Friday 15 May 2015

Storia mondiale. E personale.

Non si capisce mai la vera portata di una tragedia fino a che non va a minacciare qualcosa che è stato parte della nostra vita, anche se brevemente.
C’è già stata Nimrud. C’è stata Hatra. C’è stato il museo di Mossul con tutti gli artefatti di Ninive. Ci sono state moschee, chiese, altri palazzi e artefatti di incredibile importanza storica.
E adesso l’ISIS è arrivato a ridosso di Palmira. I casi sono due: o entrano e la radono al suolo, o restano fuori e la radono al suolo da lì. E la notizia mi ha lasciato abbastanza devastato.

Tralasciando che anche l’11 settembre mi è dispiaciuto più dei palazzi che delle persone – sono semplicemente fatto così – per certi versi è curioso che mi pianga il cuore più per Palmira che non per le altre antiche città. A rigor di logica, Nimrud e Hatra sono luoghi, un patrimonio storico, che non potrò più vedere con i miei occhi. Palmira invece l’ho visitata nel 2006, per cui la sua potenziale distruzione dovrebbe costituire un danno minore al mio personale patrimonio culturale.
Ma di Palmira ho ricordi belli e ben distinti. È a Palmira che ho cavalcato un cammello, sono i palazzi di Palmira che ho ammirato e fotografato, è il teatro di Palmira nel quale ho sperimentato per la prima volta quanto l’acustica fosse perfetta. È stata un pezzo della mia vita e per questo ci sono affezionato.

L’incredibile valore culturale di quel sito archeologico si intreccia al valore personale che ha per me, ed è per questo che sono così in apprensione per la sua sorte. Non solo trovo intollerabile che nel 2015 si senta ancora la necessità di distruggere la memoria storica per assicurarsi un facile uso politico dell’intolleranza e l’ignoranza, ma c’è anche un pezzo di me in pericolo. E questo dà una profondità completamente nuova alla mia percezione del conflitto fra ragione e religione.
Non smetterò mai di dare un contributo a costruire un mondo in cui una stupida superstizione di millenni fa non sarà più usata come scusa per fare del male e distuggere ciò che di buono il nostro passato ci ha lasciato. Desidero un futuro in cui tutti potremo godere dell’eredità globale che i nostri predecessori ci hanno lasciato senza che l’oscurantismo strumentalizzato ce lo impedisca.

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