Friday 11 July 2014

Morti in sogno

Facciamo una piccola premessa. Ieri notte ho fatto le seguenti cose:
1) Un test di personalità molto dettagliato col mio amico norvegese;
2) Giocato su un GdR urban fantasy dove il mio pg confessava al suo non-ragazzo di essere una Strega per dimostrargli che è possibile che lui (il non-ragazzo) abbia invece il potere di comuncare con i morti;
3) Smontato e rimontato una bara in photoshop per una foto ispirata a una canzone di Phildel;
4) Guardato un paio di puntate di Supernatural subito prima di andare a dormire.

Ebbene, una volta andato a dormire, ho fatto un sogno che, per una serie di notivi, mi ha turbato molto. Una prima parte, molto confusa, mi vedeva di ritorno in aereo da un punto dell’Europa a caso; una volta nell’aeroporto, dovevo sbrigarmi a raggiungere la stazione dei treni per tornare a casa, ma il luogo era pieno di persone del mio passato e amici presenti, per lo più compagni di liceo e qualcuno delle medie. Non riuscendo a prendere il treno, sostanzialmente spicco il volo e atterro a destinazione, che non è Trieste, bensì una grande villa in legno ai margini di una pineta che so essere situata in un luogo dove sono andato in colonia da piccolo.
A questo punto, similmente a quanto è successo nell’ultimo sogno che ho trascritto, inizia una puntata di Supernatural della quale presto mi ritrovo a far parte. La colonna sonora è affidata a Phildel, che interpreta anche uno dei personaggi, lo spirito di una ragazza rimasta legata al mondo dei vivi. E infatti, io (protagonista) trovo un foglio in cui questo personaggio ha scritto e disegnato delle cose che sono ciò che le impediscono di andare avanti e che devo decifrare. A quel punto c’è la sigla, ma quando parte la musica dei titoli di testa, la prima cosa che noto è che quella che canta non è Phildel. E anche la canzone, per quanto bella, non è sua.
Questa parte del sogno la ricordo in maniera un po’ confusa, ma c’è una donna anziana, probabilmente la nonna della ragazza, che mi parla di lei e cerca di far rimanere soli me e il suo spirito. A questo proposito, ci manda a fare una passeggiata su una strada bianca che si snoda fra la pineta e una specie di laguna salmastra. Lei mi parla fingendosi Phildel, al che io le dico che so che non è lei, c’è un errore nei credits di apertura. Allora, mentre camminiamo, ad una certa mi accorgo che è notte e siamo bambini, come se fossimo in un ricordo d’infanzia che codividiamo – e che a me non risulta. Anche se sospetto che, non essendo riuscita a spacciarsi per Phildel, voglia ora convincermi che ci siamo voluti bene da piccoli, inizia a farmi sempre più tenerezza. Continuando a camminare, torniamo piano piano alla nostra età vera (lei a quella in cui è morta), la notte diventa una mattinata nuvolosa, e ci scambiamo un abbraccio.
Dopo un po’ arriviamo a una specie di mercato allestito in alcune tende in uno spiazzo della pineta verso la spiaggia, e lì parte il drama. Lei vuole prendere verdure, io invece vedo due hamburger con sopra la mozzarella pronti da cucinare e opto per quelli. Lei è molto infastidita da ciò, per cui tornando verso casa (da una strada diversa, più inoltrata nella pineta) battibecchiamo di continuo. Lei ha assunto un aspetto molto più vivo (come il Tom Riddle del diario) e io mi dimentico che è morta. Ad un certo punto, lei mi fa: “La nonna ha una salute molto delicata. Se muore di infarto, la polizia cercherà nella mia spazzatura, scoprirà che le ho dato della carne e sospetterà di me.” Al che io le rispondo: “Guarda, la mangio io, non è un problema, a tua nonna fai le verdure. Poi vado a buttare la carta sporca nel bidone di qualche vicino.” Lei sembra alterarsi al pensiero che me ne vada per conto mio a buttare la spazzatura e risponde qualcosa di passivo-aggressivo tipo: “No, preferisco morire io piuttosto che altri esseri”, riferito al fatto che quella spazzatura avrebbe inquinato. Nel frattempo, arriviamo a casa sua ed entriamo. È improvvisamente notte e lei mi dice che deve uscire un attimo mentre io devo rimanere assolutamente a casa, magari di iniziare a cucinarmi la cena senza aspettarla.
Non ricordo quando di preciso, ma più o meno a questo punto, prima che la ragazza esca, arriva Murka; e io, sapendo che è morta, ho la consapevolezza che anche lei è uno spirito o, comunque, qualcosa appartenente al passato, e le dico che non può restare con me, appartiene a un’altra vita. Mi metto a piangere perché mi manca, e la ragazza inizia a consolarmi, ma noto che in realtà è molto infastidita dalla presenza di Murka, che continua a miagolare per attirare la mia attenzione. Dopo un po’, visto che la ragazza morta sembra avercela davvero con lei, se ne va e non la sento più.
La ragazza fa quindi per uscire, e questa scena si svolge nel corridoio della casa della Ziaccia, che per anni è stata un luogo ricorrente nei miei incubi. Dopo che la ragazza è uscita, Murka torna, anche se in un punto del corridoio che non riesco a vedere. Si mette a miagolare in maniera sofferente, come faceva l’ultimo periodo, quando stava proprio male. Io mi preoccupo tantissimo e, non vedendola in casa, apro il portone per cercarla fuori. Lei, che invece era nascosta dietro un portaombrelli, sbuca tutta pimpante e con la coda in su, come quando stava bene, e si dirige fuori. Quando la seguo per assicurarmi che stia bene, lei si volta verso di me, miagola una volta col suo tono dolce di quando stava bene, e a quel punto mi sveglio di colpo. Come se per tutto il tempo Murka avesse cercato di portarmi fuori dal luogo (e dal sogno) dove la ragazza morta voleva farmi rimanere.

