Tuesday 29 May 2018

Eco e rumore di fondo

Sono le 23:36 di martedì 29 maggio; ancora non mi è comparso un singolo post anti-Mattarella, pro-rivoluzione, gentista, populista o buongiornista nel feed di Facebook.
Questo per dare l’idea di quanto sia selettivo e stringente su quali persone seguo.

Lo so che non mi fa bene: ho finito per rinchiudermi in una echo chamber, una di quelle bolle telematiche frequentate da persone che la pensano come me in cui non arrivano idee dall’esterno a mettere alla prova l’opinione dominante. Cioè, se a votare fossero state solo le persone del mio feed, Emma Bonino sarebbe al governo col 100% dei seggi, e invece non ha nemmeno superato la soglia di sbarramento.
D’altro canto, siamo onesti: le idee che arrivano dall’esterno della mia echo chamber il dibattito lo abbassano più del necessario. Perché è vero che, in sostanza, io e i miei amici siamo un gruppo ristretto in una torre d’avorio che ci complimentiamo su quanto siamo capaci di comprendere un testo quando lo leggiamo, ma almeno continuiamo a ripeterci l’un l’altro cose che hanno una qualche base fattuale.
Ma ha davvero senso rompere la bolla e sostenere una conversazione con qualcuno all’esterno nell’epoca della post-verità? Tanto chiunque basi le sue sparate su cose non fattuali mostra già in partenza di non avere il minimo interesse per l’obiettività, e allora che fai? Come puoi convincere con i fatti qualcuno che li rifiuta? È un enorme circle-jerk di persone che si alimentano a vicenda le paranoie per dare sapore alle proprie vite senza assumersi responsabilità: elaborare un’argomentazione fondata e ragionata da fornire loro è uno spreco di tempo ed energia inutile. Tanto vale semplicemente escluderli, ridurli a meno che rumore di fondo, e tirare avanti: anche se non farà la differenza, almeno ce ne andremo sapendo di aver fatto la cosa giusta e aver vissuto usando la roba che abbiamo dentro il cranio.

Monday 28 May 2018

Immagini

Ieri sono tornato dopo tanto tempo su Tumblr e mi sono accorto di quanto mi fosse mancato.
I miei ultimi post risalivano a novembre 2017, ma è da almeno un paio d’anni che lo visito on and off, senza regolarità, senza seguire la dashboard e i blog che mi interessano con l’assiduità di qualche anno fa.
E in effetti è vero, Tumblr è abbastanza in crisi: come deviantArt prima di lui, è stato fagocitato dai fandom (oltre che, visto il livello minimo di censura, dal porno). Per me che seguo principalmente blog di fotografia è frustrante, dato che moltissimi hanno smesso di postare (sono ancora in lutto per la chiusura di Monochromanic, ad esempio) e la mia dashboard si è assottigliata notevolmente.
D’altro canto, il vero motivo per cui ogni tanto sparisco è che sono ossessivo-compulsivo e, se non riesco a stare dietro alla dash per qualche giorno, finisce che mi perdo sicuramente dei contenuti, la cosa mi scoraggia, si accumulano sempre più post finché tanti saluti. Per riuscire a tornare, ora, mi sono aperto uno ad uno tutti i blog che seguo, ho scorso gli archivi, aperto i post che a colpo d’occhio mi sembravano più interessanti e deciso quali ribloggare o meno. (In caso sembri un lavorone, purtroppo non lo è stato: Homotography è l’unico che posta regolarmente, seguito un po’ da Go Smoke; tantissimi sono inattivi dal 2015).

