Sunday 30 September 2018

Classifica musicale generale – 2018

Nelle puntate precedenti:
2016;
2017.

Classifiche dalla 51 alla 100:
2018.

Classifiche annuali:
2017.

1. Come ti sei appassionato alla posizione numero 30? (Dead Can Dance)
• Mi sono incuriosito perché sono una band leggendaria della scena alternative; ho avuto modo di scoprire che lo sono con ottime ragioni.
2. Prima canzone ascoltata della numero 22? (Emilie Autumn)
• Sono piuttosto sicuro che Veronica mi avesse fatto ascoltare I Know Where You Sleep e/o Marry Me; come al solito, ho snobbato il suo consiglio.
3. Testo preferito della numero 33? (Goldfrapp)
Stranger parla di me, praticamente.
4. Album preferito della numero 49? (The Crest)
Letters From Fire mi piace un po’ più di Vain City Chronicles.
5. Canzone preferita della numero 13? (Kari Rueslåtten)
Hør Min Sang dal suo catalogo storico, Wintersong da quello recente.
6. Album peggiore della numero 50? (Lucia)
• Oddio, “peggiore” è un parolone. Dei due preferisco Samsara, ma anche Silence è ottimo.
7. C’è una canzone della posizione numero 39 che senti molto tua? (Alcest)
• Non particolarmente: il mondo di fantasia creato da Neige dopo un po’ risulta alienante.
8. Bei ricordi legati alla numero 15? (Sia)
• Due estati fa io e Beatrice beccavamo sempre Cheap Thrills quando uscivamo. Ricordo anche che ascoltavo Colour The Small One una volta a Firenze Santa Maria Novella prima di incontrare Francisco.
9. Quanti album possiedi della numero 5? (Evanescence)
• Quattro (Origin, Fallen, The Open Door e Synthesis) più il live Anywhere But Home e tutti i singoli fisici fino a Sweet Sacrifice. L’epoca del self-titled l’ho saltata a pie’ pari.
10. C’è una canzone della numero 45 che ti rende felice? (Abney Park)
The Wrong Side mi mette buonumore.
11. Canzone preferita della numero 40? (White Sea)
• La magnfica Ellipses.
12. Canzone della numero 10 che ti piace di meno? (Marina & The Diamonds)
Bad Kidz è proprio bruttina.
13. Bei ricordi evocati dalla numero 6? (Emilie Simon)
• La volta che ho costretto Stefano a sedersi su una pila di assi bruciate per fare la foto di En Cendres e, soprattutto, la gita a Bordeaux per il concerto.
14. Canzone della numero 38 che associ a un momento o persona? (Amy Lee)
Sally’s Song è rimasta tristemente associata alla mia prima rottura seria.
15. Quale canzone della numero 19 ti emoziona di più? (Theodore Bastard)
Будем Жить,  anche in versione Земная Доля, mi entra sempre sotto la pelle.
16. Quante volte hai visto la numero 35 live? (Leandra)
• Nessuna, ma mi piacerebbe un sacco.
17. Quale canzone ti ha fatto innamorare della 23? (Anneke Van Giersbergen)
Day After Yesterday, che è anche capitata in un momento particolarmente adatto.
18. Album preferito della numero 11? (Autumn)
• Per ora sempre Altitude, seguito a breve distanza da Cold Comfort; vediamo come se la caverà il nuovo.
19. Prima canzone ascoltata della numero 14? (Susanne Sundfør)
• Come dimenticarla? The Silicone Veil.
20. Canzone preferita della numero 27? (Clare Maguire)
Stranger Things Have Happened è fantastica.
21. Album preferito della numero 16? (Anathema)
• L’insuperabile Weather Systems.
22. Prima canzone ascoltata della numero 47? (Meg Myers)
Heart Heart Head, grazie a Luisa.
23. C’è una canzone della 18 che trovi catartica? (Stream Of Passion)
• L’incredibile cover di Street Spirit.
24. Come hai scoperto la numero 21? (Alizée)
25. Canzone della numero 26 che ti rende felice? (Epica)
Dreamscapes.
26. Canzone preferita della numero 3? (Hurts)
