Monday 29 July 2013

I don’t belong to anyone

I’m only happy when I’m on the run,
I broke a million hearts just for fun.
I don’t belong to anyone.

Sono le due di notte in punto.
Fuori piove nonostante i ventinove gradi, che non sembrano volersi abbassare. Il risultato è un velo di umidità caldiccia che impregna qualsiasi cosa e rende l’aria praticamente irrespirabile, la pelle appiccicosa e il letto una specie di inferno. Il condizionatore ha camminato tutto il giorno, ma dato che ci sono ospiti nella stanza accanto, dove passa il tubo della condensa che si collega al motore, non voglio tenerlo acceso tutta la notte per via del rumore.
Tutto qusto rende la notte insonne e particolarmente frustrante, visto che non mi viene nemmeno voglia di mangiucchiare qualcosa per sfogare la fame nervosa, e che, a quanto pare, l’insonnia da afa sta mietendo meno vittime di quante sarebbe il caso.

In tutto ciò, oggi ho aperto un cassetto con dentro della corrispondenza cartacea e ho trovato due lettere di una ragazza la cui esistenza avevo totalmente rimosso. Corrispondenza “per vezzo”, visto che ci si sentiva via Messenger. Nella prima mi ha riassunto in breve gli allora diciannove (quasi venti) anni della sua vita, nella seconda mi ha esposto nei dettagli (e con una sequela di espressioni stereotipate e diabetiche) tutto il suo amore, sbocciato dopo un concerto assieme (incontro casuale sul posto) e un anno di corrispondenza telematica durante il quale ricordo di averla calcolata poco e niente perché avevo già sentito puzza di bruciato. Non ricordo come sia andata a finire, ma evidentemente dopo tot abbiamo smesso di sentirci, visto che non ricordavo nemmeno di averla conosciuta, o il contenuto delle due lettere.
Sinceramente non capisco perché le ragazze si innamorino così facilmente di me. Solo negli ultimi sette anni mi vengono in mente almeno undici casi di donne che si sono dichiarate più o meno esplicitamente, un paio di cui ho un forte sospetto ma che si sono risolti nella più totale discrezione e senza compromettere l’amicizia e almeno un altro che poteva andare a parare lì ma è sfumato prima ancora di nascere. Di questi undici, due si sono conclusi con una salda amicizia, un altro ha portato ad una salda amicizia dopo un lungo periodo di assenza di contatti, due sono stati ripetutamente negati dalle dirette interessati ma conclamati dai fatti (ciao, Luana), uno ha rischiato di mandare a monte un matrimonio con figli (cosa che ho scoperto sul posto), uno è stato un incubo di stalking con tentativi di incontro, pedinamenti telematici (e non solo) e quant’altro (ciao, Dadine), i restanti si sono conclusi con un devastante naufragio di amicizie, alcune anche piuttosto strette, fra scenate e piagnistei senza possibilità di recupero. Tutto questo senza ovviamente contare le fangirl di GothicNarcissus, che costituiscono una categoria a sé stante.
La cosa mi secca alquanto, perché se da una parte mi sento un verme a spezzare il cuore di una persona a cui tengo o che comunque mi fa pena solo sulla base della sua assenza di pene (per non parlare di situazioni tremende tipo rifiutare “un singolo bacio” a una donna abbastanza più grande di me con gli occhi lacrimevoli perché il marito dormiva nella stanza accanto mentre ero loro ospite), dall’altra ci sono anche quelle che perseverano nonostante l’evidenza dei fatti, con comportamenti che oscillano fra il “tutto ciò che ti serve è una brava donna che ti faccia cambiare idea”, al “fai una prova con me, al massimo non ti piace”, ai tentativi di corss-dressing come se quella potesse essere la soluzione al problema (di nuovo, ciao, Dadine). Ma io cosa posso farci? In realtà, in questi casi non è nemmeno vero che, come dice Santa Marina, spezzo i cuori per divertimento, anzi, mi sento proprio uno schifo a farlo. Per cui, ragazze, siete avvisate: non c’è storia. Vi posso volere un mondo di bene e mi fa piacere se ricambiate, ma non innamoratevi di me in modo romantico, è inutile. O, se proprio dovete, fate come le due sagge che non l’hanno mai lasciato a intendere e se lo sono fatto passare senza provocare drammi, tant’è che mi chiedo tutt’ora se non me lo sia immaginato.

