Thursday 24 June 2021

Perdonami, Britney

Sono sempre stato troppo cool per Britney Spears.
Fossi stato una ragazza, da adolescente avrei avuto un caso terminale di not like the other girls, e questo ovviamente comprendeva il prendermi troppo sul serio per non ignorare completamente il mondo del pop e il suo gossip. Voglio dire, ascoltavo gli Evanescence, io! Poi grazie a loro ho scoperto i Within Temptation, da lì sono entrato nel tunnel del metal, e il massimo di musica “leggera” che mi concedevo erano i Delerium, di cui comunque preferivo album e canzoni più epici, corali e mistici, mentre non gradivo particolarmente il “troppo pop” Chimera.
Col mondo del pop ovviamente avevo dei riluttanti contatti – YouTube non c’era ancora, quindi dovevo passare i pomeriggi con MTV in sottofondo ai compiti (se e quando li facevo) in attesa che passassero gli Evanescence in mezzo a tutta quella “spazzatura”. Poi ok, avevo un debole per Kylie Minogue e Gwen Stefani, ma non lo davo a vedere, così come avevo messo da parte i CD di Alizée, Avril Lavigne o le Sugababes (anche se nel loro caso era stato il cambio di line up a farmi disinteressare).
Intorno al 2006, poi, il mio pool musicale “serio” si era ampliato con The Open Door e i Delain, poi sono arrivati i The Gathering, col risultato che nel 2007 vivevo largamente nella mia bolla, dove arrivavano a malapena echi lontane del meltdown di Britney Spears.

Con questo, però, non voglio dichiararmi innocente dell’aver contribuito al male collettivo che è stato fatto a Britney. Magari ancora non frequentavo assiduamente internet e non l’ho fatto pubblicamente, ma in privato ai tempi di Toxic le ho fatto tantissimo slutshaming, perché non concepivo che lei fosse famosa solo perché metteva i costumini succinti mentre le vere cantanti, quelle che hanno la voce e si scrivono le canzoni da sole, non lo erano. Chiaramente era tutta questione di sex appeal, che disdicevole! Anzi, lo dicevo pure in russo: “Бритни Спирс это блядь”. Va’ là, che campione della vera musica.
Col senno di poi me ne vergogno molto. Alla fine la mia era solo invidia perché i miei musicisti preferiti non avevano la visibilità e le possibilità di Britney – avrei fatto meglio a fare le mie cose e non pensare proprio a lei, se non mi piaceva.

Fra l’altro, erano gli Anni Duemila e io ero un adolescente: le guerre tra sottoculture erano una cosa reale. Ero “fuori di testa ma diverso da loro” quindici anni prima dei Måneskin, non potevo concepire che “il pop”, ovvero “il mainstream” potesse non essere “il nemico”. Nel 2007 rimasi shockato quando Amy Lee intervenne su EvThreads per condannare un videoclip che un fan aveva fatto montando immagini e video del meltdown di Britney su Everybody’s Fool, ed esprimere solidarietà e sostegno alla collega. Ma come, pensai, Amy era nella posizione di lanciare il “te l’avevo detto” più grande della storia, eppure si mostrava così compassionevole? Fu quello uno delle prime crepe che si aprirono nel mio estremismo musicale, se non ancora ad ascoltare le popstar quantomeno a riconoscere perfino quelle che non mi piacevano come, beh, esseri umani. Esseri umani che non se l’erano cercata, se i paparazzi davano loro la caccia.
Per inciso, Everybody’s Fool è una canzone che parla dello stardom in generale, di quanto distruttivo e ingannevole sia, ma è impossibile non farsi venire in mente un paio di nomi. Anche se l’intento non era di fare slutshaming ma, piuttosto, far capire alle sorelline minori di Amy che lo stardom pop non era genuino sotto tutto il glitter, mi chiedo cosa ne pensi Amy adesso.