• È quasi una di quelle scelte difficilissime, ma Illuminated sta un gradino sopra la spietata concorrenza.
27. Album preferito della numero 2? (Within Temptation)
• Dico sempre The Unforgiving: è un grandissimo album con una struttura impeccabile, ottime melodie e arrangiamenti che hanno rinfrescato e revitalizzato i Within Temptation.
28. Prima canzone ascoltata della numero 32? (iamamiwhoami)
• Una delle composizioni per i video virali della sua campagna promozionale.
29. Testo preferito della numero 8? (Florence + The Machine)
Pure Feeling batte una concorrenza spietata.
30. Quante volte hai visto la numero 17 live? (Draconian)
• Nessuna, e non ci tengo più a recuperare, dati i soggetti.
31. Come hai scoperto la numero 44? (Phildel)
• Grazie a Luisa, che a sua volta l’ha scoperta grazie a Sleepthief.
32. Album della 12 che ritieni sottovalutato? (Panic! At The Disco)
• Ho la netta impressione che un po’ tutta la discografia post-split viva nell’ombra del debutto.
33. Canzone peggiore della numero 29? (Gwen Stefani)
• Non una ma due: When I Was A Little Girl e Never Kissed Anyone With Blue Eyes Before You dall’album natalizio. Gli sbadigli.
34. Prima canzone ascoltata della numero 34? (Delerium)
Silence, come ho già raccontato visto che, per qualche motivo, capita loro sempre ‘sta domanda.
35. Album preferito della numero 28? (Röyksopp)
• Nel complesso forse Junior, anche se non ha le punte di eccellenza di The Understanding e The Inevitable End.
36. Quante volte hai visto la numero 42 live? (Woodkid)
• Purtroppo nessuna.
37. C’è qualche canzone della 36 che consideri un guilty pleasure? (Brooke Fraser)
Love, Where Is Your Fire e anche Flags mi piaciucchiano in mezzo al cheese cristiano.
38. Come hai scoperto la numero 48? (Gåte)
• Un canale di divulgazione atea ha usato Bruremarsj Frå Jämtland come sottofondo a un video.
39. Album preferito della numero 7? (Delain)
Lucidity ha un posto speciale nel mio quoreh.
40. C’è qualche canzone della numero 31 che ti mette nostalgia? (The 3rd And The Mortal)
Magma (e buona parte di Painting On Glass) mi ricorda il volo di ritorno dalla Germania nel 2009.
41. Canzone della 41 che non ti piaceva ma adesso ami? (Placebo)
• All’inizio non sopportavo The Bitter End. Oh boy…
42. Testo preferito della posizione numero 24? (Lady Gaga)
Telephone, hands down.
43. Canzone più emozionante della numero 46? (Karen Elson)
• Su Double Roses c’è l’imbarazzo della scelta, ma direi Wonder Blind e Wolf.
44. Canzone della numero 25 che ti rende felice? (Róisín Murphy)
Sunshine è sempre un bel sogno che faccio, nonostante i recenti sviluppi.
45. Canzone preferita della numero 9? (Eivør)
• Non è facile sceglierne solo una, ma direi True Love.
46. Primo album ascoltato della numero 37? (Sirenia)
At Sixes And Sevens: sono andato in ordine.
47. Membro preferito della numero 4? (The Gathering)
• Scatenerò una guerra, ma Silje Wergeland.
48. Prima canzone ascoltata della posizione numero 43? (Beyoncé)
• Beh, un po’ difficile sfuggire a Crazy In Love.
49. Album che possiedi della numero 20? (Tristania)
• Tutti e cinque, più i singoli di Angina, Midwintertears e Sanguine Sky. Poi, tristemente, nel 2007 hanno smesso di pubblicarne…
50. Il miglior ricordo associato alla numero 1? (Theatre of Tragedy)
• Potrei riempire il blog parlandone (in realtà l’ho fatto), ma forse l’ultima sera a casa di Nell, passata a sfogliare il suo scrapbook dei Theatre of Tragedy, ripercorrere i suoi anni nella band e parlare un po’ dei cavoli nostri. Oh, e la colazione con la marmellata di ribes rossi che aveva confezionato lei in casa. Gesù, quella marmellata!

