si è avverata! (O, molto più probabilmente, era solo facile da prevedere che sarebbe finita così, considerando il diverso modo in cui abbiamo trascorso il nostro tempo a giugno e luglio).

Così, ogni singola volta che l’ho incontrato in questi giorni, ho goduto della sua aria mogia e abbattuta, e sebbene nel vederlo continuassi a guardare avanti come se non esistesse, con la coda dell’occhio lo osservavo con cura, e appena gli davo le spalle le mie labbra si piegavano in un ghigno di tale crudeltà da essere un capolavoro espressivo. E ho esultato nel vederlo trascinare già i suoi piccoli trolley pieni di roba, mentre io non vedevo l’ora di rientrare nella mia bella camera con bagno privato e vista panoramica, il cui affitto costa solo 80 euro al mese, per tirare fuori dall’armadio i libri, che avevo nascosto affinché superassero indenni la mia assenza ad agosto e avevo lasciato dentro fino ad oggi per scaramanzia, per allinearli solenni e ordinati sulle mensole della mia libreria, e disfare la valigia mettendo gli abiti al loro posto nel guardaroba.

Chissà se lui, incontrandomi giù poco prima che iniziassi a scrivere questo post, ha notato il trionfo nel mio incedere, la piega sadica delle mie labbra, la totale assenza di compassione o partecipazione fra miseri che ci si potrebbe aspettare in simili frangenti nei miei occhi, l’odio e il disprezzo ch la sua sola vista mi suscitano. Chissà se dove andrà ad abitare ora riceverà finalmente da qualche vicino esasperato quella batosta che a lungo mi sono trattenuto dal dargli io stesso, prima perché ero l’ultimo arrivato, poi per amor del quieto vivere, poi perché dovendo studiare non avevo tempo per andare a litigare, e nell’ultimo mese perché ormai non restava che tener duro e attendere con pazienza che levasse le tende. Chissà se si ritroverà di nuovo sul marciapiede a causa della sua stupidità e mancanza non dico di educazione, ma di senso del vivere civile.

Caro Ali il Discotecaro, te lo auguro di tutto cuore. E non (solo) perché sono crudele, ma perché dopo nove mesi di gestazione fatti di biglietti sotto la porta e ripetute volte in cui sono venuto a bussare da te pregandoti di tenere il volume basso e sortendo effetto, nel migliore dei casi, solo fino al giorno dopo, la mia piccola vittoria morale me la voglio godere tutta.

Ai Lòv Iù

The Game by ~Wiegenlied
Accidenti, sono già due anni... Non è vero, Bloempje mia?

Ti voglio bene.

Tuesday 29 September 2009

Narziß und Goldmund

In primo luogo, lo legava e lo frenava l’orrore per quegli insegnanti e quei monaci che non di rado si innamoravano di scolari o di novizi. Egli stesso aveva sentito più volte con ripugnanza sopra di sé cupidi occhi di uomini attempati. Più volte aveva opposto alle loro gentilezze e alle loro moine una tacita difesa.
Già dalla squisita pertinenza di questa citazione del capitolo II del Narciso e Boccadoro, ho capito che io e Hesse saremmo andati moooolto d’accordo.

Dovrei vergognarmi del fatto che l'ultimo post con tag letteratura che ho messo sul blog risalga al 6 luglio e contenga due citazioni di libri che conosco ormai a memoria, e quello precedente al 12 giugno e citi un racconto di poche pagine. Per il resto, complice la mancanza di tempo e la necessità di far riposare il cervello con letture poco impegnative, in questi mesi mi sono dato al riciclaggio compulsivo della mia libreria già trita.
Ed è per questo che Narciso e Boccadoro di Hesse, che avevo comprato ancora in primavera, ha continuato a fare la polvere sullo scaffale della libreria fino a che non ho deciso di portarlo con me in Germania… dove ha ripreso a fare la polvere, stavolta sul comodino, perché lì non avevo decisamente tempo da dedicargli. Così ho deciso solo ora di mettermi a leggerlo e non me ne sono pentito: è davvero un bel libro e mi sta prendendo molto. Purtroppo, con gli esami in mezzo ai piedi la testa è quella che è, per cui sto procedendo a rilento e dopo una notte di lettura non sono ancora a metà, ma almeno posso leggere qualcosa.

