Tuesday 31 December 2019

Classifica musicale annuale – 2019

Nelle puntate precedenti:
2017;
2018.

Classifiche generali (1-50):
2016;
2017;
2018;
2019.

Classifiche generali (51-100):
2018;
2019;

1. Come ti sei appassionato alla posizione numero 30? (ionnalee)
• Sono un fan di iamamiwhoami, quindi anche il progetto solista mi ha incuriosito (compresi gli album pre-iamamiwhoami).
2. Prima canzone ascoltata della numero 22? (Todesbonden)
• Questa la ricordo: Ghost Of The Crescent Moon.
3. Testo preferito della numero 33? (Dead Can Dance)
The Ubiquitous Mr. Lovegrove è una delle migliori break up song mai scritte. E non credo a Brendan quando dice che non è su Lisa.
4. Album preferito della numero 49? (The 3rd And The Mortal)
• Ouch. Per comodità potrei dire Tears Laid In Earth, ma tutti i loro album hanno aspetti che amo tantissimo accanto ad altri che mi urtano un po’.
5. Canzone preferita della numero 13? (Meg Myers)
• Scelta difficilissima fra The Morning After e Take Me To The Disco.
6. Album peggiore della numero 50? (Autumn)
• Mettendo a tacere la fangirl, When Lust Evokes The Curse potrebbe, ahem, non essere poi molto buono.
7. C’è una canzone della posizione numero 39 che senti molto tua? (The xx)
Together, e ogni volta è un dolore.
8. Bei ricordi legati alla numero 15? (Delain)
Il concerto a Milano nel 2009 con Luisa. Oltre all’ottima compagnia, la location era molto intima e ha creato una bella atmosfera. E alla fine, Charlotte e Martijn poi sono usciti a parlare un po’ col pubblico. È stata una bellissima serata.
9. Quanti album possiedi della numero 5? (Ramin Djawadi)
• Ma tipo esistono tuoi album in formato fisico?
10. C’è una canzone della numero 45 che ti rende felice? (Florence + The Machine)
Hunger! Vorrei che la mia vita fosse un musical soltanto per poter camminare per strada con gli auricolari e lypsincare for my life mentre ballo la coreografia che mi ispira, con i passanti che si uniscono come comparse. Sarebbe una scena bellissima!
11. Canzone preferita della numero 40? (Amesoeurs)
Gas In Veins.
12. Canzone della numero 10 che ti piace di meno? (Siobhán Donaghy)
Nothing But Song è oggettivamente brutta: essendo l’opener del primo album, mi ha fatto temere il peggio quando mi sono deciso ad ascoltare la discografia.
13. Bei ricordi evocati dalla numero 6? (Les Discrets)
• Nessuno in particolare.
14. Canzone della numero 38 che associ a un momento o persona? (Gwen Stefani)
Hollaback Girl è uno dei pochi ricordi genuinamente piacevoli che mi sono rimasti di Quella Luana.
15. Quale canzone della numero 19 ti emoziona di più? (Amy Lee)
• “Emoziona” è un eufemismo nel caso di Love Exists. E ne esistono pure due versioni: jackpot!
16. Quante volte hai visto la numero 35 live? (Röyksopp)
• Nessuna. Ma… tipo un tour con Susanne Sundfør e Jonna Lee?
17. Quale canzone ti ha fatto innamorare della 23? (The Bryan Ferry Orchestra)
• La cover di Back To Black dalla colonna sonora di The Great Gatsby.
18. Album preferito della numero 11? (Stream Of Passion)
The Flame Within è immortale.
19. Prima canzone ascoltata della numero 14? (Emmelie De Forest)
• Beh, Only Teardrops, naturalmente: l’Eurovision è praticamente la Champions League per i gay.
20. Canzone preferita della numero 27? (Rose McGowan)
RM486 se la gioca con Canes Venatici.
21. Album preferito della numero 16? (Goldfrapp)
Tales Of Us. Non m’importa se il resto della loro discografia è (per lo più) una meraviglia dopo l’altra, Tales Of Us è un capolavoro.
22. Prima canzone ascoltata della numero 47? (M.I.A.)
Jimmy è stato l’inside joke più riuscito della storia.