Monday 24 September 2018

Date tregua a Biancaneve

Ieri sera, mentre editavo le foto di una bellissima cosplayer di Biancaneve versione Hannah Alexander, mi sono reso conto di una cosa: sono stufo marcio del revisionismo delle fiabe (e, per estensione, dei film Disney e relativo merchandising). Anzi, ciò di cui sono stufo è il pensiero stesso che c’è alla base. Tutt’altro che difficile rendersene conto quando hai a che fare con Biancaneve, l’archetipo della ragazzina ingenua, la primissima Principessa Disney, arrivata a noi dritta dal 1937 e così fuori posto nel 2018.

Sia chiaro: per me c’è posto per tutto. C’è posto per le truculente versioni originali, per quelle edulcorate riproposte dalla Disney classica, per quelle che veicolano messaggi della Disney Renaissance, per le varie versioni rese più complesse à la Mirror Mirror, per quelle decostruite e ricostruite à la Once Upon A Time… le fiabe sono archetipi e hanno profonde radici nella nostra cultura: in quanto tali, si prestano a interpretazioni sempre nuove e a piegarsi secondo i tempi attuali.
Il problema è che i tempi attuali sembrano interessati a trasmettere un unico messaggio nelle loro fiabe: siamo tutti smartass.
A ben vedere, quasi tutte le iterazioni contemporanee, perfino quelle della Disney, sono basate sulla decostruzione: c’è un grande affanno a sbeffeggiare ogni singolo cliché perché siamo troppo avanti per non guardarli con condiscendenza; carichiamo la trama di dettagli per renderla logica e scorrevole perché siamo troppo intelligenti per sospendere volontariamente l’incredulità come facevamo da bambini; e poi ci sono loro, i protagonisti. Peggio ancora, le protagoniste.
Una volta ho letto che è possibile scrivere un personaggio maschile che sia solo tale, ma non uno femminile che non sia anche un role model. Ed è qui che torniamo a Biancaneve, ma anche Cenerentola e Rosa Spina (avviso: da qui in poi tratterò fiabe e film Disney come sinonimi; è una cosa che odio ma, ai fini del dibattito pubblico, i due concetti sono ormai intercambiabili).

Sembra che l’unica cosa che ci piace più di sputare su animali parlanti e Ammoreh a Prima Vista™ sia ridicolizzare le principesse classiche e rimpirci la bocca di quanto siano modelli negativi. Perché fanno cose troppo femminili come le faccende di casa e prendersi cura degli animali. Perché sono personaggi passivi e aspettano che qualcuno le tiri fuori dalle situazioni invece che agire. Perché la soluzione a tutti i loro problemi è l’arrivo di un uomo che le sposi e le sistemi. I tempi sono cambiati, ci piace dire, non sono questi i modelli che vogliamo per le nostre figlie. Vogliamo Cenerentola che prende a schiaffi le sorellastre, Biancaneve che si mette l’armatura e guida un esercito contro la matrigna, Aurora salvata dall’amore materno della fata (non tanto) cattiva, e al diavolo tutti i prìncipi! E il risultato è un sacco di snark gratuito, personaggi che sono tutti uguali nel loro voler essere anticonvenzionali, storie strangolate dal tentativo di sovvertirle pur mantenendole coerenti con se stesse e messaggi aggiuntivi che si contraddicono tra loro.
Ma la domanda è: perché facciamo tutto questo? Per dare modelli migliori alle nostre bambine?
No: ci piace lagnarci che le principesse classiche sono il male del mondo e decostruire le storie di quelle moderne per ghignare compiaciuti di quanto siamo superiori a quei poveri sempliciotti del 1937.
Da qui, una proposta: se davvero ci preoccupiamo di che messaggio riceveranno i nostri figli, perché non proviamo, ad esempio, a fare i genitori? A occuparci di loro e parlarci?
Pretendere role model migliori così da mollare i bambini per un’ora davanti allo schermo mi sembra molto facile. Meno facile, invece, è stare con loro e fornire un contesto a ciò che stanno guardano.

Non c’è niente di male in Biancaneve: è un personaggio creato nel 1937 per il pubblico del 1937 basato su una storia ancora più vecchia. All’epoca le cose andavano così. Sogna solo di trovare il vero amore perché non stava bene che le donne lavorassero: oggi invece, se vogliono, possono fare carriera e arricchire la loro vita anche di quello. È ingenua e si fida della Regina Cattiva non perché è stupida, ma perché è stata cresciuta isolata dal mondo e non sa che è pericoloso: oggi invece le bambine vanno a scuola e imparano a non fare questi errori. Cenerentola è paziente e non si ribella alla matrigna e alle sorellastre perché altrimenti non avrebbe avuto dove andare: oggi per fortuna le ragazze, quando crescono, hanno molte più possibilità.
E anche a livello meta, possiamo spiegare che le principesse di oggi sono diverse perché ci sono tante possibilità su cosa si può essere. Si può essere una persona romantica. Si può sognare di avere una propria attività. Si può voler leggere e studiare. Si può anche voler restare a casa a badare alla famiglia (tutto questo sia per le bambine che per i bambini, eh!). E fintanto che è una scelta, non c’è nulla di male né a essere Belle, né a essere Tiana, né a essere Merida, e nemmeno a essere Biancaneve. (Su Ariel ho dei dubbi, ma non è questo il punto).

