Thursday 18 January 2018

Do I believe in love anymore?

Una volta, tanto tempo fa (tipo dieci anni), sono stato innamorato. Forse anche più di una volta. Non ne sono sicuro. I ricordi non aiutano, e sul blog c’è tanto materiale a riguardo, ma posso fidarmene? È difficile distinguere il ridimensionamento dovuto a una nuova prospettiva, la dimenticanza dopo tanto tempo e il vero e proprio revisionismo storico.

Se ripenso a Mattia, ad esempio, trovo ridicolo chiamarlo “amore” quando è stata letteralmente la storia di un pomeriggio. Tolto lo scambio di commenti sui reciproci blog e qualche chat su MSN, tutto si è consumato in quelle due ore a Milano e ha iniziato a sfaldarsi nel momento stesso in cui sono salito sul treno per Genova. Non è stata una storia a distanza perché non siamo mai andati oltre quel momento, non abbiamo comunicato davvero, non abbiamo pensato a un secondo incontro.
Eppure, undici anni fa sono stato davvero male. Ci ho sofferto per mesi, da gennaio all’estate inoltrata. Non era solo materiale per post lagnosi e foto a tema, ricordo che in Bielorussia ero ancora a pezzi ed era, assieme a un potenziale coming out (che fu rimandato), un discorso serio per cui la Mater mi stette a sentire e mi consolò.  Ci misi fino a settembre per riprendermi: il viaggio in Campania è il primo momento che ricordo in cui ripensavo a Mattia senza sentire dolore.
Per quanto ridicolo sembri adesso, per quanto minuscola l’effettiva vicenda, allora era tremendamente reale.

Con Matteo è difficile dirlo: la situazione ha preso una piega talmente inaspettata e surreale che, nella mia testa, la realtà è solo ciò che è successo dopo. Anche perché non l’ho mai confessato nemmeno a me stesso, ma trovo il prima imbarazzante.
Nonostante abbia fatto la cronaca quasi quotidiana di quei mesi, non ho mai davvero scritto sul blog cosa è successo alla fine: ho ripetuto a me stesso che il motivo era non sputtanare l’altra parte coinvolta ma, in realtà, è perché me ne vergogno.
Che poi, l’unica “colpa” che ho è essere stato un essere umano decente e comprensivo, ma sembrare un cretino prima e un debole poi è un attimo.
L’ho raccontato a pochissime persone, sempre temendo il loro giudizio (perché una delle prime che l’ha saputo è stata spietata – sempre la solita stornza), e ho dovuto talmente minimizzare la narrazione del prima per rendere logico e coerente il dopo che nei miei ricordi è rimasto ben poco di quella passione e quei sentimenti. Al massimo è rimasto l’odio bruciante per quell’hipster del cazzo che si è intromesso, perché un rancore è per sempre che De Beers levati.
Oggi al massimo dico che l’ultima volta che sono stato con qualcuno è stata dieci anni fa, senza scendere nei dettagli. Ma in effetti è vero: sono stato con qualcuno. Ho avuto una storia a distanza faticosa, tormentata eppure tremendamente appassionata. Ero davvero innamorato. Ho lottato quando c’era da lottare, gioito quando c’era da gioire e pianto quando c’era da piangere, e nei momenti in cui andava tutto bene c’era sostegno reciproco e stavo davvero bene. Non è un caso se, nonostante tutta la fatica durante e il dolore dopo, la cosa che ricordo meglio è la dedica che ho scritto sulla tesina della maturità.

Non sono stato debole a sostenere tutto quel dolore. Ma sono stato poco orgoglioso a lasciarmelo infliggere. Non m’importa minimamente di non essere stato orgoglioso allora, perché il rapporto valeva ben più di quello, ma è da allora che con chiunque sia arrivato dopo ne sono ossessionato: l’orgoglio. Salvare la faccia quando tutto finisce è la mia priorità. È una cosa che ho imparato sul campo con l’Uomo Lusingato, più che altro.
Ma il succo è questo: non ricordo nemmeno più com’è essere innamorati. Non riesco a interiorizzare perché tutti ne parlino come se fosse chissà cosa, né a livello emotivo, né tanto meno fisico. Non capisco perché lasciarsi debba essere ‘sto gran problema: basta semplicemente essere il meno coinvolto nella coppia per risparmiarsi grosse seccature, per il resto la vita va avanti.
Sono talmente distante da quel tipo di sensazioni che non riesco a immedesimarmici, né a considerarle più importanti della soddisfazione di avere l’ultima parola. E ho perso il filo di un discorso che già in partenza non sapevo dove sarebbe andato a parare.

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