Avendo trascurato Tumblr, nei tempi recenti come fonte di media visivi mi sono rivolto sempre più a Instagram, che… eeeh, diciamo che è un’esperienza piuttosto diversa.
Il fatto è questo: sono piuttosto restio ad adattarmi ai cambiamenti delle piattaforme. Instagram sta in parte diventando un network professionale, mentre per me continua a essere il social del cazzeggio, del foodporn, del quotidiano, del BTS se proprio si scende in ambito fotografico. Per quanto riguarda me nello specifico, non riesco a convincermi a usare Instagram come piattaforma artistica, nonostante quando posto qualcosa di serio raggiunga risultati di visibilità che altrove mi sogno, perché, semplicemente, non ha il 2x3 come formato verticale, e buona parte delle mie foto invece lo sono. Ma sto divagando.
Il succo è che Instagram è il posto dove seguo cosa combinano gli amici, o al massimo stalkero le celebrità. Il tipo di immagini che ricevo nel feed è piuttosto comune, per lo più senza pretese artistiche. E poi ci sono i ragazzi carini che followi perché si sa mai che ci scappi una collaborazione, ma hanno un encefalogramma più piatto del Kansas e ti inondano di finte immagini quotidiane, in realtà studiate a tavolino, in cui non fanno che sbatterti in faccia il loro stile di vita a cinque stelle. (Per quanto riguarda il collaborarci, magari accetterebbero pure, per semplice attention whoring, ma dubito che il mio stile sarebbe adatto a loro: non me ne frega di glorificare la loro preziosa persona, a me serve trasformarli in avatar di ciò che voglio raccontare io).

Per contro, Tumblr, almeno nella bolla che mi sono creato intorno, mi propone immagini significative il cui intento è suscitare ammirazione, non invidia. Quando scorro Tumblr non vedo la vita quotidiana, non vedo il lifestyle, gli influencer o quella roba lì: ci si condivide arte. (Per la maggior parte delle persone ci si condivide porno, ok; ma, sempre per la specializzazione che faccio dei network, per quello uso altro). Ci sono eccezioni, ovvio: la qualità di Homotography, ad esempio, è colata a picco e ora il 90% di ciò che propone sta lì solo perché titilla lo spettatore omosessuale, ma scavando bene si trovano lavori artisticamente meritevoli anche lì. Ed è questo ciò di cui voglio circondarmi. Come esperienza visiva è molto più soddisfacente e non capisco, francamente, perché me ne sia privato tanto a lungo.
O forse lo capisco: perché mi riporta a tempi più felici in cui io per primo ero più creativo, meno pauroso e più disposto a saltare su un treno per fare foto come ho fatto a inizio mese. Chissà che essere tornato a casa – perché Tumblr mi fa sentire un po’ così – non mi aiuti a riportare queste esperienze a una frequenza maggiore che una volta ogni due anni.

Saturday 26 May 2018

Leak in the pipe

A volte ho l’impressione di essere migliorato, di riuscire a gestire le cose da adulto… e poi mi accorgo che, per ogni cosa che riesco a tenere in mano, altre cinque mi scivolano tra le dita, cadono e si rompono.
Case in point, mercoledì: entro in cucina per vedere cosa aggiungere alla lista della spesa e trovo una pozzanghera sotto il lavello. Bestemmiando internamente i coinquilini, la asciugo, vado comunque a fare la spesa (yay!) ma, tornando, ritrovo la stessa pozzanghera che sta di nuovo strisciando sulle fughe delle piastrelle. Invece che avere un attacco di panico, chiamo la proprietaria, le faccio presente la situazione e riesco anche a individuare la perdita: dentro lo sportello del contatore, subito dopo. Sono andato a logica: né lo scarico né i tubi in entrata del lavello erano bagnati, ma il muro era umido; nel bagnetto attiguo non c’era nulla, quindi doveva essere in cucina; colava giù per le piastrelle, quindi – oh, ecco, con la luce accesa il bordo inferiore dello sportellino luccica, è lì che è bagnato.
Ho chiuso l’acqua, mostrato la perdita al figlio della padrona, prontamente arrivato a controllare, ci siamo messi d’accordo con l’idraulico per il giorno dopo e, la sera, visto che la ciotola più grande che stava sotto il tubo si riempiva in nemmeno mezz’ora e c’era il lavello lì vicino, ho creato una specie di grondaia di bottigliette di plastica da riciclare per scolare la perdita senza far danni e senza doversi svegliare ogni mezz’ora. Giovedì sono stato d’aiuto all’idraulico e ho dovuto rimandare la seduta dal terapista: sono perfino riuscito a chiamarlo il giorno prima per dirgli che c’era la possibilità che dovessimo rimandare, e poi per confermare che era così. Bravissimo.

