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Tuesday, 13 August 2019

Stilizzazione

Onestamente non mi sono mai soffermato sul fatto che Usagi Tsukino è giapponese. Cioè, tralasciando “Bunny”, tralasciando l'epurazione di tutto ciò che aveva connotazioni “troppo etniche” negli adattamenti italiani degli anime, anche se bene o male sapevo che le storie di Sailor Moon e molti altri anime erano ambientate in Giappone, non mi sono mai soffermato a pensare che, nella vita reale, quei personaggi avrebbero avuto tratti somatici giapponesi.
È una cosa stupida ma che, nell'era dei trigger warning e delle polemiche su Scarlett Johansson che whitewasha Ghost In The Shell, dà da pensare, spesso a discapito della stessa esperienza intrattenitiva.

Probabilmente è colpa dell'egocentrismo degli Stati Uniti che, nella loro convinzione di essere lo standard su cui si misura tutto il mondo, stanno esportando la loro mentalità e i loro problemi interni, con cui non sono mai scesi davvero a patti. Le questioni razziali americane non sono mai state risolte, così le tensioni permeano tutta la loro società, inclusa l'industria dell'intrattenimento. Ed ecco che partono le menate su chi ha castato un attore di quale etnia / nazionalità per rappresentare quale etnia / nazionalità: basti pensare al poplverone sollevato dal casting del nuovo Charmed perché le attrici non sono nero-latino-sokoviane nell'esatta percentuale dei loro personaggi. E dire che l'esistenza stessa di quello show è basata sullo scopiazzare il Charmed originale ma più woke, con un occhio di riguardo per lo share e i soldoni spremibili da le minoranze etniche, sessuali e di genere.

Non so. Sarà che, essendo europeo, prendo le differenze etniche come un dato di fatto, una banalità quotidiana, e trovo assurdo pretendere che un personaggio, che ne so, slovacco in una produzione tedesca, francese, spagnola o britannica sia necessariamente interpretato da un attore slovacco. Perché dai, abbiamo quarantaquattro paesi in Europa ed è impensabile che ogni cast contenga almeno un personaggio di ciascuna etnia (senza contare le minoranze in ogni singolo paese), se no la rappresentazione non è omnicomprensiva. Anche se immaginarlo è divertente: in ogni gruppo di amici da qualche parte in Europa deve sempre esserci almeno un amico sanmarinese, uno monegasco, un andorrano e un maltese. Praticamente vivono tutti all'estero.
Insomma, questo discorso della rappresentazione è figlio della società americana, nata in un paese grande come un continente ma con una popolazione nazionalmente uniforme e divisa per strati etnici trasversali nati dal razzismo, non dall'evoluzione storica di diversi popoli. È quindi assurdo pretendere di applicare un simile modello di società a prodotti culturali che provengono da altre parti del mondo in cui le cose funzionano diversamente.

Perché una Usagi Tsukino, pallida, bionda e con grandi occhi azzurri, nella mia mente di bambino bianco italiano si è registrata come bianca. Bianca, per me, è il default – non per supremazia o razzismo, non perché reputi le altre etnie sbagliate o inferiori, semplicemente perché lo sono io e lo è stato buona parte di quelli che avevo intorno da bambino. Sono sicuro che nella mente di un bambino giapponese, in cui giapponese è il default, si sarà registrata come giapponese.
Probabilmente, è proprio questa la magia degli anime: non essendo americani, possono permettersi la sottigliezza. Possono permettersi di essere talmente stilizzati che non sono identificabili in una specifica etnia: ognuno è libero di proiettarci dentro il proprio mondo, la propria quotidianità, la propria identità. E probabilmente è proprio questo che fa sì che il prodotto non di un continente, non di una macroregione, ma di un singolo paese, con tutte le specificità che questo comporta, riesca a raggiungere tutto il mondo senza che sia difficile immedesimarcisi, che nonostante le idiosincrasie culturali del Giappone non sembri fuori posto ma, anzi, qualcosa che potrebbe far parte del mondo quotidiano di ciascuno di noi.

È triste che ci siano persone che non lo capiscono e preferiscono creare divisioni partendo da qualcosa che è stato immaginato per essere il più universale e inclusivo possibile.

Wednesday, 23 December 2015

23 dicembre dieci anni dopo


Il 23 dicembre del 2005 il mio amico Giovix era a casa da me e mi convinceva a iscrivermi su eXtremelot. Un po’ per sfinimento, un po’ per curiosità, davo vita al mio primissimo personaggio, Dorian, ed entravo ufficialmente a far parte del magico, vario (e spesso avariato) mondo dei giochi di ruolo online. E ora, dieci anni dopo, eccomi qui: Dorian esiste ancora (anche se non lo gioco più da anni) e io ho continuato a giocare di ruolo, pur con le dovute pause più o meno lunghe di poca sbatta, per tutto questo tempo.

Ora, menzionare tutte le persone che proprio grazie al gioco di ruolo ho conosciuto, amato, perso per strada, ritrovato o tenuto con me tutto il tempo in dieci anni sarebbe impossibile – probabilmente di qualcuno non ricordo nemmeno più l’esistenza – ma sono davvero tante. Di coloro che si sono rivelati importanti nella mia vita costituiscono una buona maggioranza, per cui non c’è nemmeno bisogno di dire quale impatto tutto ciò abbia avuto su di me a livello umano.
È interessante, però, menzionare una delle più grosse conseguenze indirette che il gioco di ruolo virtuale ha avuto sulla mia vita: è grazie ad esso che ho conosciuto deviantArt e ho iniziato a scattare foto. Vero, nel 2005 ascoltavo già Evanescence e Within Temptation, ma ancora non avevo avuto davvero il mio battesimo con l’immaginario gotico che mi ha portato per primo a sperimentare in ambito visivo e mi ha influenzato tanto nel primo periodo. E con quell’immaginario sono venuto in contatto proprio grazie alla rete di conoscenze che ho lentamente costruito dietro il gioco: vedevo queste immagini oscure e affascinanti ridotte a 200x200 pixel negli avatar e volevo saperne di più. Google, chiavi di ricerche improbabili, blog, controblog, e alla fine arrivavo sempre lì, da Marta Dahlig, da Liliana Sanchez, da Alex Casteels… e ho iniziato a desiderare di creare cose belle quanto le loro.
E poi, tante altre piccole cose: musica nuova, Kaori Yuki (che, ugualmente, mi ha influenzato tantissimo artisticamente), il graduale cambio di look, imparare a usare davvero l’Internet e i forum (anche di musica), aprire questo blog… e cose che tanto piccole non sono, come i primi contatti con persone LGBT che mi hanno fatto uscire dall’isolamento ed esplorare quelle che sono le mie preferenze.

Insomma, al di là dell’aspetto prettamente ludico, che ho sempre preso sul serio solo il tanto che basta senza farne una malattia (come purtroppo in tanti fanno), c’è una tale quantità di ramificazioni partite dalla creazione di Dorian che sento di voler e dover annoverare questo 23 dicembre come uno dei grandi anniversari degli eventi che mi hanno segnato la vita in positivo. Sono cambiato tanto, in questi dieci anni, ma è bello aver avuto una passione che mi ha accompagnato sempre. E anche se sembra qualcosa di sciocco – e anzi, a chi non gioca potrà sembrare un po’ malato – è bello soffermarsi a pensare quanto una cosa all’apparenza piccola possa portarsi appresso tante cose buone tutte assieme.

E sì, senza girarci intorno: tanti auguri a me, perché me li merito. E un enorme grazie a tutte le persone che, in questi dieci anni, si sono mosse dietro il mondo del GdR, sono entrate a far parte della mia vita e hanno contribuito a rendermi la persona che sono adesso. Chi più chi meno, vi meritate tutti un abbraccio.

Saturday, 4 October 2014

Meteorite di Plutone – Azione!


