Wednesday 16 February 2022

Adesso arriva l’elfo nero

Sono giorni che vedo volare stracci tra gli appassionati di Tolkien sui feed dei miei vari social media. Come polemica non mi coinvolge particolarmente perché è un fandom di cui faccio parte a piccole dosi e marginalmente, ma a forza di leggere opinioni diverse, argomentazioni e controargomentazioni, ho inevitabilmente finito per rimuginare sulla faccenda pure io. Ho alcune osservazioni.
 
1) Un’opera del passato, per (ri)vivere, ha bisogno di passare attraverso la lente e il filtro dell’epoca attuale. Vedasi la scena di Arwen Principessa Guerriera nel primo LOTR di Jackson, residuo di quando si pensava di unire i personaggi di Arwen e Eowyn per creare una protagonista femminile più proattiva in linea con i tempi. Poi si è deciso di lasciare separati i personaggi e quella scena di Arwen è rimasta un non-sequitur, ma il punto resta: cambiano i tempi, cambiano i valori, e un’opera che vuole riproporsi non può ignorare la cosa.
Per dire, pensate a Notre-Dame De Paris: oggi sarebbe assurdo immaginare quella storia priva dell’aspetto di riscatto sociale con cui la conosciamo, ma a Hugo fotteva letteralmente sega dei marginalizzati, il succo del romanzo era che bisognava restaurare la cattedrale perché è l’unica cosa che dura nel tempo. E non vedo nessun purista che grida al politicamente corretto e si lamenta del “brownwashing” di Esmeralda, perché le implicazioni di lei che era l’unica zingara buona perché in realtà era la figlia di una coppia cristiana ed era stata rapita dalla culla sarebbero un filo indigeste al giorno d’oggi.
 
2) Tokenism, blackwashing, brownwashing, eccetera: sì, è vero, sono fenomeni non sinceri che nascono dalla necessità di sfruttare il multiculturalismo per ampliare il marketing di un’opera, e sono quasi sempre fatti dai bianchi a uso e consumo del senso di colpa sociale di altri bianchi.
Ma sono il sintomo di un problema più largo, ovvero la disparità di trattamento tra le storie occidentali cosiddette “biancocentriche”* (asterisco, ci torniamo dopo) e quelle non occidentali di culture non bianche. Salvo eccezioni, le storie non “biancocentriche” hanno meno pubblico e ricevono pertanto meno fondi (con ciò che ne consegue per la qualità), meno promozione, meno visibilità, rendendo le “pari opportunità” di rappresentazione, di fatto, nulle. Fintanto che non si risolve questo problema a monte e opere come Black Panther o Hidden Figures non smettono di essere un’eccezione, il tokenism è, purtroppo, un male necessario per rappresentare la società multietnica in cui ormai viviamo.
 
3) È vero, c’è un doppio standard nell’applicare il “colour-blind casting”. Alle storie occidentali è praticamente imposto, mentre non ci si sognerebbe mai di applicarlo a opere di origine africana, asiatica, sudamericana, eccetera. Nessuno ha battuto ciglio perché sono mancate le “quote bianche” in Encanto, per dire. Di nuovo, però, il problema è alla radice nella disparità di numero e presenza mediatica tra le storie occidentali che permeano la nostra cultura di massa e quelle non occidentali. C’è una disparità di trattamento e un protezionismo a valle perché c’è una disparità di mezzi e possibilità a monte.
 