Devo ammettere, però, che il titolo è fuorviante: mi aspettavo che fosse focalizzato molto di più su uno stretto rapporto di amicizia che avrebbe fatto correre a briglia sciolta la mia immaginazione e dato molto materiale su cui ricamare, per cui sulle prime mi aveva lasciato perplesso che le avvisaglie di un possibile sviluppo omoerotico del rapporto fossero sventolate con tanta enfasi da non lasciare nemmeno spazio alla fantasia; ma le cose hanno preso una piega decisamente inaspettata, per cui lo sto leggendo con vivo interesse. Il libro non si concentra sull’amicizia fra i due protagonisti, che viene bypassata abbastanza alla svelta, quanto piuttosto sul viaggio di crescita interiore di Boccadoro, che occupa la maggior parte della narrazione almeno fino al punto a cui sono arrivato. Narciso, invece, è un personaggio abbastanza inutile che, a differenza dell’amico, non presenta alcuna sorpresa. Il suo unico ruolo è risvegliare l’io del vero protagonista e, nel farlo, non ha nemmeno un ventesimo dello spessore letterario di un Lord Henry Wotton. Lo lasciamo là dove l’abbiamo trovato, né più né meno, e l’amicizia con Boccadoro sembra scivolargli addosso senza lasciargli nulla, senza arricchirlo minimamente né in termini umani, né in termini letterari. Il tentativo che fa Hesse di dargli carattere aggiungendo alla sua ascetica perfezione quel presunto orgoglio malamente represso non è sufficiente a salvarlo dall’essere scialbo perfino nel ruolo di plot device.
Detto questo, dimenticando forse che ho a che fare con un libro degli Anni Trenta e non dell’Epoca Vittoriana, non mi aspettavo che fosse così audace in molti punti: le scene erotiche o, comunque, osé non mancano e non sono nemmeno eccessivamente censurate, una cosa che non mi aspettavo e che mi ha piacevolmente colpito.

Ad ogni modo, prometto che cercherò di essere meno pigro e riprendere a leggere quantità accettabili di libri. Purtroppo, come ebbi già modo di scrivere sul blog, l’università non è come il liceo, dove avevo le mie cinque ore quotidiane di lettura garantita, e sinceramente mi farebbero comodo delle giornate di quarantott’ore per poter leggere in santa pace, ma non credo non sia fattibile. Il prossimo libro sulla lista è À Rebours di Huysmans, dopo di che cercherò di darmi alla traduzione italiana del Satyricon di Petronio, che attende ancora da prima degli esami di maturità. Devo rimettermi in carreggiata.

Sunday 27 September 2009

L’amore ha età. E le cretine non hanno cervello.

Ormai è confermato, è destino che io debba piacere alle donne: se alla Jota l’unica a rivolgermi dei complimenti (o meglio, letteralmente coprirmi di complimenti, col mio ego che si gonfiava stile palloncino all’elio) è stata una donna, qualcosa di anormale deve esserci. Peraltro, era pure una signorina quarantaduenne, la quale ha fortunatamente avuto il buonsenso di riconoscere che si sarebbe innamorata di me “se avesse avuto vent’anni di meno”. Cara mia, hai guadagnato tanti punti nel riconoscere che per un ragazzo di vent’anni nel fiore della sua bellezza e giovinezza con uno spiccatissimo complesso di Dorian Gray tu sei decisamente fuori fascia massima. L’avesse capito anche il vecchio che all’altra Jota ha cercato ripetutamente di abbordarmi (e peraltro in maniera decisamente troppo diretta), probabilmente si sarebbe evitato di vedere la scintilla di disgusto nei miei occhi mentre rispedivo pazientemente al mittente il braccio che mi aveva avvolto intorno allo stomaco.
Chiamatemi superficiale, ma per me l’amore ha età. Ovvio, ci si può innamorare anche a ottant’anni suonati, ma non di persone venti-trent’anni più giovani, è semplicemente ridicolo. Quindi, miei cari vecchi, fate il passo commensurato alla gamba e cercatevi qualcuno della vostra età. Anche perché, diciamocelo, se un giovanotto si mette con voi è più probabile che sia per motivi prettamente materialistici che non perché brucia d’amore (e sì, Signora Ciccone, la cosa vale anche per te).

