Monday 8 August 2016

Profilo (online) del gay sardo

Avendo trascorso un’adolescenza da eremita – un po’ perché ero un pesce fuor d’acqua, un po’ perché pensavo già a quando me ne sarei andato e, quindi, non ho mai davvero provato a inserirmi – ed essendomi tenuto a lungo fuori dal mondo delle app di dating, sono stato ignaro dell’esistenza di una scena gay in Sardegna fino a molto recentemente. Cioè, tolto l’amico di amici che viveva con “l’altro” e aveva la domestica perché non c’era una donna in casa, e l’occasionale fangirl dei Naituiss (trovatemene UNO etero), ancora un po’ e quasi non credevo esistessero gay in Sardegna. Il primo bacio l’ho dato a Milano, la prima volta l’ho avuta a Trieste, fino all’anno scorso non mi ero scambiato nemmeno mezzo limone qui sull’isola.
Beh, a giudicare da quel che vedo sui social, non mi sono perso poi molto. Il massimo comune denominatore dei profili Grindr e Romeo da queste parti è talmente avvilente che solo a un antropologo in cerca di casi complessi potrebbe scattare l’interesse. Ma dato che ogni tanto mi ci atteggio, vediamo un po’ cos’ha da offrirci la Terra dei Nuraghi in quanto a opzioni di flirt.
Disclaimer: se sei un gay sardo che passa da queste parti e non ti riconosci nella descrizione, semplicemente non c’è bisogno che ti offenda; se ti offendi, vuol dire che ho colpito un nervo e sto parlando proprio di te.

Ricapitolando, il gay sardo…
Usa le dita solo per fingerarsi, mai per scrivere. Non credo di aver mai trovato una tale concentrazione di “Se non sono interessato non rispondo nemmeno” nelle sue varie declinazioni. Da una parte si può obiettare: perché perdere tempo a rispondrere a uno che non interessa? Mica si passa la vita incollati all’app. Domanda legittima, se non fosse che il tempo da perdere è l’unica risorsa che abbonda sull’isola. Sul serio, non ce li vedo proprio, questi virgulti mediterranei, talmente impegnati da aver bisogno di una segretaria – e comunque, il pallino verde 24/7 mi fa dubitare di una sfrenata vita sociale. Poi per carità, sono il primo a essere fin troppo selettivo, ma almeno due battute per vedere se c’è materia grigia le scambio, e un “guarda, no grazie” perché il poraccio si metta l’anima in pace e vada oltre mi sembra una cortesia basilare. Se non scrivi, che ci stai a fare sulle app? Le dita servono anche per digitare.
Odia chi se la tira. Non è sorprendente che, essendo circondato da gente che nemmeno risponde, il gay sardo trovi frustrante questo atteggiamento e lo faccia notare in maniera più o meno passivo-aggressiva sul profilo. Ma visto che lamentarsi senza fare nulla per cambiare è facile e bello, è lui il primo a non spezzare il circolo vizioso e non degnare di mezza risposta. O magari odia chi se la tira per semplice rivalità fra dàiveh?
Ha un pene e cerca persone con un pene. Grazie al cazzo, letteralmente, direte voi. La realtà è che Grindr in Sardegna è il regno dell’omofobia interiorizzata; cioè, più che altrove. Non so se sia una scusa per non depilarsi, che da queste parti deve essere una vera tortura, ma il gay sardo ce l’ha a morte con qualsiasi cosa sfugga da un ferreo costrutto eteronormativo, foss’anche usare il balsamo. E a meno che la scelta delle parole non sia infelice su tanti profili, non è una semplice questione di gusti: i termini ricorrenti dopo il “no” sono “checche”, “effeminati”, “donne mancate” o, il mio preferito, “chi conferma gli stereotipi gay negativi”. Per come la vedo io, lo “stereotipo gay” più negativo è la finocchia omofoba che ragiona per etichette si imbarazza a girare con qualcuno che possa attirare gli sguardi, ma dettagli.
Vuole vedere la tua faccia, ma non ne ha una. Anche qui, nulla di nuovo, ma la sovrabbondanza di caselle vuote, paesaggi, immagini motivazionali e gli immancabili petti decapitati è schiacciante. Di quelli che hanno la faccia, tre su quattro sono turisti. Anche quando sul profilo hai specificato che gradiresti parlare a dei volti, gliel’hai cortesemente fatto notare e poi l’hai pure ribadito, lui farà orecchie da mercante, perché…
È un agente del KGB. Sul serio, i “riservato”, “riservatissimo”, “max riservatezza” qui spuntano come funghi. Magari il numero complessivo sarà suppergiù lo stesso che in altre parti d’Italia, ma l’utenza di Grindr è circa un terzo che altrove, contando anche i turisti, quindi la proporzione è altissima. I migliori sono quelli che mandano peni e sederi non sollecitati perché “pensavo volessi vedere come sono”. Cioè, sei la tua area genitale? Non c’è tutta una persona intorno a quell’ano? Complimenti.
Non cerca troie, ma odia gli inconcludenti. Le “troie”, specie se non “fuori dai soliti giri”, sono ovviamente uno degli “stereotipi gay negativi” che vade retro; ma se non sei “deciso” a calarti le mutande al primo incontro, o inviare una foto per “vedere come sei” al primo messaggio, smetti di esistere perché non ci sono altri tipi di interazione. Naturalmente, se non si tromba non è perché non c’è chimica, ma perché sei tu inconcludente. Questa dicotomia fra avere sani principi ma non volersi spingere oltre la sveltina occasionale mi spiazza, ma forse so come interpretarla: astenersi i gay pubblicamente conclamati, ché se laggente vi vede entrare a casa mia chissà cosa pensa, ma guai se dopo aver scopato, anche se siamo entrambi riservati, ci si parla di nuovo, ché se laggente vede due uomini che interagiscono chissà cosa pensa.

Il profilo che emerge è quello di una finocchiella provinciale e triste che, abituato alla mancanza di concorrenza, pensa di avercelo d’oro. Vive in un ambiente in cui il disagio per l’orientamento sessuale non è solo imposto dagli altri, ma qualcosa di interiore, una vera e propria condizione esistenziale più che sociale. Ha bisogno di ripetere a se stesso per primo che, per quanto gli piaccia il pisello, è troppo un maschio alfa™ per essere davvero frocio – e, se lo ripete abbastanza volte, magari spera pure che diventi vero. Da una parte si reprime, dall’altra denigra gli altri perché non lo fanno e gli ricordano una parte di sé che odia.
Per questo è troppo figo per relazionarsi agli altri se non quando ha proprio le palle blu, e per questo, quando lo fa, evita che la cosa possa avere un seguito e uscire dalle quattro mura: anche se consciamente sa che scoperà altri maschi per tutta la vita, deve mantenere l’illusione inconscia che sia una cosa estemporanea finita la quale torna al suo vero io di maschio.
Beh, dato che di giocare allo psicanalista, al trofeo, alla bambola gonfiabile o all’agente segreto non ho proprio le forze, e che se interagisco con gli altri vorrei poterlo fare in maniera aperta, positiva e senza autodenigrazione, non mi resta che spegnere Grindr: mi consuma la batteria, che preferisco utilizzare su Pokémon Go.

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