4) Dalla parte opposta della barricata, torniamo a quell’asterisco. Parlando di “media occidentali” e “biancocentrici”, c’è l’ulteriore problema dell’imperialismo socio-culturale degli Stati Uniti, che si considerano il centro del mondo e danno per scontato che le stesse dinamiche sociali ed etniche che ci sono da loro si applichino anche alla molto diversa (ed internamente eterogenea) società europea.
Questo è un problema che VA affrontato e la sensibilità che, negli ultimi anni, si è iniziata ad avere nel presentare con quanta più autenticità possibile le storie di culture non occidentali dovrebbe essere estesa a tutte le storie non americane. Per cui, America, se una storia europea non si conforma ai tuoi standard etno-sociali, è perché la società di quel paese europeo è diversa da quella statunitense tanto quanto lo è quella coreana, o giapponese, o indiana (Paesi le cui produzioni mediatiche sono altrettanto “monocromatiche”, ma la cosa non viene fatta notare).
Vero che questo discorso è complicato dal passato imperialista dell’Europa, i cui danni al resto del mondo sono sempre attuali, ma dopo quasi settant’anni in cui NOI abbiamo ricevuto l’imperialismo americano, direi che possiamo iniziare a sollevare il problema: è giusto che richiediamo per l’Iliade (se n’era parlato tempo fa), i romanzi della Austen o le fiabe di Andersen o dei Grimm lo stesso trattamento che è riservato ad altre culture mondiali; però “noi” continuiamo a essere sovraesposti in una società in cui non siamo l’unico gruppo culturale.
 
5) Il discorso del “Ma io mi riesco a immedesimare in chiunque senza bisogno che sia la mia copia carbone” è il motivo per cui si parla di MBEB, quindi… anche no, grazie. In primo luogo perché, nel complesso, semplicemente non è vero, o non ci sarebbero puntualmente le lagnanze ogni volta che il protagonista di un’uscita mainstream (penso, ad esempio, ai videogiochi) è nero, queer, donna, eccetera. E poi grazie al cazzo, Pierfrancesco, che riesci a immedesimarti quasi sempre senza problemi: è proprio perché quasi sempre hai davanti la tua copia carbone.
Poi, per dire, anche a me la mancanza di una vagina non impedisce di finire quasi puntualmente per immedesimarmi più in personaggi femminili che maschili, quindi cosa ci vuole? Poi però vai a vedere meglio e questi personaggi femminili affrontano temi che risuonano con le problematiche che affronto in quanto persona queer in un modo che i personaggi maschi non fanno. Quindi, anche se obliqua, la dinamica di minoranza vs rappresentazione nei media esiste anche in quel caso.
Per cui, essendo il discorso più complesso di “ma basta avere fantasia per immedesimarsi”, lasciamo che siano le minoranze a dire se e quanto si sentono rappresentate o meno: è la LORO esperienza di vita ed è valida.
 
Quindi, in conclusione, è vero, gli elfi e i nani neri in una storia di Tolkien non risolvono il problema del razzismo sistemico e sono una mossa commerciale per non far accusare di “biancocentrismo” l’adattamento di un’opera che nasce da un autore bianco del secolo scorso; è anche vero che, se si vuole continuare a vedere quest’opera riproposta, bisogna accettare di vederla adattarsi ai tempi. Lo stesso Regno Unito non è certo l’America, ma il suo tessuto sociale è molto diverso rispetto ai tempi di Tolkien.
Detto in soldoni, la scelta qui è tra relegare quell’opera al passato e lasciarla fossilizzare nella forma che conosciamo, o adattarla al contesto socio-culturale attuale se vogliamo vederla riproposta. Volete ancora opere ispirate a Tolkien? È così che va ora, pace.
Poi in un futuro utopico non ci sarà bisogno di fare tokenism e blackwashing eccetera perché, accanto alla serie culturalmente europea di ispirazione Tolkieniana, saremo abbastanza ricettivi da appassionarci anche all’adattamento di un’epica mitologica centrafricana in cui non ci saranno personaggi bianchi. Ma quei tempi ancora non sono qui, e le persone non-bianche, non-etero e non-cis non possono più essere ignorate e nascoste sotto il tappeto nei media che la nostra società eterogenea produce e consuma.

Thursday 3 February 2022

Messaggi che mai saranno spediti

Mi visita un profilo su Romeo: interessante, lascio qualche like alle foto e vedo un po’ i suoi amici. Uno è carino, visito il profilo; da lì ne visito un altro, sempre di bell’aspetto. E mi trovo davanti la descrizione più stupida di sempre, specie per un trentatreenne, letteralmente mio coetaneo.
Are you ready to question everything?
 
