Saturday 27 August 2016

Addio, ermo colle

La villetta dietro il mio palazzo, qui ad Alghero, era francamente davvero brutta. Aveva una pianta irregolare, il tetto piatto nella speranza (mai realizzata) di sopraelevarla di un piano, colonnine in finto marmo per sostenere una specie di porticato interno, un ex-vialetto per parcheggiare l’auto trasformato in una mezza veranda coperta alla ben’e meglio… solo il giardino, a parte gli orribili vialetti in cemento, era ben tenuto, pieno di rose e piante.
Giardino a parte, però, il motivo per cui tolleravo ben volentieri la bruttura di quella villetta era il suo essere di un solo piano (due, massimo tre se mai avessero ottenuto i permessi per sopraelevare). Il che lasciava, dal mio punto di vantaggio al quarto piano, un intero angolo di visuale libera di spaziare, attraverso un quartiere di palazzi relativamente bassi, fino alla campagna oltre la periferia algherese e, oltre, il “Monte” San Giuliano e le colline verso Villanova. La notte, andando in bagno, riuscivo a vedere tutte le stelle che sorgevano (grazie anche al continuo malfunzionamento dei lampioni in zona, ma quello è un altro discorso); il pomeriggio, il paesaggio era illuminato dai raggi del sole che tramontava; la mattina, fra maggio e luglio, i raggi del sole che sorgeva entravano dalla finestra del bagno o della cucina e illuminavano tutto di una luce caramellata. Insomma, non avevo da lamentarmi del panorama che si vedeva dal mio appartamento, specie perché dall’altra parte la visuale è bloccata da un palazzo ancora più alto del mio (e davvero brutto).

Sempre caro mi fu quest’ermo colle…?
Poi i proprietari della villetta sono morti di vecchiaia e, ovviamente, gli eredi l’hanno venduta. Tornando a casa per le vacanze, quest’anno, non l’ho più trovata: l’avevano già buttata giù e ora hanno passato il resto del mese a scavare un piano e mezzo sotto il livello stradale per gettare le fondamenta di un nuovo palazzo.
Ho sperato fino all’ultimo che, considerando che la maggior parte dei palazzi circostanti non vanno oltre i tre-quattro piani, si fermassero a quelli, ma no: il progetto esposto nel cantiere ha finalmente mostrato che sarà un mostro da sette piani. “Farewell, happy fields where joy forever dwells. Hail, horrors, hail”.

Tralasciamo che non colgo il bisogno di costruire un palazzone con almeno dodici nuovi appartamenti: la densitò abitativa di Alghero non richiede certo uno sviluppo verticale, specie in una zona in cui gli ultimi tre palazzi alti costruiti nei giro di cinque-sei anni sono ancora per metà sfitti e ce ne sono altri due in completamento; francamente, un palazzo come quello rosa pallido nella foto, che si troverà di fronte all’obbrobrio, sarebbe bastato e avanzato ai fini della domanda abitativa – ma anche una semplice soprelevazione della vecchia villetta. Con i prezzi che sparano (per appartamenti anche piccoli, come saranno probabilmente questi), la gente ha smesso di comprare qui e preferisce farlo a Olmedo, il paese vicino, che è anche a metà strada per la commercialmente molto più fornita Sassari; non penso che il mercato immobiliare algherese avesse bisogno di tutte queste unità abitative extra. Insomma, se ‘sti idioti ora vanno a togliermi la vista del Monte San Giuliano è chiaramente perché dagli Anni Settanta a questa parte non abbiamo imparato una mazza e ad Alghero la speculazione edilizia regna ancora sovrana, al diavolo le conseguenze urbanistiche, sociali ed economiche. Ok.
E no, in questi anni non ho passato ogni secondo del mio tempo libero a guardare l’ermo colle fuori dalla finestra, ma in questo momento mi trovo a dover elaborare il lutto. Forse proprio a livello concettuale, più che pratico: qualcosa nella mia casa, quello che dovrebbe essere il mio regno, sta per cambiare irrimediabilmente e in peggio per cause che sfuggono al mio controllo. Nel corso di tutti questi anni ho osservato la zona cambiare, ho visto nuovi palazzi sorgere ed espandere la città, e lo sviluppo urbano non mi sorprende di per sé; è proprio il pensiero che, stavolta, ne sarò tagliato fuori, non potrò più osservare la città crescere e l’ermo colle vegliare sulle case, che mi rattrista. E anche all’atto pratico, a parte che non avrò più il panorama da guardare mentre mi siedo sul water, ci sarà meno luce in casa e, probabilmente, anche meno silenzio e privacy.
Insomma, è un altro cambiamento non voluto, e a farmi incazzare è che sono stati motivi davvero ingiusti a causarlo. Non mi resta che elaborare il lutto e rassegnarmi alla perdita del panorama. Grazie, speculazione edilizia; grazie davvero.

