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Thursday, 3 February 2022

Messaggi che mai saranno spediti

Mi visita un profilo su Romeo: interessante, lascio qualche like alle foto e vedo un po’ i suoi amici. Uno è carino, visito il profilo; da lì ne visito un altro, sempre di bell’aspetto. E mi trovo davanti la descrizione più stupida di sempre, specie per un trentatreenne, letteralmente mio coetaneo.
Are you ready to question everything?
 
Here is what I’m looking for: Empathy, Honesty, and Beauty.
 
I own the perfect contraceptive: an unvaccinated body. Press the [x] button ASAP to escape. :)
 
My outside might appeal to some of you,  but just wait till I crush that with my personality. :)
INFP-A in case you were wondering.

Not all the infinites are the same in size: there are more Real numbers between 0 and 1 than there are Natural numbers going into infinity. Proven by Cantor’s Diagonalisation Proof.

The magic word of the 21st century to ward off any interest: unvaccinated. A dream-come-true period for all sociologists to come.
Gioia bella. Da dove comincio?
Tralasciando la scorreggina matematica messa lì giusto per darsi un tono… quell’incipit lì sembra quasi inoffensivo, finché non si contestualizza col resto. Ma andiamo con ordine.
Dovessimo ipoteticamente chattare e dovessi tu confessarmi di non essere vaccinato aspettandoti una reazione negativa a priori da parte mia, probabilmente il tuo gusto per il drama e l’autocommiserazione sulle prime rimarrebbe frustrato.
Non ce l’ho con i non vaccinati in sé e per sé. Se alla luce di qualche condizione o patologia pregresse, il medico dice a qualcuno che non è il caso che si vaccini, io ne ho il massimo rispetto e, anzi, posso guardarlə negli occhi e dirlə con sincerità che a me importa. Che non potrò fermare la pandemia o prometterlə di proteggerlə dal contagio, ma ho fatto tutto ciò che mi è umanamente possibile per non contribuire deliberatamente al rischio: ho sempre rispettato il distanziamento sociale, osservato i lockdown e, soprattutto, mi sono vaccinato.
Se invece, come quell’incipit suggerisce, si tratta semplicemente di fare le bizze e i capricci per sentirsi “speciali”, “più svegli” e “più furbi”, beh, allora mi spiace ma no, non provo nessun rispetto. Siamo nel 2022, questa situazione va avanti da due anni, a questo punto non ci sono più scuse di disinformazione e ignoranza, è una scelta deliberata. Fra l’altro, trovo enormemente ironico che a cercare empatia sia uno che, pur di vivere la sua fantasia da protagonista, da eroe che si oppone all’oppressione del sistema, mostra un tale egoismo e mancanza di riguardo verso chi il vaccino davvero non può farselo.

L’altra cosa che mi urta particolarmente di questa presentazione è quando fa “autoironicamente” la vittima. Da una parte, sembra un suo atteggiamento in generale, perché se ti rendi conto di essere una persona sgradevole e, invece che lavorare su te stesso, scarichi la responsabilità sugli altri, c’è qualcosa che non va, come ci insegnò a suo tempo il nostro amico svedese incel.
Dall’altra, è il voler scaricare sugli altri quelle che sono solo le conseguenze di una sua scelta deliberata. Se essere non vaccinato è una cosa che allontana i potenziali partner, la colpa non è dei potenziali partner e tu non sei in diritto di lanciarti un pity-party mascherato da autoironia. Francamente, se uno fa sesso casuale non protetto con molti partner e si rifiuta di fare terapie preventive come il PrEP, credo che non ci sia nulla di sbagliato se un potenziale nuovo partner preferisce lasciar perdere. I mezzi per proteggersi ci sono, rinunciarvi è una scelta; qui è la stessa cosa.

E niente, questo è un post che ho scritto semplicemente perché non è nel mio stile attaccare briga con gente che non mi scrive per prima, ma avevo bisogno di sfogarmi un po’. Sono come messaggi che ho scritto ma non spedirò mai al cretino qui. Che continui a vivere nella sua piccola bolla in cui lui è un eroe della libertà e tutti noialtri siamo cattivi e ottusi perché non lo accettiamo.

Wednesday, 22 December 2021

Ritorno ad Asburgo?

Martedì 21 dicembre, ore 2:15 circa.
Vado a controllare come sta la Mater: sta bene, non ha la febbre, non ha mal di testa, non ha crampi da disidratazione, so far so good. Si alza anche da sola per andare in bagno senza problemi, perdita di equilibrio o simili. Sono passate circa dodici ore dall’inoculazione della terza dose di Moderna e sembra che il richiamo non sia poi così apocalittico rispetto alla seconda dose.
Rassicurato che non sembri avere bisogno di nulla e io possa quindi dedicarmi alla mia oretta e mezza di musica immersiva senza il rischio di essere interrotto, le porto un bicchiere d’acqua e torno in camera mia, speranzoso che la mia terza dose, che mi inoculeranno mercoledì 22, non mi faccia stare male come la seconda.

Ore 12:45 circa.
La Mater mi sveglia chiedendomi se posso preparare io il pranzo a entrambi: a metà mattinata le è salita la febbre quasi a 38 e, anche con una Tachipirina, si sente uno straccio. Mi prendo i miei venti minuti d’ordinanza per smaltire il trauma di essermi svegliato vivo anche oggi, dopo di che mi metto ai fornelli.
Le speranze di cavarmela a buon mercato l’indomani sono bellamente sparite.

Ore 17:50.
La Mater ha dormito profondamente tutto il pomeriggio. La sveglio perché vuole farsi l’ora di spotlight di Snover con doppia exp da cattura per fare punteggio su Pokémon Go. Sta meglio ma è disidratata e le viene un crampo al piede. Ha ancora un certo mal di testa.
Il dopodomani mi sorride sempre di più. In compenso, faccio il livello 48 su PoGo e poi aiuto lei a salire un po’ di punteggio facendo i tiri eccellenti.

Ore 20:30.
La Mater ha una nausea tale che la sola vista della carne che mi sto cucinando le fa venire un conato. Tenta di farsi un kisiel per cena e non riesce nemmeno a terminarne una tazza. Ha costanti capogiri, non riesce a mantenere l’equilibrio e anche solo alzarsi dal divano al tavolo le sembra una fatica insormontabile.

Mercoledì 22 dicembre, ore 01:30 circa.
La Mater è ancora in piedi al computer; apparentemente le è passato tutto – come da prassi in uno schiocco di dita, all’improvviso. Tanto meglio.

Ore 11:55.
La Mater ha di nuovo pero il senso del gusto: tutto ciò che mangia le sembra erba o cartone. Alla meglio (o peggio?) ha un retrogusto amaro. Andiamo bene. Io sto mangiando più presto del solito in modo da recarmi allo hub e sperare di non fare sera in attesa del mio boost.
 
Ore 13:39.
La disorganizzazione allo hub è stata minore del previsto (o della scorsa estate), in circa un’oretta ho sbrigato scartoffie, fila, inoculazione e periodo d'attesa in caso di. Non mi resta che tornare a casa.

Ore 17:09.
Inizio ad accusare i primi sintomi: spossatezza, difficoltà di concentrazione, antipatia generale per la vita – voglio dire, più del solito. È piuttosto presto, speravo di mantenere un po’ più di autonomia e non so bene cosa aspettarmi.
Visto che le altre volte la Mater ed io abbiamo avuto sintomi molto simili e lei si è presa un’altra mazzata, mi preparo a passare un’altra notte di delirio febbrile convinto che il mio cuscino sia il Castello di Asburgo. L’unica consolazione è, ancora una volta, che durerà massimo quarantott’ore e poi sparirà, a differenza del virus che può durare settimane e lasciare danni permanenti. Su quello continuano a non esserci dubbi.

Saturday, 17 July 2021

Una notte con Miss Rona

Alla fine, gli Hunger Games di ieri mattina sono stati miracolosamente resi sopportabili da un’inaspettata copertura nuvolosa che ha portato un gestibile fresco sulla città. Allo hub del Mariotti la disorganizzazione regnava sovrana e ho impiegato oltre un’ora per entrare – parte della quale ho trascorso seduto sotto il tendone, parte sotto quello che, in un’altra giornata, sarebbe stato il sole cocente perché a una certa il personale non si è coordinato bene e c’era più gente pronta a entrare di quanta potesse stare dentro la palestra e ci hanno tenuti in standby sugli spalti di cemento.
Oh, e in tutto questo mi era anche venuta una colite dal nervoso e quindi stavo scoppiando; quello sicuramente non era colpa della disorganizzazione, ma i rallentamenti non hanno sicuramente aiutato.
 