Anche film che sembrano moralmente superati possono offrire ottimi spunti di crescita; l’unica cosa è che serve che i genitori siano lì a svolgere il loro compito, invece che aspettarsi che faccia tutto la televisione. Perché più ci si accanisce a dire che Biancaneve non va bene e dev’essere cambiata, più si dimostra di essere genitori incapaci, che fanno finta di dimenticare un punto fondamentale: l’educazione è un compito della famiglia, non della Disney.
Per cui, date tregua a Biancaneve, una buona volta: va bene così com’è, sta a voi imparare a contestualizzare le cose.

Friday 21 September 2018

Siamo alle solite

Bla bla bla, ancora una volta ho dimostrato (a me stesso) che sono capacissimo di tirarmi fuori dalle brutte situazioni e risolvere i problemi. Bla bla bla, sono più forte e capace di quanto mi dia credito. Bla bla bla, anche se le cose sembrano impossibili, anche se le conseguenze sarebbero reali e pesanti, sono capace di stringere i denti, tirare dritto, fare le cose e uscirne vincitore. Bla bla bla, riesco perfino a ottenere risultati quando ci sono di mezzo cose (i.e.: altre persone) che sfuggono al mio controllo.
Yay, Alessandro è un adulto competente.

È una lezione che continuo a imparare ancora, e ancora, e ancora, e ogni volta sembra non entrarmi in testa. Ogni volta devo uscirne stremato, stressato, dopo notti e notti in cui non riesco a costringermi ad andare a letto per paura che arrivi l’indomani, e giornate in cui non riesco a fare nulla perché l’unica responsabilità che devo sobbarcarmi mi toglie ogni altra energia.
Ma se so che sono capace di contattare le persone su Facebook per tessere le lodi della casa e reclutarle come potenziali coinquilini, se l’ho già fatto altri anni, se è chiarissimo che hanno bisogno di me e del mio annuncio quanto (spesso anche più) di quanto io ho bisogno di loro, se per ogni “no grazie” trovo due o tre “sì, dimmi di più”, perché il mio dannato cervello non riesce a partire concentrato sul compito e risparmiarmi ansia, paranoie, awkwardness e sfiducia in me stesso? Perché non posso partire tranquillo e consapevole che sì, sono capace di riempire due dannate singole date via a un prezzo ridicolo in una casa che buona parte degli studenti universitari si sognano soltanto?
Ecco, questo è uno di quei post di rant gratuito che sto scrivendo soltanto per ricordarmi che, ancora una volta, mi sono dimostrato all’altezza della situazione, ho evitato scossoni alla mia vita quotidiana ed economica (leggi: non devo smezzare il prezzo delle stanze vacanti con gli altri due coinquilini rimasti dall’anno scorso) e posso tirare dritto per la mia strada.

Ps: a proposito di lezioni da imparare, giuro che è l’ultima volta che procrastino fino all’ultmo e/o faccio affidamento a che gli altri superstiti si diano da fare per trovare qualcuno. You want shit done? Do it yourself, bitch. And do it now.

Friday 14 September 2018

Migliori amici un corno

Sinceramente? Non è che odio i cani come animali. Presi singolarmente, mi stanno abbastanza indifferenti: li trovo bestie stupide che sprecano un sacco di energie per compiacere gli altri, senza capire che in cambio ricevono ben poco.
È vero che negli ultimi anni la cagna dei miei vicini qui, con i suoi agguati dietro al cancello e il suo abbaiare aggressivo ogni volta che si passa, me li ha resi ancora meno simpatici. È vero che non mi piace il loro odore e detesto la loro saliva. Ma, nel complesso, il massimo del sentimento che provo per la categoria in generale è condiscendenza, magari un po’ di pena. Alcuni singoli cani addirittura li tollero per amore o rispetto dei loro padroni. Ovviamente, non ne vorrei mai uno mio perché essere guardato dal basso verso l’alto con occhi adoranti mi metterebbe abbastanza ansia.
Presi come fenomeno sociale, invece, il discorso è molto diverso. Lì sì, odio i cani: l’indifferenza non basta più.

