Tuesday 13 November 2018

Alleanza


Self-worth comes from within, bitches”, dice Mazikeen, ma io non sono nemmeno lontanamente al punto di interiorizzare questa massima: continuo a usare come metro di giudizio gli obiettivi che raggiungo o il modo che le altre persone hanno di rapportarsi a ciò che faccio. La prima è una pessima scelta in partenza perché – ne ho parlato mille volte – nella mia testa avrei sempre potuto fare quel quid in più, quindi i miei risultati non saranno mai sufficienti. La seconda è ancora peggio perché, siamo realisti, c’è un motivo se guardo da entrambi i lati perfino quando attraverso una strada a senso unico, ed è che le persone sono inaffidabili per definizione.

Ma poi, quando meno te lo aspetti, ti arriva quella validazione esterna di cui avevi bisogno per rafforzare il tuo self-worth, e da persone che di sicuro non stanno solo cercando di farti piacere. Perché Antonio, che col suo entusiasmo mi aveva fatto di nuovo credere nella mia fotografia (quella personale, non le commissioni), aveva fatto un buon lavoro nel rimettermi in carreggiata, ma i suoi sforzi sono stati vanificati con precisione chirurgica.
E poi arriva Lyrio che, dopo due scambi di messaggi su un ipotetico progetto fotografico insieme (il secondo nemmeno tanto serio), mi contatta proponendomi di venire lui a Trieste per le mie foto. Che si è fatto un numero spropositato di ore in pullman per arrivare e ripartire agli orari più convenienti per andare a scattare. Che si è alzato presto un sabato mattina di ferie per prepararsi e saltare su un autobus per un posto sperduto fuori Trieste. Che, quando l’autobus ci ha lasciati da tutt’altra parte perché mannaggia a Trieste Trasporti, le linee extraurbane alternano i percorsi a orari diversi, si è fatto tre chilometri e mezzo a piedi sul ciglio della provinciale per arrivare alla location che avevo scelto. Che, armato di plaid di pile, si è tolto magliette, camicie, pantaloni nel freddo pungente del Carso di novembre, in fondo a una dolina, senza protestare. E che ha pure fatto slittare il pranzo a quando riprendere l’autobus e tornare a casa. Tutto non per un qualche suo progetto, ma per delle foto che io avevo ideato. E si è già anche parlato di fare qualcosa in primavera, e addirittura di farlo venire in Sardegna quest’estate.
Insomma, un cambiamento radicale da tutte le volte che sono stato io a dover correre dietro alle persone, pregare, ricordare, organizzare secondo i loro piani e tutto. Giuro, sono ancora stordito dal senso di novità.

Poi certo, Lyrio è un INTJ, come me, e capisce cosa significa investire energie in un’idea, nell’organizzazione, e vedersi mandare tutto all’aria, ma è andato oltre la semplice serietà e responsabilità. Nel poco tempo che ci conosciamo, ha capito quanto i miei progetti fotografici personali mi stiano a cuore e ci ha messo tutto l’impegno per venirmi incontro e non deludermi, qualcosa di cui persone che dovrebbero conoscermi molto meglio e sapere quanto queste delusioni mi abbattano non si sono preoccupate.
È bello, per una volta, trovare un alleato che non ti faccia sentire un peso con le cose che ami.

Thursday 8 November 2018

Lucca senza Comics

Tolte le spese di viaggio, cibo e alloggio, a questo Lucca ho speso in totale 45 euro. Per cinque magliette, scontate perché gli standisti sono miei amici. E tutto ciò che ho visitato della fiera è stato il padiglione dei miei amici, entrando di straforo col loro pass espositori.
Ormai sono ufficialmente fuori dall’entusiasmo per il Lucca Comics.

D’altra parte, sono tornato a casa col portafogli bello carico, ho scattato un sacco di foto che mi soddisfano artisticamente, oltre che economicamente, e ho avuto comunque tempo di vedere un po’ di amici che vedo solo in fiera. Non tutti, purtroppo, masi fa quel che si può.

La più grande soddisfazione, però, è che, sul lato lavorativo, tutto ciò che era in mio potere organizzare è filato liscio come l’olio. Non ho potuto prevedere che il grande diluvio si spostasse da giovedì a mercoledì e, quindi, avrei fatto meglio a tenermi le commissioni per quel giorno, ma non controllo il tempo. Non ho previsto quanto Palazzo Pfanner sarebbe stato preso d’assalto venerdì e, quindi, c’è stato molto da aspettare per entrare, ma lì la disorganizzazione è stata dei gestori del palazzo, non mia: io ero pronto alle condizioni meteo, avevo previsto quanta luce avrei avuto dove e ho gestito la parte fotografica al meglio. E, ad ogni buon conto, ho sfruttato il liberarsi di alcuni slot per anticipare dei set in previsione di ulteriore brutto tempo (che poi non c’è stato), giusto per essere sicuro.
Oh, e poi c’è stata la vagonata di Unown che ho catturato su Pokémon Go e che ora potrò scambiare in giro con la gente facendomi pagare in sonanti Bulbasaur shiny: quello è un aspetto positivo da non trascurare.

Tutto questo, però, non so dove mi lasci. Ho superato la soglia in cui “la fiera si ripaga da sola” e ho portato a casa qualcosa. Ma basta per giustificare la fatica di cinque-sei giorni in trasferta? Perché alla fine, lavorando non solo non ho girato la fiera (cosa di cui mi è fregato relativamente), ma ho finito per non trascorrere chissà quanto tempo con i miei amici (e sì, lì è stata in buona misura colpa del maltempo). Vale davvero ancora la pena di andare a Lucca ogni anno, o è solo un’abitudine che non voglio lasciar andare?
Boh, ho un anno per pensarci.