A dirla tutta, per qualche minuto ho provato anche a riaddormentarmi, ma non ce l’ho fatta; e non perché fossi scosso dal sogno, quanto perché stavo letteralmente gelando. Davvero, all’undici di luglio avevo proprio freddo. Ammetto di essermi impressionato molto e, quando mi sono alzato, mi sono detto che un po’ di superstizione di sicuro non avrebbe fatto male. Così ho preso un bastoncino di incenso alla lavanda (una pianta considerata purificatrice) e l’ho acceso. Cioè, se non altro mi profumava la camera. Il tempo di andare in bagno che torno e lo trovo spento; quando provo a riaccenderlo non vuole proprio saperne.

E lo so, mi sento un po’ un cretino per essermi inquietato per queste cose. Ma negli ultimi mesi ho sognato Murka solo due volte: la notte che si è sentita male per la prima volta ad ottobre, e quella prima che smettesse di mangiare e si lasciasse andare a gennaio – la prima volta ho sognato che tornava indietro dai Campi Elisi e la seconda volta che smetteva di lottare, entrambe ricevendo notizie dalla Mater solo la mattina dopo. Per cui, il fatto di aver sognato che mi guidava fuori da quel sogno e lontano dalla presenza della ragazza morta, assieme al risveglio al freddo, mi ha impressionato. Magari per non pensarci più provo a farmi lo spread di tarocchi ad albero, che si fa per conoscere le presenze che tentano di avere a che fare con noi, e vedo se la ragazza è “qualcuno” da cui Murka mi ha davvero protetto.
Non che ci creda davvero: devo solo lasciarmi i brividi del sogno alle spalle, e maneggiare le carte è un modo carino di farlo.

Tuesday 1 July 2014

Il fascino degli archetipi

Siccome sono uno spendaccione senza speranza di redenzione, ho già fatto il mio primo acquisto in previsone dei soldi guadagnati con la conferenza: un mazzo di tarocchi. Ne avevo puntato uno Art Nouveau a Lucca 2013, ma l’avevano finito. Allo stand mi avevano lasciato il catalogo, ma non mi sono mai preso la briga di sfogliarlo fino ad ora; invece, adesso che ho avuto delle entrate inaspettate, ho deciso che era arrivato il momento di provare.

Onestamente, non so dire di preciso perché mi sia presa questa fissa all’improvviso, specie considerando l’atteggiamento per lo più derisorio che ho nei confronti di quelli che chiamo “wiccan scoppiati”. Un po’ è colpa di Lara, che continua a indottrinarmi con storie che nemmeno Il Risveglio di Modir nel salotto di casa tua. Ma in realtà, ho vissuto circondato da queste cose sin da quando ero bambino: la Mater è sempre stata appassionata di occulto, dall’astrologia alla cartomanzia, così è un tema con cui ho una discreta familiarità.

Se dovessi cercare di esprimere razionalmente cosa dei tarocchi mi affascina tanto, credo che il tutto si ridurrebbe al simbolismo. È un po’ come l’astrologia: non credo che la posizione dei pianeti in relazione ai disegni prospettici che le stelle vicine creano in cielo abbia davvero un’influenza tangibile sulle persone, ma mi affascina da morire il simbolismo che si cela dietro ai Segni Zodiacali. Ognuno rappresenta un archetipo, mentre ogni pianeta rappresenta una aspetto della personalità umana: a seconda di dove si trova, quel determinato aspetto assumerà caratteristiche di quel dato archetipo. Non c’è nessuna pretesa di scientificità, né si pensa che gli astri influenzino fisicamente l’umanità: è semplicemente l’arte di interpretare i determinati simboli e la loro posizione, di per sé e nella loro interazione.
Con i tarocchi è la stessa cosa: ogni posizione del gioco rappresenta una domanda e le carte danno una risposta comunicando tramite i loro archetipi. Il gusto non è pensare di poter conoscere il futuro, quanto leggere il significato che si cela dietro ogni figura, e come ognuna influenza l’altra. Sarà scientificamente ridicolo, ma da un punto di vista ricreativo è spettacolare. E poi diciamolo: i tarocchi Art Nouveau sono bellissimi, c’è poco da fare.

Parlando in maniera più irrazionale, come ho accennato sopra mi sento “pronto” ad apprendere a leggere le carte. Mi sono già informato della procedura tradizionale per “presentarmi” e prendere confidenza con il mazzo e ho piazzato l’ordine domenica notte. Domani mi procurerò l’incenso, l’unico oggetto che mi manca per “purificare” le carte una volta che mi saranno arrivate. E sinceramente, non vedo l’ora.