Friday 20 November 2020

Supplemento al discorso sulla mascherina a rete

Inizialmente era nato come edit per aggiornare il precedente post in cui ne parlavo, ma dato che ci sono stati ulteriori sviluppi, ennesimo post su quanto fa schifo Laña del Rey, y'all. 
Andiamo con ordine.
 
Nell'edit del 3 ottobre, notavo come, a quanto pare, quella della mascherina a rete non fosse solo uno styling opinabile per lo shoot, visto che la nostra cara Laña l'ha indossata anche a un meet and greet con i fan.
Vero, il virus non sopravvive più di due-tre giorni sulla plastica, troppo poco per far ammalare Laña, quindi a lei che frega; ma a differenza sua, i fan non sono all'80% non biodegradabili, quindi perché metterli a rischio solo per fare la fashionista edgy?
Con buona pace della controargomentazione al mio rant precedente che le copertine delle riviste non sono indicative delle scelte stilistiche e di vita delle persone ritratte.
 
17 novembre: un mese e mezzo dopo, Laña si sveglia dal letargo e twitta con sufficienza in risposta a un articolo che ne parla, dicendo che la mascherina aveva dentro uno strato di plastica, cosa che gli stilisti fanno comunemente di questi tempi. Tralasciando le ovvie difficoltà logistiche di inspirare attraverso un foglio di cellophane, a me risulta che espirando la plastica si appanni, cosa che decisamente non accade nella foto. Che si immagini di avere plastica in quell'area sarebbe anche un erorre scusabile, considerando che è abituata ad averne a quintali nelle labbra, ma purtroppo quella non protegge i fan dal virus.
Ciliegina sulla torta, un fan le fa notare che ci ha messo un po' troppo, a rispondere alla controversia, e lei ribatte che è troppo impegnata a scrivere non uno ma ben due album e donare milioni in giro per la nazione. Roba che Laña, tesoro, in primo luogo tiratela di meno, in secondo senza offesa, ma nel tuo caso rispondere ai tweet è tempo meno sprecato che a scrivere quella porcheria che chiami musica.
 
19 novembre: Un fan pubblica una foto con lei. Indovinate chi dei due non indossa la mascherina.
Ci sono altri dubbi che siano solo sfortunate coincidenze e in realtà sia in buona fede e prenda la pandemia sul serio?

E niente. Ci sono momenti in cui quasi quasi inizio a pensare di avere torto. Di essere io quello che non capisce Laña, il suo inestimabile valore come cantautrice, la finezza e intelligenza del personaggio che si è creata, e lo splendore della persona che è a riflettori spenti. È difficile essere una delle poche persone che vedono solo una donna priva sia di talento sia di qualsiasi valore morale e personale mentre il resto della critica è abbagliata dalla sua luce sfavillante e dalla magnificenza della sua opera.
Poi magari è vero: magari in realtà è un colossale troll che ci sta prendendo tutti per il culo, e io che mi ci arrabbio sono altrettanto pollo di quelli che ci cascano con tutte le scarpe nel credere che sia un'artista di talento.
Del resto, qualche settimana fa ho interrotto bruscamente un cauto flirt (e ogni comunicazione) con un suo fan quando mi sono reso conto che, dopo tre giorni di discussione accesa, stava semplicemente tirando roba a caso per vedere cosa restava appiccicato e cosa no perché tanto “non sappiamo nulla, tutto è una contraddizione, niente è serio”: chiaramente, finiti gli argomenti è passato a trollarmi parafrasando la bio di Twitter di Laña.
Ecco, magari Laña del Rey e i suoi fan più accaniti sono come The Lady di Lori Del Santo, sulla cui vera natura le persone si interrogano tuttora: un autentico cassonetto in fiamme o una sottilissima e intelligentissima satira del mondo delle celebrità?
Nel dubbio, per me Laña resta quella maledetta stronza che ha lavato due gattini col bagnoschiuma.

Friday 13 November 2020

Ansia da auguri

L’attacco d’ansia odierno è presentato da: il compleanno di Nell.
 
È già pomeriggio e dovrei scriverle qualcosa per farle gli auguri: da dieci anni a questa parte l’ho sempre fatto e lei mi ha sempre risposto con gentilezza e allegria.
Ma dentro di me c’è sempre la paura che veda il mio DM e sospiri alzando gli occhi al cielo, pensando: “Oh no, di nuovo ‘sto stalker, che palle, non poteva mancare”. Nonostante tutte le rassicurazioni e i quory, e i “my dear friend”, e il week end che ho passato da lei e Kristian, continuo a pensare di essere un fan che non sa starsene al suo posto e abusa del fatto di avere una linea diretta con lei.