Non ci posso credere, siamo punto e accapo.
La scorsa settimana si è tenuto nel Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics un dibattito circa la definizione di “pianeta” e, ovviamente, se sia applicabile o meno a Plutone. Il tutto con lunghi discorsi di tre esperti, di cui uno contro e due a favore di riammetterlo nel club dei pianeti perché, sostanzialmente… feels, presumo. Non lo so, non mi vengono in mente altri motivi plausibili.
Per chi si fosse perso le puntate precedenti, c’erano una volta i sette pianeti del Sistema Solare: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno. In sostanza, se brillavi e ti muovevi in cielo per conto tuo, eri un pianeta. Dopo un paio di millenni, si scoprì che il Sole faceva categoria a parte, la Luna era l’unica a girare intorno alla Terra, la quale orbitava intorno al Sole assieme agli altri cinque; similmente alla Luna, c’erano quattro pianetini che ruotavano intorno a Giove. A questo punto, eri un pianeta solo se ruotavi intorno al Sole. La scoperta di Urano nel 1781 non pose grossi problemi alla nomenclatura, ma nel 1801 arrivò il pianeta di cui di sicuro non avete sentito parlare: Cerere, il quinto (in ordine di distanza) pianeta del Sistema Solare, scoperto fra Marte e Giove. Sorprendentemente, nelle sue immediate vicinanze poco dopo spuntarono fuori anche Pallade (1802), Giunone (1804) e Vesta (1807), e per svariati anni il Sistema Solare ebbe ben undici pianeti. Man mano che saltavano fuori nuovi oggetti, più simili fra loro che a qualsiasi altro pianeta, e il vicinato iniziava a diventare fin troppo affollato, tutti questi piccoli mondi furono riclassificati come asteroidi, e come tali sono conosciuti tutt’oggi. Il Sistema Solare aveva di nuovo sette pianeti fino alla scoperta di Nettuno (1846).
Plutone fu scoperto nel 1930 e ritenuto inizialmente di dimensioni simili a Nettuno. Ma, mentre successive osservazioni facevano diminuire la stima sempre più fino a far diventare Plutone più piccolo della Luna (e di altri otto satelliti naturali sparsi per il Sistema Solare), non solo si scoprì che, a differenza di qualsiasi altro pianeta, Plutone era fatto di ghiaccio, ma nuovi, piccoli mondi ghiacciati iniziarono a saltar fuori nelle sue vicinanze. Mmh, dove l’abbiamo già visto? Oltretutto, Plutone aveva già svariate peculiarità che lo rendevano parecchio diverso dal resto dei pianeti: è in risonanza orbitale con un altro di essi (Nettuno) e ne interseca l’orbita in due punti; la sua, di orbita, è molto più inclinata rispetto all’equatore solare di quella degli altri otto; non solo, è anche l’unico pianeta ad essere un sistema binario, visto che il suo satellite, Caronte, è grande quasi la sua metà ed entrambi ruotano intorno a un centro di gravità comune che si trova al di sopra della superficie di Plutone. Insomma, le anomalie erano già troppe, e si è potuto far finta di nulla solo fino a che, nel 2006, si è scoperto Eris, un corpo celeste più grande di Plutone. A quel punto, la definizione di pianeta è stata nuovamente aggiornata e Plutone è diventato un pianeta nano, nonché l’oggetto più grande della fascia di Kuiper, che raggruppa tutti i pianetini ghiacciati della zona (Eris fa parte di un’altra zona ancora del Sistema Solare, il disco diffuso). Fino alla settimana scorsa, quando si è sentita la necessità di buttare tutto all’aria e ricominciare daccapo.
 

Alla luce di ciò, la diatriba sulla classificazione di Plutone è un po’ la cosa più stupida che sia mai capitata all’astronomia. Ok, mettiamo il caso che Plutone torni ad essere un pianeta. Fantastico, e ora? Includiamo anche Eris? E cosa facciamo di Cerere, che storicamente vanta ancora più diritti di Plutone, visto che è venuta prima lei? E di Pallade, Giunone e Vesta?
Tralasciando, poi, che qualsiasi classificazione si dia loro, quei corpi celesti continuano a esistere e orbitare nello stesso modo, le persone dovrebbero capire che i concetti scientifici – in questo caso, la classificazione di pianeta – non sono immutabili. Anzi, cambiano costantemente man mano che arrivano nuove conoscenze. E la classificazione degli oggetti celesti è una questione di pura comodità.
Perché è così importante avere nove pianeti nel Sistema Solare? O che Plutone sia il più piccolo di essi piuttosto che il più grande degli oggetti di Kuiper? Non possiamo avere otto pianeti secondo la definizione tradizionale, e svariate altre categorie di oggetti fra loro simili, come gli asteroidi, la fascia di Kuiper, il disco diffuso, i centauri, le comete eccetera? Oltretutto, sarebbe anche più facile per il pubblico, compresi gli studenti, comprendere un modello del genere piuttosto che “Abbiamo nove pianeti, eccetto che l’ultimo è più piccolo della nostra Luna, ha un milione di differenze dagli altri e un fottio di corpi simili nelle vicinanze che però, attenzione, non sono anche loro pianeti perché ci piace così”. Nel Sistema Solare come lo conosciamo adesso, un discorso simile non ha più molto senso.
Così come non ne ha l’intera diatriba. Certo, anche io sono cresciuto con i nove pianeti del Sistema Solare, e anche io ho guardato Sailor Moon, e Sailor Pluto è anche una delle mie Senshi preferite. Nonostante tutto, sono affezionato al modello con nove pianeti. Ma non capisco questo genere di sentimentalismo nel mondo scientifico. L’uncia ragione per cui uno scienziato potrebbe attaccarsi unghie e denti a questa classificazione è la tradizione. E la tradizione serve solo a rallentare la scienza.

Thursday, 20 February 2014

Doomsday

In caso vi fosse sfuggita la notizia, questo week end moriremo tutti. Pare infatti che alcuni studiosi della cultura vichinga abbiano interpretato dei segni assolutamente non circostanziali (fra cui, presumo, la chiusura per ferie della Grande Shanghai a Trieste) e calcolato che, secondo i nostri nerboruti metallari ante-litteram, il Ragnarøk, il crepuscolo degli dei, sia fissato per sabato 22 febbraio 2014. Già immagino celebrazioni in costumi storicamente accurati a casa Espenæs-Krull in vista dell’evento. Ma mentre aspettiamo che Fernir si liberi e ammazzi Odino, ecco un breve excursus sulle apocalissi a cui sono sopravvissuto negli ultimi dieci anni, che preferisco postare ora perché non so se nell’Yggdrasil, in cui andremo a rifugiarci, c’è il wi-fi.

Tralasciando i giorni del giudizio customizzati per le piccole sette (che potete trovare qui) e limitandomi a quelli con una risonanza mediatica più globale, credo che il conteggio si mantenga attualmente intorno ai nove, con il prossimo come decimo. Nell’ordine:

• Luglio 1994, con la cometa Shoemaker-Levy 9 che si schiantava su Giove. Ho seguito la vicenda perché ero già appassionato di astronomia, riguardando la videocassetta di Piero Angela sull’evento a più riprese perché le animazioni computerizzate dello scontro erano proprio fighe. E ho disegnato un sacco di volte la cometa. Deve essermi sfuggito che un evento a circa cinque unità astronomiche da noi potesse avere ripescussioni catastrofiche, e probabilmente è sfuggito anche alla Terra.
• Il 1999, profetizzato nientemeno che da Michel de Notredame, aka Nostradamus, noto per la sua affidabilità, specialmente sulle date precise. Nessun re del male è arrivato, il livello di inquinamento dei fiumi è rimasto quello di sempre e il millennio non ha fatto finire nulla. Beh, fortuna: avevo un viaggio in Austria da fare per vedere l’eclisse di sole ed ero impegnatissimo a portare la mia squadra di Pokémon al livello 100!
• Sempre il 1999 con il Grand Cross, l’allineamento dei pianeti nello stesso quadrante del del Sistema Solare. Questo me l’ero perso del tutto, ma Kaori Yuki l’ha infilato nella trama di Angel Sanctuary, per cui si merita una menzione.
• Il 2000, con un altro allineamento, stavolta di Mercurio, Venere, Giove e Saturno, e ovviamente col Millennium Bug. Inutile dirlo, nessun segno dai pianeti, né dai computer. E dire che io e il mio amichetto del cuore Roberto avevamo passato l’anno precedente impegnati in accesi dibattiti sulle conseguenze del Millennium Bug.
• Il 2001 è in realtà la versione 2.0 del 2000. C’era chi sosteneva che lo 0 non fosse un anno, ma un momento nel tempo, e che il primo millennio fosse iniziato con l’anno 1 (il che, in effetti, ha senso). Quindi il 2000 era l’ultimo anno del Secondo Millennio e il Terzo sarebbe effettivamente iniziato col 2001. Apocalisse rimandata di un anno, quindi, ma di nuovo nulla di fatto.
• Il 10 settembre 2008 e l’accensione dell’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra. I media nazionali hanno la brutta caratteristica di bagnarsi copiosamente le mutandine ogni volta che c’è da fare pseudo-scienza, per cui si sono buttati come ninfomani sulla notizia e hanno strombazzato ai quattro venti quanto il tutto fosse pericoloso. In quel periodo ero terribilmente depresso, quindi ammetto di averci sperato davvero, un po’. Che delusione, come tutte le volte.
• Nel 2011 ci sono state tante apocalissi che le si poteva mangiare col culo (colorita quanto efficace espressione russa), fra cui ricordo il 21 maggio. Quella burlona della Terra si è pure lasciata sfuggire una puzzetta sotto forma di eruzione vulcanica (cit.) in quel periodo, ma ha deciso che era troppo pigra per capovolgere i poli magnetici e poi esplodere.
• L’11/11/11, perché le date fighe sono il nuovo nero e si abbinano con qualsiasi apocalisse.
• Il 21 dicembre 2012, che ho trascorso facendo shopping natalizio con la Mater e riaprendo il blog, è stato una colossale delusione. Dai, con tutto il risalto mediatico che ha avuto, nemmeno un terremotino? Una meteorina che arriva a terra e sfonda una macchina? Un diluvietto? No, cavolo, era pure soleggiato e tiepido! Maya fail.