Il peggio, comunque, è arrivato molto, molto dopo. Se il pomeriggio me la sono cavata relativamente a buon mercato, dormicchiando un po’ e leggiucchiando su Wikipedia per il resto del tempo. Ho fatto giusto in tempo a terminare l’articolo sul Castello di Asburgo in cui ero finito seguendo il rabbit hole, che verso mezzanotte, puntuale come un orologio, è arrivato il malessere. Ma roba che letteralmente tremavo per i brividi e sono dovuto andare a ripescare il pigiama pesante e il plaid dall’armadio nonostante le temperature estive tipiche del Merilend.
La tachipirina che ho preso è durata sì e no un’oretta, il tempo di fare qualche storia su Instagram, che il tremore è subito ricominciato.
Della notte in sé ricordo poco se non il carosello di freddo che nemmeno Snowpiercer e caldo infernale, brividi fortissimi e sudori incontrollati. Ma, soprattutto, il mio cuscino: a una certa, la febbre mi è salita oltre i trentotto e ho iniziato a delirare, convinto che il mio spostarmi da un punto all’altro del cuscino in cerca di fresco fossi io che andavo da una torre all’altra del Castello di Asburgo, con tanto di mappa che avevo visto su Wikipedia.
Giuro, ho questo ricordo distinto, della mappa e di me che spostavo la testa da una torre all’altra.
 
E da qui, ho avuto con orrore la conferma di ciò che avevo già pensato: se già solo il vaccino mi fa stare così male, non oso immaginare la malattia in sé. Almeno ho la speranza che massimo domani sarà tutto passato, mentre stare settimane e settimane peggio di così sarebbe orribile. E su questo che, raccontando i sintomi, ho martellato nelle storie di Instagram: stare così male per qualche ora è un piccolo prezzo da pagare per non prolungare quest’agonia chissà per quanto.

Oggi sono per lo più spossato e nauseato; ho mangiato poco e a fatica, e ora, dopo un pomeriggio piuttosto vegetativo, ho abbastanza presenza intellettuale da buttare giù questo resoconto della mia notte di passione folle con Miss Rona fra le stanze del Castello di Asburgo.
Delirare è stranissimo.
Speriamo che passi entro breve.

Thursday, 15 July 2021

Abbandonato

Parliamoci chiaro: la pandemia è stressante già di suo. È inevitabile, è un evento traumatico per tutta la collettività, non c’è modo di evitarlo. Puntare il dito e cercare colpe, prendersela col Governo o con questa o quella istituzione, è un tentativo comprensibile di razionalizzare qualcosa che sfugge a ogni controllo ma resta, alla fin fine, un esercizio di futilità. Le cose stanno succedendo, nessuno ne ha colpa, al massimo si può tentare di metterci una pezza.

Però.

Come la si mette, ‘sta pezza, è un altro discorso: lì colpe e colpevoli si possono trovare eccome, e molto di quello stress da pandemia sarebbe perfettamente evitabile.
Ad esempio, con delle istituzioni efficienti potrei risparmiarmi almeno lo stress da vaccino. L’altra volta c’era il dubbio su cosa mi avrebbero inoculato, che mi sarei potuto risparmiare se l’assessore regionale alla sanità non se ne fosse fregato, di cosa fosse consigliato o sconsigliato per chi. A questo giro per forza mi rifaranno Pfizer, ma c’è il dubbio su quando, come e se riuscirò a rientrare nell’appuntamento.
Perché giustamente gli operatori sanitari, che sono esausti dopo un anno e mezzo di lavoro serrato, sono potuti andare in vacanza, e la risposta dell’amministrazione locale non è stata assumere dei sostituti, ma dimezzare le ore di attività dello hub. Con tutte le seconde dosi già prenotate e, in più, quelli che stanno capitolando e si stanno facendo la prima.
Il risultato sono file chilometriche, tutte assembrate sotto un miserrimo tendone nel bel mezzo del campo da calcio dello stadio locale, in attesa di entrare e aspettare l’iniezione. Appuntamenti che, dal pomeriggio, sono slittati alla mattina a chi prima arriva, con i numerini distribuiti tipo salumeria. E, da quel che si sente, il personale rimasto che è allo stremo delle forze.

E in tutto ciò ci sono io, privato cittadino, che fra poco più di ventiquattr’ore dovrò andare ad affrontare tutto quello, mi sento completamente abbandonato dalle mie istituzioni locali. In un momento di stress già enorme, ecco che vanno ad aggiungerne dell’altro per mancanza di organizzazione e soldi, ma intanto marciano in tv e sui giornali locali a raccontare di come, dopo un “fisiologico” periodo di adattamento, le cose ora siano supercalifragilistichespiralidose.
Ma finché la faccia è salva, chissenefrega di quello che le persone passano realmente, chissenefrega che il sistema non sia più efficiente come era prima, o che buttando tutti assieme così come in fila dal macellaio il rischio di immunizzarsi non col vaccino ms beccandosi il virus in mezzo agli Hunger Games cresca esponenzialmente.

Thursday, 10 June 2021

Imminentemente vaccinando

Sono le 3:27 del mattino. Ho appena finito di assistere la Mater che, disidratata, ha avuto un fortissimo crampo alla gamba che non riusciva a farsi passare. Vi è soggetta, purtroppo, specie quando non beve abbastanza; stanotte ha bevuto come un cammello, ma la febbre da coronavirus (beh, da vaccino) le ha riarso tutto e conseguentemente massacrato la gamba.
Che insomma, escludendo il crampo in sé, febbre, brividi, spossatezza, malessere e arsura sono una buona notizia: significa che il vaccino sta funzionando e il corpo sta reagendo come deve. Alla prima dose se l’era cavata relativamente a buon mercato, adesso è la seconda a farla penare; anche questo è normale, in molti raccontano che una delle due è una mazzata, l’altra più gestibile – c’è solo da vedere quale sarà quale.
 
Ora, si potrebbe pensare che vivere tutto questo la notte prima di fare il mio, di vaccino, mi abbia scoraggiato, ma no. Anzi, al contrario: questo minuscolo assaggio di come sia stare accanto a qualcuno col coronavirus è stato abbastanza spaventoso e mi ha convinto ancora di più che sia il caso di fare il vaccino ASAP.
Certo, non è che sono entusiasta all’idea di pupparmi tutti i sintomi. La mia stupida mente animale cova inevitabilmente l’istinto che la certezza di avere i sintomi domani sia peggio della possibilità di scamparmi il contagio e non averli affatto. Ma ho anche la razionalità per prendere le mie decisioni sulla base, per quanto controintuitiva, che la certezza che questi sintomi siano controllati e notevolmente ridotti è molto meglio della possibilità di prendermi la malattia vera e propria. L’importante è esserne consapevoli e sapere che in certe situazioni bisogna lottare contro l’istinto di conservazione per conservarsi davvero.

Per inciso, non sono sicuro di che area di questo spettro ricopra la decisione di aver spuntato solo Pfizer e Moderna sul modulo del consenso alla vaccinazione. Forse in questo caso è la certezza di essermi davvero rotto le palle della gente: è un anno e tre mesi che cerco di ridurre al minimo le uscite, che seguo le regole, che indosso sempre la mascherina in pubblico, che non vedo i miei amici di Trieste, che le uscite che ho fatto in ristoranti o bar si contano sulle dita di una sola mano. Io i sacrifici li ho fatti, molti altri no: a questo punto, direi che i vaccini più sicuri me li sono meritati, che se lo puppino i bambocci assembrati in Piazza dei Mercati, AstraZeneca.
Ho sempre un po’ paura di ritrovarmi al livello dei no vax ogni volta che, in privato, esprimo scetticismo su AstraZeneneca – pardon, VaxZevria, ché il rebranding fa meno paura. Ma esistono studi preliminari che sembrano indicare che non sia solo isteria di massa e il problema delle trombosi sia effettivamente dovuto a un difetto di formulazione dei vaccini con adenovirus. Sì, certo, è tutto ancora in aria e si aspetta una peer review ma, visto che l’alternativa c’è, vivo molto meglio senza quell’una possibilità sul cavolo di milioni che volete di avere la botta di sfortuna. Anche perché, lo ribadisco, i sacrifici per non peggiorare la situazione li sto facendo dallo scorso marzo, io. Mi fa sorridere che le regioni ora si stiano rimbalzando le dosi inutilizzate tra più e meno ricche, neanche fossero le brioscine scadute che si mandavano in Africa negli Anni Novanta, ma non è mia responsabilità risolvere questo problema. Preferisco essere fabulous con una dose di Beyontéc.

In tutto ciò, ho deciso di inaugurare un nuovo tag, Corona Chronicles, in cui ho retroattivamente infilato tutti i post relativi alla pandemia, così che, se fra qualche anno vorrò rimmergermi in questo macello, avrò una comoda antologia a portata di click. Ora è il caso che vada a dormire: mi sono prenotato per il turno pomeridiano apposta per non aggiungere l’ansia di dovermi svegliare presto a quella di fare il gran passo, ma ciò non significa che debba vanificare tutto con una notte in bianco.