In ogni caso, pian piano mi sono dato all’eclettismo musicale, ho imparato a riconoscere che anche nel pop c’è del buono e, col tempo, ho anche acquisito una certa dose di rispetto e simpatia per Britney. Non è una brava cantante, non è (più) chissà che ballerina, ma è pursempre un’icona. È innegabile l’impronta che, costruita a tavolino o no, in playback o no, per meriti non solo suoi o no, ha lasciato sul mondo del pop. E poi, come ebbi già modo di scrivere, apprezzo che non si prenda troppo sul serio e scherzi anche sulle proprie carenze artistiche. Ho persino sei sue canzoni – sei! – sull’iPod, pensate un po’ (paragonate al gran totale di una sola di Laña, ad esempio).
Ed è proprio per questo che, nel giorno in cui è emersa l’inequivocabile verità sullo stato in cui verte la sua vita da quando è sotto la custodia del padre, non posso non sentirmi in colpa per come anch’io ho partecipato al circo perverso che è risultato nel meltdown che l’ha relegata in questa situazione.
 
Certo, posso dirmi di non essere, se non altro, colpevole di aver consumato avidamente e, quindi, foraggiato tutti quei siti e giornali scandalistici che, per fare profitto sulla sua caduta, finivano inevitabilmente per peggiorare la situazione. Non ho cercato maniacalmente le notizie, non ho pagato direttamente né fornito click a quelle pubblicazioni perché, semplicemente, Britney Spears era un argomento troppo al di sotto di me. In un certo senso, la mia arroganza mi ha salvato dall’avere una coscienza ancora più sporca… ma è anche il motivo per cui, in quegli anni, non mi sono mai soffermato a considerare Britney un essere umano e provare empatia nei suoi confronti. Era la sgualdrina che rubava la scena ai miei musicisti, come si permetteva?
E sì, era ormai il 2014, erano passati sette anni, ma ricordo che avevo riso letteralmente fino alle lacrime giocando a 2048 edizione Neyde, in cui ogni nuova mattonella mostrava una Britney sempre più pazza. Giuro, non riuscivo a smettere di giocare né di ridere. Ed è stata una cosa molto crudele che ora rimpiango.

Per cui no, non voglio saltare sul carro del #FreeBritney facendo finta di non aver colpa. Oggettivamene, ne ho meno di molti altri e posso dire di non aver mai mangiato dalle mani di Perez Hilton e quella gentaglia. Ma le ho comunque dato immeritatamente della troia, ho riso di lei e, in generale, ho ignorato la sua umanità. Quando è scappata a Las Vegas per un matrimonio durato quarantott’ore, ho disapprovato la sua superficialità invece che chiedermi se ci fosse un motivo perché si comportava così. Quando l’hanno fatta a pezzi per quella performace sottotono agli MTV Video Music Awards, sapevo che era probabilmente sotto ansiolitici e antidepressivi, ma non ho detto nulla di quanto fosse ingiusto deriderla.
Non so se sia troppo tardi per dire che trovo orribile che sia stata prigioniera di una custodia del genere per tutti questi anni. Non so se sia ipocrita farlo ora, dopo aver fatto parte del rumore di fondo che l’ha fatta crollare, anche se solo nel mio privato. Non so se la vera ragione perché siamo tutti così interessati alle sue vicissitudini giudiziarie è perché speriamo che un lieto fine lavi la nostra coscienza collettiva del male che le abbiamo fatto allora, e che ha continuato a ricevere per tutti questi anni come diretta conseguenza.
In ogni caso, a prescindere da quelle che sono le mie opinioni sulla sua musica, mi dispiace che abbia sofferto, e mi vergogno per il contributo che ho dato. Perdonami, Britney, per non essermi fermato prima a riflettere sull’unica cosa che davvero contava:
Leave Britney alone.
She’s a human
.”