Chiarito questo punto fondamentale, l’altra faccia della medaglia della nostra simpatica quarantaduenne è che, sebbene sapesse stare al suo posto e fosse pure un’ex-punk (e dunque apprezzasse la mia mise alternativa), era, ahimé, abbastanza partita di testa, e mi ha praticamente presentato tutti i Gemelli che le capitavano a tiro nella speranza di trovare il mio uomo ideale (non capirò mai perché le fangirl dei boys’ love abbiano questa fissa di voler far accoppiare i ragazzi a tutti i costi, anche più che non rimorchiarseli loro). D’altro canto, è ormai ampiamente dimostrato che se c’è un maniaco/decerebrato/caso umano nel raggio di due chilometri e mezzo, di certo questo finisce a me. E a questo proposito, vale la pena di spendere due parole circa la nostra amica francofona che, da brava abitante della Ville Lumière, si è improvvisata regista e ha diretto un magnifico filmino nella sua testa. Ebbene, cara la nostra cretina parisienne, mi dispiace per la tua carriera cinematografica, ma le canzoni dei Placebo di certo non le spreco per sedicenni maniache con tendenze suicide che vivono oltralpe. Al contrario, il post precedente era dedicato ad una persona che con me ha parlato francese in situazioni piuttosto intime, ama notoriamente i Placebo, in particolare questa canzone, ed è importante nella mia vita. Ora, chére, a te manca totalmente quest’ultimo requisito (e pure il primo, fra l’altro), per cui  mi dispiace, ma non è te che sto aspettando. E anzi, il fatto che tu ti sia attribuita l’importanza che nella mia vita ha solo quella persona mi ha fatto letteralmente inviperire. Lì da voi questa la chiamano lese-majesté, sai? E a questo punto posso benissimo dedicarti questa, di canzone in francese:

Tes airs affectés, malléables.
Tu vis tes désirs, réveille-toi, yeah, yeah.

Qui est-ce? Quelqu’un a soufflé ton nom,
Et tu sembles incertain plus que tout.
 


In tutto ciò, continua a sfuggirmi come questa scema abbia anche solo potuto pensare che io potessi dedicare un post del genere a lei. Ce ne vuole di demenza, davvero. Lucifero, sostienimi.

Friday 25 September 2009

Waiting

 Patience by *Pyromaniac

.  .  .  m a y   j u s t   r u n   o u t .



Il nous reste toute une vie pour pleurer
Et maintenant nous sommes tout seuls.







Ps: grazie per le 20.000 visite.

Thursday 24 September 2009

Uno spaccato di vita vissuta

Da qualche giorno sto riportando un po’ di annotazioni varie, troppo inconsistenti per dar vita autonomamente a dei post, ma che forse, insieme, riusciranno ad essere un piccolo spaccato di vita vissuta.

♠ Dopo essere cresciuto abituato ad avere cuscini in quantità, in questo periodo, in cui ne ho a disposizione uno solo mentre attendo che la Mater mi spedisca gli altri via Poste Africane, ho notato che non ho problemi a dormire senza un cuscino sotto la testa. Ne ho molti, invece, senza un cuscino da abbracciare.

♠ È da un po’ di notti insonni che ci faccio caso, ma sulla collina che si vede in lontananza dalla mia finestra c’è un gruppo di lucine gialle al neon che disegnano alla perfezione la forma di un mezzo pentagramma rovesciato. Mancano solo le punte del Fuoco e della Terra. Se avessi un treppiede e un teleobiettivo tipo quello della nostra Veronica, ve le mostrerei volentieri.

♠ Parlando della spontaneità inesistente del mio carattere, e del fatto che in realtà io sono davvero come appaio nella mia foto
AngelDaemon, Claudio mi ha detto che allora sono un Reggicalze: gotico, minuto e sexy. Lo prendo come un complimento, ovvio.

♠ J’était curieux de voire ce que se passe au papier et a l'encre sous l’eau. Pour cet expérience, j’ai utilisé une lettre pour étudier l’encre du stylo et un poème imprimé à l’ordinateur pour l’autre type d’encre. La lettre et le poème étaient arrivés ensemble par poste. Bien sur, je suis cruel. E indovinate un po’ perché l’ho scritto in francese.

♠ Qualcuno può dire alle zanzare che l'estate e finita e, con essa, anche la loro stagione lavorativa e sì, la loro vita?