In tutto ciò non posso nemmeno dire che le cose vadano meglio sul frangente uomini, visto che, tolto il Coniglietto nei mesi passati, le uniche alternative alle donne che mostrano concreti segni di interesse (morbosamente) romantico nei miei confronti sono maniaci telematici, pippaioli virtuali (con nomi anche di un certo prestigio che mi hanno totalmente sconvolto, ma che ho promesso di portarmi nella tomba), fake che pensano che non mi accorga che si sono fatti il profilo con foto di modelli famosi (ma non famosi da Tumblr, eh: famosi dalle copertine delle riviste di moda maschile, proprio antisgamo) e che si aspettano che dia via le istantanee del mio pisello come se fossimo alla lotteria, o simili. Se non altro, ultimamente i veci brutti e chiattoni sembrano essersi dileguati.
Magari in giro c’è anche di meglio, eh, ma questo meglio o non dà proprio segnali, oppure ne dà di contrastanti, e sincermente in questi casi preferisco indirizzare altrove le mie energie. Mentre per gli indesiderati, dal Vangelo secondo Marina: I don’t belong to anyone.

Friday 19 July 2013

Seduto sulle scatole

Ok, il vero motivo per cui ultimamente facevo regolarmente le sei (sette, otto, addirittura nove) del mattino prima di addormentarmi è presto detto: i miei cari padroni di casa hanno pensato fosse un’idea carina non rinnovarmi il contratto d’affitto per l’anno prossimo sulla base del fatto che… uhm, penso non lo sappiano neanche loro, in realtà. Chiaramente, essendo io una persona a) abitudinaria, b) materialista, c) che detesta le situazioni stressanti, ho vissuto la cosa piuttosto male, e il mio sonno è stato il primo a risentirne.

In realtà avevo già svelato l’arcano nel post precedente, ma ora che sono una free bitch, baby, e che non devo più rendere conto di niente a nessuno (anzi, loro devono restituire a me la caparra) posso benissimo spenderci due parole in più.
Tutto cominciò a metà maggio (ci mancò poco che sganciassero la notizia il giorno del mio compleanno), quando i signori locatari, il cui cognome non riporterò per non provocare grasse risate (non sto scherzando), mi mandarono una mail in cui lamentarono il mio “comportamento molto scorretto” relativo al pagamento delle bollette del precedente settembre, comunicandomi la loro intenzione di non rinnovarmi il contratto (in scadenza ora, a luglio) per l’anno prossimo. Il fatto sta che lo scorso agosto mi dimenticai di ordinare alla banca di sospendere il pagamento dell’affitto (dato che agosto è fuori contratto), e dato che non è che sono così generoso (né abbiente) da regalare loro mensilità extra, chiesi gentilmente che mi facessero il conteggio di quelle bollette e lo detraessero da quei soldi. Se ne sono ricordati? Ovviamente no.
Al che chiamo il signor marito, che è molto bravo via mail a nascondersi dietro i paroloni grossi che gli detta la nazi-moglie, ma che al telefono fa addirittura tenerezza da come entra subito nel panico, gli ricordo il piccolo dettaglio della mensilità extra, e lui si scusa balbettando e mi assicura che farà i conti e vedrà come è realmente la situazione. Beh, arriva sera e mi chiama la Signora Blokova (sarebbe il femminile di kapo, per chi non lo sapesse), la quale mette prontamente in dubbio la mia versione, mi chiede con chi, fra lei, il marito e il figlio, avessi parlato della cosa, se non avessi preso accordi di pagare anche agosto (per cosa, per farmi la villeggiatura a casa mia?), se ero sicuro, se ricordavo che bollette avevo pagato, eh ma non era possibile che non tenessi una contabilità delle bollette (cancellavo le mail come le pagavo perché erano a posto e non mi serviva che penzolassero lì), beh, in quel caso avrebbe tirato fuori tutti i libri contabili da Imhotep ad oggi e controllato che andasse tutto bene, e comunque non era la prima volta che c’erano questi disguidi (l’anno prima perché non mi era arrivata la mail con la fattura e la cifra da pagare). Sì, signora, te la do una settimana per farti i conti e poi dirmi quanto ti devo, non ho fretta.
“Comunque, la decisione di non rinnovarti il contratto l’anno prossimo resta.”, dice con tono molto serio e importante.
“Ah.”
“Sì, perché abbiamo deciso di fare dei cambiamenti, perché questo continuo ricambio di inquilini non va bene. Non so quale sia il motivo, se ci siano stati problemi di convivenza o cosa, ma vogliamo cambiare.”
Va detto che, effettivamente, sono l’unico inquilino ad essere rimasto tre anni qui, cambiando un totale di nove coinquilini.
“Beh, signora, sinceramente nessuno è mai venuto a lamentarsi con me. Ma a parte Tizio che si è laureato, Caia che è rimasta incinta e ha abbandonato gli studi, Sempronia che è andata in Erasmus e la Cannomane che ha proprio lasciato l’università ed è tornata a casa sua, gli altri si sono lamentati che la casa è piccola e, soprattutto, buia. A me personalmente le due cose non danno fastidio perché sto per lo più in camera mia, mi faceva comodo che fosse vicino alla facoltà e alla stazione ed era relativamente fresca d’estate, ma capirà che non tutti possono pensarla così.”
“Ah, quindi si è trattato di problemi relativi alla casa in sé.”