Per quanto riguarda l’imminente Ragnarøk, l’unica previsione che posso fare è che avrò i capelli sufficientemente sudici da potermi fare l’henné (mi hanno spiegato che devono essere sporchi perché così le scaglie sono tutte aperte e fa presa meglio). Per cui, se il mondo sopravvivrà avrò i capelli lucidi e splendenti (faccio quello neutro solo per rimpolparli un po’). In caso contrario, pazienza, ci spalmerò sopra la linfa dell’Yggdrasil sperando che abbia proprietà analoghe.

Oh, in tutto ciò sono più propenso a credere ai Nero, che indicano il 21 dicembre 2808 come Doomdsay. Dai, come può una canzone così figa non azzeccarci?

Monday, 4 November 2013

Lucca Comics and Games 2013

Gusti che mutano, vecchie abitudini che restano ma cambiano completamente significato.
Negli ultimi undici mesi non ho letto nemmeno un manga. Neanche uno, con tutto che sono usciti due volumi del nuovo di Kaori Yuki che dovrebbe stuzzicarmi già solo per i disegni. Eppure, anche quest’anno sono salito sul treno e, con tappa a Ferrara per recuperare la Nipota, sono arrivato di regionale in regionale fino a Lucca, pronto a farmi i soliti quattro giorni di Comics, solo che stavolta allo sbaraglio. L’anno scorso sono andato senza una vera idea di cosa cercare, ma almeno sono tornato con la serie completa di Sailor Moon, che ho divorato nelle due settimane successive, ma quest’anno non avevo proprio la minima idea di cosa stesse succedendo del mondo dell’editoria made in Japan, di quali fossero le ultime tendenze, di cosa cercare rovistando per ore e ore fra i volumetti nei vari stand. Come mai allora sono andato?
Beh, il motivo è presto detto: per intraprendere public relations. Ovvero, per trascorrere del tempo con quegli amici che vedo solo in quest’occasione, o con altri che vedo anche altrove ma mai abbastanza. Cinque giorni di delirio in casa con la solita compagnia, due incontri con persone che sento da anni ma non avevo mai visto prima, rimpatriate con altri che ho visto alle scorse edizioni del Comics, e ovviamente BriarRose, la Ari, e tutto il gruppo cosplay italiano di Games of Thrones.

A proposito di cosplay, quest’anno mi sono deciso e ho portato il mio primo: young Lucius Malfoy, assieme a BriarRose che portava young Bellatrix Lestrange. Parrucca biondo platino, lenti grigio-verdi, bacchetta alla mano e vestiti ripresi direttamene dal mio periodo goth-dandy. Nel complesso non sono neanche uscito male, anche se ho fatto un po’ da accessorio a Bellatrix, che è stata la vera star della coppia. Hair power, visto che la parrucca è sempre un po’ sgamo, mentre i capelli di Bellatrix erano 100% naturali. Comunque, abbiamo trascorso l’intero primo giorno a girare per le strade con aria snob, maledire i luridi Babbani, farci riconoscere da loro, farci fotografare, spararci le pose, e poi pure ad un workshop di fotografi che cercavano cosplayer su cui esercitarsi. Cosplay decisamente riuscito, e ho già richieste di riproporlo in gruppo con gli altri.

Il secondo giorno l’ho trascorso vagando di stand in stand – principalmente al Japan Palace – sbirciando un po’ le varie proposte e offerte, ed è stato l’unico in cui ho fatto acquisti: una maglietta con il dio giapponese del vento dai miei amici del Kingyo Sukui Italia, il quarto numero di Crimson Spell della Yamane (ed era anche ora, mi sono dovuto far riassumere la storia precedente dalla Nipota perché avevo del tutto perso il filo), e Squillo, il gioco di carte di Immanuel Casto, il quale mi ha anche autografato la confezione. Buona parte del pomeriggio, però, l’ho passata a litigare alacremente col mio cellulare che non telefonava per via delle linee intasate, e non voleva nemmeno ricevere i messaggi perché diceva che la memoria di archiviazione era piena (nonostante avessi praticamente cancellato tutto il cancellabile). Alla fine, dopo mille peripezie, sono riuscito a incontrarmi con Luna Sleepingliar, la customizzatrice e donatrice di Ludwig, con la quale tutti i precedenti tentativi di incontro quando andavo a Milano sono tragicamente naufragati. Beh, se non altro stavolta siamo stati più testardi del fato avverso e delle compagnie telefoniche, era anche ora. Tralasciamo poi l’epic fail per il quale mi sono perso per i vicoli del centro mentre accompagnavo lei e i suoi amici al Despar per fare un po’ di spesa, ma se non altro ho imparato dove diamine si trova e non sbaglierò mai più.

Il terzo giorno sono stato letteralmente fagocitato dal lavoro: una parte del gruppo cosplay di GoT ha cambiato momentaneamente soggetto e portato le principesse Disney in versione Claire Hummel, ovvero con i costumi storicamente accurati; io sono stato prezzolato come fotografo ufficiale su raccomandazione di BriarRose, che faceva Pocahontas, così sono stato la loro ombra. Grazie a una rocambolesca infiltrazione in una specie di workshop privato in un palazzo storico, ho fatto un po’ di foto alle ragazze e le ho poi seguite sulle mura e verso il palco, dove avrebbero partecipato alla gara di cosplay. L’idea era di documentare la loro esibizione e poi portarle a fare altre foto, ma le cose sono andate molto per le lunghe, ha diluviato a più riprese (e per fortuna eravamo al coperto), si è fatto buio e così ho fatto più il coscaddy che altro mentre aspettavo che si esibissero. L’esibizione è andata bene e la scenetta che avevano preparato era davvero carina, ma il presentatore è stato un perfetto deficiente, dimenticandosi di annunciarle al pubblico prima dell’esibizione (e d’accordo, la svista ci può stare), e commentando poi: “Un altro gruppo di principesse, ormai ce le propinano in tutte le salse. L’anno prossimo lo faranno uguale con Merida al posto di Pocahontas”, con conseguente attacco di manie omicide da parte mia e dei fidanzati delle altre principesse. Ciliegina sulla torta, la votazione e l’attesa per le premiazioni sono durate uno sproposito, e fa freddo, umido, stanchezza, parrucca da quattro chili e quant’altro, la nostra Rapunzel si è sentita male. Dato che ero l’unico munito di cellulare e sprovvisto di crinoline, mi sono offerto di accomapgnarla sull’ambulanza all’avamposto della Misericordia lucchese, e poi indietro fino all’ostello. Del resto, come si può abbandonare una principessa in difficoltà? Anche io ho un cuore, da quache parte.

E infine, il quarto giorno l’ho totalmente dedicato alle public relations, incontrando un po’ di amici sia casualmente, sia dopo giro di organizzazione via Facebook (che bello avere uno smartphone che ogni tanto funziona anche!) per fare due chiacchiere e visitare assieme qualche stand. Oh, e ho incontrato anche qualcuno che, anni fa, è stato vittima di infinite frecciate qui sul blog. E mentre giravo con la musica nelle orecchie ho anche avuto un’idea geniale per partecipare alla gara cosplay dell’anno prossimo con BriarRose, prendendo un soggetto ancora più banale delle Principesse Disney (presentatore, fottiti) e dandogli un tocco personale. Just wait, you bitches. L’unica delusione è stata scoprire che per fare bungee jumping dalla gru appositamente montata fuori le mura bisognava esibire la propria copia di Assassin’s Creed, di cui sinceramente fottesega, per cui quello è saltato.

E così, Lucca è finita. Su quattro giorni, ho visitato stand solo due (tre se contiamo il primo quando sono andato a trovare i ragazzi del Kingyo Sukui, ma non ho girato da nessun’altra parte), il terzo addirittura avrei potuto non fare il biglietto. Non ho aggiunto nulla di sostanziale alla mia collezione di manga e ho speso più in cibo che in altro (d’altro canto, ho macinato chilometri, avevo tutto il diritto di dedicarmi alla mia passione). Ma ho fatto delle ottime foto, ho finalmente rotto il ghiaccio con il mondo professionale della fotografia e, soprattutto, sono stato bene con un sacco di persone. È proprio vero che socializzare mi ricarica le batterie; peccato che buona parte dei miei amici sia sparsa per l’Italia.