Tuesday 22 June 2021

Sbattezzo

Oggi ho scaricato e stampato il modulo per lo sbattezzo; domani andrò a spedire la raccomandata. Modulo e istruzioni si trovano comodamente su questa pagina del sito dell’UAAR, l’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti.
Non l’avevo fatto prima un po’ per pigrizia, un po’ per dimenticanza, un po’ perché non cancella né il fatto che io sia stato battezzato senza poter obiettare, né l’irrilevanza che questo battesimo ha poi avuto nella mia vita. Una parte di me lo riteneva un gesto superfluo, forse un po’ infantile, come bloccare qualcuno dopo che smetti di frequentarlo, o forse addirittura una resa, un mio riconoscere che questo battesimo mai cercato un qualche segno l’ha lasciato, sulla mia vita, se lo riconosco il tanto da volerlo “disfare”.
Ma se, arrivati al 2021, la Chiesa punta ancora i piedi e pretende di interferire con la vita istituzionale del mio Paese sventolando un concordato stretto quasi un secolo fa con letteralmente il governo fascista, la cosa smette di essere irrilevante. Richiedere lo sbattezzo non cambierà nulla nella mia vita quotidiana, non cambierà che in una chiesa (l’edificio) ci metto piede solo da appassionato di storia dell’arte, ma voglio prendere anche formalmente le distanze dalla Chiesa, rescindere ogni legame anche solo puramente ipotetico con un’istituzione che va contro ogni insegnamento della figura che finge di venerare.

A prescindere da quanti cavalli io abbia in questa corsa specifica, è inaccettabile che la Santa Sede anche solo pensi di potersi permettere di interferire nella legiferazione di uno Stato sovrano e laico. A maggior ragione quando si tratta di diritti umani.
Normalmente non faccio proselitismo, non ficco più il naso nella religiosità altrui, non ne giudico le scelte di vita, ma a questo giro devo dirlo: IO MI SBATTEZZO; FATELO ANCHE VOI. Se già non frequentate la chiesa, se già siete indifferenti, se già credete ma siete consapevoli che, dovesse anche esistere, Dio non è quest’entità maligna che perpetra l’oppressione, se già siete passati a qualche altra religione ma non avete ancora espletato questa formalità, scaricatevi il modulo, stampatelo, compilatelo e speditelo alla parrocchia di riferimento.
Non è una questione di fede o spiritualità – quelle, se le avete, non spariranno con un pezzo di carta. È una questione meramente politica: un’improvvisa ondata di richieste di sbattezzo sarebbe un segnale preciso che no, Santa Sede, il mio Paese non si tocca. Giù le mani. Ed è raro che mi salga il pattriotismo, ma a questo giro non posso fare altrimenti: il tempo e i soldi che spreco a spedire una raccomandata non sono nulla di fronte a vedere la mia dignità di cittadino laico di uno Stato laico calpestata così da un’istituzione che chiaramente ha dimenticato che ci sono certi limiti che non può più permettersi di oltrepassare.

Friday 18 June 2021

R.I.P. Geco

Not me che sto per piangere per il piccolo geco morto che ho appena trovato sotto il letto.
Stavo passando il mocio e ho visto quello che mi era sembrato uno strano batuffolo di polvere impigliato; invece era un piccolissimo geco stecchito, già praticamente mummificato, con le orbite vuote e tutte le ditina ragomitolate.
E niente, poveretto, mi ha fatto una tenerezza infinita. Stavo per mettermi a piangere ma fortunatamente è arrivata Katia (chi altro?) in mio soccorso con la cosa più wholesome e tenera che potesse scrivermi:
“Nuuu, non piangere! Magari è venuto a morire sotto il tuo lettino perché era la sua ora e sapeva di essere al sicuro. :* È venuto lì per portarti fortuna! Seppelliscilo, così torna alla terra :*”

E niente, da lì mi è venuto davvero l’occhietto lucido, ma per la commozione. Ho deciso che ha ragione: domani, quando ci sarà più luce, lo metterò su un foglio bianco e gli farò qualche foto professionale, in modo da poterlo poi includere in qualche lavoro. Insomma, in modo che non sia dimenticato ma resti qualche traccia di lui.