Eppure, si è fatto sabato e non sono ancora riuscito a cucinare il sugo. Ho lasciato la macinata in frigo invece che congelarla, ma ho continuato a rimandare. Mercoledì perché era meglio tenere l’acqua chiusa (anche se avrei potuto aprirla quei cinque minuti), giovedì perché dovevo badare all’idraulico e la cucina ne è emersa lurida, venerdì per qualche altra scusa. Ho campato d’asporto e junk food, e anche oggi non riesco proprio a convincermi a ricomprare la macinata e mettermi ai fornelli. L’intoppo nel momento in cui avevo programmato di farlo continua a starmi fra i piedi e non riesco a liberarmene.
Idem con patate per il mio turno di pulizia: sarà che fa caldo e la cosa mi debilita, ma non riesco proprio a ritagliarmi quei tre quarti d’ora per pulire i bagni e il corridoio. La cosa mi paralizza. L’unica cosa che riesco a fare con l’acqua è lavare me stesso, per il resto il pensiero che l’idraulico abbia messo una pezza temporanea (c’è ancora la scodella sotto il tubo) in attesa di comprare il pezzo e sostituirlo mi blocca completamente.

Ed eccomi qui, capace di affrontare una crisi imprevista al prezzo di sacrificare le responsabilità quotidiane. Come fa la gente normale a occuparsi di tutto assieme?

Tuesday 8 May 2018

Le strade che portano a Roma e dintorni

Non è andato tutto bene, ma tutto è stato gestibile.
O meglio: ciò che conta è andato bene, mentre nel corollario c’è stata qualche defaillance che ho saputo affrontare senza lasciarmi travolgere. Perché è così: ogni volta che mi metto alla prova, che trovo il coraggio di fare quel passo e uscire dalla comfort zone, scopro di essere perfettamente competente e all’altezza della situazione.

Il piatto forte del viaggio, lo shoot che mi ha richiesto un sacco di tarocchi e causato tanta nevrosi, è stato forse la parte pià semplice. Per quanto giustificate dalle esperienze passate, le mie paranoie sono state solo tali e Antonio, il mio amico e modello, non solo era contento di posare per me, ma è diventato assolutamente entusiasta quando ha visto le altre foto del progetto. Di sicuro gliel’avevo linkato un paio d’anni fa, quando gli avevo proposto di posare per la prima volta, ma dopo tutto questo tempo è abbastanza normale che se ne fosse dimenticato. E io non ho più tirato fuori la cosa perché, per quanto ami ancora gli Infernal Lords, non ho più vent’anni e ora ho un po’ di paura di essere giudicato per la scelta del soggetto, o che le persone non vogliano esservi associate. Alla fine è questo, il vero motivo per cui non mi sono mosso prima con Antonio, e si è rivelato del tutto infondato. Una volta che ho trovato la forza interiore, le cose sono andate come volevo.

Con questo non voglio dire che la maledizione che grava sulla serie non si sia attivata e le circostanze non si siano messe di traverso ma, come dicevo, si è trattato più di inconvenienti fastidiosi che crisi insormontabili. Una è stata prevedibile: il treno Roma-Napoli che pensavo di prendere aveva una coincidenza super stretta e, se fosse saltata, avrei fatto aspettare inutilmente Antonio per un’ora. Ho preso quello prima, che è prevedibilmente arrivato in ritardo, ma all’ora giusta per lo shoot: ci ho visto giusto e ho pianificato efficientemente.
Non pianificato è stato quando ho beccato l’unico tornello della metropolitana di Napoli senza inchiostro, che non ha quindi stampato la data e l’ora sul biglietto. All’uscita, il controllore mi ha trattenuto e, sulle prime, è stato un filino indisponente e brusco; ho mantenuto la calma, ho spiegato la situazione, ha verificato al tornello d’uscita che il biglietto era stato effettivamente obliterato quando ho detto e tutto si è risolto. In altre circostanze non avrei proprio fatto caso all’incidente, ma con gli Infernal Lords l’ho presa come la cosa che doveva andare storta, ma è stata talmente insignificante da non farmi nemmeno inciampare.
Un po’ più di fifa l’ho avuta al ritorno, quando la macchinetta di Trenitalia non mi ha preso il bancomat. Già ero strettissimo con i tempi e il treno successivo sarebbe stato una pessima opzione, per cui sono dovuto correre, letteralmente, a prelevare, ma il terrore è stato che la carta si fosse smagnetizzata e mi fossi trovato senza soldi per tornare a Roma. Per fortuna anche lì, con un po’ di batticuore, ho mantenuto i nervi saldi e ho risolto tutto.