Friday, 11 January 2013

Edera

Nei boschetti vicino a dove vivevo da bambino era molto diffusa l’edera. Gli alberi erano molto alti ma sottili e l’edera ne ricopriva i tronchi avvinghiandosi fino alla cima e sembrava quasi soffocarli; la cosa era particolarmente evidente d’inverno, quando le foglie degli alberi cadevano mentre l’edera rimaneva verde. Era un dettaglio che mi colpiva molto, tant’è che, spesso, nei miei disegni (per qualche motivo adoravo disegnare i boschi) c’era questo nastro verde che spiraleggiava intorno ai tronchi marroni dalle radici fino ai rami più alti (un nastro verde perché a) per me l’edera non si ramificava, aveva un solo fusticello da cui spuntavano tutte le foglie, e b) figurarsi se le foglie in questione avevo la sbatta o la pretesa di realismo di disegnarle una ad una, diventavano un tutt’uno verde nastriforme).
Per qualche strano motivo, ero convinto che l’edera fosse una pianta fortemente dannosa. Pensavo che fosse una parassita che succhiava via tutta la linfa e l’energia agli alberi privandoli a poco a poco della vita, e che alla lunga avrebbe finito per ucciderli (cosa non del tutto sorprendente, visto e considerato che quei poveretti sembravano letteralmente piegati sotto il peso di una pianta che spesso ne triplicava il volume e che superava l’inverno in tutta tranquillità senza perdere mezza foglia mentre loro erano a stecchetto; oh, sì, e guardavo anche troppo Sailor Moon). Per cui, quando la Mater e la Signora Suocera portavano me e Vanessa, la mia fidanzatina dell’epoca, a giocare nel boschetto, gli alberi erano ovviamente nostri amici e noi dovevamo salvarli dall’edera malvagia.
(Prima che qualche ambientalista vagante inizi a sbraitare, che mi risulti nessun tralcio d’edera è stato mai danneggiato nel corso dei nostri giochi, tutt’al più utilizzavamo i nostri poteri magici per ucciderla e poi l’amico albero di turno se la sarebbe staccata di dosso in tutta calma quando si fosse seccata del tutto).

Tutto questo mi è tornato in mente perché nella zona subito fuori Trieste ci sono alberi molto simili, anche loro talmente coperti di edera da esserne praticamente fagocitati – stanno sfrecciando davanti ai miei occhi, fuori dal finestrino del Frecciabianca Trieste-Torino sul quale viaggerò fino a Milano, mentre ascolto Susanne Sundfør e inizio questo primo vero post del mio blog redivivo.
Probabile che questi ricordi infantili mi siano venuti in mente perché da qualche tempo sto cercando di riconnettermi un po’ col me-stesso-bambino dolce e coccoloso così non dico da abbattere, ma almeno picchiettare un po’ i bastioni che mi sono costruito intorno, magari il tanto da aprire un piccolo spiraglio, così da tornare a standard quantomeno minimi di accettazione della presenza di esseri umani nelle mie immediate vicinanze emotive.

In tutto ciò, avevo inizialmente pensato di scrivere un po’ di post che riassumessero ciò che vi siete persi (?) negli ultimi quattordici mesi circa – non dico “mi ero ripromesso” perché di propositi non ne faccio più, visto che li disattendo puntualmente – ma sinceramente non ne ho avuto molta voglia. Come post di riapertura questo è forse anche un po’ più carino di una serie di riepiloghi delle puntate precedenti, per cui forse credo sia più sensato adottare la tecnica narrativa di Once Upon A Time (la mia nuova droga ufficiale, roba che non ero così preso da una serie tv dai tempi i Streghe) e partire dalle situazioni che mi si presentano nel contingente per tracciare parallelismi che introducano qualche flashback dell’anno passato.
Oh, e già che ci sono magari mi invento qualcosa di carino per la grafica.

Monday, 17 October 2011

I don’t speak German, but I can if you like, awaah!

Il viaggio di stamattina alla volta di Milano per il concerto dei Within Temptation verrà sicuramente appuntato con menzione d’onore negli annali del LOL. È iniziato in maniera comica ed è continuato in maniera tragicomica, anche se, per fortuna, si è almeno concluso in maniera abbastanza normale.

Tanto per cominciare, stamattina ho fatto un sogno. Ho sognato che parlavo con Sharon den Adel del più e del meno e che, ad una certa, decidevamo di andare verso casa. Lungo la strada (di notte), ci troviamo ad attraversare un tunnel completamente buio, da non vedere a un palmo dal naso, così Sharon tira fuori un accendino (!) per fare luce, e io, per ridere un po’, mi metto a cantare un pezzo attinente di Deceiver Of Fools (“In my heart there is a place, in my heart there is a trace of a small fire burning”). Lei ride, riprendiamo a chiacchierare un po’, ed ecco che usciamo dal tunnel. A quel punto, stranamente è il tramonto (a rigor di logica potrebbe essere stata l’alba, ma per qualche strano motivo so che è il tramonto), e lo scenario è piuttosto diverso: siamo sul mare, con il lato di una falesia da una parte e una spiaggetta subito sotto, e noi percorriamo una specie di pontile in legno sollevato di una ventina di metri rispetto alla spiaggetta, che conduce a un altro tunnel sul lato della falesia. Ci sono anche altri pontili e piattaforme rialzate rispetto all’acqua, alcuni più bassi del nostro, altri alla stessa altezza, e sono gremiti, come la spiaggia, di bagnanti. Noi non ci facciamo particolarmente caso fino a che arriviamo ad un punto in cui il pontile piega a gomito per andare verso l’altro tunnel: lì vicino c’è infatti una piattaforma piena di persone travestite da vampiro (so che sono costumi perché stanno tranquillamente al sole; e non luccicano). A quel punto, indico una ragazza e dico a Sharon: “Guarda, c’è un cosplay di Sailor Mercury in versione vampiro, che figata!”. Lei commenta che il costume e il trucco sono ben fatti, e a quel punto io noto un ragazzo lì vicino. Mi sembra bello, ma non riesco a definirlo con precisione, così mi fermo ad osservarlo con interesse. Solo che Sharon mi fa: “Ale, non possiamo assolutamente fermarci. Siamo in ritardo, dobbiamo andare adesso”, e a quel punto mi sveglio. Fuori è buio, la luce non filtra ancora dalla tapparella, ma guardo comunque il cellulare per controllare l’ora. Le 6:24. Il mio treno è alle 7:04. La sveglia del cellulare, ancora impostata, non ha suonato.
Così, la giornata è iniziata con me che balzavo in piedi con un “Scheiße!” imprecato a mezza voce per non svegliare mezza casa.
Ad ogni modo, devo ringraziare Sharon, che era evidentemente impaziente di vedermi e ha quindi pensato di comparire in sogno per svegliarmi dicendomi che era tardi, perché pur saltando la colazione e non riuscendo a radermi la barba, il treno l’ho riacciuffato per un pelo.

Essendo la giornata cominciata con un “Scheiße!”, mentre andavo in stazione ho trovato appropriato mettere su Mamma Mostro, non sapendo che la cosa avrebbe portato a ulteriori sviluppi comici. La mia carrozza era infatti la numero 8, naturalmente in coda al treno. Mentre mi affrettavo a lato binario, arrivato al vagone 7 ho dato uno sguardo per accertarmi che non ci fossero controllori che facevano cenni di partenza, e sono arrivato al vagone 9, con la porta del precedente che non aveva il numero. Così, dato che la logica vuole che fra il 7 e il 9 ci sia l’8, sono salito anche se con la sensazione che qualcosa non andava. Ora, io ho il vizio di ascoltare la musica a volume tale che, quando cè silenzio (ma neanche troppo), si sente praticamente tutto nel raggio di dieci metri. Così, mentre irrompevo trafelato nello scomparto e trovavo una suora seduta tranquilla al mio posto, l’aria si riempiva gaiamente di “Judas, Juda-a-a. Judas, Juda-a-a, Judas Gagaaaa!”, con conseguente occhiata perplessa della suora e mio sorrisetto a metà fra l’imbarazzato e il trollface dell’ultimo secondo. Poi, dato che il mio posto era occupato, ho avuto l’illuminazione, sono andato a controllare l’altra porta del vagone, e ho scoperto che era effettivamente il 7, col controllore che mi ha gentilmente spiegato che la carrozza 8 era stata attaccata dopo la 9 per motivi non meglio specificati. Beh, meno male, ci mancava solo mettere assieme per un viaggio un ragazzo con le trecce nascoste sotto il cappello, Lady Gaga e Suor Babila (nome d’arte).