E sì, cara la mia stronza che “comunque ci dispiace molto, perché sei un ragazzo tranquillo che non si lamenta in continuazione, e pagavi sempre con puntualità le rate dell’affitto”, il problema è proprio la tua preziosa casa! Perché io potrò anche passarci sopra perché sono pigro e non avevo certo voglia di organizzare un trasloco, ma oggettivamente parlando, la casa è piccola e oltre le stanze e il cesso ha solo la cucina, la quale è un buco, siamo in quattro con un tavolo da tre posti, non c’è il forno, lo spazio per le provviste è ridotto perché non avete mai appeso due mensole, il frigorifero per quattro persone è alto un metro e mezzo compreso il freezer, e la finestra dà sul letamaio del cortile interno. E vogliamo parlare di quella del bagno fa entrare tutti gli spifferi d’inverno, del fatto che in tre anni non vi siete preoccupati di aggiustare il plexiglas piegato del box doccia così che il pavimento non si allagasse a ogni doccia, che non c’è un cazzo di spazio per stendere la biancheria da letto che resta affastellata sui due stendini che occupano metà corridoio, o che la caldaia ha la pompa della condensa che dà su una tanica che dobbiamo svuotare ogni santo giorno, o che leggere le cifre del contatore dell’acqua è un’impresa da James Bond perché l’avete fatto murare alla cazzo? E non fatemi nemmeno cominciare su quanto siate tirchi e pidocchiosi, perché quando sono usciti i funghi sul battiscopa le avete provate tutte per far cadere la colpa su di noi quando era la vostra tanica della caldaia che aveva una falla, o la lavatrice, di cui voi avete perso la garanzia e per la cui riparazione avete smezzato la cifra con noi facendoci pure anticipare i soldi al tecnico, quando il problema era un bottone incastrato nel tubo di scarico, che però non era di nessuna delle nostre giacche. E due mesi perché rintracciaste la ditta produttrice dei sacchetti dell’aspirapolvere che non avevano da Mediaworld e nemmeno si trovavano su internet, le lampadine non cambiate nonostante non ci abbiate mai spiegato come smontare quelle benedette plafoniere. O quando se ne è andata la Cannomane, la vostra bella mail che la cifra totale doveva comunque essere corrisposta a prescindere dalla rescissione di un inquilino e quindi dovevamo dividerci la mensilità della nostra ex-coinquilina per il mese di luglio, “tuttavia, al fine di evitare che la situazione di incomodo generata da un singolo comporti per voi un aggravio eccessivo, ci proponiamo di venirvi incontro invitandovi a contribuire mediante un pagamento in forma ridotta di euro 70 a testa” abbuonandoci ben 1 euro e 66 centesimi dei 71,66 che avremmo pagato dividendoci la quota in tre senza il vostro venirci incontro! Magari provate a mettere da parte l’atteggiamento da esattore del fisco ogni volta che vi contattiamo perché c’è un problema, non prendete per il culo quando c’è da fare un pagamento extra, e forse qualche coinquilino vi resterà pure.
(Oh e per la cronaca, essendo loro così pidocchiosi ho goduto come Madonna che sente la notizia di Gaga sciancata quando, alla fine della settimana di contabilità, si è scoperto che erano loro a dovere a me 28 euro per la storia delle bollette arretrate).