♠ Oggi sono finalmente arrivati a casa della Mater i CD che avevo ordinato online un paio di settimane fa. Le chiedo di spacchettarli e dirmi quali ci sono, e lei mi telefona e mi dice che ce ne sono due uguali. Mi scende un colpo, le chiedo di ricontrollare meglio, e lei mi dice che si era sbagliata, e che i due cd incriminati erano Elegy e Legend Land. Insomma, il Red Dress di Zia Livia ha colpito ancora.
Il temibile Red Dress di Liv Kristine♠ Per pura curiosità, ho lanciato un sondaggio fra i miei watchers di deviantART, dal titolo “Vi mancano le foto che mi ritraggono?”. I risultati sono stati:
• 48% Sì, ma mi piacciono anche la tua nuova direzione e crescita artistica. (54)
• 36% Sì, ti seguo solo per vedere la tua faccia! (40)
• 14% Non molto, ma non mi dispiacerebbe se ogni tanto ne facessi qualcuna. (15)
• 3% No, mi ero stufato di vedere la tua faccia! (3)

Ebbene. Ringrazio il totale di 79 persone che apprezzano il mio lavoro attuale, e posso rassicurarle dicendo loro che qualche concept con me davanti all’obbiettivo ce l’ho, per il futuro. Alle altre tre persone dedico un grazie ancora maggiore: almeno so che sono le uniche che di certo apprezzano la mia arte, senza soffermarsi sul mio bel viso. Alle restanti 40 suggerisco invece di chiudere deviantART (dato che presumo siano bimbeminkia quattordicenni i cui account sono più che superflui per la community) e andare dritte dritte sul mio MySpace (pensavate qualcos’altro, eh?), dove troveranno mie foto a volontà, anche scattate alla meno peggio in momenti quotidiani: date le loro pretese culturali, anche quelle saranno perfette per loro.

Monday 21 September 2009

Forever Is The World



So here We sway
At the Edge of the World
Holding Hands.

È una citazione che ho già messo in un post risalente esattamente a due settimane fa (qualche ora in più, forse), ed è presa da Forever Is The World, la traccia conclusiva dell’ultimo album dei Theatre of Tragedy, a cui dà il titolo. Il motivo per cui la ripropongo ora è semplice: due settimane fa l’album non era ancora stato pubblicato, e non avendo il testo sotto mano ho dovuto giocare al fill in the gaps e potuto apprezzare questa piccola perla (i due versi in questione, ma anche la canzone stessa, e tutto l’album) solo a metà. E la mia opinione non è mutata affatto: mi bastano questi due versi per desiderare innamorarmi perdutamente in modo da poter realizzare una foto che li illustri che catturi un sentimento autentico e vibrante. Ogni cosa è già perfettamente a fuoco nella mia mente: un intreccio di mani, come quello che già una volta è comparso in una mia foto (solo che allora l’idea era di Veronica) con almeno tutto l’avambraccio dentro la foto, e forse anche i fianchi, in una giornata nuvolosa con una luce morbida e diffusa, in cima ad una collina/altura/strapiombo con un paesaggio per metà naturale e per metà antropizzato, il tutto convertito in un bel seppia dalle sfumature verdastre. Ovviamente dovrò prima comprare un treppiedi, ma questo è il problema minore, al momento. Perché l’unica cosa che manca è il volto di chi terrà la mia mano dalle unghie laccate di nero. Beh, mi consola il fatto che in senso strettamente tecnico ciò non compromette l’immagine, dato che è comunque fuori campo.
Dal punto di vista strettamente testuale, questo album è senza dubbio un capolavoro assoluto: lyrics gotiche, ma di un gotico maturo, che è una condizione esistenziale stessa, che traspare in ogni singolo dettaglio, anche quando il campo semantico del lessico non è prettamente funereo. E l’ultima canzone non fa eccezione. 
Non è una canzone d’amore. Non lo è affatto. Eppure, in quei due versi io vedo l’essenza di tutto l’Amore: contemplare l’orlo del mondo, tremando ma tenendosi per mano. Lì dentro c’è tutto l’amore di cui a me è ora solo consentito scrivere. Aver amato non è una prova certa dell’esistenza dell’amore stesso, perché i nei ricordi vivono solo la persona amata e la felicità di quei momenti, non un sentimento che è una droga volatile che spira subito. Eppure, ora lo so che l’Amore esiste. E non l’amore eterno à la Edward&Bella, felici e contenti per l’eternità. L’amore di Dorian e Frisson, totale, devastante, ustionante, disperato. Quel tipo di amore per cui desideri unicamente fuggire per il timore di non essere all’altezza della persona che hai accanto; quell’amore per il quale arrivi a trascinare qualcuno nel fango per i capelli pur di riportarlo a casa e gettarlo in una cantina pur di tenerlo; lo stesso per il quale ti compiaci segretamente di essere tenuto prigioniero e in catene, perché l’unica cosa che desideri è quell’unica certezza, quella di appartenere all’altro totalmente e incondizionatamente, e che pur di non dividersi da te è disposto a calpestare ogni cosa; quello per cui non batti ciglio nel versare sangue se questo può placare la fame di chi ami, o anche solo dargli piacere; quello in cui il sesso è totale abbandono di se stessi dentro l’altro, in cui non si fa l’amore solo con i genitali, ma anche con i polpastrelli, le labbra, i capelli, la voce, ogni singola cellula della pelle, perché è l’unico momento in cui davvero si è uniti alla propria metà; quell’amore che ti obbliga a sacrificarti al posto di chi ami, ma non per lui, non perché sei generoso, ma perché sei talmente, dannatamente egoista da preferire condannare lui a vivere il resto della sua vita senza di te piuttosto che subire tu quel destino. Quando chi ami è eromenos, amante, compagno e complice, oppure erastes, amante, compagno e complice. Che non sono affatto sinonimi, e sono tutti indispensabili.