Non mi ero mai soffermato, ad esempio, sul fatto che a Trieste vivo in una zona tutta di palazzi, senza villette col giardino. Come me ne sono accorto? Perché quando torno ad Alghero, che nella mia zona è piena di giardini privati, arriva una certa ora e parte la cagnara, perché una di quelle stupide bestie si esagita, produce chiasso, un’altra la sente e risponde, e via di telegrafo del crepuscolo che nemmeno La Carica dei 101. D’estate con tutte le finestre aperte, giorno dopo giorno diventa l’inferno.
Ma io dico: porca miseria, se dà fastidio a me all’altro angolo della via, possibile che il baccano prodotto dal tuo cane non ti faccia venir voglia di scendere in quel dannato cortile e farlo stare zitto? Disciplinarlo un po’? Capisco che col tempo subentrano l’abitudine e la rassegnazione, ma c’è un limite a tutto!

Naturalmente, tolti i quattro passi sotto casa specificamente per quello, guai a rinunciare alla bella passeggiata in centro se si deve scendere il cane a pisciarlo. Invece che elaborare un percorso in funzione dei bisogni del cane, lontano da folla e rumori, lo si porta in vie strette e affollate, magari gli si sgancia anche il guinzaglio e lo si lascia libero di correre fra i piedi della gente, appresso ad altri cani, che nemmeno i bambini fra i tavoli del ristorante. E se mi fa inciampare? È un cane, mica capisce. E se gli pesto una zampa o la coda? È colpa mia che dovevo stare attento. E se deve fare i bisogni? Li fa, punto.

A questo proposito, sono già sceso nel dettaglio della mia frustrazione per le cacche di cane sul marciapiede, ma posso aggiungere che con la pipì non va molto meglio. Ad Alghero nello specifico, visto che non piove molto spesso, non si trova un angolo, uno, che non sia annerito e puzzolente. Per non parlre delle panchine in cemento sul lungomare: entrambi gli angoli di ciascuna sono sporchi e con i rivoletti sulle piastrelle del marciapiede. Lì, dove la gente si siede a godersi il panorama e rilassarsi, con la puzza di pipì nelle narici. Prova a farlo notare e ti aggrediscono come se fosse colpa tua se non hanno portato una bottiglia d’acqua per pulire dietro il loro dannato animale. O non l’hanno portato in qualche posto più appropriato – ma di nuovo, come da punto precedente, loro sono lì per godersi la passeggiata, chissenefrega della responsabilità di avere un animale appresso.
 
Ora, socialmente parlando, se tu vuoi un dannato animale da compagnia, perché devo pagarne le conseguenze anch’io? Se io mi prendo un gatto, è a me miagola quando vuole mangiare, è in casa mia che la sua lettiera puzza, sono le mie cose che, eventualmente danneggia nella sua esuberanza (se non ho pensato a dargli una diamine di educazione). Perché invece, quando qualcuno prende un cane, deve diventare un peso per tutti?
E no, non cominciate nemmeno con la solita lagna che sono i padroni e non i cani: lo so benissimo, ma ciò non cambia che, per quanto la colpa sia degli umani,  il problema siano i cani. Senza cani non ci sarebbe nulla di tutto ciò. Mi dispiace, ma non riesco a separare il fenomeno sociale dai singoli individui se non per non urtare i miei amici che li hanno.
Fintanto che la cultura rimarrà fissa sul menefreghismo e la gente non accetterà che avere un animale è una responsabilità, che nei momenti che dedicati a loro ci si prende cura di loro, e sarebbe il caso di privarsi della passeggiata in centro, del giro per negozi, dei fuochi d’artificio – tutte cose che ci si può godere lasciando i cani a casa – continuerò a storcere il naso quando mi si presenteranno i cani come la cosa più bella del mondo.

Thursday 6 September 2018

Chimeras

Bred from a thought,
A little movement in the air
Takes shape, in a few seconds
Becomes a monster.