Insomma, ho impacchettato tutto e ora aspetto di portare gli scatoloni da Linda, che ha gentilmente accettato di tenermeli in soffitta per le vacanze. Dato che i Signori sono stati molto zelanti nel ricordarmi che devo portare via tutta la mia roba da qui, mi porto via pure le lampadine che gli ho cambiato. Non sto scherzando, le ho appena svitate e impacchettate. Ovviamente ho tirato la stanza a lucido per evitare che trovino un granello di polvere e mi detraggano le spese delle pulizie dalla caparra prima di restituirmela, e hanno fatto bene a ricordarmelo perché mi hanno talmente esacerbato che gli avrei pisciato sui muri.
Come ho detto, la casa è in una posizione comoda, si mantiene accettabilmente fresca d’estate e, soprattutto, non ho per niente voglia di organizzare un trasloco ma, ciò nonostante, non me ne vado via con grossi rimpianti. Per una serie di motivi che non mi va di elencare, non sono mai riuscito a mettere radici qui, tant’è che ho appeso tutti i poster e disfatto alcuni degli scatoloni solo all’inizio di quest’anno. Del resto, metà delle scatole che sto usando adesso sono le stesse che ho tenuto dal trasferimento precedente. Come Katia ha giustamente osservato quando le ho raccontato queste cose, mi sono sempre sentito un po’ un ospite, piuttosto che veramente a casa, in questo posto. Mi ci sono solo adagiato per comodità e pigrizia, ma non mi strapperò i capelli perché me lo sto lasciando alle spalle.

L’ultimo atto dell’impacchettaggio è stato tirare giù i poster e mettere Ludwig nella sua scatola. Ho quasi pianto a impacchettare lui, perché mi piange sempre il cuore a infilarlo in una scatola, mentre quando prima gli Hurts, poi i Theatre of Tragedy, e infine il poster di Simon Nessman sono venuti via dal muro ho sancito ufficialmente la mia estraneità a questo posto. In fondo, un stanza senza nulla alle pareti non appartiene a nessuno.

Incidenti di crescita

Non mi ero mai accorto di quanto fosse illuminata la via dove abito di notte. Del resto, è una cosa che difficilmente si nota se non quando, come nel mio caso, si è impegnati in un’attività clandestina che richiede il favore delle tenebre e la massima discrezione.
Detto in parole povere, approfittando del trasloco mi sono liberato alla chetichella e in assenza di testimoni di una parte alquanto imbarazzante della mia adolescenza, che mi aveva seguito fin qui. Dapprima come se nulla fosse, poi relegata nel ripiano più basso dello scaffale, quindi nascosta sotto il letto e infine dentro uno scatolone che ho dovuto riaprire solo ora per metterci altra roba.
Adesso giace in un cassonetto in attesa che il furgone della nettezza urbana ne faccia sparire ogni traccia, eccetto che nella memoria di chi mi conosceva da ragazzino (e che condivide con me l’imbarazzo e, quindi, se ne starà zitta).
Ah, è inutile che mi chiediate di cosa si tratta, me lo porterò nella tomba (penso di aver già epurato il blog di tutto, comunque dovrò ricontrollare). Solo Francesca, che mi ha aiutato col precedente trasloco, potrà immaginare di cosa si tratta: tesoro, alla fine ho seguito il tuo consiglio di allora.