Poi la gente con cui mi sono confidato mi chiede quanto spesso io le scriva e, effettivamente, le scrivo molto poco: per le occasioni come questa, se succede qualcosa d’interessante, ogni tanto per sapere come sta. Oggettivamente no, non abuso del suo tempo né cerco di monopolizzarlo. Ma l’idea strisciante di essere fastidioso anche a piccole dosi è sempre lì, sullo sfondo di ogni interazione sociale, anche senza il rapporto cantante-fan che la esasperi come in questo caso.

Onestamente non so. È chiaro che la mia ansia sociale è peggiorata notevolmente, ma non so se dipenda dallo stress e dall’ansia generalizzata per il periodo che stiamo tutti attraversando, che hanno ovviamente deteriorato il mio stato mentale in generale, o se invece abbia ragione a puntare il dito contro la Ciospa e questo ulteriore peggioramento sia dovuto al fatto che ancora non mi sono del tutto ripreso dal colpo che mi ha dato.
Non che capirlo mi farebbe chissà che differenza: avere continue epifanie sul mio stato mentale ma non riuscire a usarle come punto di partenza per migliorarlo è il leitmotif di tutto il mio percorso di autoanalisi.

Tuesday 10 November 2020

No holds barred

Possiamo raccontarcela quanto vogliamo, ma essere un gay di destra significa che il tuo odio per gli altri è più forte del tuo amore per te stesso.”
Come da post precedente, la vittoria di Biden alle elezioni americane mi ha ringalluzzito parecchio e in questi giorni non la sto mandando a dire agli scagnozzi di destra che mi capitano a tiro. Questo è un commento che ho fatto su un articolo in cui si parlava di alcune povere vittime di Sindrome di Stoccolma gay storicamente conservatori, e la risposta non è tardata (capitalizzazione e punteggiatura liberamente corrette da me).
“Ma non è vero! Voi continuate a confondere ‘essere gay e pensarla su temi geopolitici, di interesse nazionale ecc’ come la destra con ‘essere un gay che la pensa come la destra italiana attuale sui temi gay’!”
Ora, avrei potuto limitarmi a far notare in maniera concisa che poco importa se sei in disaccordo con le politiche della destra circa la comunità LGBTQ+, se continui a votarli a) dai loro il potere di attuarle e b) dimostri che quella questione, che pure ti riguarda da vicino, è per te meno importante di altre politiche che, essendo di destra, sono esclusive e non inclusive.
Ma dato che ero in vena d’infierire, ho deciso di sviscerare il discorso molto più nel dettaglio, no holds barred.
“No, Tizio, quello che ho detto è un’altra cosa: essere un gay di destra significa odiare talmente tanto qualcun altro (partiamo dagli immigrati, soprattutto quelli non bianchi, ma pian piano scaliamo la lista fino agli Ebrei, poi gli Europei dell’Est, il vicino d’Oltralpe e, spesso e volentieri, anche quello della regione accanto) da essere disposti a privarsi di alcuni diritti fondamentali, in quanto gay, pur di far sì di toglierli a loro. 
Significa essere talmente terrorizzati dal cambiamento e insicuri del proprio valore sociale che la sola idea di dare un punto di partenza equo agli altri diventa ripugnante, sia mai che, con le stesse possibilità, si dimostrino più capaci di noi. 
Significa essere talmente persi di fronte all’idea di un mondo in cambiamento, sempre più interconnesso, da aggrapparsi a quest’idea anacronistica di un’Italia (Francia, Austria, Germania, Polonia, Ungheria) forte, autosifficiente e pronta a tornare ai fasti del passato quando in realtà ciascuna nazione europea, presa da sola, conta talmente poco che con l’alzarsi delle tariffe statunitensi alcuni farmaci sono stati ritirati dalla sanità pubblica perché costavano troppo. Questo di fronte a un’azienda privata, figurarsi di fronte alle vere potenze mondiali. 
 
