Su Facebook ho scritto una cosa non esattamente corretta. Ho scritto che, in tutti gli anni di bullismo a scuola, l’unica volta in cui sono
riuscito a far smettere del tutto un bullo è stato quando gli ho tirato un
calcione sugli stinchi. È successo a metà della prima media: lui non se lo aspettava – non da me, il secchione tranquillo e paziente – ed è rimasto talmente colpito che, nonostante le minacce di aspettarmi “all’uscita”, non mi ha semplicemente cercato più. Poi l’anno dopo l’hanno bocciato, quindi good riddance, good sir.
Ecco, la storia è vera. L’incorrettezza dell’affermazione è che, a pensarci bene, ci sono state altre circostanze in cui sono riuscito a far sì che i bulli mi lasciassero in pace.
Sempre alle medie, c’è stata la mia personalissima Maho Izawa che, non sopportando di non essere più la sola prima della classe ha bullizzato prima l’altra ragazzina studiosa e poi me. C’è stato un intervento da parte della Mater e, di conseguenza, del severo ma giusto professore d’Italiano, ma ciò che ha definitivamente chiuso la questione è stato che ho iniziato a rispondere a tono e, tutt’ora, quando incontro la cretina in questione la saluto con un: “Cavolo, sempre più brutta: ma siamo davvero coetanei?”
Alle superiori, invece, avevo fondamentalmente l’intera classe contro. In seconda avevo ancora il sostegno di Giovix, ma poi ha cambiato scuola e mi sono trovato da solo.
La questione è scoppiata durante un’assemblea di classe quando qualcuno (che mi ha chiesto scusa un paio d’anni fa, tra l’altro), ha reso pubblico un post sul mio precedente blog in cui dicevo peste e corna di tutti dopo la gita scolastica.
Ebbene, ciò che è iniziato come un linciaggio nei miei confronti si è concluso con me che li prendevo a urla uno ad uno, facevo valere le mie ragioni e manipolavo poi il discorso per far emergere i dissapori che avevano tra di loro. Nessuno si aspettava di sentirmi urlare o che mi facessi valere, e di sicuro non erano preparati ad affrontare le loro lotte intestine. Pian piano ho incassato il sostegno de “Le Ripetenti™” (con cui avevo precedentemente chiarito un’incomprensione, e che erano a loro volta emarginate dai vari figli di papà), poi di un altro paio di persone che avevano notato che venivo trattato ingiustamente, qualcun altro che aveva da ridire per conto suo, finché non è diventata una lotta senza quartiere fra tutti, dalla quale sono emerso vincitore: io ho raggiunto rapporti di formale diplomazia o, alla peggio, reciproca ignoranza un po’ con tutti, la classe si è spaccata in due fazioni che non si sono mai riconciliate del tutto nei successivi due anni e mezzo.
Il succo del discorso, comunque, è che l’unico modo per scrollarsi i bulli di dosso è rispondere loro per le rime. La violenza è l’unico linguaggio che conoscono ed è con quella che si risolve la faccenda.
Per cui no, grazie: declino gentilmente l’offerta di trattare con rispetto i trumpisti, i sovranisti, i conservatori e il resto della Destra che si è improvvisamente trovata orfana del supporto alla Casa Bianca.
Questo non è il momento della comprensione: è il momento di presentare il conto. È il momento di dar loro la caccia finché sono ancora vulnerabili. Di farli vergognare per le loro azioni e discorsi. Di tracciare una linea netta e ristabilire cosa è accettabile in una società avanzata e cosa no. Di ridicolizzare la loro retorica obsoleta e priva di reali contenuti. Di ricacciare certe opinioni nelle fogne e nelle cloache a cui appartengono, lontano dall’opinione pubblica e dagli organi legiferanti.
Perché proprio come a scuola, l’empatia non è un linguaggio che i bulli comprendono. Ma i calci negli stinchi, quelli sì: quelli fanno arrivare il messaggio chiaro e tondo. Quindi, quando vedete qualche conservatore che abbaia al web, non fate finta di nulla: blastatelo. Tanto non cambierà opinione: il massimo che si può fare è farlo vergognare tanto che la prossima volta ci penserà due volte prima di aprir bocca. E più lui invoca la libertà di parola, più invocate voi la libertà di presentargli il conto per le sue parole.
Riprendiamoci il web e la società civile, grazie.
No comments:
Post a Comment