Onestamente non avevo in programma una fine così ingloriosa per quella roba. Pensavo di rispedirla ad Alghero e tenerla rinchiusa lì, assieme al resto della mia adolescenza, ma non c’è stato verso: in tre anni sono riuscito ad accumulare una tale montagna di cose in una sola stanza che i due pacchi da rispedire erano pieni senza possibilità di farci entrare anche quello. Figurarsi uno degli altri nove.
Fortunatamente avevo altre cose da buttare via, così ho nascosto il misfatto gettandoci sopra una vecchia maglietta sudaticcia, puzzolente e assolutamente lercia, un po’ per farci calare sopra un pietoso sudario, un po’ perché non mi va che altra gente, usando quel cassonetto, veda la cosa.
In realtà non so nemmeno se mi vergogno più della parte di adolescenza di cui mi sono liberato, o del modo davvero vigliacco in cui l’ho fatto.

Wednesday 17 July 2013

Shampain

Elderly stars slide down the morning sky,
Slipping away to find a place to die.
I wonder when the night will reach its end,
‘Cause sleep is not my friend.

Giuro che la smetto di citare una canzone in ogni post, ma è difficile ignorare qualcuno che mette in versi ciò che senti.
Ultimamente sto facendo degli orari impossibili nonostante poi passi tutto il pomeriggio stremato perché ho il terrore del momento in cui andrò a dormire e rimarrò da solo con il mio cervello. Camera mia è un disastro e, sempre per citare il Vangelo secondo Marina, quando guardo la mia pila di Vogue mi sento super, super, super! suicidal. Mi sto occupando di cose su cui ho un certo grado di controllo e che non richiedono grosse paranoie, vanno solo fatte, ma ciò non mi impedisce di essere altamente ricalcitrante come di fronte a qualsiasi grosso cambiamento.
Per cui, tanto meglio anestetizzare il cervello con quanta più roba possibile fra cazzate su facebook e roba da leggere piuttosto che infilarmi a letto e rigirarmi in mezzo al caldo che non aiuta.

Bene, ho quattro ore risicate di sonno davanti e sto ancora qui a postare. Quanto si vede che domani (ormai oggi) non vorrò uscire dal letto?

Tuesday 16 July 2013

Bitches will be bitches

Noto che all’improvviso mi è tornata la voglia di postare. Un po’ di sano rant concentrato in un unico discorso coerente piuttosto che in ventordici stati su Facebook non fa di certo male, anche se, come nel caso delle coinquiline, si tratta di cose che ho detto, stradetto e ripetuto a chiunque abbia avuto la sbatta di ascoltarmi nel corso degli ultimi mesi. È decisamente catartico, specie prima di andare a dormire, e quando termino il post mi sento la testa finalmente vuota e posso riposare in pace.

Anastasia e Genoveffa permettendo, per lo meno, perché neanche avessero letto il post in tempo reale e avessero deciso di vendicarsi, oggi si sono impegnate particolarmente a starnazzare come oche e hanno anche invitato un’amica/collega di facoltà a pranzo, con, ovviamente, interminabili discorsi sulla sessione estiva.
Get a life, bitches. E se ve lo devo dire io…

The Outsider

Feeling like a loser, feeling like a bum,
Sitting on the outside observing the fun.
Don’t get on my bad side, I can work a gun.
Hop into the backseat, baby, I’ll show you some fun.