Tutto questo racchiuso in quei due secondi su 4:41 di canzone. C’è forse da sorprendersi che è da quando ho iniziato a sentirla seriamente col testo che continuo a versare lacrime non solo su questa, ma sull’intero album?

Saturday 19 September 2009

Futilità di varia natura

Avete presente quelle domandine davvero dementi che escono nel banner pubblicitario della Dindo sulla schermata principale di MSN, tipo “L’Italia in che continente si trova”, finalizzate a farti vincere una suoneria gratis per poi spennarti settimanalmente inviandotene altre? Ebbene, quando ti accorgi di non sapere la risposta ad una di queste domande, nella fattispecie chi fra le quattro opzioni pop italiane più quella americana canta una certa pseudo-canzone, ti senti particolarmente orgoglioso di essere fuori da quel mondo. Nel quale, e ne sono certo, esiste perfino chi canna la risposta alla prima domanda che ho riportato.
Ciò detto, non credo di aver mai postato i famigerati test di questo genere sul blog (o se è successo, è stato un evento particolarmente raro), per cui inauguro quella che non diventerà una serie, ma rimarrà invece un episodio isolato, con questo test preso in prestito da
L’Époque Noire (un blog che vi consiglio vivamente di leggere).

1. Quale canzone ti rende triste? Forever Is The World dei Theatre of Tragedy. Proprio tutto l’album, oltre che la canzone.
2. L’ultima cosa che hai acquistato?
Angel Sanctuary Gold 11 della Yuki.
3. L’ultima persona con cui ti sei trovato d’accordo?
La Fra, sul fatto che l’onorevole Bocchino dovrebbe trovare attività alternative a sparare cavolate con cui impegnare il cavo orale.
4. Ti piace pane, burro e marmellata?
Preferisco i croissant. O i bretzel!
5. Il nome del tuo primo peluche da bambino?
Potrebbe essere stato Bobby, il cagnolino. O sua moglie Albina, l’orsetta.
6. Possiedi dei film porno?
Mi annoiano e sono terribilmente prevedibili. Preferisco mettere i Tristania in sottofondo e lavorare di fantasia.
7. Giorno preferito della settimana?
Quando non devo preparare gli esami?
8. Cosa preferisci mangiare durante il pranzo della Domenica?
La pizza alla mensa è chiusa, per cui mi arrangio con ciò che danno al self-service…
9. Prendi lezioni di piano?
Fino a tre anni fa sì. Poi sono passato al canto. Che uomo impegnato, ne’?
10. Quali canzoni ascolti più di frequente?
Forever Is The World (title track) dei Theatre of Tragedy.
11.
Quale reality show segui in segreto?
Le Mirabolanti Avventure delle Gemelle Olsen. Ah, no, è vero, si sono lasciati a maggio.
12. Preferisci il calcio o il basket?
Detesto tutti gli sport richiedenti l’ausilio di un pallone.
13. Esci con un partner più giovane o più vecchio?
Fino ad ora sono sempre stato con gente più grande.
14. Dove ti piacerebbe fare un viaggio?
Al Metal Female Voice Festival.
15. Usi l’ombrello quando piove?
Vivo a Trieste: secondo te?
16. Conosci tutte le parole dell’inno nazionale?
Non vedo l’ora di doverle reimparare, magari in Norvegese.
17. Formaggio preferito?
L’unico che tollero è quello nella pizza o nelle lasagne.
18. The Smiths o The Cure?
The Cure, perché altrimenti i proprietari del blog da cui ho preso il test mi trucidano.
19. Biondi o bruni?
Non importa, basta che abbiano i capelli lunghi e curati!
20. Il lavoro migliore che hai fatto?
L’attore, ogni volta che vedo il Procreatore.
21. Che ricordi hai della cena di maturità?