Si è parlato di trecce: volevo infatti farmi i capelli mossi, così li ho intrecciati ancora umidicci la sera prima per raggiungere il risultato. Ovviamente non ho avuto tempo di sistemarli prima di uscire, così ho espletato l’operazione nel bagno del secondo treno che ho preso... per un pelo. Infatti, l’intercity che sono quasi morto per prendere è partito in clamoroso ritardo, e sebbene abbia recuperato un po’ lungo la strada, ho acciuffato la coincidenza unicamente perché partiva dal binario accanto. È abbastanza evidente, a questo punto, che Santa Sharon mi vuole proprio nel pubblico, stasera. Il che è cosa buona e giusta, dato che è dal 2005 che smanio per vedere i Within Temptation live senza possibilità di farlo. Spero solo che stasera propongano una buona setlist, dato che vedere una band live per la prima volta al quinto album non dà molte sicurezze, in questo senso...

Friday, 30 September 2011

Chiavi di ricerca - Settembre

Settembre: la gente torna dalle vacanze, riprende a usare internet, cerca delle cose improbabili e arriva al mio blog. In realtà, quello accade un po’ tutti i mesi dell’anno, ma negli ultimi trenta giorni se ne sono viste davvero delle belle, come non se ne vedevano dai tempi d’oro delle chiavi di ricerca. Buon divertimento, perché a questo giro si ride tanto!

italian gothicnarcissus from his deviantart site
ayl site:gothicdoor.splinder.com
nick chiron/ accademia delle belle arti di brera

A quanto pare, questo è il mese degli stalker.
belli e tenebrosi
Cercano sempre noi, in sostanza.
"gelato di grom" splinder
Mi chiedo proprio per quale motivo siano arrivati al mio blog...
sailor moon bunny piange
All’incirca ogni due scene e mezza...
sicker quoth cassandro
Il mio catchphrase inizia ad attecchire anche sul web, ottimo.
grecas decorativas
Muy hermosa y diosa y linda. Jajajaja! (Che sarebbe tutto lo spagnolo che so, assieme a “descargar”).
a cosa ha dato origine il dottor faust
A un bel sacco di roba, incluso uno dei mie Infernal Lords.
talmud manipulation
Giusto per rimanere in tema...
maledizione dell’ ultimo giorno
Quando per un verso o per l’altro uscivo infortunato da ogni ultimo giorno di scuola (materna, elementare, media...)
rosario dei 7 dolori della vergine
La cosa più comica di questa chiave di ricerca è che, ingrandendo la relativa foto su google, si apre questa pagina (ho controllato) con demoni, stralci di manga yaoi e gente a un concerto metal. Immagino già il colpo apoplettico che sarà preso alla fragile vecchietta che avrà visto la pagina.
"bustine da tè" bagaglio a mano
Se la Ryanair mi interdice pure quelle, giuro che dò loro fuoco.
limbos door porn evil angel
caccia mortale porn hamster

In base a cosa Google ritiene che il mio blog contenga film porno, di grazia?

voce evanescence live
Per rimanere in tema di cose oscene; magari la cercava qualche masochista che si eccita per il dolore ai timpani...
lucifero ti amo
Ok, lo ammetto: adoro leggere di queste uscite!
within temptation cristiani
Eh, non si vede? Specie su Mother Earth!
di cosa parla angels dei within temptation?
Di quanto i Within Temptation sono cristiani, è ovvio!
delusi dagli evanescence
Ancora una volta, mi chiedo come mai abbiano trovato il mio blog...
architetto tette splinder
Ammetto di apprezzare l’allitterazione, ma wtf?
far west kimono
In realtà ha più senso di quel che sembri, dato che ancora più a west del far west c’è il Giappone, però...
roger garth+dorian gray
= Bitch, please.
scopata in fiera
Mi ricorda una canzoncina che ideammo anni fa io e Giovix: “Alla fiera dell’est per due soldi un puttaniere Maria Paola trombò. E venne il giorno di fare il test, e le uscì positest, e Maria Paola nella merda si trovò...” E non è un’opera totalmente di fantasia.

Ed ecco il meglio di settembre:

un bel 5 nel culo
Qui mi vengono in mente i Nine Inch Nails: “Big time, hard line, bad luck, fist fuck.
"lanciare sarde"
Se si tratta di Meri, suggerirei il finestrino di un aereo in quota.

Monday, 1 August 2011

Chiavi di ricerca - Luglio

Considerando la mia generale inattività sul blog dellultimo mese, non cè da sorprendersi se le visite e, di conseguenza, le chiavi di ricerca utilizzate per trovarlo abbiano subito un calo (almeno credo, non so se le cose siano davvero collegate). Tuttavia, questo mese, le assurdità sono poche ma buone. Lidea era di lasciar perdere e fare un post congiunto per luglio e agosto, ma certe chicche che ho scovato non possono assolutamente aspettare!

tettone rubate
Continuano i misteriosi casi di furto di seni. Sarà mica tornato Jack the Ripper?
drag queen theatre
Ho scritto un solo post sulle drag queen. Possibile che sia stato marchiato a vita?
come fare cappelli drag queen
Di solito, i cappelli si possono comprare in negozio...
angel sanctuary astaroth capelli
angel sanctuary astaroth colore capelli

Kaori Yuki l’ha ripetuto almeno ventordici volte nelle side note del manga. E leggete con più attenzione!
emilie autumn aborto
Ma poveretta, non le si lascia proprio tregua!
violet+rabbit+girl+splinder
Perché sono una dark evil gotik gherl e mi sento un po’ Alice Nel Paese Delle Meraviglie e un po’ Gotik Lolita!
www.hamster x donna ciccona black
Perché i pippaioli virtuali finiscono sul mio blog cercando porno palesemente eterosessuali?
alesandro theatre of engels and roses splinder
go thic narcissu s blog
goyhicdoor
sgotrhicdoor

No. Ora, seriamente: chi diamine è questo dislessico?
teen giapponesi nella scuola hamster
Perché anche questo mi sa vagamente di pornazzo?
extremelot vypera
Ooh! Guardate un po’ chi googlano!
medjugorie uncinetto madonna
medjugorje rosario all’uncinetto

Ne ho timòre. (cit.)

scopate in autobus racconti
Fap fap fap fap...

Ed ecco i due capolavori di luglio:

domenica 17 luglio la zoccola torino
Cos’è, una specie di raduno nazionale?
checche sslmit
Qui c’è qualcuno che ha capito proprio tutto!

Saturday, 2 July 2011

Post assolutamente random ed estemporaneo

C’è una cosa che non capisco: perché ogni tanto Firefox (e solo Firefox, nb) mi incasina il blog? Ad aprirlo adesso, apparentemente manca il codice che definisce il carattere nelle colonne di destra, con la conseguenza che le scritte risultano troppo grandi e sporgono da tutte le parti. Ma solo la pagina principale: se apro una qualsiasi sottosezione (tag, singolo post, post più vecchi), voilà che torna tutto a posto. Idem se provo ad aprirlo con Chrome o Explorer, nulla di anomalo. Ora, magari la cosa si risolverà da sola, visto che prima mi capitava quando aprivo i singoli post, però è comunque fastidioso. Sto trovando Blogspot molto più comodo e funzionale, come piattaforma, sia per la gestione del blog che per la scrittura e lediting dei post, Splinder un po mi dà ai nervi in confronto. Ma niente paura, non ci penso nemmeno a trasferire il Teatro così, dal nulla. Mah, vedrò di paccioccare con gli html del template, magari le mie conoscenze ground-level saranno sufficienti a risolvere il problema.

Parlando daltro, ho deciso che voglio diventare ricco e famoso per potermi comprare capi dabbigliamento dalta moda. A vedere Vogue, pare che gli stilisti non conoscano altro che lo stile Gotico, rivisto, corretto e portato a livelli che i negozietti da quattro soldi per darkettini nemmeno si sognano. Il prêt-à-porter, invece, ha preso una deriva indie che è a tratti quasi scoraggiante. Ci sono indubbiamente alcuni capi che, pur nel loro essere indie, sono davvero molto carini (di solito, prendo Briar Rose come metro di giudizio: se immaginandolo addosso a lei sta bene, allora è ancora al di qua della linea che separa il portabile dallindie senza speranze), ma certi sono proprio indecenti. Idem dicasi del web: a quanto pare, dopo il decennio delle sottoculture oscure, siamo entrati in quelle indie pseudo-intellettualoidi. Che poi, in realtà la pretesa di intellettualità allinizio ce lhanno un po tutte le sottoculture, e poi finiscono per massificarsi dopo metà decennio, però gli atteggiamenti radical-chic che hanno aperto gli Anni 10 sono davvero irritanti.

In tutto ciò, sto realizzando uno dei miei grandi sogni: leggere Angel Sanctuary tutto dun fiato. In effetti, riflettevo sul fatto che non ne ho ancora scritto una recensione perché era semplicemente impossibile: è unopera talmente vasta ed articolata che così, a pezzi e bocconi, se ne perde una vastissima parte, e non si riesce comunque a farsene unidea unitaria. Fra laltro, con la rilettura mi sto accorgendo di tanti particolari che lì per lì erano passati del tutto inosservati, ma che in prospettiva preparano il terreno a ciò che accadrà in seguito: very clever, Yuki-Sensei!