Monday, 7 June 2021

Burst the bubble

Mercoledì vaccinano la Mater con la seconda dose di Moderna. Giovedì vaccineranno me con la prima dose di non si sa ancora cosa. As in, questo giovedì. Ho appena realizzato quanto imminente sia e, ovviamente, sto avendo un attacco d’ansia.
 
Riflettendoci sopra per provare a demistificarlo, di primo acchito mi verrebbe da dire che sia dovuto al mio terrore per gli aghi o all’incognita di come saranno per me i sintomi per le poche ore successive. Quando dovevano fare la prima dose alla Mater ci siamo preparati come se sarebbe stata male per settimane con pulizie generali, spesa grossa, provviste e chissà cosa, poi è stata così così circa una trentina di ore e mi ha addirittura aiutato a pulire dietro gli idraulici. Come la prenderò io è una bella domanda ma, per quanto l’incertezza sia sgradevole, so che non sarà nulla di debilitante.
Penso però che il vero motivo della mia ansia sia il fatto che mi ero dato il vaccino come termine ultimo per bivaccare in questa bolla di sospensione dalla vita reale. Non riesco ancora a immaginare come possa essere il “dopo”: tornare a socializzare, riprendere in mano la mia vita a Trieste, tornare a occuparmi della quotidianità in toto, poter attuare i piani per ora vaghi di incontrare persone lontane… Certo, continuerò a fingermi non vaccinato per dodgeare le attenzioni indesiderate sulle app di dating, ad esempio, ma con le persone che contano davvero le comode scuse per stare chiuso in casa o, al massimo, uscire solo quando ne ho davvero voglia scompariranno. Il distanziamento sociale (leggi: rispetto del mio spazio personale) scomparirà. Ma soprattutto, se ripenso al 2019, stavo facendo un tale pessimo lavoro a essere un adulto funzionale, capace di tenere le fila di casa, cucinare, fare la spesa, non campare sempre d’asporto, pulire e quant’altro che ho il terrore di tornare a quei livelli una volta per conto mio e fuori dal nido.

D’altro canto, nulla di tutto ciò è ancora davvero imminente. Dovrà passare un mesetto prima della seconda dose, più altre due settimane per essere sicuro dell’immunizzazione, e comunque ormai l’estate me la passo qui con il condizionatore piuttosto che tornare all’afa triestina. Il “dopo” non è imminente – non del tutto, per lo meno. Per cui penso che calmerò i nervi stampando e compilando moduli e contromoduli, che è l’unica cosa su cui in questo momento ho controllo, e cercherò di spegnere il cervello per i prossimi due giorni e mezzo. Un demone alla volta: prima la prima dose, poi la seconda, poi la mia vita da immunizzato in un mondo sempre più post-covid.

Friday, 4 June 2021

Vaccinando

E niente, da oggi sono effettivamente vaccinando. Sono aperte le prenotazioni qui in Sardegna e sono riuscito a districarmi per il vaccino. Il pomeriggio del dieci giugno dovrei ricevere la prima dose di… boh, da noi non lasciano scegliere perché siamo una regione pezzente, ma avrò la prima dose.
In teoria se ne parlava già da ieri, tant’è che ho ripetutamente tentato di accedere al sito e compilare tutto, solo per trovarmi ogni volta il messaggio che non rientravo in una fascia avente diritto. Ieri sera ho anche provato tramite l’ATM delle poste ma né io, né una ragazza trentaquattrenne che era lì a smanettare allo sportello siamo riusciti a cavarne un ragno dal buco. Oggi a pranzo è passato il postino (che suona sempre due volte da noi perché la Mater è l’unica che gli apre senza insultarlo) e ho tentato tramite lui, ma mi ha confermato che il sistema non era ancora stato aggiornato e lo sarebbe stato verso le sei del pomeriggio.
Poi in realtà la Mater è riuscita a infilare i miei dati poco dopo pranzo, ma non mi è arrivata nessuna conferma. Così, dopo un po’ di incertezza e scambio di idee con un conoscente su Instagram, ho riprovato non appena Beatrice mi ha detto di esserci riuscita (alle sei meno un quarto) e ta-dah, data fissata.

È da quando ho cliccato e ricevuto la conferma via SMS che continuo a zompettare su e giù per casa. Ho addirittura chiamato Katia perché avevo bisogno di parlarne un po’ e sono riuscito a calmarmi solo allora. Credo sia la prospettiva di smettere di essere un potenziale pericolo per me stesso e per gli altri ogni volta che esco di casa a essere così entusiasmante. Del resto, da quando la Mater ha ricevuto la prima dose ho iniziato ad provare un po’ di sollievo, misto sempre all’impazienza per quando riceverà la seconda dose e trascorreranno le due settimane di precauzione perché l’immunizzazione sia completa, così non dovrò preoccuparmi più per lei (e magari non dovrò nemmeno più temere scenate come quella dello scorso aprile). Anche se tutto il corollario continuerà a essere un casino, sapere che le probabilità di ammalarsi, specie in maniera grave, sono notevolmente ridotte è una grande consolazione.

In tutto ciò, non mi sfugge l’ironia del fatto che avrò la prima dose il giorno dopo che la Mater avrà la sua seconda, né tanto che, di questo passo, sia io, sia lei, che è più giovane di lui di otto anni, saremo immunizzati prima di mio padre. La prima è una questione di disorganizzazione della regione quando si vaccinavano i più anziani, l’altra è lui che è… beh, Il Guasto. Per inciso, doveva tornare dalla Turchia in questi giorni ma non ho la minima idea di quando, precisamente, se lo stato dei trasporti pubblici gli permetta di farlo, o se abbia intenzione di vaccinarsi o meno una volta qui.
Beh, sono problemi suoi. Uno dei motivi per cui avevo vissuto il suo viaggio e la sua testardaggine come un insulto personale era proprio che lui fosse uno di quelli a cui stavano offrendo il vaccino e le sicurezze che comporta su un piatto d’argento e li avesse rifiutati così, mentre io avrei dovuto aspettare chissà quanto. Ora che sono ufficialmente vaccinando, lui può fare quel che vuole.

Thursday, 6 May 2021

Idraulicidio

Odio le cose fatte all’ultimo minuto. A parte il tempo materiale per organizzarsi e farle nel concreto, gradisco avere anche quello per prepararmi psicologicamente ad affrontarle. Quindi il fatto che il termoidraulico sia passato direttamente stamattina alle nove e mezza per informarci che sarebbe venuto col fratello a trapanare i muri per installare le condutture del gas oggi stesso alle due del pomeriggio mi ha un filino mandato in bestia.
 
Per contesto, in Merilend non c’è mai stata una rete centrale del gas e tutt’oggi, nell’anno del Signore 2021, campiamo ancora con le bombole. Molti palazzi, come il mio, non hanno nessuna forma di riscaldamento, né centralizzato né dei singoli appartamenti. Dato che finalmente dovrebbero portare la fornitura, abbiamo deciso che anche basta patire il freddo o rischiare di trovarci con la bombola vuota rigorosamente nel week end o durante le feste: contattata, la società di erogazione per mettere in moto l’iter di allaccio ci ha poi consigliato una ditta termoidraulica che si occupi dell’installazione dell’impianto nell’appartamento, e noi abbiamo dato loro retta.
Ebbene, la “ditta” termoidraulica, con sede a Milano “dove questi lavori sono comuni, quindi sanno quello che fanno”, qui da noi è rappresentata dall’anziano (teoricamente pensionato) padre del titolare, età compresa tra quelle della Mater e del Procreatore, e da tre altrettanto vetusti parenti / amici di merende / salcazzo chi. Anziano padre che, per l’appunto, è piombato dal nulla e ha unilateralmente deciso che oggi iniziava i lavori, incurante del fatto che ieri la Mater si sia fatta la prima dose di Moderna e oggi stia una pezza (“Signora mia, anch’io ho fatto la prima dose ieri, ma ho preso un’aspirina e sono venuto lo stesso”, ma chi te l’ha chiesto, prenditelo, un giorno di malattia!).
E quindi, sveglia inaspettata sul presto per me, che ovviamente mi sono dovuto sobbarcare l’intera operazione di svuotamento delle tre stanze in cui passerà il tubo, ovvero la cucina, proprio sopra i pensili, lo sgabuzzino, che è praticamente la tasca multidimensionale di Doraemon, e, wait for it, camera mia! Il che significa che ho dovuto svuotare l’armadio affinché fosse abbastanza leggero da spostarlo, e avrò per un paio di giorni il mio spazio personale violato e sottosopra, col letto in mezzo (perché l’angolo su cui trapanano è proprio quello), la polvere e quant’altro. Ora, questo aveva decisamente bisogno di preparazione psicologica da parte mia.
Per non parlare, appunto, del fatto che, con un briciolo di preavviso, avremmo svuotato le aree interessate con calma in due, tre, anche quattro pomeriggi invece che fare la maratona.