“Ma Alessandro… ma… questo trucco proprio non va bene. Io ti conosco da cinque anni e so che non hai certe tendenze, ma la gente che non ti conosce potrebbe pensare che tu sia gay! Che cosa penserà la tua ragazza?” Non chiedetemi come non gli ho riso in faccia!
22. A che ora ti alzi di solito?
Dopo l’una del pomeriggio, in questo periodo.
23. A che ora vai a dormire?
Dopo le cinque del mattino.
24. Sacrifichi la regina quando giochi a scacchi?
No, cerco di tenerla in vita. Goth save the Queen!
25. Hai mai avuto un incidente in macchina?
Volentieri anche no, grazie.
26. Sei più affezionato a tuo padre, tua madre o a nessuno dei due?
La Mater è per sempre! Specie quando headbanga con me.
27. A quanti anni metterai la testa a posto?
Mi hai scambiato per Anna Bolena?
28. In quale decade del 20esimo secolo avresti voluto essere un teenager?
Probabilmente gli anni Ottanta, per poter iniziare da subito con i The Gathering e i 3rd And The Mortal. O anche i Novanta, per i Theatre of Tragedy. O gli anni Dieci, per avere vent’anni nei magnifici Venti.
28. Il più bel paio di scarpe che hai avuto?
I Riot 12 della Demonia.
30. Hai ancora dei capi d’abbigliamento di quando andavi a scuola?
Sì, ma essendo tutte t-shirt le sto lentamente accantonando per le camicie.
31. A scuola eri un bulletto o secchione?
Prendere voti dall’otto in su studiando alla svelta all’ora prima dell’interrogazione conta come essere secchioni?
32. Hai mai fatto parte di attività artistiche quando andavi a scuola?
Sono stato costretto dallo zio del mio amico, alias il Preside In Persona, a suonare la tastiera per il coro in un paio di spettacoli (con zero preavviso).
33. Hai mai fatto i compiti in biblioteca?
Sai com’è, avendo religione subito prima di latino mica le versioni me le facevo a casa!
34. Com’è stata la tua prima volta?
 Passo.
35. E l’ultima?
 Ehm... Con la voce di Vibeke Stene nelle orecchie?
36. A cosa sei allergico?
A Meri Demurtaccisua.
37. Ed ora esprimi un desiderio…
Pubblicare il Racconto.

Wednesday 16 September 2009

Auguri, GothicDoor III

Cold White Candles by *Craggie
E così, ridendo e scherzando, ma anche piangendo, amando, ascoltando musica, arrabbiandosi, odiando, perdendo persone importanti, ritrovandole, iniziando qui e terminando su Messenger storie romantiche, finendo il liceo, cominciando l’università, conoscendo nuove persone e nuove band, nuovi scrittori, e soprattutto crescendo, GothicDoor, un tempo Santuario sotto il nome di Open Door on a Gothic Sanctuary e più tardi Enter the Sanctuary’s Door, ora Teatro col nome di Theatre of Angels and Roses, ha compiuto i suoi Tre Anni. Da quando questo blog aveva un template ispirato alla copertina di The Open Door degli Evanescence ad oggi, con Rosiel e Setsuna, sono successe tante di quelle cose, più o meno strettamente legate a lui, che non sono nemmeno quantificabili. Questo blog era qui quando leggevo per la prima volta Il Ritratto di Dorian Gray, quando iniziavo a postare foto su deviantART, quando davo il mio Primo Bacio al mio primo ragazzo, quando iniziavo a comprare metodicamente i cd originali, quando cominciavo a scrivere il Racconto, e in tanti altri momenti importanti. Se è vero che il 2006 è stato un anno di passaggio nella mia vita, è altrettanto vero che questo blog ha seguito tutto ciò che c’è stato da allora. L’ho trascurato per mesi, l’ho rivoluzionato più volte, l’ho anche reso privato per brevi periodi, l’ho odiato in alcuni momenti, ho pensato perfino di cancellarlo con un click (o magari di eliminare un po’ di imbarazzanti post da diciassettenne darkettone). Eppure, è ancora qui, ed è parte di me.

