Saturday 23 February 2019

Miserie umane

Qualche post fa, parlando di come vedere la bandiera italiana su qualsiasi post online mi faccia suonare l’allarme sovranismo, ho accennato a come il lavoro di social media manager mi abbia messo di fronte a vari tipi di miserie umane.
Anche ripensandoci ora, a mente fredda e con la dovuta distanza, non riesco proprio a capire la logica che spinge certe persone a postare determinati contenuti sul web.

Magari non tanto la tizia con l’orribile abbronzatura artificiale che si scatta una valanga di selfie tutti uguali, sera e mattino, e li spamma senza nemmeno uno straccio di descrizione. Tralasciando la fotografia concettuale e artistica, anch’io mi faccio i selfie. Quando sono in viaggio, come ricordo; quando sono con degli amici, perché sto passando un bel momento con loro; quando sto mangiando un megagelato, perché sono felice. Ma prendere il telefono mentre sono annoiato, scattarmi selfie a caso, senza che raccontino qualcosa, e poi pubblicarli non rientra molto nelle mie corde. Capisco la logica che c’è dietro, la ricerca di validazione sul web su quanto sono (convinto, ma sotto sotto nemmeno troppo, di essere) bello, però lo trovo piuttosto triste.

Un po’ di meno capisco i post buongiornisti su Instagram. Di solito provengono da una fetta di utenza di una certa età che non si è esattamente resa conto che le gif con dedica, i paesaggi glitterati, le finte animazioni dell’acqua e cose simili sono kitsch da morire, e su quello c’è poco da fare. Ha quasi senso postarli su Facebook per salutare i quattro decrepiti che ancora non li hanno oscurati dal feed, ma su Instagram? Instagram vanilla non ha nemmeno l’opzione di condividerli e trasformarli in orribili catene di buongiorno kitsch, quindi? E a maggior ragione, che senso ha geolocalizzarli a Trieste per amplaire il bacino di utenza? Tutte domande per i filosofi.

Mi sfugge completamente, invece, la logica dietro un profilo in particolare: è un quaranta-cinquantenne con troppo pochi capelli, specie in relazione alla panza, che in russo verrebbe definito сексуально озабоченный, sessualmente preoccupato. L’aspetto l’ho dedotto dai (fortunatamente pochi) selfie che posta ogni tanto, mentre la maggior parte dei suoi contenuti sono foto di ragazze seminude e per lo più in pose provocanti. Così a caso, su Instagram. Quando gira bene, posta la stessa foto tre-quattro volte con sopra dei filtri “creativi” che aumentano il contrasto, invertono i colori, danno qualche effetto acquerello o pittura ad olio eccetera. E la cosa che mi lascia ancora più perplesso è continua a farlo mattina e sera, ogni giorno, nonostante i like che prende si contino quasi sempre sulle dita di una sola mano, nemmeno a dire che ha creato ‘sta gran community di uomini di mezza età arrapati con cui condividere i suoi bocconcini ritoccati.
Che senso ha un account del genere? È palese che quello non possa essere il suo “harem”, la sua collezione di amanti, perché dai selfie si capisce che non potrebbe permettersele né per il fisico, né per il tenore di vita: spera forse di far credere a qualcuno che dalle sue parti gira gnocca a quintali?
O vuole solo condividere la sua collezione di materiale onanistico con i suoi coetanei e, di nuovo, la geolocalizzazione serve ad attirare altri utenti? Anche qui, è una stupidaggine: se voglio farmi una sega, piuttosto che accontentarmi di immagini così blande su Instagram senza nemmeno il beneficio di entrare in contatto con le dirette interessate, vado su un sito con materiale più esplicito.
O c’è forse dietro un intento artistico sfogato schiaffando filtri preimpostati su immagini create da altri? Se è così, è un doppio insulto, a chi quelle foto le ha scattate e a chi sa davvero fare dei buoni fotoritocchi.
Davvero, se qualcuno mi sa spiegare cosa si agita in una simile testa, me lo dica, perché la logica dietro l’account di questo tizio mi sfugge completamente.

Il che da una parte è consolante: significa che, con tutti i miei problemi, non sono ancora nemmeno vicino a simili livelli di miseria umana.

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