Saturday 29 August 2020

Adolescenza pre-social

Rimanendo sempre in tema nostalgia, per un piccolo concatenamento di eventi sono finito su WayBackMachine, l’archivio del web dove moltissimi siti web sono conservati in varie vecchie incarnazioni. In sostanza, su PlanetRomeo ho visto uno che mi ha ricordato una persona che odio (non era lui, per fortuna). Così, per tenere viva la fiamma, ho provato a cercare qualche sua traccia, tra cui controllare se su WayBackMachine ci fosse il suo vecchio blog per ricordarmi che razza di imbecille pretenzioso e sfasciafamiglie fosse.
Il suo blog alla fine non c’era, ma ho scoperto che non solo la vecchia incarnazione del mio è stata preservata fino più o meno al 2009, ma anche buona parte di quelli che seguivo erano ancora lì (tra cui, grazie agli Dei dell’Internet, L’Époque Noire). Sicuramente andrò a rileggermi qualcosa qua e là, e molti li ho anche linkati ai rispettivi autori per suscitare reazioni che sono andate dalla nostalgia al profondo cringe.

Fin qui, le reazioni più vivaci le ha avute Veronica, e ne abbiamo anche parlato un bel po’ via DM su Instagram (aiuto, questo clash di piattaforme mi confonde). Riflettendo sul fatto che certi momenti di cringe e pretenziosità siano tappe obbligatorie nel corso della crescita, siamo giunti alla conclusione comune che sia una vera fortuna averle superate prima dell’avvento dei social media.
Noi praticamente vivevamo su Internet, che però all’epoca era ancora per la maggior parte testuale o in chat privata perché le connessioni erano più lente e le risoluzioni più basse, ed è solo questo che ci ha permesso di non perdere ogni dignità in mondovisione. Niente Facebook o, peggio, Instagram da riempire di foto, e anche Netlog e MySpace sono arrivati piuttosto tardi per noi.
Al massimo avevamo DeviantArt, ma almeno aveva quell’aria un po’ più artsy e l’abbiamo usato per esprimerci artisticamente piuttosto che per spammare selfie quotidiani del tutto privi di merito (secondo Veronica perché eravamo degli insopportabili snob, ma almeno i risultati sono stati buoni).
Però è stato bello cogliere lo spunto dei blog per ripercorrere insieme alcuni tratti della memory lane.

Side note, per quanto riguarda il mio blog, l’avevo esportato prima della chiusura di Splinder e reimportato su Blogspot circa un anno dopo. Qui ho giusto tolto un paio di riferimenti imbarazzanti a cose che mi piacevano perché ero troppo stupido, qualche uscita che è invecchiata malissimo e qualche post fondamentalmente inutile, per il resto le differenze sono minime. Mi dispiace un po’ che WayBackMachine non visualizzi almeno una versione dell’elaboratissima e pacchianissima grafica che avevo creato, quella con Pescy o quella con Angel Sanctuary, piena di sticker di cantanti che seguivo e disegni di Kaori Yuki.
Ecco, quella è nostalgia a cui è facile cedere: non invidio affatto gli adolescenti di oggi che conserveranno, invece, prove visive inconfutabili dei loro momenti di cringe.

Sunday 23 August 2020

A volte le lusinghe ritornano

Erano tanti anni che non ripensavo all’Uomo Lusingato. Un po’ perché in generale non ripenso con piacere alle cose collegate alla mia sfortunata carriera universitaria, un po’ perché semplicemente mi era sfuggita di mente la sua esistenza. Forse a una certa avevo anche provato a cercarlo su Facebook per sbirciare la sua vita con lo stesso sguardo colmo di fascino per l’orrido che ogni tanto rivolgo ai compagni del liceo di cui ancora ricordo il nome (e verso cui nutro ancora rancore – shock, lo so) ma, non avendolo mai trovato, è lentamente scivolato nell’oblio.

Comunque ai tempi ne scrissi parecchio: di come ci provai e mi rispose di essere “lusingato ma impegnato” mentre troieggiava con chiunque altro mettendo le corna al ragazzo con cui mi aveva detto poche ore prima di essere “solo amici”, di come nonostante ciò io avessi continuato a sbavargli dietro, addirittura sognando di limonarci, assistendo alla disfunzionalità della sua relazione perché facevamo parte dello stesso giro di colleghi finché non ho iniziato a disilludermi, trovarlo repellente prima mentalmente e poi anche fisicamente, e arrivare alla conclusione che fosse stata una gran fortuna aver potuto spacciare quell’unico approccio come cazzata alcolica, perché almeno avevo salvato la faccia e non gli avevo dato modo di lusingarsi ulteriormente. Da lì il mio fantastico pattern di negazione dei sentimenti romantici, a me stesso in primis, per evitare di restarci ancora male, ed eccoci al mio essere un trainwreck.