Edit: risolto il problema del template in meno di un minuto e mezzo, fine dello stato di allarme. E già che ci sono ho anche sistemato il profilo e la roba che mi piace e non mi piace con cose più attuali e meno da teenager.

Thursday, 30 June 2011

Chiavi di ricerca - Giugno

Diciamo che un ritorno a standard accettabili di utenza di Google che passava per questo blog a giugno c’è stato. Sarà che agli ultimi di maggio ho postato di più, sarà che la gente ha finito la scuola ed è costretta a stare in locali condizionati finché non cala il caldo, sarà che Google fa degli accostamenti chiave di ricerca/risultato alquanto improbabili, ma ho tirato fuori in un mese lo stesso numero di chiavi di ricerca dei precedenti tre. Oltre ai soliti tormentoni, però, stavolta ne ho trovata una che mi ha mandato parecchio in solluchero, ovvero “modella sara briar rose”: Suorelina, ti googlano!
Ad ogni modo, godetevi l’escursione nelle assurdità di questo mese.

lady gaga solo superficialità
No, è anche un burattino degli Illuminati, non dimenticatelo.
chi è theodor hutchcraft
Un gran pezzo di gnocco. Molto, molto, moooolto etero. Sì.
"forever slave" pessimi
Questa si chiama tautologia.
chiunque porti la notte
Il Tommaso, così può spippettarsi pensando al pipo della Tamarrja.
theathre of ross gothic narcissus
theayttrr of angel and rose

...gn! Non passa mese che non lo cannino, ma a qesto giro è proprio clamoroso!
diario seme uke
“Caro diario, oggi l’ho messo nel didietro al mio uke”. “Caro diario, oggi il mio seme me l’ha messo nel didietro”.
scopata giapponese
Ecco, per restare in tema.
seme alberi di brutto
Perché i seme ce l’hanno sempre grosso quanto un tronco di pino.
octavia medjugorje pasion
medjugorje i prezzi piu’ bassi

*Gira la testa di 360° e vomita verde prima di camminare giù per le scale a ragno.*
"mentre viaggiavo in treno"
...mi è venuta voglia di fare una ricerca stupida su Google.
cionfra cosa significa?
Quello che solitamente accade in questo blog.

fan dei theatre of tragedy
Cough! Che dite, ne hanno trovato uno?
maglia a righe anneke van giersbergen
L’unica cosa decente che abbia mai indossato in dodici anni di militanza nei The Gathering.
the last dance su unforgiving non c’è
Non è una bonus track a caso, sai?
tralicci elettrici norvegia
Uh! E io che pensavo di essere l’unico feticista!
henrietta la zoccola
Io ero convinto che Morten l’avesse cacciata perché non gliela dava...

Rullo di tamburi per le due vincitrici del best of di questo mese:

tuttetetterubate
Da Henrietta, che è una zoccola. Per essere ancora più zoccola.
ayl rose è rosiel gothic
Ayl, cara! Sei Rosiel, e sei Gothic!

Wednesday, 1 June 2011

Chiavi di ricerca - Marzo, aprile, maggio

Domanda: che fine avevano fatto le chiavi di ricerca?
Risposta: fra marzo e aprile, non ne sono spuntate fuori abbastanza da farne un post. Ce n’erano poche in generale, e pochissime divertenti. Così ho preferito aspettare e accumulare quelle di tre mesi, prima di fare un bel post. Tralasciando quelle trite e ritrite e quelle che non vale la pena menzionare, ho notato che la gente ha iniziato a googlare me. Oltre a
infernal lords e uno dei miei aforismi, ho infatti trovato fra le chiavi di ricerca alessandro gothicnarcissus, e la cosa mi ha un pochino inquietato. Meno inquietante e più soddisfacente è stato invece essere trovato cercando recensioni di The Unforgiving dei Within Temptation, e il fatto che qualcuno googli i The Black Locust Project, la nuova band di Kristian Sigland. Quanto allhumor, partiamo!

broken gothic faces
A qualcuno piace picchiare i poveri Goth?
tette epiche
Qualcuno googlava la Simona, evidentemente...
birthday massacre chibi è fidanzata ?
Sì, grazie alle sue tette massacranti (e non epiche).
photo frisson
Il mio bimbo diventa un modello! *-*
sono gotico
...buon per te?
testo in italiano sinead dei within temptation
Infatti Sharon den Adel è notoriamente poliglotta!
canna sirenia
Quelle che si fuma Morten per continuare a scrivere testi idioti senza che i suoi neuroni si ribellino.
maonna foto non ritocchate
Ma come? L’hanno talmente ritoccata che le hanno cancellato per sbaglio il naso e pure una D...
essere un artista e non una attention whore
Esigo i diritti alla SIAE per questa.
"hamster of tragedy"
Mommy, someone googled you!
meglio fare la drag queen
“Ma no, dai! Il mondo è pieno di ingegneri, c
è molto più bisogno di brave drag queen!” (autocit.)
giornata mondiale goth 22
Ma esiste davvero...?
il finale di angel sanctuary?
Di grazia, ma perché vorresti spoilerartelo così...?
reumatismi a vent'anni
Siamo messi bene...
bei ragazzi tedesci
Ecco perché io non li trovavo: cercavo quelli con la H!
che cosa fanno i tedeschi
Mangiano insaccati di forme ambigue e bevono un liquido che fa schiuma ma non è un sapone (cit.).

E come al solito, il gran finale:

"cha to con" theatre of tragedy
Non ne ho idea, ma in compenso io chatto con Nell...
un nome originale per una profumeria
Sticavoli, cercando su Google ne troverai di originalissimi!

Wednesday, 6 April 2011

The Unforgiving – Within Temptation

Ormai da più di una settimana è disponibile in Italia The Unforgiving, il tanto atteso quinto full length dei Within Temptation. Tanto atteso sia dai fan, che speravano in una conferma della validità dei loro beniamini, sia dai detrattori, che li aspettavano al varco per vedere se si sarebbero svenduti alle leggi del mercato dopo il successo del precedente The Heart Of Everything. Anticipato dalle accattivanti notizie di un concept basato su una storia a fumetti, un’orribile copertina che ha destato non poche perplessità, la debole Where Is The Edge? che ha fatto davvero temere il peggio e un singolo di grido come Faster, quest’album il dubbio sulla sua validità l’ha lasciato un po’ fino all’ultimo. E a quanto pare, tolti pochi sfortunati a cui non è piaciuto, ha sorpreso in positivo praticamente tutti, perfino quelli che già in partenza avevano aspettative piuttosto alte.
Da cosa vogliamo partire? Vogliamo partire dai pezzi discotecari, che però non rinnegano la loro parte metal? Vogliamo partire dalle ballad, che riescono ad essere intense ed emozionanti senza scadere nel melenso e zuccheroso? Vogliamo partire dai pezzi pesanti, tanto che non se ne sono visti di così metal in nessuno degli album precedenti?

Within Temptation - The unforgivably ugly front cover

Partiamo piuttosto dalla domanda più immediata: la tanto chiacchierata “svolta elettronica” c’è stata o no?
In una parola: no. In realtà, è una cosa che è stata molto ingigantita da chi leggeva le notizie sull’album. La band, di per sé, ha solo parlato di attingere al sound anni 80, e questo l’ha fatto. Più che di una svolta, sarebbe corretto parlare di un’evoluzione, caratteristica costante della carriera dei Within Temptation, avvenuta stavolta in direzione elettronica tramite varie contaminazioni su un sound che essenzialmente resta metal e diventa, anzi, perfino più guitar-oriented che in passato (alla faccia di quelli che criticavano il presunto alleggerimento del sound). I Within Temptation ci sono e sono perfettamente riconoscibili, e ripercorrendo la loro discografia all’indietro album per album si arriva al loro debut Enter in maniera naturale e senza grossi scossoni.
Fatta questa doverosa premessa, prima di partire con un’analisi track by track vediamo un po’ l’album in generale. Quali sono i suoi punti deboli? Ahem... uh... la copertina è davvero brutta. E ah, l’intro è inutile e c’è un filler.
Pregi? Un songwriting più maturo e solido che negli album precedenti, con pochi bassi a fronte di moltissimi alti. Un sound che, come notato sopra, porta una buona ventata di innovazione (alla band come al genere di provenienza) senza rinnegare il percorso fatto fin’ora, in un perfetto equilibrio fra novità e tradizione. Le canzoni hanno quasi tutte una lunghezza fra i quattro e i cinque mintui e mezzo, abbastanza da lasciare soddisfatti ma senza diventare prolisse ed esageratamente lunghe. La varietà: pur essendo un album fondamentalmente orecchiabile, lo è con molta classe, ed offre una vasta gamma di arrangiamenti, mood, strumenti e sfumature che evitano di scadere nel ripetitivo o prevedibile. Infine, uno dei suoi punti di maggiore forza è sostanzialmente lo stesso di Lady Gaga: giocare con le citazioni senza mai scopiazzare palesemente; il songwriting di quest’album è abbastanza furbo da dare qualche sensazione di deja-vu qua e là, sia proprio che di altre band, senza far gridare quasi mai “al flashback!”, giocando su quella familiarità che rende il pezzo immediato ma non una copia di qualcos’altro.
E ora andiamo con la tracklist:

1. Why Not Me?
2. Shot In The Dark
3. In The Middle Of The Night
4. Faster
5. Fire And Ice
6. Iron
7. Where Is The Edge?
8. Sinéad
9. Lost
10. Murder
11. A Demon’s Fate
12. Stairway To The Skies

La prima traccia è un’intro e non va oltre ciò. Ha una sua ragione a fini narrativi, lo capisco, ma in termini musicali è molto più inutile di molte altre intro. Ma se non altro è breve e cede subito il passo all’opener, Shot In The Dark. Questa canzone, orecchiabile e immediata, ci anticipa già gli elementi che caratterizzando l’album: una Sharon che raggiunge livelli di espressività mai toccati prima, mantenendosi principalmente sul suo registro medio-basso, le tanto decantate contaminazioni elettroniche, un tappeto di archi discreto che completa il sound piuttosto che appesantirlo (come troppo spesso accade nel genere), e chitarre sempre più prominenti. Con una strofa efficace e un ritornello tutt’altro che banale, rassicura da subito sul tenore compositivo dell’album.
La successiva In The Middle Of The Night si configura subito come uno dei momenti più heavy non solo dell’album, ma dell’intera carriera della band: oltre ad essere, infatti, la canzone più veloce mai suonata dai Within Temptation, le sue chitarre sono onnipresenti, sottilmente enfatizzate da una parte sinfonica appena accennata ma efficace. Il riff che tiene in piedi il brano è una sottilissima citazione di una canzone che i fan di Sharon dovrebbero aver ben presente, ma a sentire meglio è tutt’altro che uguale, ed è giusto il primo esempio di come il deja-vu e l’ammiccamento non si trasformino mai in scopiazzatura gratuita e perdita dell’identità.
La quarta traccia è Faster, e ho già avuto modo di lodarla appena uscita. Da aggiungere c’e solo che, nonostante l’abbia ascoltata all’ossessione per più di un mese intero prima dell’uscita dell’album, ancora non mi ha stancato. Non è un singolo usa e getta e trova il suo giusto spazio nel contesto dell’album: anche paragonata agli episodi migliori, il suo mix di sintetizzatore smaccatamente Anni Ottanta, chitarre variegate e batteria martellante si fa notare.
Fire And Ice è la prima ballata dell’album. Per inciso, assegno una personalissima stellina di merito alla band per aver tirato fuori solo power ballad (ad eccezione di una delle bonus track) e non essersi mai affidati totalmente a un acustico che non sempre sa tenere banco su un album fortemente guitar-oriented. Ancora una volta è infatti il mix di elementi eterogenei, ovvero i violini per la prima volta protagonisti (specie all’inizio) accompagnati da una parte metallica lenta ma che non perde grinta, a rivelarsi vincente nel sostenere una Sharon tanto intensa da stringere il cuore su una melodia tutt’altro che scontata (e tutti sappiamo quanto le ballate possano rischiare di esserlo).
Terminato il momento lento e sentimentale, abbiamo una delle highlights di questo album: Iron, che come il titolo stesso suggerisce è un’esplosione di metallo. Veloce, aggressiva, con una batteria martellante, chitarre praticamente onnipresenti sostenute da una tempesta di archi e ottoni, momenti epici e cinematografici che, di nuovo, non scadono nei terribili abissi di scontatezza che il Symphonic sa raggiungere, e con un ritornello ossessionante, è semplicemente La Canzone Live Definitiva dei Within Temptation. Forza, alzi la mano chi non si è immaginato già saltante e headbangante davanti a palco a ottobre sin dalle prime volte che la ascoltava. Ci vuole una forza di volontà notevole per non metterla in repeat e proseguire con la seconda metà del disco.
La traccia successiva, Where Is The Edge?, è quella che ha fatto temere il peggio un po’ a tutti. Buttata lì così, random, come prima canzone del nuovo lavoro, non significava nulla se non che nel disco ci sarebbe stato (almeno) un filler. Ascoltandola nel contesto dell’album, invece, acquisisce una sua ragione d’esistere: dopo un pezzo come Iron, mettere una canzone impegnativa sarebbe stato controproducente, difficilmente qualcuno se la sarebbe filata. Un filler è in questo caso giustificato, così abbiamo tutto il tempo per riprenderci dalla magnificenza della traccia precedente (e sono quasi tentato di credere che quei furbacchioni di Sharon & co. l’abbiano sbattuta in rete per prima proprio perché così l’avremmo presa in antipatia per poi rivalutarla nel suo contesto, cosa che è avvenuta... a patto che non la suonino live). Menzione positiva, comunque, per il tappeto elettronico, la strofa vivace e la parte strumentale del bridge, che rimediano a un ritornello fiacco e ad una struttura generale che è un’autocitazione di momenti poco felici del passato (Final Destination e It’s The Fear, i filler dei filler).
Qualcuno pensava che Faster fosse il singolo perfetto? Ecco arrivare Sinéad a mettere un lecito dubbio: orecchiabile come molte canzoni pop si sognano solo essere, ballabile e sculettabile come i migliori episodi di Assembly dei compianti Theatre of Tragedy, mixa perfettamente violini frenetici con synth anni 80 e chitarre, stavolta, poco prominenti per assicurare figuracce quando ascoltata per strada, visto che è facile dimenticarsi di non essere in pista e che sculettare mentre si aspetta il semaforo non è una buona idea. E il metal, e la trVeness? Chissenefrega, non valgono un solo secondo di questi quattro minuti e mezzo di gaiezza!
La seconda ballad del disco, Lost, si presenta da subito come sostanzialmente guitar-oriented: acustica sulla strofa, elettrica sul ritornello e sul bridge, la chitarra non ci abbandona mai. Sebbene nella struttura presenti alcune similarità con All I Need, mantiene un’identità assolutamente propria e non scade nell’autocitazionismo. È comunque l’emotività il piatto forte di questa canzone, grazie ad una Sharon ancora più espressiva che in Fire And Ice (su
Help me, I'm buried alive! fa davvero venire la pelle doca) sostenuta (almeno parrebbe) da una voce maschile in sottofondo. I brividi sono assicurati per tutta la durata del pezzo.
Murder, la canzone successiva, è semplicemente strana. A molti non è piaciuta, ad altri c’è voluto qualche tempo per apprezzarla. Si tratta di un pezzo tutt’altro che immediato, che combina elementi del passato, come un’orchestrazione notevolmente più prominente del resto del disco, con altri nuovi, ovvero Sharon che viaggia su note più basse del suo solito. Non è brutta, ma fa fatica a distinguersi per parecchi ascolti, quindi si consiglia pazienza.
La penutlima traccia, A Demon’s Fate, riassumere tutti gli elementi del disco come l’opener: a metà fra il magnificamente ballabile e il pesantemente metal, è caratterizzata da un ritmo trascinante (nel vero senso della parola), un ritornello martellante e immediato, un’alternanza di elementi elettronici e orchstrali, un notevole assolo di chitarra e una Sharon davvero imbestialita, che sfrutta il lato più
cattivo” dell’espressività della sua voce in un modo tale da fare invidia a qualsiasi Grace o Caged del passato. È un’altra canzone che grida repeat a tutto spiano, che contribuisce a chiudere in assoluta bellezza l’album.
La prima cosa da dire sulla ballata conclusiva, Stairway To The Skies, è il suo essere fortemente penalizzata dalla tracklist. Messa alla fine di un album notevole, dopo una traccia importante come la precedente, è purtroppo facile non darle l’attenzione che merita. Ed invece, si tratta di uno dei pezzi più emozionanti e intensi dell’intera discografia della band, che riesce a gestire il suo carico emotivo senza risultare stucchevole, ridondante o melodrammarica. Musicalmente, è l’opposto complementare di A Demon’s Fate, combinando a sua volta tutti gli elementi dell’album ma esaltando stavolta quelli melodici e orchestrali. Ancora una volta, però, è la performance vocale a garantirne il completo successo, con Sharon che canta direttamente al cuore, non saprei definirla altrimenti.