In tutto questo, per qualche motivo mi è tornato un bruttissimo episodio di un paio d’anni fa: era sera, stava diluviando fortissimo e, tornando di corsa a casa con la Mater, avevamo visto un gatto che era stato investito ed era rimasto in agonia sull’asfalto. Quella volta mi ero sentito tremendamente impotente, perché non c’era nulla, nulla che potessi fare: non potevo guarirlo, ovvio, ma nemmeno lenire le sue sofferenze; non potevo tenere l’ombrello o qualcosa di simile per ripararlo dalla pioggia (le macchine continuavano a passare), non potevo nemmeno rimanere lì con lui fino all’ultimo come avevo con Murka e non lasciarlo da solo, al freddo e bagnato nei suoi ultimi momenti. Non era giusto.
Forse è per questo che l’immagine che ha evocato Katia mi ha aiutato subito, perché ha ribaltato quelle circostanze: non è stato, che so, il geco che è rimasto impigliato lì ed è lentamente morto di fame senza che me ne accorgessi e potessi salvarlo. E sto anche cercando di convincermene razionalmente dicendo che, se così fosse stato, l’avrei notato, visto che di recente avevo spostato letto e materasso per fare le pulizie.
E quindi niente. Per ora il geco rimane qui, domani tornerà alla natura ma rimarrà nel regno della creatività. Un piccolo pianto me lo sono fatto, ma forse ne avevo bisogno per stare un po’ meglio in generale.
R.I.P. Geco. Spero che i tuoi ultimi momenti siano stati sereni.

Thursday 10 June 2021

Imminentemente vaccinando

Sono le 3:27 del mattino. Ho appena finito di assistere la Mater che, disidratata, ha avuto un fortissimo crampo alla gamba che non riusciva a farsi passare. Vi è soggetta, purtroppo, specie quando non beve abbastanza; stanotte ha bevuto come un cammello, ma la febbre da coronavirus (beh, da vaccino) le ha riarso tutto e conseguentemente massacrato la gamba.
Che insomma, escludendo il crampo in sé, febbre, brividi, spossatezza, malessere e arsura sono una buona notizia: significa che il vaccino sta funzionando e il corpo sta reagendo come deve. Alla prima dose se l’era cavata relativamente a buon mercato, adesso è la seconda a farla penare; anche questo è normale, in molti raccontano che una delle due è una mazzata, l’altra più gestibile – c’è solo da vedere quale sarà quale.
 
Ora, si potrebbe pensare che vivere tutto questo la notte prima di fare il mio, di vaccino, mi abbia scoraggiato, ma no. Anzi, al contrario: questo minuscolo assaggio di come sia stare accanto a qualcuno col coronavirus è stato abbastanza spaventoso e mi ha convinto ancora di più che sia il caso di fare il vaccino ASAP.
Certo, non è che sono entusiasta all’idea di pupparmi tutti i sintomi. La mia stupida mente animale cova inevitabilmente l’istinto che la certezza di avere i sintomi domani sia peggio della possibilità di scamparmi il contagio e non averli affatto. Ma ho anche la razionalità per prendere le mie decisioni sulla base, per quanto controintuitiva, che la certezza che questi sintomi siano controllati e notevolmente ridotti è molto meglio della possibilità di prendermi la malattia vera e propria. L’importante è esserne consapevoli e sapere che in certe situazioni bisogna lottare contro l’istinto di conservazione per conservarsi davvero.