Here is what I’m looking for: Empathy, Honesty, and Beauty.
 
I own the perfect contraceptive: an unvaccinated body. Press the [x] button ASAP to escape. :)
 
My outside might appeal to some of you,  but just wait till I crush that with my personality. :)
INFP-A in case you were wondering.

Not all the infinites are the same in size: there are more Real numbers between 0 and 1 than there are Natural numbers going into infinity. Proven by Cantor’s Diagonalisation Proof.

The magic word of the 21st century to ward off any interest: unvaccinated. A dream-come-true period for all sociologists to come.
Gioia bella. Da dove comincio?
Tralasciando la scorreggina matematica messa lì giusto per darsi un tono… quell’incipit lì sembra quasi inoffensivo, finché non si contestualizza col resto. Ma andiamo con ordine.
Dovessimo ipoteticamente chattare e dovessi tu confessarmi di non essere vaccinato aspettandoti una reazione negativa a priori da parte mia, probabilmente il tuo gusto per il drama e l’autocommiserazione sulle prime rimarrebbe frustrato.
Non ce l’ho con i non vaccinati in sé e per sé. Se alla luce di qualche condizione o patologia pregresse, il medico dice a qualcuno che non è il caso che si vaccini, io ne ho il massimo rispetto e, anzi, posso guardarlə negli occhi e dirlə con sincerità che a me importa. Che non potrò fermare la pandemia o prometterlə di proteggerlə dal contagio, ma ho fatto tutto ciò che mi è umanamente possibile per non contribuire deliberatamente al rischio: ho sempre rispettato il distanziamento sociale, osservato i lockdown e, soprattutto, mi sono vaccinato.
Se invece, come quell’incipit suggerisce, si tratta semplicemente di fare le bizze e i capricci per sentirsi “speciali”, “più svegli” e “più furbi”, beh, allora mi spiace ma no, non provo nessun rispetto. Siamo nel 2022, questa situazione va avanti da due anni, a questo punto non ci sono più scuse di disinformazione e ignoranza, è una scelta deliberata. Fra l’altro, trovo enormemente ironico che a cercare empatia sia uno che, pur di vivere la sua fantasia da protagonista, da eroe che si oppone all’oppressione del sistema, mostra un tale egoismo e mancanza di riguardo verso chi il vaccino davvero non può farselo.

L’altra cosa che mi urta particolarmente di questa presentazione è quando fa “autoironicamente” la vittima. Da una parte, sembra un suo atteggiamento in generale, perché se ti rendi conto di essere una persona sgradevole e, invece che lavorare su te stesso, scarichi la responsabilità sugli altri, c’è qualcosa che non va, come ci insegnò a suo tempo il nostro amico svedese incel.
Dall’altra, è il voler scaricare sugli altri quelle che sono solo le conseguenze di una sua scelta deliberata. Se essere non vaccinato è una cosa che allontana i potenziali partner, la colpa non è dei potenziali partner e tu non sei in diritto di lanciarti un pity-party mascherato da autoironia. Francamente, se uno fa sesso casuale non protetto con molti partner e si rifiuta di fare terapie preventive come il PrEP, credo che non ci sia nulla di sbagliato se un potenziale nuovo partner preferisce lasciar perdere. I mezzi per proteggersi ci sono, rinunciarvi è una scelta; qui è la stessa cosa.

E niente, questo è un post che ho scritto semplicemente perché non è nel mio stile attaccare briga con gente che non mi scrive per prima, ma avevo bisogno di sfogarmi un po’. Sono come messaggi che ho scritto ma non spedirò mai al cretino qui. Che continui a vivere nella sua piccola bolla in cui lui è un eroe della libertà e tutti noialtri siamo cattivi e ottusi perché non lo accettiamo.