Monday 8 August 2016

Profilo (online) del gay sardo

Avendo trascorso un’adolescenza da eremita – un po’ perché ero un pesce fuor d’acqua, un po’ perché pensavo già a quando me ne sarei andato e, quindi, non ho mai davvero provato a inserirmi – ed essendomi tenuto a lungo fuori dal mondo delle app di dating, sono stato ignaro dell’esistenza di una scena gay in Sardegna fino a molto recentemente. Cioè, tolto l’amico di amici che viveva con “l’altro” e aveva la domestica perché non c’era una donna in casa, e l’occasionale fangirl dei Naituiss (trovatemene UNO etero), ancora un po’ e quasi non credevo esistessero gay in Sardegna. Il primo bacio l’ho dato a Milano, la prima volta l’ho avuta a Trieste, fino all’anno scorso non mi ero scambiato nemmeno mezzo limone qui sull’isola.
Beh, a giudicare da quel che vedo sui social, non mi sono perso poi molto. Il massimo comune denominatore dei profili Grindr e Romeo da queste parti è talmente avvilente che solo a un antropologo in cerca di casi complessi potrebbe scattare l’interesse. Ma dato che ogni tanto mi ci atteggio, vediamo un po’ cos’ha da offrirci la Terra dei Nuraghi in quanto a opzioni di flirt.
Disclaimer: se sei un gay sardo che passa da queste parti e non ti riconosci nella descrizione, semplicemente non c’è bisogno che ti offenda; se ti offendi, vuol dire che ho colpito un nervo e sto parlando proprio di te.