Al momento, comunque, sono appollaiato in un salotto stracolmo di cianfrusaglie, con la Mater che, ripresasi almeno un po’ dai sintomi vaccinali, si è messa furiosamente a pulire la muffa che abbiamo scoperto sul retro dei pensili (nuovi!), e cerco con tutte le forze di non compiere un idraulicidio perché decisamente avevo altri piani per oggi, cosa che non sarebbe successa se quel benedetto signore si fosse degnato di mettersi d’accordo con noi!
Maremma impestata.
Adesso non mi resta che aspettare che levino le tende per dedicarmi a una pulizia a fondo e rilavaggio dei pavimenti, ché, francamente, col cavolo che lascio che se ne occupi la Mater col braccio dolorante. Speriamo solo che non si aggiunga anche il sangue del termoidraulico: si impasterebbe con polvere e calcinacci, e sarebbe un incubo da lavare via.

Saturday, 24 April 2021

Bambini grandi

Non so cosa sia stato. Forse la lentezza con cui ho abbassato entrambe le posate. Forse il lampo omicida che mi ha attraversato lo sguardo. Forse la combinazione tra lampo omicida e oggetti acuminati in mano. Il fatto sta che la Mater ha sùbito fatto marcia indietro sulla richiesta che io comunicassi al Guasto delle spese per l’installazione del gas e del riscaldamento in casa e gli chiedessi i documenti necessari per richiedere le agevolazioni di stato, e si è proposta di farlo lei stessa.
Di nuovo, dopo le ultime settimane ho seri dubbi che abbia la sensibilità necessaria per rendersi conto di quanto vicino io sia al punto di rottura e che dover mediare tra lei e il suo ex non avrebbe aiutato, quindi devo davvero aver fatto un’espressione tale da farle tornare in mente i discorsi su quanto mi sia rotto le scatole di far loro da cuscinetto. O forse, dopo che l’ultima volta non le ho fatto sconti sulla mia rabbia per come finisce sempre per tirarmi in mezzo e lasciare a me le conseguenze, ha pensato che fosse il caso di risparmiarsi il mio muso lungo (“Osi usare i miei incantesimi contro di me, Potter?”).

Comunque, dopo i convenevoli e una breve introduzione in cui gli dicevo che bisognava parlare della casa e gli passavo la Mater, ho assistito alla scena surreale di sentirli parlare tra di loro con toni civili e in maniera costruttiva. Due bambini grandi che non hanno più bisogno della baby sitter! Francamente non ricordo proprio quando fosse stata l’ultima volta in cui avevano parlato direttamente: mi viene in mente quando siamo andati tutti assieme a comprare il condizionatore per camera mia, ed era un paio d’anni prima che mi trasferissi a Trieste! C’è perfino stata una vaga cordialità nel chiedersi come stessero, di questi tempi, e alla fine si sono accordati su tutto e lui ha accettato senza trascinare i piedi di fare la sua parte.
Naturalmente la Mater non si è lasciata sfuggire l’occasione di trollarlo un po’. Con l’espressione e il tono di voce della gatta che sta per saltare sul bancone della cucina a rubare la fettina lasciata a scongelare, lo ha informato di essersi prenotata il vaccino, gli ha ricordato che hanno aperto uno hub in Paese, gli ha dato tutte le istruzioni su come fare anche una volta tornato e dopo aver saltato la chiamata del suo anno, e ha chiesto con finta innocenza come stesse andando in Turchia ora che hanno chiuso tutti i voli perché la situazione è fuori controllo. Il tutto ignorando bellamente me che le gesticolavo di starsene zitta e chiudere la chiamata finché eravamo in vantaggio e avevamo ottenuto ciò che volevamo, prima che lui cambiasse idea.
La cosa esilarante, però, è stata notare che il Guasto ha ancora palesemente timòre della sua ex moglie perché, lungi dalle filippiche che gli ho permesso di fare il mese scorso, i suoi tentativi di controbattere sono stati molto affannosi, brevi e decisamente patetici, e lei se li è gustati con malcelata soddisfazione fino a rosicchiare l’osso come faccio io con le alette di pollo speziate dei Mastri d’Arme.

Nonostante ciò, la telefonata si è conclusa in positivo e ci siamo portati a casa la vittoria. Non solo, i miei genitori si sono comportati – lo ribadisco! – da bambini grandi capaci di dialogare direttamente senza bisogno che io faccia da intermediario.
Capisco il rifiuto categorico della Mater di dargli i suoi contatti visti alcuni incidenti immediatamente post-divorzio quando al vecchio numero arrivavano telefonate oscene, ma d’ora in poi sarò ben disposto a ospitare le chiamate, non di più. Per cortesia, signori, il contenuto sbrigatevelo da soli senza la baby sitter. Siete adulti e vacc– ok, questa è un po’ fuori luogo, ma il succo l’avete capito, no?

Friday, 23 April 2021

Yeah, right

È molto, molto difficile gestire un disturbo mentale quando le persone che ci sono più vicine sabotano costantemente ogni sforzo. Case in point, la Mater che nell’ultima settimana e mezza ha trovato qualsiasi scusa, dalla più stupida alla vagamente credibile, per sbattermi fuori di casa almeno dieci minuti ogni singolo giorno.
La cosa interessante è che, ogni volta che qualche suo amico o amica si ammala di qualcosa, lei è in prima linea a leggersi una pubblicazione scientifica dopo l’altra per capire di cosa si tratta, come è meglio muoversi, che suggerimenti può dare, in che modo può essere d’aiuto (e non parlo di Dr. Google laureato all’Università della Vita, eh, proprio pubblicazioni serie). Chiaramente, questo disturbo non se l’è preso con le mie, di condizioni, perché magari avrebbe quantomeno imparato che un attacco d’ansia ha sintomi fisici e oggettivamente misurabili. Poi si chiede perché sono mesi che mangio tra un conato e l’altro a causa dello stomaco perennemente teso.

A me non importa che questa zona rossa sia all’acqua di rose. Non m’importa che tutti siano in giro e nessuno controlli, né che io e la Mater siamo cauti e non andiamo in mezzo alla gente. Io so che, a uscire per futili motivi, anche solo sotto casa, anche solo brevemente, sto facendo una cosa sbagliata. Sto correndo un rischio inutile sia di ammalarmi, sia di beccarmi una multa e che, se anche davanti alle autorità dovessi cavarmela, lo farei mentendo. Non sto andando da Mauri’s a comprare una bacinella, non sto andando dal fruttivendolo, non sto andando da Saponi & Profumi, sto assecondando mia madre che vuole uscire. E questo mi fa stare male.
Ma la Mater no, la Mater al massimo ci ride sopra. Ahah, l’altro giorno abbiamo incontrato una pattuglia che ci ha superati e ha svoltato nella via dove stavamo per svoltare noi; io l’ho pregata di tornare indietro e prendere la parallela, ma no, lei ha continuato a sfilare trionfante lì, tanto quelli erano impegnati con un ragazzino che aveva fatto non so cosa con qualche bicicletta. E poi ci ha riso sopra con un’amica, che io ero fuori di me dall’ansia perché non mi ha nemmeno fatto la cortesia di cambiare leggermente percorso per evitarmene una fonte diretta e concreta.
Che poi, perché le do corda? Perché francamente ho i nervi troppo a pezzi per sopportare i suoi musi lunghi e la sua passivo-aggressività: almeno con l’ansia so cosa trovo e so che è tutta nella mia testa, mi sono detto. Però il risultato è che quando devo uscire per motivi seri, tipo andare a fare la spesa, non ho più le forze fisiche e mentali per sostenere la situazione e ta-dah, meltdown!
 