Comunque, ieri all’improvviso me lo sono trovato su Grindr. In vacanza qui, di tutti i posti. E mi pare di capire anche in compagnia, perché evidentemente certe cose non cambiano mai e quando uno è troia lo resta anche dopo dieci anni. Lì per lì non l’ho nemmeno riconosciuto subito, se non identificandolo come “bel ragazzo”, perché oggettivamente lo è (ha perfino ancora tutti i capelli in testa, e io pensavo che sarebbe stempiato presto). Ha esordito con “Long time!”, abbiamo anche scambiato un paio di battute piuttosto generiche su com’è che fossimo entrambi qui, ma la cosa è morta sul posto. Ci ho fatto un mezzo pensierino, sull’uscirci a prendere un drinketto, ma ricordo ancora bene la lezione che ho imparato con lui e non ho minimamente accennato a vederci. Lui mi ha buttato lì che stava andando alle giostre, ma ho lasciato correre e cambiato argomento, perché di raggiungerlo non avevo sicuramente voglia.
Oggi non l’ho nemmeno cercato. Domani riparte e, francamente, good riddance: considerando che l’intera faccenda è stata unilaterale, non avrebbe nemmeno senso riparlarne.
In compenso, oggi come allora, sono orgoglioso di non avergli dato altri appigli per sentirsi lusingato. È l’unica chiusura che questo vecchio discorso riemerso inaspettatamente merita.

Monday 17 August 2020

Maremma Louise Ciccone

Unpopular opinion: non sono un fan di Madonna. Le riconosco tutti i meriti del caso, ho comprato un suo CD e ci sono molte sue canzoni che mi piacciono, ma non sono uno di quei gay che venerano il pavimento su cui ha camminato. E non necessariamente perché sono invece un fan sfegatato a priori di Gaga (sto ancora aspettando che sforni qualcosa all’altezza di Born This Way, avendo rivalutato a ribasso Artpop, fondamentalmente dimenticato Joanne, e trovando Chromatica assai deludente), sebbene nella faida io stia dalla parte di Stefani. Il fatto è che Madonna ha avuto il suo picco prima che iniziassi ad ascoltare musica contemporanea e, quando l’ho conosciuta, era in quella fase di movimento per inerzia prima dell’inizio del declino.
E mi spiace per i suoi fan, ma il declino c’è stato eccome per scelta di Madona stessa. Era una di quelle cantanti che avrebbe potuto davvero essere grande dall’inizio alla fine, ma verso una certa si è persa. E il motivo è lo spunto di una riflessione che ho fatto in un commento che mi è valso il follow si Katie Noonan su Instagram.

Katie si è trovata nell’occhio del ciclone per aver osato criticare in due post il pessimo lavoro di chirurgia plastica con cui Madonna ha sostituito la sua faccia. È stata subito attaccata per questo e non necessariamente da madonnari incalliti, quanto da gente che è convinta che muovere una critica significhi automaticamente non essere solidale come donna (se non addirittura misogina), o altre scemenze del genere.
Le mie due riflessioni, rispettivamente sotto il post originale e sotto la risposta alle critiche, sono state queste:

La triste verità è che la società mette una tale pressione su ciascuno di noi che tutti finiamo per interiorizzare almeno una piccola parte ei pregiudizi contro cui lottiamo. Anzi, sono giunto alla concluzione che parte di quella lotta sia alimentata dal nostro bisogno di liberare noi stessi da quei pregiudizi latenti. E mentre inneschiamo un cambiamento intorno a noi (su vari livelli, a seconda della grandezza della nostra piattaforma pubblica), non significa automaticamente che abbiamo vinto la lotta contro noi stessi.
Madonna ha lottato come poche altre cantanti per affermare la forza delle donne e la loro liberazione da costrutti sociali oppressivi, e ha raggiunto l’impossibile. Ma temo che abbia interiorizzato il pregiudizio che le donne giovani sono forti, e nell’ultimo decennio e più si è sbracciata per dimostrare che è ancora giovane e figa, sia a livello d’immagine che musicalmente, invece di accettare il nuovo potere che arriva con l’età.
Sono d’accordo, l’industria dei media discrimina senza pietà in base all’età, specialmente le donne, ma far finta che il tempo non stia passando è il contrario di una lotta contro questo sistema, significa abbracciarlo e ottenerne in cambio un ginocchio rotto e una faccia irriconoscibile.
 