No, non ho mai detto che un gay di destra odia gli altri gay. È solo che la felicità e la possibilità di autodeterminazione di se stesso e degli altri gay diventano danno collaterale, il prezzo da pagare pur di negare i diritti ad altri gruppi sociali e continuare ad aggrapparsi a questa fantasia di grandezza perduta da riconquistare. 
Vivere così, cedendo alla paura e cercando il male altrui anche a discapito del proprio benessere, è davvero triste.”
Questa risposta mi è valsa un “comunista vecchio stampo, proprio da Festa dell’Unità” da parte di un altro utonto di passaggio (e pensa se avessi parlato di redistribuzione del reddito tramite tassazione spietata dei patrimoni personali sopra una certa cifra).
Onestamente, io non mi vergogno di essere di sinistra. Anzi, è tempo di rimettere le cose nella giusta prospettiva e ricominciare a far vergognare la destra di essere la cloaca che è.

Sunday 8 November 2020

Storie di ordinario bullismo

Su Facebook ho scritto una cosa non esattamente corretta. Ho scritto che, in tutti gli anni di bullismo a scuola, l’unica volta in cui sono riuscito a far smettere del tutto un bullo è stato quando gli ho tirato un calcione sugli stinchi. È successo a metà della prima media: lui non se lo aspettava – non da me, il secchione tranquillo e paziente – ed è rimasto talmente colpito che, nonostante le minacce di aspettarmi “all’uscita”, non mi ha semplicemente cercato più. Poi l’anno dopo l’hanno bocciato, quindi good riddance, good sir.

Ecco, la storia è vera. L’incorrettezza dell’affermazione è che, a pensarci bene, ci sono state altre circostanze in cui sono riuscito a far sì che i bulli mi lasciassero in pace.
Sempre alle medie, c’è stata la mia personalissima Maho Izawa che, non sopportando di non essere più la sola prima della classe ha bullizzato prima l’altra ragazzina studiosa e poi me. C’è stato un intervento da parte della Mater e, di conseguenza, del severo ma giusto professore d’Italiano, ma ciò che ha definitivamente chiuso la questione è stato che ho iniziato a rispondere a tono e, tutt’ora, quando incontro la cretina in questione la saluto con un: “Cavolo, sempre più brutta: ma siamo davvero coetanei?”

Alle superiori, invece, avevo fondamentalmente l’intera classe contro. In seconda avevo ancora il sostegno di Giovix, ma poi ha cambiato scuola e mi sono trovato da solo.
La questione è scoppiata durante un’assemblea di classe quando qualcuno (che mi ha chiesto scusa un paio d’anni fa, tra l’altro), ha reso pubblico un post sul mio precedente blog in cui dicevo peste e corna di tutti dopo la gita scolastica.
Ebbene, ciò che è iniziato come un linciaggio nei miei confronti si è concluso con me che li prendevo a urla uno ad uno, facevo valere le mie ragioni e manipolavo poi il discorso per far emergere i dissapori che avevano tra di loro. Nessuno si aspettava di sentirmi urlare o che mi facessi valere, e di sicuro non erano preparati ad affrontare le loro lotte intestine. Pian piano ho incassato il sostegno de “Le Ripetenti™” (con cui avevo precedentemente chiarito un’incomprensione, e che erano a loro volta emarginate dai vari figli di papà), poi di un altro paio di persone che avevano notato che venivo trattato ingiustamente, qualcun altro che aveva da ridire per conto suo, finché non è diventata una lotta senza quartiere fra tutti, dalla quale sono emerso vincitore: io ho raggiunto rapporti di formale diplomazia o, alla peggio, reciproca ignoranza un po’ con tutti, la classe si è spaccata in due fazioni che non si sono mai riconciliate del tutto nei successivi due anni e mezzo.

Il succo del discorso, comunque, è che l’unico modo per scrollarsi i bulli di dosso è rispondere loro per le rime. La violenza è l’unico linguaggio che conoscono ed è con quella che si risolve la faccenda.
Per cui no, grazie: declino gentilmente l’offerta di trattare con rispetto i trumpisti, i sovranisti, i conservatori e il resto della Destra che si è improvvisamente trovata orfana del supporto alla Casa Bianca.
Questo non è il momento della comprensione: è il momento di presentare il conto. È il momento di dar loro la caccia finché sono ancora vulnerabili. Di farli vergognare per le loro azioni e discorsi. Di tracciare una linea netta e ristabilire cosa è accettabile in una società avanzata e cosa no. Di ridicolizzare la loro retorica obsoleta e priva di reali contenuti. Di ricacciare certe opinioni nelle fogne e nelle cloache a cui appartengono, lontano dall’opinione pubblica e dagli organi legiferanti.

