Sunday 31 July 2016

Fair play

Quando una persona non mi sta particolarmente simpatica e mi pesta i piedi, ho tantissima pazienza. Mi apposto con molta calma, la studio, a volte fingo di rimanerci ancora amico, la faccio parlare, lascio cadere qualche briciola di informazione su di me – cose di poco conto che non porebbero essere usate per ferirmi – e intanto individuo con estrema cura i suoi punti deboli. Quando poi le cose si deteriorano irrimediabilmente, è lì che vado a colpire senza pietà.
Ci sono però alcune linee oltre le quali nemmeno io vado a cuor leggero: genere / orientamento sessuale, etnia / razza, disturbi mentali / nevrosi, body shaming. Sono tutti argomenti molto sensibili anche per me e so quanto sia brutto essere colpiti lì. Io la freddezza per capire quando un insulto è circostanziale e gratuito (ovvero, buttato lì appigliandosi alla prima cosa a disposizione) ce l’ho, ma si tratta di ambiti talmente sensibili che altre persone potrebbero restarne devastate. Magari sono riuscite dopo anni a superare un certo complesso e io, con un insulto buttato lì senza riguardo, rovino tutto quel lavoro in un secondo; per quanto ferire le persone che mi hanno fatto un torto mi dia piacere, non sono tanto meschino e cheap.

Ma ogni regola ha la sua eccezione: le persone che il sentiero cheap lo scelgono per prime, senza nemmeno una ragione valida e con una banalità. Perché scambiarsi scortesie sui rispettivi gusti musicali, puntando sull’emotività in ballo, è fair play, anche quando si va in piena modalità rant senza riuscire a sostenere mezza argomentazione. Ma poi c’è sempre chi si crede più intelligente e fierce e scende sul personale. A me, ripeto, queste cose scivolano addosso perché capisco che è pura ripicca, ma ciò non significa che non possa legarmela al dito. E, sinceramente, qualcuno che afferma che una certa cantante probabilmente non mi piace perché sono frustrato perché non ho una vita sessuale (detto da qualcuno che una volta mi ha mandato il suo pisello via MMS), forse non merita tanto riguardo.
Essere depressi e avere attacchi d’ansia è orribile; compensare mangiando in maniera compulsiva è ancora peggio: lo so per esperienza diretta. Di norma non lo augurerei al mio peggior nemico, ma se ci sta già dentro… Lo ammetto, una parte di me si sente meschina e cheap perché, scoprendo che una persona che mi sta eufemisticamente antipatica è diventata un facocero per la fame nervosa, la prima cosa che ho pensato è stata: BECCATI QUESTO, FIGLIO DELLA MERDA, SONO PIÙ FAVOLOSO DI TE ANCHE NELLA NEVROSI. Ma poi mi sono detto, perché non approfittarne? Del resto, proprio perché resto nella mia stessa barca, la nevrosi diventa fair play: è un po’ come quando ci si dà del frocio fra froci, c’è una certa componente autoironica. Per cui, la prossima volta che qualche bella personcina farà qualche commento sulla mia vita sessuale, potrò rispondere che la sua battuta non fa ridere visto che, soffrendo di depressione e disturbi d’ansia, la mia libido ne risente per davvero ed è per quello che faccio poco sesso. Ciò che invece fa ridere è che mi sfogo sul cibo ma RIMANGO COMUNQUE UN FOTTUTO GIUNCO e quando mi guardo allo specchio non mi faccio ribrezzo, io.

Del resto, se proprio la gente insiste a portare le faccende sul personale, chi sono io per oppormi? Posso continuare a soprassedere, come quando ho ricevuto insulti sui capelli da persone che stavano stempiando, ma se un’occasione così buona mi si presenta, perché non approfittarne? Se vogliamo giocare sul personale, io gioco fino in fondo. E me la godo anche.

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