Il resto è andato altrettanto bene. Ho girato un po’ per Roma, ho trascorso del tempo con Gin, rivisto Lucia e Giorgia che non vedevo da undici anni, ho preso un caffè con Claudio e Val, e la domenica l’ho trascorsa praticamente tutta con Katia. C’è stato qualche altro intoppo qua e là, ma da qualcuno è nato del bene – il Lush chiuso in stazione mi ha costretto ad andare a quello grande in Corso, dove hanno praticamente fatto la spa a me e Katia facendo ci scoprire un ottimo sapone per il viso – mentre a qualcun altro non resta che rassegnarsi – il Cimitero Acattolico è chiuso la domenica pomeriggio, quindi per scattare gli stock per uno dei miei prossimi progetti dovrò tornare a Roma, poco male.

Questo è stato quindi un viaggio che mi ha ripagato di tutti i timori e le preoccupazioni che l’hanno preceduto, ed è anche valso l’odissea nell’Intercity Notte al ritorno.
Magari, di essere all’altezza delle circostanze la prossima volta è meglio che me ricordi subito, non dopo due anni di rimandi.

Thursday 3 May 2018

Pronto

È tutto pronto per partire a Roma. I biglietti sono tutti in ordine;  documenti pure. Porto con me tre libri da leggere. La valigia è fatta: la fotocamera è dentro, le batterie sono tutte cariche, le memory card svuotate, il cappello per Belial c’è, i vestiti bastano e sono adattabili a qualsiasi clima, tutti i caricabatterie vari ed eventuali sono messi, ho anche infilato lo zaino vuoto per potermi destreggiare meglio sabato, il giorno dello shoot, e domenica, che passerò tutta in giro.
Oh, giusto: tutte le persone coinvolte hanno confermato.

Ovviamente io sono un fascio di nervi.

Un piccolo fuori programma è che sabato sarò io a scendere a Napoli per scattare, e non il modello a raggiungermi a Roma. Lavora, farebbe troppo tardi ad andare e tornare, ma nessun problema: ho fatto i biglietti per l’andata, il ritorno lo vedrò quando finiamo, mi sono premunito bene per spostarmi in città e tutto dovrebbe andare per il verso giusto.
Naturalmente, per essere sicuro, ma proprio sicuro (entro i limiti del plausibile) che non mi tiri bidone, ho sondato il terreno discutendo delle previsioni meteo per sabato Napoli – dovrebbe essere leggermente velato, non troppo caldo, e non dovrebbe piovere – così da avere l’ennesima conferma e ricordargli anche giorni e orari in caso sia distratto.
È un ragazzo che conosco da diversi anni ed è assolutamente coccolo, ma ciò non mi fa comunque rilassare: non che non mi fidi di lui nello specifico, ma è un essere umano, ‘nough said.

Al momento, l’idea sarebbe chiamare Katia su Skype, fare due chiacchiere (non ho testa per guardare qualcosa), salutarla ché nei prossimi due giorni ci sentiremo solo via messaggio, e ricordare che, alla fine delle fatiche, mi aspetta una giornata bonus in sua compagnia: cosa c’è di meglio?
Di meglio ci sarebbe non essere paranoici, ecco cosa.

Il Carro significa che le cose andranno a buon fine. L’Eremita significa che, con rischi indicibili e traversie innumerevoli, supererò la strada per raggiungere il castello oltre la città dei Goblin. L’Imperatore e la Giustizia capovolti sono lì solo per ricordarmi che, per quanto le cose sembrino insormontabili, gli ostacoli sono tutti nella mia mente.

Respiro profondo.

Sono pronto.