Onestamente, criticare non equivale a odiare. Quindi no, esprimere perplessità per la faccia alterata di Madonna non significa essere misogini.
Tutti hanno il diritto ad autorealizzarsi, e questo include la chirurgia estetica, se ce n’è bisogno. Ma nel caso specifico di Madonna, fingere che sia questo che sta succedendo, che la sua “nuova faccia” sia nata da un luogo di empowerment e di cura di sé è ingenuo, se non sleale. È la punta di un iceberg decennale di negazione del suo invecchiamento che ha avuto conseguenze sulla sua vita artistica, con album che seguono la moda per cercare di essere giovani e hip a tutti i costi, e sulla sua salute. Stiamo parlando di una persona costretta da più di mezz’anno a camminare con le stampelle perché ha preteso troppo dal suo corpo.
Tutto ciò è il prodotto di una società che pretende che le donne siano sovrumane per stabilire il proprio valore, specialmente quando invecchiano. Sottolinearlo non è misogino – anzi, l’ora di farlo è passata già da mo’. La chirurgia estetica, perdere peso, mettere su muscoli, depilarsi, tingersi i capelli – nulla di tutto ciò è un male, di per sé. Ma solo finché sono parte del processo di autorealizzazione di ciascuno di noi, del viaggio per sentirsi al meglio, e non qualcosa che si fa cedendo alla pressione sociale. Denunciare questa pressione è il primo passo per rimuovere quel retrogusto amaro di molte di queste pratiche.

Sunday 16 August 2020

For neither ever, nor never

Oggi ho avuto un piccolo attacco d’ansia mentre sfogliavo Tumblr: mi sono accorto che alla mia coda di pubblicazione rimanevano non più di una decina di foto e presto si sarebbe esaurita. Ben poca cosa se paragonata all’oltre centinaio di foto in coda nei mesi scorsi (il volume dei contenuti dai blog che seguo è calato vistosamente negli ultimi mesi), ma non è quello ad avermi messo ansia.
Il fatto è che mi erano rimaste solo due foto di Florianino: una per questa settimana e una per la prossima.
 
Sono immediatamente corso ai ripari: ho scandagliato internet per ritrovare uno shoot bellissimo ma che è sempre solo circolato a qualità bassa pur di prolungare ancora la cosa. In tutti questi anni ho sempre sperato che quelle foto emergessero in qualità migliore ma, non essendo stato così, ho deciso di accontentarmi pur di aggrapparmi ancora un po’ a… qualunque cosa questa sia.

È più facile così. Non mi sento pronto ad affrontare che lui abbia mollato il mondo della fotografia, che quelle foto siano di sei anni fa, che io abbia perso l’opportunità di ritrarlo e, a proposito, in questi ultimi anni abbia dormito e non abbia realizzato nessuno dei miei sogni.
 
Comunque, nel frattempo ho già aggiunto un altro paio di settimane di foto includendo le prime dello shoot che ho ritrovato. Devo iniziare ad abituarmi al fatto che il blog andrà avanti senza di lui e dovrò dirgli addio.
Ma non ancora. È come quando fai bene i calcoli e decidi che puoi postporre la sveglia e restare ancora un po’ al caldo, sotto le coperte, in quel dormiveglia che non è più davvero riposante, ma in cui puoi ancora immergerti in qualcosa a metà tra un sogno e una fantasia a occhi aperti.
Non voglio ancora scoprire di essere stato solo un brutto sogno.