Oggi le avrei torto il collo. Andiamo sempre entrambi perché lei entra in negozio a prendere la roba e io poi porto il carrello a casa. Già ha il vizio di fermarsi ogni tre metri perché mai si dica che, già che è fuori di casa, non ne approfitti per aprire Pokémon Go. Già ha il vizio di farlo soprattutto nei punti dove passa più gente, quelli che io cerco di superare il più velocemente possibile per sentirmi almeno un briciolo più al sicuro. Non solo, oggi ha anche minacciato di attaccare briga. Eravamo in un punto affollato, da entrambe le parti stavano arrivando persone senza mascherina (cosa che mi triggera un misto d’ansia e incazzatura), non potevo attraversare la strada a meno di mollare la spesa lì perché era il viale a due corsie con l’aiuola nel mezzo che non avrei potuto superare col carrello, e mi sentivo in trappola. E lei che fa “Adesso gli dico di mettersi la mascherina, a quelli!”. Cioè, in quella situazione mi mancava solo dover fare da babysitter a lei perché non si mettesse a litigare e urlare per strada.
A quel punto, semplicemente l’ho mollata lì. L’ansia che mi ha fatto accumulare non-stop per due settimane ha raggiunto il punto di rottura e si è trasformata in vero e proprio attacco di panico. Sono tornato indietro, ho svoltato l’angolo e ho fatto il giro dell’isolato pur di evitare tutto quello stress, il tutto cercando senza successo di respirare normalmente. Che facesse il cazzo che le pareva, lei: ne avevo fin sopra i capelli per occuparmi pure di lei. Ho marciato verso casa a un passo talmente veloce che, nonostante io avessi il carrello, lei non riusciva a starmi dietro, e quando gliel’ho mollato per portare entrambi gli account di Pokémon a prendere due missioni rare vicino a casa – una scusa per camminare un altro po’ e sfogare l’ansia – mi ha anche detto che ero “odioso” a comportarmi così.
Pardon me, bitch?
Comunque, la cosa si è risolta con me che, una volta solo, mi sono sfogato mandando due audio in cui, a forza di ringhi e grida, raccontavo a Katia quello che era successo, poi sono tornato a casa e ho sfogato il picco di adrenalina passando l’aspirapolvere in tutta casa in meno di un quarto d’ora. Poi mi sono sdraiato sul letto, sono crollato esanime e ho dormito per un’oretta e mezza fino a cena.

E niente. Come canta Pescy, “I’m reaching a new level of not giving a fuck”: da oggi in poi non m’importa se mette il muso e fa la stizzosa, non ho più intenzione di uscire di casa se non per la spesa finché siamo in zona rossa. Perché nulla, nulla è peggio di come sono stato oggi pomeriggio. Che si arrangi se vuole cercarsi scuse per passeggiare e si sente sola. Sa benissimo che la mia salute mentale è precaria sotto le migliori condizioni, sa che la pandemia non aiuta minimamente, e nonostante ciò non si mette il minimo problema a riguardo. Non solo se ne frega completamente di evitarmi fonti di ansia, ma è prontissima anche a crearmele lei. E allora no, cara mia, non ci sto più. Visto che chiarmente sono l’unico a cui interessa del mio benessere psicologico, mi concentrerò solo su quello.

Tuesday, 13 April 2021

Turchia portami via

Stupido io che ogni tanto ci riprovo.
Qualche giorno fa ho di nuovo sentito il Guasto, e inizio a pensare che questa faccenda di andare via in Turchia in piena pandemia sia più una scusa per non dire nuovamente che il vaccino mamma mia.
A sentire lui, lì va tutto bene. È tutto sicuro, non c’è nessun rischio, la gente è cauta ma la vita procede normale e il virus non c’è; giusto oggi, Breaking Italy ha pubblicato un paio di statistiche sulla Turchia, che è il Paese in orbita europea col più alto indice di contagi, tanto che perfino la Russia ha chiuso tutti i voli per non peggiorare ulteriormente la propria situazione. Cioè, stando alle grafiche presentate dal buon Shy, la situazione è questa:



Solo ieri, i nuovi casi positivi in Turschia sono stati più dell’intera popolazione di Alghero: c’è posto per altre tre o quattro volte il paesino del Guasto.



Qui invece la curva dei contagi per milione di abitanti paragonata a quella della Germania. Sta andando decisamente tutto bene, ve’?
 
E no, stavolta non è perché si beve la propaganda di regime dell’ennesimo dittatore per partito preso: anzi, Erdocoso non ci sta affatto simpatico perché sta bombardando il confine del BFF del Guasto, ché ci sono i Curdi – e guai a toccare la Siria e al Guasto, non ci vede più.
No no, a ‘sto giro il regime non ci piace, quindi la scelta di credere al fatto che non ci sia il virus in Turchia ha a che fare col complotto del virus in sé. È un modo per convincere se stesso che non ci sia da preoccuparsi e che possa continuare a giocare al complottista che ha capito tutto.
Per contro, l’idea che, quando tornerà, “ne parleremo” e “vedremo” quando e se si vaccina è solo l’ennesima bugia che quell’uomo mi ha detto da che mi ha messo al mondo.
Io onestamente inizio a essere esasperato. Non so nemmeno perché mi stia a preoccupare per lui.

Sunday, 21 March 2021

Genitore uno e gen– I can’t even

Io… io non ce la faccio. I can’t. Davvero. I can’t even.

La filippica antivaccinista c’è stata, a colpi di “Adesso sperimenteranno sui bambini – capisci?! Vogliono usare i bambini come cavie!”, ma non è stata il piatto forte della telefonata. Il vero motivo per cui il Guasto voleva parlare con me più a lungo, con più calma e con una linea più stabile dell’internet mobile turco a bordo di un pullman era per chiedermi di raggiungerlo lì in Turchia perché vuole presentarmi un paio di ragazze.
Che di nuovo, pover’uomo, non è colpa sua, sono io che non ho le forze di affrontare la battaglia che sarebbe un coming out con lui e il resto della sua famigliola bacata (ho un cugino che è finito sui giornali per le sue esternazioni omotransfobiche, btw). E capisco che magari spera semplicemente di infilarmi a lavorare lì e sistemarmi così, ché l’età avanza e avrà paura di lasciarsi dietro un figlio che è un casino. Ma che visione distorta di me e/o del mondo deve avere se pensa che la Turchia possa offrirmi un futuro e una qualità della vita soddisfacenti?
Fra l’altro, anche tralasciando le differenze culturali che renderebbero il mio benessere psicologico in Turchia alquanto improbabile, mi urta che non mostri il minimo riguardo nemmeno per la mia salute fisica nel breve termine. Cioè, per andare lì dovrei fare almeno due scali, più tutti i trasporti pubblici di terra, con possibilità di contagio che, tampone o non tampone, si moltiplicano. E una volta lì, “Al massimo te ne stai in casa”, grazie tante, con lui che a quanto pare fa il pendolare in pullman e rischia di portarmi il virus.
Ma è scemo? È demenza senile? Semplicemente non si rende più conto di come si faccia a stare al mondo?

Alla fine, ho deragliato il discorso e chiuso la chiamata chiedendogli di mandarmi le foto di queste fantomatiche ragazze e di farmi un video in cui mi mostra il suo appartamento. Questo l’ha messo di buonumore perché ho finto di interessarmi alla sua vita lì e anche per quest’anno ce la siamo scansata.
Se non altro la costernazione comune mi ha fatto passare l’arrabbiatura con la Mater: perfino lei ha ammesso che, dei due, quello più sfortunato sono io, perché da un marito si può sempre divorziare, da un padre no.

Genitore uno e genitore due

Sorpresa sorpresa: la chiamata col Guasto, che ho fatto come seconda cosa appena sveglio (dopo aver pranzato) e ho tentato di buttare su un blando: “Auguri! Qui fa un freddo bestia, lì?”, si è conclusa con: “Adesso sono sul pullman, sto tornando a casa. Ci sentiamo fra un paio d'ore e parliamo”.
Così a naso, ha sentito la Ziaccia, quella gli ha detto che sono preoccupato, e adesso mi toccherà sorbirmi un'altra tirata no-vax alla quale dovrò annuire e sorridere come un ebete nel tentativo di evitare un'escalation.
Ribadisco: certo che la Mater poteva anche farseli, gli affari suoi.

Oh, e a proposito: lei adesso mi sta girando intorno stile squalo alla disperata ricerca di un “Ma no, dai, non è colpa tua”, un “Non sono arrabbiato”, o un “Come potevi sapere che sarebbe finita così?” che francamente mi rifiuto di darle. Gliel'ho detto in faccia: sa benissimo com'è fatto il suo signor ex, che anche se parti con le migliori intenzioni lui riesce comunque a mandare tutto in vacca, quindi poteva benissimo evitare di esasperarmi dicendomi di avvisarlo fino a farmi cedere pur di farla stare zitta. Perché tanto mica è lei, che deve averci a che fare, no! Sono sempre io! Allora, o smette di lanciarmi addosso al suo ex quando non ha assoluta necessità di comunicargli qualcosa, o si assume le sue responsabilità e sbroglia lei i casini che crea. Se ha tanto a cuore che quello lì non crepi di covid, che gli telefoni e ci parli.
 
Personalmente, sono stufo di trovarmi sempre in mezzo a due persone che non dovrebbero avere più nulla a che fare l'uno con l'altra. L'unica decisione sensata che abbiano mai preso è stata quella di divorziare, perché averci a che fare in combo sarebbe decisamente al di sopra delle mie capacità.