Una menzione va anche alle tre bonus track. I Within Temptation hanno sempre tirato fuori delle bonus track brillanti, che sono state tenute fuori non tanto per il fatto di non essere sufficientemente buone, quanto perché sarebbero state superflue ai fini dell’economia dell’album. Nella fattispecie, stavolta abbiamo:
I Don’t Wanna, altro pezzo ritmato e ballabile con parte elettronica e atmosfere Anni 80 in rilievo, molto bella di per sé, ma che da una parte è troppo imparentata con Shot In The Dark, e dall’altra non ha il mordente di una Sinéad o una Faster per fare la sua bella figura all’interno dell’album. Certo, avrebbe potuto benissimo prendere il posto di Where Is The Edge?, ma venire dopo Iron l’avrebbe ulteriormente affossata.
Empty Eyes credo sia la canzone del lotto con cui ho meno feeling, tolte l’intro e il pluricitato filler: non è brutta, ha un ritornello simpatico e un ritmo accattivante, semplicemente non l’ho capita e non mi va di passare molto tempo a cercare di farlo, forse perché ha qualcosa che mi ricorda fastidiosamente episodi come What Have You Done?, che non amo particolarmente.
The Last Dance, la quarta ballad, è l’unica canzone completamente priva di chitarre del lotto. Mi pento e mi dolgo di averla snobbata all’inizio, etichettandola come Sounds Of Freedom versione 2.0, perché nel giro di pochi ascolti sono arrivato ad amarla. Nonostante somigli all’outtake del precedente album (ed entrambe facciano parte dello stesso ceppo inaugurato da Towards The End), mantiene una sua individualità distinguendosi dalle compagne per le sue sfumature emotive nettamente diverse, più intime e profonde, di malinconia da addio mista a speranza per il futuro. Il testo è ciò che me l’ha fatta apprezzare, poiché pur essendo semplice, riesce a comunicare le emozioni già enfatizzate dalla musica con estrema efficacia, rendendola una canzone che, per quanto poco attinente all’album in quanto a sound, brilla intensamente come b-side.

In conclusione, quest’album è un 53 minuti e mezzo di beatitudine per le orecchie, adatto a qualsiasi umore, tempo atmosferico, attività da svolgere mentre si ascolta (ci sono anche pezzi su cui volendo un po’ di sesso non ci starebbe male) e genere musicale preferito della settimana. I Within Temptation si sono confermati una realtà solida e perfettamente in grado di abbattere i pregiudizi che fin troppi, nel genere, hanno spesso riservato loro, prendendo in castagna stavolta pubblicamente colleghi notoriamente più blasonati (ma dal dubbio merito), sfatando il mito del sound che si alleggerisce (tendenza che si era comunque già invertita subito dopo The Silent Force), il sospetto della band che si svende totalmente al commerciale (l’hanno fatto con una classe tale da non rischiare di deludere i fan affezionati), e altre amenità simili. Ci sarà ovviamente chi storcerà il naso di fronte alle nuove influenze, ma i grossi e invalidanti limiti di una buona parte del pubblico metal non sono una novità già dai tempi della svolta synthpop dei Theatre of Tragedy. E poi ci sono quelli che erano partiti prevenuti e hanno dovuto rivalutare l’album a denti stretti: l’ultimo pensiero va a loro, ringraziandoli per aver reso ancora più dolce questa piccola vittoria dei fan di una band eccezionale che è tornata più grintosa che mai.

Tuesday, 8 March 2011

Angel Sanctuary – The End

La cosa più bella di questa lettura è che ho finito e chiuso l’ultimo volume di Angel Sanctuary proprio mentre l’ultima nota di Summoning Of The Muse dei Dead Can Dance si spegneva. Una conclusione degna di un bellissimo manga.
 

Piccola postilla: ho tenuto su quella canzone a ripetizione continua per tutta la lettura. Pensavo di concludere con Forever Is The World, ma ha già marcato la fine dei Theatre of Tragedy e preferivo non mischiare le due cose. E comunque, Kaori mi ha reso felice inserendo in mezzo al casino generale Astaroth per ben due volte: Sensei, ti adoro! Evitando gli spoiler troppo specifici, però, sono davvero felice di aver visto che alla fine sia lui che Belial sono sopravvissuti, mi sarei depresso se me li avesse ammazzati così, random (anche se lei poteva farla comparire un tantinello di più, già che c’era, ma non voglio andare a cercare il pelo nell’uovo).

Bel finale, non forzato, non deprimente, adatto al manga. Mi dispiace davvero tanto per alcuni morti che ci sono stati lungo la strada, ma a me piace immaginare che prima o poi rinascano, anche perché è un tema che Kaori ha inserito in maniera molto, molto sottile proprio sul finire del manga. Poi insomma, ha risolto praticamente tutte le vicende che abbiamo incontrato lungo la strada, non c’è proprio nulla da recriminarle. Oh, e complimenti anche per aver dato un’utilità concreta al personaggio di Kurai, e intendo proprio un ruolo chiave nella risoluzione della vicenda, cosa che invece Sara ha continuato imperterrita a non avere (pericolo spoiler, se non avete letto saltate la parentesi: quando ho pensato che Setsuna l’avesse davvero ammazzata ero contento, il fatto che fosse un bluff mi ha irritato non poco, accidenti!).

E insomma, eccomi qui. Non ho molta voglia di scrivere qualcosa di più concreto, ma sono soddisfatto per il finale. Un po’ arrabattato in alcuni punti, ma è per il solito problema delle troppe poche pagine che danno a ‘sta povera donna. Il senso di vuoto c’è tutto, e ho anche pianto a intermittenza mentre leggevo, ma la nota dolce con cui la storia si è finita mi ha trattenuto dal deprimermi tout court. Adesso mi riprendo un attimo, dopo di che mi darò alla rilettura integrale dall’inizio alla fine.
Ah, dato che sono una fangirl, termino i post con i disegni di Astaroth. Eccolo, il mio tesoro!



Pointlessly random stuff

Ribadisco la mia frustrazione per il fatto che tutti i miei uomini ideali o sono bambole, o disegni.

If I was your Vampire by =AudreyDutroux

E sotto sotto è vero, mi piacerebbe trovare un ragazzo. Un po’ perché mi sono stufato di scoppiare a piangere come una fontana ogni volta che ascolto Forever Is The World dei Theatre of Tragedy (tipo adesso) e spero che un nuovo ammoreh possa guarire il mio cuore spezzato e porre fine al mio periodo di vedovanza, un po’ perché avrei tante di quelle foto da fare con un fidanzato che credo che finirei per non farci nemmeno sesso per mancanza di tempo.
(Oppure c’è la variante suggerita da Linda: dare la priorità alla panna montata di Grom e lasciar aspettare il fidanzato fino a quando non la si è finita, cosa con la quale mi trovo totalmente d’accordo).

Oddio, ho appena ammesso di avere il cuore spezzato, anche se per via dello scioglimento di una band e non a causa di qualcuno. Però sul serio, ci sono momenti in cui sto ancora male per il loro split (e quando ho sentito che anche a Nell succede mi è venuto da piangere). Per dire, al loro ultimo concerto ad una certa (e non so nemmeno quando) ero così:

La Madonna dei Sette Dolori

Credo che questa immagine da dramma napoletano sia abbastanza eloquente, ho preso la faccenda dello split terribilmente sul personale. Forse è proprio perché amo tanto l’arte che poi non mi restano più sentimenti per le persone. Sto studiando questo fenomeno, per il quale finisco anche a disinteressarmi subito delle persone che non mi forniscono sufficienti stimoli, per tirarne fuori il testo di una canzone, con un buon ritmo potrebbe funzionare.
Oh sì. Sto scrivendo canzoni (testi, per lo più). Ora come ora preferisco non dire altro, ma ho della roba in ballo, speriamo bene.

Cambiando discorso, oggi dovrebbe uscire l’ultimo Angel Sanctuary. Ho il terrore di andare in fumetteria. Ho il terrore di quando mi ritroverò solo a casa a leggere. Ho il terrore di tutto. E sto diventando definitivamente un fan di Lady Gaga.

(Quante scemenze totalmente scollegate fra di loro sono riuscito ad allineare nel giro di un unico post?)

Friday, 11 February 2011

Isn’t something… missing?



I know what you do to yourself,
I breathe deep and cry out:
Isnt something missing?
Isn
t someone missing me?
 

Even though I'm the sacrifice
You wont try for me, not now.
Though Id die to know you love me
I
m all alone.
Isn
t someone missing me?
 

And if I bleed, Ill bleed,
Knowing you don
t care.
And if I sleep just to dream of you,
I
ll wake without you there.
Isnt something missing?
Isnt something...

 

Stando al conteggio degli ascolti di iTunes, era esattamente un anno e due giorni che non ascoltavo questa canzone. E accidenti, se mi ha dato i brividi...

Can you stop the fires?
Can you stand to fight her?
You can’t stop the fires.
You won’t say the words.