Penso che stamattina le mie coinquiline si siano sorprese di vedermi andare a lavarmi i denti prima di nanna mentre loro facevano colazione, ma sinceramente mi frega poco: loro cambiano casa, io pure, e comunque la cosa non influirà sicuramente su un rapporto che già di per sé non è mai andato al di là del “Ciao, sono tornato” per tutto un anno.
Le mie coinquiline sono Anastasia e Genoveffa. La seconda, nello specifico è proprio fisicamente identica a Genoveffa, ed è pure antipatica uguale, mentre l’altra, presa da sola, diventa anche accettabile, proprio come Anastasia. È stata BriarRose a uscirsene con il soprannome mentre era qui da me, ma ci ha azzeccato in pieno. In realtà non è che mi maltrattino, schiavizzino o simili, e se non ci parlo è più per mancanza di voglia che perché ce l’ho con loro. Però sono totalmente incapaci di parlare a un volume umano, così che ogni cena (che si tiene di fronte alla mia stanza, visto che comunica con la cucina) diventa occasione di divulgazione di gossip, cazzate e, immancabilmente, interminabili sermoni su come è andata l’università (facciamo tutti la stessa facoltà) che chiunque potrebbe sentire nel raggio di cento metri, incluso il sottoscritto che magari vorrebbe anche pensare ad altro oltre che alla vita accademica.
La terza coinquilina poteva benissimo essere Lady Tremaine (era anche più grande delle altre due), ma verso di lei avevo ragioni di odio più personale e l’ho soprannominata la Cannomane. Lei e la sua stramaledetta marja quotidiana dalla mattina alla sera, nonostante le avessi spiegato chiaramente che a) l’odore mi fa schifo, b) mi irrita molto gli occhi, c) mi fa tossire e d) la porta di comunicazione fra le nostre due stanze sarà anche stata chiusa a chiave, ma oltre a far passare tutti i rumori lasciava filtrare fumo e puzza che era una meraviglia. Pensate che abbia mai tenuto la finestra aperta? Manco per un cavolo, al massimo teneva aperta la porta della stanza quando era sicura che non ci fosse nessuno in casa (a parte l’altra amica anche lei adepta al culto marjano che veniva da noi a officiare) così che rientrando si veniva investiti con la forza di un pugno dalla nebbiolina fetida già sulla soglia di casa. Poi, tesoro, non sorprenderti se hai l’umore più instabile di una connessione internet in Malawi, ovvio che bombandoti di tutto da mattina a sera non riesci più a capire da che parte stai girata e poi mi ti addormenti con i programmi di approfondimento politico che vanno a tutto volume fino alle tre del mattino, come se non urlassi già al telefono con tua mamma per qualsiasi cazzata descrivendole nel dettaglio tutti i ritardi che ha avuto il tuo ciclo. E non fatemi nemmeno parlare del Gehörnt, il fidanzato tedesco a cui prima ha messo il palco di corna, per il cui arrivo a quasi sorpresa (tipo tre giorni di preavviso) ha dato in escandescenze ed isteria al telefono per tre ore e mezza con la mamma, ma con cui poi è tornata a scopare allegramente con i Pink Floyd di sottofondo parlandogli in tedesco con le vocine. Fortuna che la depressione se l’è portata via – nel senso, via dall’università e da Trieste.

Tralasciando il mio odio di natura pratica per la Cannomane, con Anastasia e Genovegga, come dicevo, non ci ho mai davvero litigato, mi stanno solo cordialmente sulle scatole per il loro essere sguaiate. Non ho idea di cosa pensino di me, ma sono abbastanza sicuro che mi considerino un tipo strambo per il fatto che quando sono a casa passo tutto il mio tempo chiuso in camera e ci siamo incrociati praticamente solo in uni. Del resto, mi sono reso conto che l’unico modo per non avere un pessimo rapporto con la gente con cui convivo è non avercene proprio nessuno, o limitarsi al minimo indispensabile. L’idea di dover chiacchierare amichevolmente su base quotidiana con qualcuno mi sa di soffocante già a livello puramente teorico e astratto, figurarsi a metterlo in pratica. Per cui, che pensino pure che sono un nerd asociale la cui presenza in casa è puramente spirituale: almeno così siamo sicuri che non finirò a staccare loro la testa, un giorno di questi.

(Questo prendetelo pure come uno dei posti su “come ha vissuto Narciso negli ultimi due anni”.)