Friday, 19 March 2021

Il Guasto

Secondo un detto russo dell’epoca pre-cellulari, “Gli uomini sono come i telefoni pubblici: o occupati, o guasti”. Quando un’amica della Mater litigava con suo marito, prendeva ispirazione da questo detto ed esordiva le chiamate strillando: “Tutti guasti!”. Da lì, il passo successivo è che il soprannome coniato per il Procreatore dalla Mater e la sua amica è “Il Guasto”. Proprio per antonomasia. E considerando i numeri che ha tirato per tutti gli anni della separazione e del divorzio, era pienamente meritato.
D’altro canto, se non fosse stato guasto, la Mater non avrebbe divorziato da lui, giusto?
 
Ed è proprio la Mater, che i cavoli suoi non se li sa fare, ad avermi infilato nell’ennesima brutta situazione. Stavolta non perché ho dovuto fare da cuscinettro tra loro, ma perché ha letto la notizia che il paese del Guasto aveva pubblicato il calendario per le vaccinazioni degli anziani e mi ha suggerito di approfittare della telefonata d’obbligo per la festa del papà e avvisarlo, così da permettergli di tornare in tempo per fare tutto.
“Grande errore. Grande. Enorme.”

Gif obbligatoria perché l’amore per Giulia Roberts è l’unica cosa che io e il Guasto abbiano in comune.

Se la sua partenza per l’estero coi tempi che corrono me ne aveva dato il sospetto, la lunga filippica antivaccinista che ha attaccato me l’ha confermato: è del tutto partito di capoccia sulla faccenda del covid. E lo è, fra l’altro, a correnti alternate: il momento prima il virus è tutta una montatura e nei vaccini c’è soluzione fisiologica, quello dopo i vaccini sono pieni di veleno che non funziona contro la malattia ma causa la morte nel sessanta percento dei casi.
Ora, avendo due genitori anziani ho imparato da tempo che non vale la pena di sprecare energie nel far cambiar loro idea, specie lui, che è molto ignorante. Ma alcune delle sparate che ha fatto erano talmente oltraggiose che non ce l’ho fatta, a trattenermi, e ho tentato discretamente di controbattere, solo per sentirmi rimandare a video pubblicati su “Faccebùc” da luminari di cui “i giornali non parlano”. Cioè, davvero, uno ad uno tutti gli argomenti del complottista medio, sono sconvolto.
Così, quella che doveva essere una rapida telefonata di finti auguri è diventata un’incubo che non finiva mai e che ha confermato che non importa quanto basse siano le mie aspettative, lui riuscirà sempre a deludermi.

Riattaccato il telefono, il male di vivere e lo spirito autolesionista erano tali che ho di nuovo dato ascolto alla Mater e ho chiamato la Ziaccia per avvisare lei sulle date. Trovandola inaspettatamente cooperativa, ho dato sfogo alla mia frustrazione circa il suo signor fratello (mascherandola da preoccupazione) e ho scoperto di sfondare una porta aperta, con lei esasperata da mesi per le sue sparate antiscientifiche, assolutamente contraria al viaggio in Turchia, rassegnata perché, giustamente, “Ma cosa potevo fare, legarlo al letto?”, e alquanto seccata dalle serate brave di lui a bere vino fatto in casa in cantina con gli amici e rigorosamente senza mascherina. Se non altro, comunque, non sapeva che fossero uscite le date e mi ha ringraziato tanto per averla avvisata perché non vede l’ora di vaccinarsi: magari con questo stunt mi sono guadagnato un po’ di punti testamento.

E niente, al momento sono ancora frastornato. Dalla stupidità del Guasto, dal fatto che perfino la Ziaccia, campionessa di scemenze catto-integraliste, stia dimostrando più buonsenso di lui, dall’aver trovato comprensione in un membro di quella famiglia. Per quanto sia contorto, sentirmi dire dalla Ziaccia che capisce la mia preoccupazione e frustrazione mi è stato in qualche modo di conforto: se persino lei è d’accordo, quello sbagliato è davvero lui. Non che cercassi più alcuna validazione in quella famiglia, dopo che non ricordo chi di loro aveva detto (con ironia involontaria, vista la valenza che la parola ha assunto per me): “Ormai è guasto anche lui, che se lo tenga” di me e della Mater dopo che tutte le battaglie legali erano fallite. Ma perché non godersi quel breve momento in cui non sono io quello sbagliato? Tanto durerà poco, perché so già cosa succederà.
Eh già, perché quel che è peggio è che non posso nemmeno dirmi: “Vabbè, tanto la festa del papà capita una sola volta l’anno, sono a posto per altri trecentosessantacinque giorni”. No, perché il compleanno del Guasto cade fra due giorni, quindi dovrò sentirlo di nuovo a breve. E sicuramente per allora avrà sentito la Ziaccia, che gli avrà riferito delle mie preoccupazioni, caricandolo a molla per una filippica antivaccinista.
Potevo farmeli, gli affari miei, no?

Sunday, 31 January 2021

Pandemia e serietà

“Sai, stavo pensando…”, faccio io a cena, guardando il calendario.
“Sì?”, risponde la Mater.
“Oggi è domenica 31 gennaio. Praticamente è febbraio…”
Lei sogghigna: “Non è che, già che ci sei, rimani fino al mio compleanno?”
Ci guardiano e scoppiamo a ridere.

Questo del compleanno è un nostro inside joke: è proprio “rimanendo fino al compleanno di mamma” (ufficiosamente aspettando di vedere come si evolveva la situazione quando i primi casi sono arrivati in Nord Italia) che sono finito a stare ormai oltre un anno qui da lei invece che su da me, e francamente non è che me ne lamenti.
La battuta è poi diventata che, già che c’ero, potevo rimanere fino al mio compleanno a maggio, e infine che sono rimasto fino al compleanno dell’anno dopo. E non è nemmeno l’unico inside joke che abbiamo circa la pandemia – il più eclatante, quando si starnutisce invece che “salute“ ormai diciamo “Non ce n’è coviddi”. È quel meccanismo di difesa psicologico per cui si cerca di ridimensionare una situazione in qualcosa di risibile per non impazzire. Ma pur ridendoci sopra, prendiamo entrambi molto seriamente le norme di contenimento: usciamo il meno possibile, indossiamo sempre la mascherina (sopra il naso!), non viaggiamo, rispettiamo le norme igieniche (se già odiavo avere le mani sporche, ora provo un malessere fisico a non lavarmele dopo essere rincasato), non votiamo Renzi… facciamo la nostra parte per non finire ammalati e non aggravare ulteriormente la situazione collettiva.

In compenso, poco dopo lo scambio di cui sopra mi ha chiamato il Procreatore. “Ciao, Ale, sto andando in Turchia: non è che vuoi venire?”
E niente, fa già ridere così.
In sostanza, l’azienda per cui lavorava (e per conto della quale ha continuato a fare consulenze internazionali) sta aprendo una filiale da qualche parte lì e serviva che andasse un mio cugino addestrato dal Procreatore; il quale cugino ha subìto un intervento, così il proprietario, pur di non ritardare i lavori, ha deciso di andare lì trascinandosi dietro, in piena pandemia, un ottantenne con già problemi pregressi di sinusiti e malattie respiratorie.
Mi chiedo cosa direbbero i suoi Compagni dell’allora PCI, a sapere che ha messo a rischio la sua salute al servizio del capitalismo per beneficiare il padrone.
Per inciso, i due signori sono stati fermati all’imbarco dell’aereo per la Turchia, visto che sono partiti senza test sierologico, e si sono trovati costretti a prendere un albergo a Roma in attesa dei risultati di quello che hanno fatto lì sul posto. Complimenti, ulteriori occasioni di contagio. Che poi, il Procreatore è vecchio e tonto, posso capire, ma il padrone? Non si è informato sui documenti necessari per un viaggio internazionale, coi tempi che corrono? Non ce la posso fare.
Per non parlare del fatto che tempo qualche settimana e probabilmente l’avrebbero pure vaccinato, mannaggia a lui: che fretta c’era?

In tutto questo, nonostante le aspettative bassissime che ormai gli riservo sempre, il Procreatore mi ha deluso per l’ennesima volta. Vero, l’anno scorso a una certa ci siamo sentiti e ha iniziato a vomitare teorie del complotto sul 5G, i poteri forti e le cure nascoste, con me che, nella più totale disperazione, gli ho dato corda pur di chiudere la conversazione a suon di: “Sì, papà, ma è meglio non parlarne ora, sai… parliamone quando ci vediamo di persona senza telefoni, wink wink”. Ma qualche mese dopo, quando i casi hanno iniziato a diffondersi anche in Paese, aveva ricantato tutto e iniziato a prendere la situazione sul serio, e per un attimo ho sperato, ho sperato davvero che fosse rinsavito.
Poi a Natale ci siamo sentiti e mi ha detto che, quando fosse finita la zona rossa nazionale, ci saremmo visti “magari a pranzo in qualche ristorante”, ma ho ancora tentato di illudermi che fosse un tentativo goffo di organizzarsi per passare del tempo insieme, che per abitudine avesse pensato a un pranzo fuori. Invece no, evidentemente ha sempre continuato a non volersi rendere conto della gravità della situazione e non si meritava quel poco di credito che ero disposto a dargli.
Ecco, è questa la vera mancanza di serietà nell’affrontare una pandemia: non le battute, non gli scherzi, non le risate. È il viaggio non necessario di un uomo nella fascia più a rischio e con una storia di problemi respiratori. Andiamo bene.