È successo un po’ come quando ho pensato per la prima volta di tagliarmi i capelli: un’idea randomica, passeggera, che credevo non avesse alcun seguito. Quella volta è stato il video sulle acconciature da uomo dell’ultimo secolo (tutto ciò che c’è stato fra gli Anni Dieci e i Cinquanta doveva essere mio), questa volta è stato continuare a trovarmi le foto di Raphaël Say sul feed di Instagram: porca miseria, quanto gli stanno bene, soprattutto il hoop con la borchietta che pende.
Tempo qualche mese e quella piccola idea non solo non è passata, ma è rimasta a fermentare in fondo alla mia mente, producendo sempre più fumi fino a intossicarmi del tutto. Così ho chiesto alla Mater quando fosse il giorno con la luna più giusta perché le ferite guarissero – una cosa super wiccan scoppiata, lo so, ma in queste cose meglio un po’ di superstizione in più in caso funzioni, e se non si avvera almeno non fa danno – ed era oggi; e quando sono passato allo studio di tatuaggi che mi avevano consigliato per prendere appuntamento, il proprietario mi ha detto che il piercer viene da Sassari una volta a settimana proprio di giovedì, una coincidenza perfetta.
Così eccomi qui, con un foro fresco fresco al lobo dell’orecchio sinistro e una barretta di acciaio chirurgico che lo attraversa. Sulla soglia dei trent’anni ho deciso di farmi l’orecchino.

Side note, ho deciso di andare da un piercer professionista e farmi mettere l’acciaio chirurgico perché non è il mio primo giro in giostra: nel 2006, a diciassette anni, addirittura prima di aprire questo blog, avevo deciso di farmi due buchi in alto sull’orecchio sinistro. In un negozio di bigiotteria, con la pistola e con due stud con gli strass in pura lega di tetano. A parte il male cane dei due buchi in successione, le cose sono poi andate malissimo perché i materiali degli orecchini erano dubbi, la tecnica è stata pessima, regole sanitarie queste sconosciute, la cartilagine è difficile da far guarire, eccetera. Fra l’altro, Quella Luana ci affibbiò pure un calcione mentre nuotavamo in piscina, il giorno primo del famigerato litigio, e lo fece apposta perché mi guardò con aria tutta soddisfatta mentre mi tenevo l’orecchio dolorante.
Ma divago. Il fatto sta che a dicembre ‘sti buchi mi facevano ancora talmente male da non poterci nemmeno dormire sopra, così ho rinunciato e li ho lasciati richiudere.
So bene che il lobo è tutt’altra faccenda – tant’è che ho sentito un pochino di fastidio, nemmeno dolore – ma ho preferito non correre rischi e affidarmi a un professionista che sapeva ciò che faceva. Vediamo un po’ come va a finire.

Di nuovo, sono sulla soglia dei trent’anni e un po’ mi sento stupido a dare tutta questa importanza a una cosa che per altri può sembrare scontata, ma piercing e tatuaggi sono sempre un po’ riti di passaggio. Chissà cosa mi porterà il mio.

Tuesday 4 September 2018

Lasciarsi cose alle spalle

Mi mancano le stelle. Mi manca andare in bagno la notte, affacciarmi a osservare il cielo delle ore piccole e riconoscere le costellazioni – in questo periodo per lo più Perseo, l’Auriga, il Toro, e verso quest’ora sorgono i Gemelli. Quest’anno, poi, quasi tutte le lampade cittadine ai vapori di sodio sono state sostituite con i LED, che hanno ridotto notevolmente l’inquinamento luminoso, quindi avrei potuto vedere anche qualcosa in più.

Eppure, nonostante ciò e i piagnistei di due anni fa, il nuovo palazzo che hanno costruito accanto al mio non mi disturba più di tanto. Esteticamente è senza lode né infamia, la gente che ci vive non è chiassosa, l’unico vero cambiamento è che in bagno abbiamo messo una tenda meno trasparente. Per molti versi, invece, ha migliorato le cose: ha ridotto notevolmente il rumore proveniente dalle vie circostanti, para la luce dei lampioni in camera da letto della Mater e, bloccando quella del sole che sorge, la aiuta a dormire più a lungo la mattina; ripara dal vento d’inverno e, soprattutto, essendo dipinto di un giallo molto pallido, il pomeriggio riflette moltissimo la luce rendendo la casa incredibilmente luminosa.

Insomma, sotto quasi tutti gli aspetti pratici ci abbiamo guadagnato, sacrificando però la vista delle stelle e il panorama sull’ermo colle. Forse diventare adulti significa proprio rinunciare al lato sentimentale quando quello pratico incalza? O forse quello è invecchiare?
Magari finirò a dormire, la notte, invece che guardare le stelle.