Wednesday 7 September 2016

Anche in me c’è una piccola Zelena

Fra i sette peccati capitali, sono sempre stato convinto di essere relativamente immune all’invidia. Cioè, sì, a te va meglio che a me, big deal: preferisco concentrarmi su perché va male a me piuttosto che su come far star male anche te. E sì, di tanto in tanto invidio i miei amici, ma in senso buono: li ammiro,  sono felice per i loro risultati, sono consapevole che li hanno meritati e, al massimo, la cosa mi sprona a cercare di fare qualcosa di buono anch’io per non essere da meno. Diciamo che l’invidia, se la si può chiamare così, la vivo in senso positivo: come motivazione, più che rivalità.
Ma ho scoperto che no, non sono affatto immune all’invidia in senso negativo, quella distruttiva che, più che di migliorarti, ti fa augurare il male agli altri – o al massimo, come compromesso, passare sui loro corpi mentre cerchi di migliorarti. Insomma, anche dentro di me c’è una piccola Zelena rosicona.
 

In realtà, facendoci attenzione noto che la mia invidia-in-senso-stretto è indirizzata a una specifica categoria di persone: i perfetti idioti. Invidio chi i risultati non se li merita o non li sa apprezzare. Mi dà ai nervi chi so essere davvero abominevole, ma se la passa meglio di me; chi, per arrivare dov’è, pesta i piedi a mezzo mondo; chi ci riesce solo per colpi di fortuna e non grazie alle sue capacità; chi non si accontenta di aver ottenuto qualcosa, ma sente il bisogno di toglierlo agli altri per essere soddisfatto. Sarà che, nonostante tutte le batoste, non riesco a smettere di sperare nel karma, ma sopporto male che la gente sia ricompensata per il nulla.
Prendete la coppietta disfunzionale – una delle persone più tossiche che conosci, l’altra che col tempo si è rivelata non essere da meno – che si sono fatte a pezzi l’una alle spalle dell’altra per mesi prima di trovare un idillio che sbandierano con ventordici selfie la settimana su Hipstagram.
O prendete quello che si lamenta di continuo che non gliene va dritta una, ma si trova sempre nel momento giusto al posto giusto per puro caso e poi te lo sbatte in faccia come se fosse tutto calcolato con cura.
O, ancora, quello totalmente incapace di uno scambio empatico, che in una conversazione utilizza qualsiasi cosa tu dica come trampolino per lanciarsi a dire quanto lui abbia fatto di meglio e le tue conquiste a confronto impallidiscano.

Rileggendo quanto ho scritto, mi sto rendendo conto, però, che a mandarmi in bestia sono soprattutto quelli che devono sempre sbandierare i loro risultati, le loro fortune, le loro conquiste e, possibilmente, sminuire le tue apposta per suscitare invidia. Il che rende il mio atteggiamento ancora più stupido, visto che cado nella loro trappola con tutte le scarpe. D’altro canto, riflettendo mi rendo conto che forse la mia non è esattamente invidia: queste persone non meritano ciò che hanno perché non hanno la statura morale per goderselo. Se cercano costantemente di validare il proprio successo suscitando l’invidia altrui, significa che non lo apprezzano davvero per la soddisfazione che suscita loro. Quello che hanno non basta, devono per forza far stare male qualcun altro perché si sentano appagati, e questo è un enorme spreco dei loro risultati. A bruciarmi non è tanto l’invidia, quanto il senso d’ingiustizia, perché quelle stesse fortune sarebbero potute capitare non dico a me, ma a qualsiasi persona che se le sarebbe godute senza avvelenarle.

Insomma, forse dopo tutto non ho davvero un problema di invidia: è una semplice reazione al modo di porsi degli altri. Del resto, quando faccio le cose è principalmente per la mia soddisfazione e crescita personale, non per far mangiare la polvere a qualcuno. E magari sì, trovarmi di fronte persone sgradevoli mi rende un filino più competitivo, ma a quel punto sono sicuro che non abbia nemmeno bisogno di scendere al loro livello e sbandierare le cose, per far loro lo sgambetto: basta andare dritto per la mia strada.

No comments:

Post a Comment