Ps: quando mi sono rifiutato categoricamente di muovermi ora, lui ha parlato di “dopo la pandemia” in termini che mi hanno lasciato sottintendere un’idea di andare a vivere e lavorare lì. Nello Stato di Erdogan. Fra l’altro in Kurdistan, una zona che immagino essere assolutamente tranquilla e stabile. Ora, vero che, povero imbecille, era convinto che la Ciospa fosse la mia fidanzata e non sa di me, ma anche tralasciando il piccolo dettaglio che mi butterebbero giù da un tetto, pensa davvero che sarei disposto a rinunciare anche solo all’accesso a Internet e Netflix? Bitch, please.

Thursday, 31 December 2020

Unpopular opinion

Il 2020 non è stato il mio anno peggiore a livello personale. Quel titolo spetta ancora di diritto al 2015, e sebbene il 2019 non sia sceso altrettanto in basso, poco ci è mancato.
Del resto, il 2015 è stato l’anno della Minus Habens, mentre il 2019 è stato l’anno post-Ciospa e in cui sono stato ad aspettare come uno scemo di firmare un contratto di lavoro vantaggiosissimo solo per poi ritrovarmi ghostato dal futuro capo (non sto esagerando, mi ha fatto letteralmente ghosting, non ha nemmeno avuto il coraggio di dirmi che non se ne faceva niente). 
 
Il 2020 invece, nonostante il delirio globale, è stato un anno estremamente privo di eventi per me, il che non è un male. Non posso dire di stare bene: il mio stato mentale è più precario che mai e francamente non vedo una via d’uscita, nemmeno sotto forma del tanto agognato vaccino. Non riesco a immaginare un mondo post-covid, in cui si torna a uscire liberamente, non si rispetta la distanza, non si attraversa la strada quando si vede qualcuno di fronte (onestamente, queste cose mi mancheranno). Una parte di me pensa che forse mi preoccupo per niente, che terminata del tutto l’emergenza ogni cosa tornerà alla normalità visto che molta gente ha continuato a comportarsi come nulla fosse; l’altra si domanda quanto profonde saranno le cicatrici di tutto questo casino nella nostra psiche collettiva.
Il punto, comunque, è che non riesco a immaginare come sarà la mia vita post-covid, quando non avrò più la scusa perfetta per tenere tutto quanto in stasi criogenica come ho fatto quest’anno.
C’è poi il fatto che in questo 2020 ho fatto un sacco di soul-searching, visto che non avevo molte voci esterne che annegassero la mia interiore che over-analizza ogni piccola cosa. Il problema è che, anche qui, non sento di aver fatto nessun progresso: ho avuto numerose epifanie ma non so che farne, né a chi rivolgermi per capirlo.

Forse è proprio questo che innesca la dissonanza cognitiva: a differenza del pozzo di disperazione che è stato il 2015, o della cantonata sui denti del 2019, il 2020 è riuscito a farmi sentire contemporaneamente protetto e accoccolato in un bozzolo e completamente perso, privo di direzione in mezzo alla nebbia. Per una volta, però, non mi sento in colpa per questa mancanza di direzione, perché tutti siamo spaesati in questo momento per qualcosa di molto più grande di noi. Egoisticamente, ho quasi paura di dover dire addio alla sensazione di non avere colpa. E forse è proprio così che ricorderò il 2020, come l’anno senza colpa.

In tutto ciò, comunque, quest’anno è stato inaspettatamente produttivo per quanto riguarda la fotografia. Naturalmente ho fatto quasi solo autoritratti e ho dovuto rimandare decine di progetti, ma le foto che ho fatto sono state tutte altamente concentrate e ho raggiunto livelli di sofisticazione che non mi sarei mai aspettato – del resto, avere a disposizione solo la luce naturale di casa e un muro monocolore significa doversi spremere le meningi per mantenere alta la creatività.
Per ovvi motivi, è anche stato l’anno in cui ho ascoltato più musica in assoluto, superando i 45.000 scrobble su last.fm, oltre 900 in più del 2013, il mio precedente record personale. Fra l’altro, tolti i primi anni in cui scrobblavo a macchia di leopardo o di cui ho dovuto cancellare ascolti taggati incorrettamente, gli anni in cui ho ascoltato meno musica sono stati, indovinate un po’, il 2015 e il 2019 – quest’ultimo in particolare perché mi aspettavo di dover cambiare radicalmente le mie abitudini di vita e non avere più tutto questo tempo da dedicare alla musica una volta che avessi iniziato a lavorare seriamente, quindi mi passava la voglia di ascoltarla mentre stavo lì, sospeso nel vuoto, ad aspettare. Musicalmente, questo è stato un anno ottimo e, naturalmente, domani pubblicherò la classifica annuale con tutti gli artisti che hanno tenuto insieme i cocci della mia psiche durante l’assurdità che è stato questo 2020.

E niente. Negli ultmi otto anni ho fatto un bilancio di fine anno solo nel 2018 perché l’offerta di lavoro mi aveva aperto una piccola speranza. A questo giro, l’ho fatto perché il 2020 è stato del tutto fuori dall’ordinario e non potevo ignorarlo. Se non altro, a questo giro non ho aspettative né speranze: solo l’orrore al pensiero che nel 2021 torneranno di moda gli orribili pantaloni a vita bassa che hanno piagato la mia adolescenza. Ma insomma, nemmeno quelli sono peggio di una pandemia globale… forse.

Friday, 18 December 2020

Suona la sveglia

Ho sognato di avere trentanove anni.
Non ricordo nient’altro, se non l’età che avevo, di essermene accorto all’improvviso ed essere entrato nel panico.
Non so se avessi sbagliato a contare, se avessi dormito per nove anni e mi fossi svegliato solo in quel momento, se la quarantena fosse durata tanto, se semplicemente il tempo fosse trascorso monotono e indistinguibile fino a quella data. Fatto sta che all’improvviso mi accorgevo di avere trentanove anni quando avrei dovuto averne meno. Ero sulla soglia dei quaranta e non solo la mia vita non aveva direzione alcuna, ma non avevo fatto nulla di rilevante in questo tempo, non avevo assaporato niente, non me l’ero goduta.
È stata una delle poche volte in cui svegliarmi è stato un sollievo.

Che poi, è un panico stupido: quest’idea che la vita termini poco dopo i trenta potevo avercela a vent’anni, ma ora molte persone che ammiro, compresa la mia migliore amica, sono intorno ai quaranta o li hanno superati. Certo, “un tempo per ogni cosa e per ogni cosa uno spazio”, se mi perdo qualcosa a un’età diventa un po’ sciocco sperare di recuperarla quando è passata, ma non è quello il punto. Forse il numero è stato arbitrario e il mio cervello ha semplicemente processato il fatto che ho trascorso un anno in letargo forzato dopo una buona mezza decade in letargo autoindotto.

A questo punto, presumo che dovrei scrivere qualcosa di positivo e ispirante, tipo che mi è suonata la sveglia ed è tempo di impegnarmi per non avere il timore o dubbio o rimpianto di non aver vissuto al massimo, ma sinceramente non me ne frega nulla e un po’ penso che sia troppo tardi. Otto anni troppo tardi. E comunque, non che il futuro offra queste grandi prospettive in generale, men che meno a me.
Al diavolo: la sveglia è fatta per essere ammazzata.

Tuesday, 15 December 2020

L’anno che mai fu

Alle ore 4:36 di questo stesso giorno, un anno fa, mi preparavo a fare il controllo sicurezza all’aeroporto di Bologna.
Dopo una notte insonne per i soliti problemi logistici, passavo i metal detector, ricomponevo la valigia che avevo sventrato, prendevo un tè di terz’ordine e mi appollaiavo su uno sgabello per approfittare del tavolino con presa elettrica e cazzeggiare ancora un po’ su social e app di dating prima dell’imbarco.
Di lì a poco sarei decollato, avrei fatto un sonnellino ristoratore in aereo, mi sarei svegliato con lo scossone dell’atterraggio e avrei rimesso piede in Sardegna per una vacanza “di qualche settimana” (lol!) dalla Mater.

Non avrei mai immaginato che, per la prima volta da dodici anni, avrei vissuto in Sardegna per un anno intero. Di più! – che per la prima volta dal 1999 avrei passato un anno intero qui, senza spostarmi da qualche altra parte nemmeno per un giorno.