Monday 15 July 2013

Homewrecker, homewrecker

Rileggendo ciò che ho scritto fin qui (ovvero gli ultimi tre post, se vado a rileggere la roba del 2006 mi viene voglia di spararmi un colpo), a pensarci bene di cose ne sono successe parecchie negli ultimi sei mesi. Nella fattispecie, penso di aver avuto la cosa più vicina a una storia seria dai tempi di Matteo, quindi parliamo del 2008. Avevo detto che cercavo un attimino di ritrovare il me-stesso-senza-spine per dare una possibilità alle persone di avvicinarmisi a livello affettivo, e il motivo era sostanzialmente quello, volevo vedere dove la cosa andava a parare. Stranamente, nonostante abbia lasciato avvicinare il Coniglietto in questione oltre buona parte delle difese e la cosa non abbia poi funzionato, non ci sono stato male, non mi sono chiuso a riccio e non ho fatto nessun tipo di dramma: del resto, che si provasse a vedere cosa succedeva senza impegno d’acquisto era uno dei presupposti che mi ha maggiormente incoraggiato. Alla fine, io non mi sono innamorato, lui non si è innamorato e la cosa è rimasta lì senza drama.
La cosa seccante è però constatare che l’approccio positivo e per nulla lesivo della mia emotività non mi ha comunque fatto venire voglia di provarci seriamente con qualcuno. Penso che il trucco sia stato che col Coniglietto siamo (tuttora) per prima cosa amici, e con gli amici più stretti mi ci relaziono cuore in mano di default (a volte con risultati disastrosi, ma questa è un’altra storia da tenere in serbo per quando avrò voglia di coprire l’anno di buco fra la chiusura di Splinder e il trasferimento su Blogspot). Il resto era chimica, ma non tale da legare stabilmente due persone naturalmente ritrose come noi
La cosa divertente è invece che la chimica in questione era la cattiveria, e infatti ci siamo conosciuti insultando Lagna del Rey sullo stato di un amico in comune, a livelli tali che l’ho aggiunto e invitato fuori a cena seduta stante. Diciamo che se partiamo dal presupposto che sono Rumplestiltskin aka Mr. Gold (riferimenti a Once Upon A Time), lui è la mia Lacey. Catalizziamo naturalmente la reciproca cattiveria e ci divertiamo un mondo alle spalle dell’umanità, ma di base rimaniamo degli homewrecker, only happy when [we’re] on the run, per citare il Vangelo secondo Marina. (Apro una parentesi: Marina & The Diamonds è l’unico, vero Messia e le sue canzoni sono il perfetto manuale di sopravvivenza alle relazioni interpersonali). Ma una Belle, che cerca di vedere il buono in me e, dio ce ne scampi, si innamora seriamente di me e si incaponisce a vincere il mio istinto alla fuga, saprei gestirla?

Quindi, uhm, ricapitolando: non sono morto per aver provato ad aprire il mio quoryciàino, la mia fiducia nell’umanità è aumentata un po’, ma solo verso quelli cattivi come me da cui so cosa aspettarmi, ovvero poco attaccamento e tanto divertimento.
Perché ho scritto questo post che non avrò voglia di rileggere e rimarrà uno stream of consciousness delle sei e trentaquattro del mattino? Più che altro per riprendere la mano e riabituarmi al fatto che se qualcosa mi frulla per la testa e non mi lascia dormire posso sputtanarlo allegramente su internet. Cioè per riabituarmi al blog e a postarci. Cioè, penso di essere davvero tornato.

Sunday 14 July 2013

Suddenly it’s six months later

Silent in the new year’s coming,
Each night filled with Saturdays,
Quiet and alone on Saturdays,
Awake from a night where nothing really happened,
Unwind from a day where nothing ever happens
Again and again,
Again and again,
Every day.



Suddenly it’s six months later.
I’ve lost all there was to me,
Nowhere close to where I thought I’d be.
Got to get out.
Got to get out.

Ricordate che lo scorso gennaio avevo scritto un post su questo blog e mi ero ripromesso di provare ad aggiornarlo ogni tanto con qualcosa di interessante che mi fosse capitato? Beh, forget it, eccomi a luglio e ovviamente non ho fatto nulla di tutto ciò. Come nella canzone di cui sopra, aka Sintomatologia-Di-Una-Leggera-Depressione-Che-Ti-Svuota-Le-Giornate-E-Ti-Impedisce-Di-Riempirle-O-Lauren-Cara-Come-Ti-Capisco.

Non faccio promesse. Se dico che riprendo a scrivere finisce che non lo faccio nuovamente, quindi tanto vale.