Thursday 13 August 2020

Come il capitalismo ha ucciso DeviantArt

Sono passati ormai quasi tre mesi da quando DeviantArt, che nel bene e nel male considero la mia “casa” artistica, ha staccato la spina alla versione 8 e reso obbligatorio il passaggio a Eclipse. Ed è vero che ogni nuova versione è sempre stata accolta con scetticismo e, spesso, critiche a priori. Ma mai, nei miei quasi quattordici anni di permanenza, ho visto una decisione aziendale spaccare la comunità così profondamente, con un “fronte del no” così coeso e vocale fin dal momento stesso dell’annuncio, e ancora ora, mesi dopo la release ufficiale.
E no, checché ne dica lo staff non si tratta di critiche a priori e prive di merito: lo switch tra Eclipse e la versione 8 è stato disponibile per più di un anno e mezzo per dare la possibilità a tutti di “abituarsi” (o per testarlo e appurarne le falle, che non sono state riparate in tempo per la release), quindi un assaggio della nuova versione l’abbiamo avuto. Onestamente non sono mai riuscito a starci per più di qualche decina di minuti alla volta prima di tornare alla versione 8, soprattutto per occuparmi della corrispondenza. Mi aspettavo che migliorasse prima della release, ma niente.

Mi sento un po’ in colpa a dirlo, visto che è proprio grazie al layout di Eclipse che ho ricevuto la commissione per il Mese del Pride l’anno scorso, ma detesto questa versione del sito. Al di là dei bug che si spera vengano corretti prima o poi (anche se è assurdo che molti non siano stati già corretti in oltre un anno e mezzo di sviluppo), il sito ha dei grossi problemi strutturali. Problemi nel funzionamento delle gallerie, problemi di lentezza generale, problemi di grafica confusionaria, dispersività nel posizionamento delle funzioni… un disastro.
E in questi giorni, un annuncio mirato ai soli utenti premium è stato accolto con un coro unanime di lamentele sul fatto che il sito non va come dovrebbe e gettare fumo nell’occhio con contenuti di dubbia utilità non è la soluzione giusta. Quattro commenti su cinque sono fortemente negativi e minacciano di non rinnovare l’iscrizione premium alla scadenza.
Quindi? Come siamo arrivati a un sito che non funziona e un’utenza così profondamente frustrata?

Immagino che l’idea originale fosse di creare un sito che costringesse gli utenti a passarci sopra quanto più tempo possibile, un po’ come fanno tutte le piattaforme, a prescindere che si trattasse di tempo di qualità, passato a guardare le opere altrui, dare feedback e, in generale, partecipare alla community, o semplicemente sprecato su inutili passaggi meccanici. Ed ecco, quindi, i tripli click per fare anche le cose più basilari.
Per certi versi è anche logico: il tempo da devolvere alla community è una scelta, oggi se ne può dare di più, domani di meno; mentre tutti quei click inutili si è obbligati a farli, col relativo dispendio di tempo, se si vuole navigare sul sito. I difetti strutturali non sono sviste, sono deliberati.
 
Probabilmente hanno tenuto conto del fatto che parte dell’utenza sarebbe stata insoddisfatta e se ne sarebbe andata. Anzi, suppongo che darebbero volentieri una pedata alla “minoranza rumorosa” per tenersi un’utenza che, adeguandosi al cambiamento, si rivelerebbe di sicuro fedele. Solo che, a giudicare dai commenti a qualsiasi annuncio ufficiale, quest’utenza fedelissima è più risicata di quanto abbiano stimato, mentre sul piede di guerra c’è una vera e propria maggioranza. Il tutto, ovviamente, con zero riconoscimento da parte dello staff e dei suoi rappresentanti.
Del resto, suppongo che riconoscere ora che praticamente nessuno è contento di Eclipse significherebbe ammettere che è stato fatto un pessimo investimento nell’ordinarne lo sviluppo: ci sarebbero investitori, azionisti e dirigenti per nulla contenti della situazione. Finché nessuno ammette che è un trainwreck, invece, si può ancora fingere che l’utenza si debba solo abituare e che presto le voci di dissenso si calmeranno. Per lo meno, questa è l’unica spiegazione che riesco a trovare su perché il malcontento sia quasi del tutto ignorato quando la cosa sensata da fare sarebbe ammettere che c’è un problema, fare un mea culpa, ripristinare quantomeno temporaneamente la versione 8 per placare tutti e sviluppare una nuova versione che sia più funzionale.
Certo, questo comporterebbe un temporaneo danno d’immagine e la perdita di tutti i soldi investiti nel progetto Eclipse, ma se il problema è solo la bottom line, un sito che continua a perdere utenti, specialmente membri paganti, che profitto potrà dare fra un anno, o fra due?
 
È questo, bambini, è il capitalismo 101: fai qualcosa di stupido per avere un piccolo aumento di profitto ora, e al diavolo i piani per il lungo termine. Stiamo mandando in malora un intero pianeta pensandola così, vuoi che non mandiamo in malora un sito web?