Auguri, GothicDoor

Hysteria

C’è una cosa che mi urta i nervi, nei momenti morti che ho sul web, quando non ho voglia di andare a dormire né nulla da fare: perché di tutti i blog che tengo linkati nella colonna di destra soltanto due, e dico due sono stati aggiornati negli ultimi quindici giorni? Perché invece altri non vengono aggiornati da mesi, addirittura quasi un anno? Per Lucifero, se vi tengo fra i link significa che mi piace ciò che scrivete, no? Possibile che solo io abbia delle cose da scrivere?

E fra tutte le cose da scrivere, in questo momento la principale è questa:


io rivoglio la mia famiglia.
E la rivoglio ORA!


(Naturalmente non mi riferisco alla Mater, che so essere sempre presente, né tanto meno al Procreatore, che non sento da quasi nove mesi, per la mia gioia.)

Monday 14 September 2009

Inverted Mirrors of Decay

And I die for deserving a swim through your river. I’m calling the ghosts of the certain deceiver, and I’m burning the hay. Oh, I will find the needle. I drown in the water. The water is me, but I know that I’m eager to choke the results of particular cravings, of hunger, of thirst, of polemic embraces. Oh, comfort my tongue while they dress and uncover and write you a song for them. I will not sigh and I will not enchant you. You’ve covered me blind for translations to hide to arise you. I run from the shadow, the shadow is mine to despise you.

We’re running

out

of

time.


[ Leandra ]

Sunday 13 September 2009

Untitled

In the morning light
All is clean and done,
And the spider webs
Shine like silver threads.
Mi ha fatto una strana impressione notare che alle cinque del mattino il cielo non inizia più a stingere dall’indaco più profondo a un turchese stanco e sfiorito. Molto più della constatazione che come esco per andare in mensa a cenare ormai ha già fatto buio. Non pensavo che l’aumentare delle tenebre, invece che rallegrarmi, potesse darmi un simile senso di destabilizzazione, eppure e così: l’estate è finita, e in quest’estate io mi ero accoccolato, godendomi i momenti di crepuscolo in simbiosi con le mie abitudini. Andare a dormire con l’arrivo della luce, osservarne la dipartita a cena. L’intermezzo di luce vera e propria non c’era, ingoiato da mille cose da fare. E forse, tutto ciò mi colpisce così tanto perché il passaggio è stato improvviso, prima c’era e poi non c’era più. Perché io non vivo un’unica vita, ne vivo molteplici: nella mia vita a Düsseldorf non c’era tempo per l’alba, la stanchezza mi conquistava ore prima; mentre nella mia vita ad Alghero, il cielo non era altro che un frammento incorniciato fra i palazzi, dalla mia stanza, mentre dalla finestra del bagno, verso oriente, era unicamente il drappo di velluto scuro in cui si incastonava quel fulgido diamante che è Lucifero, e visto comunque nella clandestinità, prima che la Mater mi vedesse ancora sveglio a quell’ora. Va da sé che, invece, dall’ampio spicchio di cielo che la mia finestra di Trieste mi offre, senza pressioni esterne, posso fare molto più caso a questi dettagli. Naturalmente, quando sia l’una che l’altra vita sono finite, quella di Trieste si è riallacciata esattamente là dove si era interrotta, registrando il mese di pausa come altre due vite separate che nulla avevano a che fare con essa. Per questo, probabilmente, il passaggio da luglio a settembre mi è sembrato così improvviso: agosto non c’è stato proprio, in questa vita, e il tempo non ha seguito il suo naturale corso abituandomi gradualmente allo sfumare delle mie abitudini in qualcosa di differente.
Ciò detto, è sorprendente come il mostrarsi di una realtà della quale ho perfetta consapevolezza mi destabilizzi ancor più dell’allungarsi strisciante della notte. Mi snerva sapere di essere una persona più razionale di quel che credevo, mi irrita continuare ad avere quel lato da scienziato, che per lungo tempo mi ha indirizzato nella direzione sbagliata. E sempre quel lato di scienziato mi ha portato a spiegarmi molte cose in maniera razionale in modo da accettarle coscientemente. Il problema è che l’inconscio, complice la paranoia, si rifiuta di lasciarsi andare. Il che è un grosso problema.

Can you tell dreams from reality?
Can you tell sense from insanity?
Sometimes it all melts down
And mix into half-lies…
…half-lies.