Ricapitolando, il gay sardo…
Usa le dita solo per fingerarsi, mai per scrivere. Non credo di aver mai trovato una tale concentrazione di “Se non sono interessato non rispondo nemmeno” nelle sue varie declinazioni. Da una parte si può obiettare: perché perdere tempo a rispondrere a uno che non interessa? Mica si passa la vita incollati all’app. Domanda legittima, se non fosse che il tempo da perdere è l’unica risorsa che abbonda sull’isola. Sul serio, non ce li vedo proprio, questi virgulti mediterranei, talmente impegnati da aver bisogno di una segretaria – e comunque, il pallino verde 24/7 mi fa dubitare di una sfrenata vita sociale. Poi per carità, sono il primo a essere fin troppo selettivo, ma almeno due battute per vedere se c’è materia grigia le scambio, e un “guarda, no grazie” perché il poraccio si metta l’anima in pace e vada oltre mi sembra una cortesia basilare. Se non scrivi, che ci stai a fare sulle app? Le dita servono anche per digitare.
Odia chi se la tira. Non è sorprendente che, essendo circondato da gente che nemmeno risponde, il gay sardo trovi frustrante questo atteggiamento e lo faccia notare in maniera più o meno passivo-aggressiva sul profilo. Ma visto che lamentarsi senza fare nulla per cambiare è facile e bello, è lui il primo a non spezzare il circolo vizioso e non degnare di mezza risposta. O magari odia chi se la tira per semplice rivalità fra dàiveh?
Ha un pene e cerca persone con un pene. Grazie al cazzo, letteralmente, direte voi. La realtà è che Grindr in Sardegna è il regno dell’omofobia interiorizzata; cioè, più che altrove. Non so se sia una scusa per non depilarsi, che da queste parti deve essere una vera tortura, ma il gay sardo ce l’ha a morte con qualsiasi cosa sfugga da un ferreo costrutto eteronormativo, foss’anche usare il balsamo. E a meno che la scelta delle parole non sia infelice su tanti profili, non è una semplice questione di gusti: i termini ricorrenti dopo il “no” sono “checche”, “effeminati”, “donne mancate” o, il mio preferito, “chi conferma gli stereotipi gay negativi”. Per come la vedo io, lo “stereotipo gay” più negativo è la finocchia omofoba che ragiona per etichette si imbarazza a girare con qualcuno che possa attirare gli sguardi, ma dettagli.
Vuole vedere la tua faccia, ma non ne ha una. Anche qui, nulla di nuovo, ma la sovrabbondanza di caselle vuote, paesaggi, immagini motivazionali e gli immancabili petti decapitati è schiacciante. Di quelli che hanno la faccia, tre su quattro sono turisti. Anche quando sul profilo hai specificato che gradiresti parlare a dei volti, gliel’hai cortesemente fatto notare e poi l’hai pure ribadito, lui farà orecchie da mercante, perché…
È un agente del KGB. Sul serio, i “riservato”, “riservatissimo”, “max riservatezza” qui spuntano come funghi. Magari il numero complessivo sarà suppergiù lo stesso che in altre parti d’Italia, ma l’utenza di Grindr è circa un terzo che altrove, contando anche i turisti, quindi la proporzione è altissima. I migliori sono quelli che mandano peni e sederi non sollecitati perché “pensavo volessi vedere come sono”. Cioè, sei la tua area genitale? Non c’è tutta una persona intorno a quell’ano? Complimenti.
Non cerca troie, ma odia gli inconcludenti. Le “troie”, specie se non “fuori dai soliti giri”, sono ovviamente uno degli “stereotipi gay negativi” che vade retro; ma se non sei “deciso” a calarti le mutande al primo incontro, o inviare una foto per “vedere come sei” al primo messaggio, smetti di esistere perché non ci sono altri tipi di interazione. Naturalmente, se non si tromba non è perché non c’è chimica, ma perché sei tu inconcludente. Questa dicotomia fra avere sani principi ma non volersi spingere oltre la sveltina occasionale mi spiazza, ma forse so come interpretarla: astenersi i gay pubblicamente conclamati, ché se laggente vi vede entrare a casa mia chissà cosa pensa, ma guai se dopo aver scopato, anche se siamo entrambi riservati, ci si parla di nuovo, ché se laggente vede due uomini che interagiscono chissà cosa pensa.

Il profilo che emerge è quello di una finocchiella provinciale e triste che, abituato alla mancanza di concorrenza, pensa di avercelo d’oro. Vive in un ambiente in cui il disagio per l’orientamento sessuale non è solo imposto dagli altri, ma qualcosa di interiore, una vera e propria condizione esistenziale più che sociale. Ha bisogno di ripetere a se stesso per primo che, per quanto gli piaccia il pisello, è troppo un maschio alfa™ per essere davvero frocio – e, se lo ripete abbastanza volte, magari spera pure che diventi vero. Da una parte si reprime, dall’altra denigra gli altri perché non lo fanno e gli ricordano una parte di sé che odia.
Per questo è troppo figo per relazionarsi agli altri se non quando ha proprio le palle blu, e per questo, quando lo fa, evita che la cosa possa avere un seguito e uscire dalle quattro mura: anche se consciamente sa che scoperà altri maschi per tutta la vita, deve mantenere l’illusione inconscia che sia una cosa estemporanea finita la quale torna al suo vero io di maschio.
Beh, dato che di giocare allo psicanalista, al trofeo, alla bambola gonfiabile o all’agente segreto non ho proprio le forze, e che se interagisco con gli altri vorrei poterlo fare in maniera aperta, positiva e senza autodenigrazione, non mi resta che spegnere Grindr: mi consuma la batteria, che preferisco utilizzare su Pokémon Go.