A dirla tutta, però, più che altro prendo atto della stranezza ma non è una vera lamentela. Date le circostanze, stare qui o a Trieste non farebbe differenza all’atto pratico – e anzi, come ho scritto altre volte, sia abdicare parte delle responsabilità di adulto, sia accoccolarmi nel bozzolo che è la (semi) quarantena non sono prospettive particolarmente sgradevoli, né rappresentano un grosso cambiamente nel mio stile di vita. Ecco, mi mancano giusto Giulia e la Grande Shanghai, ma per il resto non ho una direzione di vita qui come non ce l’ho lì, quindi tanto vale. (Probabilmente parlo così perché alcune circostanze mi hanno comunque garantito un’inaspettata quantità di autonomia dalla Mater in cui posso farmi gli affari miei e ascoltare la musica senza essere interrotto, altrimenti sarei molto meno indifferente.)

Comunque sì: questo è, per molti versi, l’anno che mai fu. L’anno in cui non ho abitato a casa mia a Trieste, in cui non ho vissuto la parvenza di vita di che conducevo, in cui tutto è stato talmente bizzarro da farmi stare in un luogo da cui ho cercato di fuggire da che ho memoria. E per ora mi sta bene così: non riesco a immaginarmi un dopo, né valutare oggettivamente se il prima fosse poi meno peggio di ora.

Monday, 14 December 2020

Una frustrante passeggiata al sole

Oggi è la prima giornata di bel tempo da settimane a questa parte: fa tiepido, è soleggiato, non c’è vento, è estremamente gradevole. La Niantic ha deciso di organizzare l’ennesimo evento in Pokémon Go, così io e la Mater abbiamo pensato di fare un breve giro per raidare, metterci in palestra e portare avanti la missione speciale. Fra l’altro, nei giorni scorsi avevo un colossale brufolo sulla punta del naso, di quelli sottocutanei cattivissimi, che si gonfiano, fanno male ma non riescono a spurgare in nessuna maniera: l’ho dovuto trattare con una pomata sovietica dalla formula segreta (teorizzo sia a base di muffe radioattive dal sarcofago del reattore di Chernobyl) che l’ha fatto sgonfiare e maturare in tempi record, ma prima avevo l’intera punta del naso gonfia e rossa, proprio a mo’ di pagliaccio, e la mia autostima era sotto le scarpe. Il fatto che oggi per la prima volta mi sia visto anche senza alone rosso ha fatto miracoli per la mia autostima e mi ha convinto a uscire.
Non che facesse chissà che differenza, comunque: il naso non si vedeva perché quando esco indosso sempre la maschera.
IO.

Come passeggiata è molto frustrante perché ho constatato che, andando verso il Balaguer, più della metà delle persone non indossava la mascherina. Qualcuno la “indossava” sul mento, ma molta più gente non l’aveva proprio in faccia, nemmeno per far finta di tirarla su quando incrociano qualcuno.
Beh, ho deciso di lasciare la passivo-aggressività libera, commentando più volte ad alta voce alla Mater che, a quanto pare, il lockdown ce lo meritiamo davvero, o che quei coglioni sono gli stessi che poi si lagnano senza fine quando finiscono rinchiusi in casa. La Mater ci è andata ancora meno per il sottile: “Poi si ammalano, si aggravano, crepano e la famiglia fa causa all’ospedale per negligenza, quando se la sono semplicemente cercata”. Uno sportello sbattuto con forza alle nostre spalle ha annunciato che dopo il nostro passaggio la signora seduta sulla panchina con la madre anziana è andata in macchina a recuperare le mascherine e indossarle. Evidentemente, per quanto stizzita, si è resa conto che non avevamo tutti i torti.
 
La cosa mi ha urtato non poco. Ormai sono abituato a portare la mascherina e, per la maggior parte, quasi non ci faccio caso, ma ciò non significa che sia gradevole, facile o comodo; se posso farlo io, può farlo chiunque.
Fra l’altro, ricordate il sogno in cui avevo dimenticato la mascherina? È diventato il mio nuovo incubo ricorrente: sto andando da qualche parte, a metà strada mi accorgo di non averla, ma a quel punto è troppo tardi per tornare a casa a metterla, quindi non so che fare. Lo scenadio è di volta in volta sempre leggermente diverso, ma sono già sei o sette volte che ricordo di aver fatto qusto sogno.
E sì, probabilmente sentire la responsabilità di non peggiorare la situazione perfino in sogno è un po’ eccessivo, ma mi rende ancora più indigesta la gente che invece ignora la propria.
 
On a side note, oggi mi sono reso conto di quanto io non sia pronto al vaccino. Non sono pronto a sentire le lagne di chi vorrebbe che questa situazione finisse ma “nOn SaPpIaMo CoSa Ci MeTtOnO dEnTrO”, chi non vorrà farlo per puro spirito di contraddizione, per sentirsi il più furbo e intelligente di tutti perché ha scoperto il complotto, perché è più facile lagnarsi che impegnarsi a contribuire alla soluzione. Prevedo mesi di blast attivo ovunque, perché c’è un limite a quanto disprezzo si può provare prima che tracimi.

Friday, 20 November 2020

Supplemento al discorso sulla mascherina a rete

Inizialmente era nato come edit per aggiornare il precedente post in cui ne parlavo, ma dato che ci sono stati ulteriori sviluppi, ennesimo post su quanto fa schifo Laña del Rey, y'all. 
Andiamo con ordine.
 
Nell'edit del 3 ottobre, notavo come, a quanto pare, quella della mascherina a rete non fosse solo uno styling opinabile per lo shoot, visto che la nostra cara Laña l'ha indossata anche a un meet and greet con i fan.
Vero, il virus non sopravvive più di due-tre giorni sulla plastica, troppo poco per far ammalare Laña, quindi a lei che frega; ma a differenza sua, i fan non sono all'80% non biodegradabili, quindi perché metterli a rischio solo per fare la fashionista edgy?
Con buona pace della controargomentazione al mio rant precedente che le copertine delle riviste non sono indicative delle scelte stilistiche e di vita delle persone ritratte.
 
17 novembre: un mese e mezzo dopo, Laña si sveglia dal letargo e twitta con sufficienza in risposta a un articolo che ne parla, dicendo che la mascherina aveva dentro uno strato di plastica, cosa che gli stilisti fanno comunemente di questi tempi. Tralasciando le ovvie difficoltà logistiche di inspirare attraverso un foglio di cellophane, a me risulta che espirando la plastica si appanni, cosa che decisamente non accade nella foto. Che si immagini di avere plastica in quell'area sarebbe anche un erorre scusabile, considerando che è abituata ad averne a quintali nelle labbra, ma purtroppo quella non protegge i fan dal virus.
Ciliegina sulla torta, un fan le fa notare che ci ha messo un po' troppo, a rispondere alla controversia, e lei ribatte che è troppo impegnata a scrivere non uno ma ben due album e donare milioni in giro per la nazione. Roba che Laña, tesoro, in primo luogo tiratela di meno, in secondo senza offesa, ma nel tuo caso rispondere ai tweet è tempo meno sprecato che a scrivere quella porcheria che chiami musica.
 
19 novembre: Un fan pubblica una foto con lei. Indovinate chi dei due non indossa la mascherina.
Ci sono altri dubbi che siano solo sfortunate coincidenze e in realtà sia in buona fede e prenda la pandemia sul serio?

E niente. Ci sono momenti in cui quasi quasi inizio a pensare di avere torto. Di essere io quello che non capisce Laña, il suo inestimabile valore come cantautrice, la finezza e intelligenza del personaggio che si è creata, e lo splendore della persona che è a riflettori spenti. È difficile essere una delle poche persone che vedono solo una donna priva sia di talento sia di qualsiasi valore morale e personale mentre il resto della critica è abbagliata dalla sua luce sfavillante e dalla magnificenza della sua opera.
Poi magari è vero: magari in realtà è un colossale troll che ci sta prendendo tutti per il culo, e io che mi ci arrabbio sono altrettanto pollo di quelli che ci cascano con tutte le scarpe nel credere che sia un'artista di talento.
Del resto, qualche settimana fa ho interrotto bruscamente un cauto flirt (e ogni comunicazione) con un suo fan quando mi sono reso conto che, dopo tre giorni di discussione accesa, stava semplicemente tirando roba a caso per vedere cosa restava appiccicato e cosa no perché tanto “non sappiamo nulla, tutto è una contraddizione, niente è serio”: chiaramente, finiti gli argomenti è passato a trollarmi parafrasando la bio di Twitter di Laña.
Ecco, magari Laña del Rey e i suoi fan più accaniti sono come The Lady di Lori Del Santo, sulla cui vera natura le persone si interrogano tuttora: un autentico cassonetto in fiamme o una sottilissima e intelligentissima satira del mondo delle celebrità?
Nel dubbio, per me Laña resta quella maledetta stronza che ha lavato due gattini col bagnoschiuma.