Per inciso, non sono sicuro di che area di questo spettro ricopra la decisione di aver spuntato solo Pfizer e Moderna sul modulo del consenso alla vaccinazione. Forse in questo caso è la certezza di essermi davvero rotto le palle della gente: è un anno e tre mesi che cerco di ridurre al minimo le uscite, che seguo le regole, che indosso sempre la mascherina in pubblico, che non vedo i miei amici di Trieste, che le uscite che ho fatto in ristoranti o bar si contano sulle dita di una sola mano. Io i sacrifici li ho fatti, molti altri no: a questo punto, direi che i vaccini più sicuri me li sono meritati, che se lo puppino i bambocci assembrati in Piazza dei Mercati, AstraZeneca.
Ho sempre un po’ paura di ritrovarmi al livello dei no vax ogni volta che, in privato, esprimo scetticismo su AstraZeneneca – pardon, VaxZevria, ché il rebranding fa meno paura. Ma esistono studi preliminari che sembrano indicare che non sia solo isteria di massa e il problema delle trombosi sia effettivamente dovuto a un difetto di formulazione dei vaccini con adenovirus. Sì, certo, è tutto ancora in aria e si aspetta una peer review ma, visto che l’alternativa c’è, vivo molto meglio senza quell’una possibilità sul cavolo di milioni che volete di avere la botta di sfortuna. Anche perché, lo ribadisco, i sacrifici per non peggiorare la situazione li sto facendo dallo scorso marzo, io. Mi fa sorridere che le regioni ora si stiano rimbalzando le dosi inutilizzate tra più e meno ricche, neanche fossero le brioscine scadute che si mandavano in Africa negli Anni Novanta, ma non è mia responsabilità risolvere questo problema. Preferisco essere fabulous con una dose di Beyontéc.

In tutto ciò, ho deciso di inaugurare un nuovo tag, Corona Chronicles, in cui ho retroattivamente infilato tutti i post relativi alla pandemia, così che, se fra qualche anno vorrò rimmergermi in questo macello, avrò una comoda antologia a portata di click. Ora è il caso che vada a dormire: mi sono prenotato per il turno pomeridiano apposta per non aggiungere l’ansia di dovermi svegliare presto a quella di fare il gran passo, ma ciò non significa che debba vanificare tutto con una notte in bianco.

Monday 7 June 2021

Burst the bubble

Mercoledì vaccinano la Mater con la seconda dose di Moderna. Giovedì vaccineranno me con la prima dose di non si sa ancora cosa. As in, questo giovedì. Ho appena realizzato quanto imminente sia e, ovviamente, sto avendo un attacco d’ansia.
 
Riflettendoci sopra per provare a demistificarlo, di primo acchito mi verrebbe da dire che sia dovuto al mio terrore per gli aghi o all’incognita di come saranno per me i sintomi per le poche ore successive. Quando dovevano fare la prima dose alla Mater ci siamo preparati come se sarebbe stata male per settimane con pulizie generali, spesa grossa, provviste e chissà cosa, poi è stata così così circa una trentina di ore e mi ha addirittura aiutato a pulire dietro gli idraulici. Come la prenderò io è una bella domanda ma, per quanto l’incertezza sia sgradevole, so che non sarà nulla di debilitante.
Penso però che il vero motivo della mia ansia sia il fatto che mi ero dato il vaccino come termine ultimo per bivaccare in questa bolla di sospensione dalla vita reale. Non riesco ancora a immaginare come possa essere il “dopo”: tornare a socializzare, riprendere in mano la mia vita a Trieste, tornare a occuparmi della quotidianità in toto, poter attuare i piani per ora vaghi di incontrare persone lontane… Certo, continuerò a fingermi non vaccinato per dodgeare le attenzioni indesiderate sulle app di dating, ad esempio, ma con le persone che contano davvero le comode scuse per stare chiuso in casa o, al massimo, uscire solo quando ne ho davvero voglia scompariranno. Il distanziamento sociale (leggi: rispetto del mio spazio personale) scomparirà. Ma soprattutto, se ripenso al 2019, stavo facendo un tale pessimo lavoro a essere un adulto funzionale, capace di tenere le fila di casa, cucinare, fare la spesa, non campare sempre d’asporto, pulire e quant’altro che ho il terrore di tornare a quei livelli una volta per conto mio e fuori dal nido.