Perché proprio come a scuola, l’empatia non è un linguaggio che i bulli comprendono. Ma i calci negli stinchi, quelli sì: quelli fanno arrivare il messaggio chiaro e tondo. Quindi, quando vedete qualche conservatore che abbaia al web, non fate finta di nulla: blastatelo. Tanto non cambierà opinione: il massimo che si può fare è farlo vergognare tanto che la prossima volta ci penserà due volte prima di aprir bocca. E più lui invoca la libertà di parola, più invocate voi la libertà di presentargli il conto per le sue parole.
Riprendiamoci il web e la società civile, grazie.

Monday 2 November 2020

Terrore istituzionale

Ci sono alcuni argomenti piuttosto caldi nel dibattito pubblico di cui non ho mai parlato né scritto sulle mie varie piattaforme: il DDL Zan qui in Italia e la legge sull’aborto in Polonia. Con tutto che ultimamente sono più politicamente attivo che mai, online.
Da quando Trump si è ammalato di Coronavirus, ho preso l’abitudine di sbirciare Twitter (dove seguo principalmente celebrità d’oltreoceano con evidenti simpatie democratiche) e ho iniziato a commentare attivamente la situazione politica americana con one-liner pungenti.
Altrove, specialmente sulle storie di Instagram, dove so di avere più seguito, ho affrontato diversi argomenti più approfonditamente, più con l’intento di fornire argomentazioni a chi la pensa come me che di cambiare a chi non lo fa perché quelli, semplicemente, non mi seguono (molti post degli scorsi mesi sono nati da annotazioni per le storie su Instagram), ma senza andare ad affrontare quelle due tematiche nello specifico.
Ora, premetto che il mio interesse per i risultati elettorali americani non è un modo per preoccuparmi dei problemi altrui ignorando quelli in casa mia o dietro l’angolo: dipende tutto dall’amara constatazione che i capricci di chi siede alla Casa Bianca hanno ripercussioni concrete e tangibili anche sulla vita quotidiana di noialtri da questa parte dell’Atlantico. È per questo che sono super nervoso per domani.

Detto questo, il motivo per cui non mi preoccupo di queste due faccende molto più vicine è che mi terrorizzano. E non è tanto la vicinanza geografica a terrorizzarmi, quanto il livello istituzionale a cui si trovano.
Mi terrorizza l’idea che il DDL Zan arrivi alla Camera mutilato da mille emendamenti che lo rendano perfettamente inutile. Sarebbe l’istituzionalizzazione dell’omo-transfobia: la comunità LGBTQ+ continuerebbe ad avere zero tutele concrete e si troverebbe nella posizione di non poterne più chiedere perché i conservatori potrebbero gridare che una legge esiste e non serve più discuterne, che abbiamo avuto quello che volevamo, che sono loro le povere vittime imbavagliate.
Fondamentalmente, sto trattenendo il respiro in attesa degli sviluppi, di sapere se questa legge sarà uno strumento di protezione efficace o se è il caso di perdere anche le ultime speranze.

Per quanto riguarda la Polonia, poi, vedere un Paese europeo tornare indietro di decenni non nella mentalità delle frange più ignoranti di popolazione, non negli usi e costumi, ma proprio nelle leggi nazionali… è spaventoso. È spaventoso che sia lo Stato stesso a legiferare per togliere diritti ai suoi cittadini. Contro la bigotteria casuale si può combattere; contro lo Stato, è più difficile.
E la paura è che il morbo si propaghi dalla Polonia agli altri paesi Visegrad, e che da lì rafforzi le posizioni reazionarie anche nell’Europa Occidentale innescando un effetto domino tremendo.

Sì: l’idea che lo Stato si renda complice, se non addirittura fautore, della bigotteria è uno scenario a cui non pensavo avrei mai assistito in vita mia e che mi atterrisce. Mi fa sentire impotente, travolto da qualcosa di troppi più grande, da una lotta impari e senza speranza.
L’unica soluzione è l’Europa Unita: prego che riesca a consolidare i suoi organi decisionali in modo da poter aggirare il Consiglio e la sua ridicola regola dell’unanimità che impedisce di punire economicamente i Paesi che non si dimostrano virtuosi nel rispetto dei propri cittadini.