Friday 11 September 2009

Il profumo della pioggia che cade

Starkly impending days
(A retrospect of golden sounds),
The scent of falling rain

(Recurring memories abound).
The Rain by ~OjosVerde

Ormai è appurato: ogni volta che il blog non viene aggiornato per più di due-tre giorni è perché sono di umore tanto cattivo da non aver nemmeno voglia di scriver qui. Il che non dipende affatto dal mio ritorno a Trieste in sé, cosa che anzi, mi ha fatto piacere, quanto dagli esami. Non ne ho voglia, semplicemente. Però, da bravo studente quale sono, vado lì e li faccio comunque, con o senza preparazione. Beh, con, principalmente.

In verità, se mi sono deciso a postare ora è solo perché il profumo della pioggia che cade arriva fino alla sala informatica da dove sto scroccando allo Stato la connessione. È un profumo che amo profondamente, e che mi ricorda che l’estate sta finalmente per terminare. E meno male, aggiungerei, dato che il caldo iniziava a diventare più che fastidioso e l’Autunno porta inevitabilmente con sé una valanga di release nel mondo female-fronted.
E, detto sinceramente, non vedo l’ora che arrivino. Sono stanco di dover lottare contro la mia necessità fisica di ascoltare ogni giorno Forever Is The World dei Theatre of Tragedy, e di non poter godere di quelle canzoni con tanto di testi sott’occhio. Inoltre, l’attesa per Design Your Universe degli Epica, con le notizie che filtrano, inizia a farsi letteralmente snervante.

Comunque, al momento sono più preso dall’idea di Forever Is The World. Perché la mia anima è irrimediabilmente gotica, al punto da ricader pure nei cliché, e c’è poco da fare, la mia musica è principalmente quella. In verità, mi sto scoprendo innamorato sempre più di tutto ciò che è gotico, un po’ come avere di nuovo sedici anni: la pioggia, i rami spogli, le foglie secche, l’oscurità, le rose, le ragnatele, i cimiteri. Sono immagini talmente abusate e violentate che non dovrebbero nemmeno più tangermi, e invece eccole lì, a toccarmi nel profondo. Non mi definisco goth con la spocchia e l’esibizionismo di un ragazzino che segue una moda, ma con una scrollata di spalle, una consapevolezza che sta lì, non va ribadita né ostentata, semplicemente c’è.

Sì, un post abbastanza pointless, ma perché sono di umore abbastanza pointless già di mio.

Monday 7 September 2009

Il mondo è per sempre

Into a different kind of view
Not meant for human eyes…

…now I say,
I never knew anything felt like this,
It has just begun.


Ho avuto modo di notare come il fare fotografie abbia cambiato radicalmente il mio modo di vedere il mondo. Ora anche un cielo sereno solcato dalla scia di un aereo nel quale strisciano pigramente le nuvole è in grado di scaldarmi il cuore, riesco a coglierne la bellezza anche attraverso la trama del vetro sporco del finestrino di un treno, che in qualche modo ne esalta la bellezza. Ovunque, intorno a me, è pieno di colori bellissimi che si armonizzano e fondono fra loro. Ovunque c’è quella piccola nota malinconica che rende quella visione unica e irripetibile.
So here we sway at the edge of the world,
Holding hands…
Vorrei innamorarmi anche solo per poter scattare questa foto.

I never knew anything felt like this,
It has just begun.

Saturday 5 September 2009

B l u E l e t t r i c o


…disarrayed and renewed,
And everything’s electric blue.
Polarised and dismayed,
When everything else is just untrue…

Arlekin by *Kir-tat
Momenti di alti e bassi che si alternano vorticosamente. Vorrei solo fermare la girandola e nascondermi un po’ al buio.

…everything is Electric Blue…

                                                            
…everything is untrue.

Friday 4 September 2009

I’m doing fine, yeah, thank you

Nothing’s wrong,
Except for me falling apart.
Nothing’s wrong,
It’s tearing pieces of my heart.
Nothing’s wrong,
Except for me falling apart.
Nothing’s wrong,
But I fell down right from the start.


Perché la gente non capisce né quando everything is wrong, né quando il loro prezioso aiuto non solo non è necessario ma nemmeno voluto e anzi, fa solamente danno, né quando si ha la necessità di programmare la propria vita senza che qualcuno ti dia una mano non rendendosi conto che in realtà ti sta solo alitando sul collo.

Ps: quando ho i cazzi miei non ho bisogno di journal di devastazione interiore per i miei problemi, ho solo bisogno di essere lasciato in pace, cazzo, in modo da potermi concentrare solo su quanto io sto male per me senza bisogno di dovermi preoccupare di quanto ci stiano gli altri, per me.