D’altro canto, nulla di tutto ciò è ancora davvero imminente. Dovrà passare un mesetto prima della seconda dose, più altre due settimane per essere sicuro dell’immunizzazione, e comunque ormai l’estate me la passo qui con il condizionatore piuttosto che tornare all’afa triestina. Il “dopo” non è imminente – non del tutto, per lo meno. Per cui penso che calmerò i nervi stampando e compilando moduli e contromoduli, che è l’unica cosa su cui in questo momento ho controllo, e cercherò di spegnere il cervello per i prossimi due giorni e mezzo. Un demone alla volta: prima la prima dose, poi la seconda, poi la mia vita da immunizzato in un mondo sempre più post-covid.

Friday 4 June 2021

Vaccinando

E niente, da oggi sono effettivamente vaccinando. Sono aperte le prenotazioni qui in Sardegna e sono riuscito a districarmi per il vaccino. Il pomeriggio del dieci giugno dovrei ricevere la prima dose di… boh, da noi non lasciano scegliere perché siamo una regione pezzente, ma avrò la prima dose.
In teoria se ne parlava già da ieri, tant’è che ho ripetutamente tentato di accedere al sito e compilare tutto, solo per trovarmi ogni volta il messaggio che non rientravo in una fascia avente diritto. Ieri sera ho anche provato tramite l’ATM delle poste ma né io, né una ragazza trentaquattrenne che era lì a smanettare allo sportello siamo riusciti a cavarne un ragno dal buco. Oggi a pranzo è passato il postino (che suona sempre due volte da noi perché la Mater è l’unica che gli apre senza insultarlo) e ho tentato tramite lui, ma mi ha confermato che il sistema non era ancora stato aggiornato e lo sarebbe stato verso le sei del pomeriggio.
Poi in realtà la Mater è riuscita a infilare i miei dati poco dopo pranzo, ma non mi è arrivata nessuna conferma. Così, dopo un po’ di incertezza e scambio di idee con un conoscente su Instagram, ho riprovato non appena Beatrice mi ha detto di esserci riuscita (alle sei meno un quarto) e ta-dah, data fissata.

È da quando ho cliccato e ricevuto la conferma via SMS che continuo a zompettare su e giù per casa. Ho addirittura chiamato Katia perché avevo bisogno di parlarne un po’ e sono riuscito a calmarmi solo allora. Credo sia la prospettiva di smettere di essere un potenziale pericolo per me stesso e per gli altri ogni volta che esco di casa a essere così entusiasmante. Del resto, da quando la Mater ha ricevuto la prima dose ho iniziato ad provare un po’ di sollievo, misto sempre all’impazienza per quando riceverà la seconda dose e trascorreranno le due settimane di precauzione perché l’immunizzazione sia completa, così non dovrò preoccuparmi più per lei (e magari non dovrò nemmeno più temere scenate come quella dello scorso aprile). Anche se tutto il corollario continuerà a essere un casino, sapere che le probabilità di ammalarsi, specie in maniera grave, sono notevolmente ridotte è una grande consolazione.

In tutto ciò, non mi sfugge l’ironia del fatto che avrò la prima dose il giorno dopo che la Mater avrà la sua seconda, né tanto che, di questo passo, sia io, sia lei, che è più giovane di lui di otto anni, saremo immunizzati prima di mio padre. La prima è una questione di disorganizzazione della regione quando si vaccinavano i più anziani, l’altra è lui che è… beh, Il Guasto. Per inciso, doveva tornare dalla Turchia in questi giorni ma non ho la minima idea di quando, precisamente, se lo stato dei trasporti pubblici gli permetta di farlo, o se abbia intenzione di vaccinarsi o meno una volta qui.
Beh, sono problemi suoi. Uno dei motivi per cui avevo vissuto il suo viaggio e la sua testardaggine come un insulto personale era proprio che lui fosse uno di quelli a cui stavano offrendo il vaccino e le sicurezze che comporta su un piatto d’argento e li avesse rifiutati così, mentre io avrei dovuto aspettare chissà quanto. Ora che sono ufficialmente vaccinando, lui può fare quel che vuole.