23. C’è una canzone della 18 che trovi catartica? (Hurts)
Silver Lining, specie il finale con i cori!
24. Come hai scoperto la numero 21? (Lucia)
• Grazie a Luisa, come tutte le belle cose.
25. Canzone della numero 26 che ti rende felice? (Gåte)
Kjærleik, soprattutto la versione live di Liva.
26. Canzone preferita della numero 3? (Anathema)
Untouchable, Part 1, senza se e senza ma.
27. Album preferito della numero 2? (The Gathering)
• Butto lì Souvenirs dal periodo di Anneke e Disclosure da quello di Silje, ma è una scelta pressoché impossibile.
28. Prima canzone ascoltata della numero 32? (Evanescence)
Understanding, come tutti i fan più duri e puri. Scherzo: ovviamente Bring Me To Life.
29. Testo preferito della numero 8? (Sharon Den Adel)
• Beh… My Indigo.
30. Quante volte hai visto la numero 17 live? (Beyon-D-Lusion)
• Nessuna, e a questo punto è improbabile.
31. Come hai scoperto la numero 44? (Theatre Of Tragedy)
• La domanda non è come li ho scoperti, ma perché non l’ho fatto prima!
32. Album della 12 che ritieni sottovalutato? (Aurora)
• Fortunatamente nessuno: Aurora sta ricevendo il riconoscimento che merita!
33. Canzone peggiore della numero 29? (Susanne Sundfør)
• Prima del Live At The Barbican avrei detto Mantra, ma dal vivo è riuscita a diventare fantastica perfino lei. Dico la title track di Music For People In Trouble perché fondamentalmente è un interludio, e soprattutto perché non ricordo nulla di ciò che è successo su A Night At Salle Pleyel. Probabilmente nemmeno Susanne se lo ricorda.
34. Prima canzone ascoltata della numero 34? (Delerium)
Seriamente? Perché questa domanda mi capita sempre a loro? Silence, comunque.
35. Album preferito della numero 28? (Sleepthief)
Mortal Longing, pur con i suoi ritardi e qualche filler.
36. Quante volte hai visto la numero 42 live? (Eivør)
• Nessuna, ma è sulla mia bucket list.
37. C’è qualche canzone della 36 che consideri un guilty pleasure? (Tactile Gemma)
• Nessuna: li ascolto con grande orgoglio!
38. Come hai scoperto la numero 48? (Karen Elson)
• Mi sono innamorato di 1000 Years From Now, usata come sottofondo nella prima stagione di The Midnight Hour di Paranormal Zone.
39. Album preferito della numero 7? (Marina & The Diamonds)
• Con o senza Diamonds, resta Froot.
40. C’è qualche canzone della numero 31 che ti mette nostalgia? (Daggers)
Magazine è l’ennesima in una serie infinita di foto che volevo fare con una certa persona, e che ovviamente resta ancora solo un’annotazione. Che palle, ma perché le occasioni di lanciare shade mi si servono da sole anche quando non sono in vena?!
41. Canzone della 41 che non ti piaceva ma adesso ami? (Carmen Consoli)
• Non particolarmente.
42. Testo preferito della posizione numero 24? (Panic! At The Disco)
King Of The Clouds.
43. Canzone più emozionante della numero 46? (Sugababes)
• Direi Shape, Stronger e Maya, ma in realtà mi emoziona ancora di più poter finalmente dire che Flatline è una canzone delle Sugababes!
44. Canzone della numero 25 che ti rende felice? (Shadowgarden)
• Ahah, bella questa.
45. Canzone preferita della numero 9? (Tori Amos)
• Gesù. Limito la scelta agli album con cui ho molta familiarità (gli ultimi due), e nomino Reindeer King, Wild Way, Bang e Forest Of Glass.
46. Primo album ascoltato della numero 37? (Giorgia)
Ladra Di Vento. Che è tuttora l’unico suo album che abbia ascoltato per intero.
47. Membro preferito della numero 4? (Nemesea)
• Chiamerei HJ “daddy” senza esitazione. Ops, l’ho detto ad alta voce?
48. Prima canzone ascoltata della posizione numero 43? (Abney Park)
Sleep Isabella.
49. Album che possiedi della numero 20? (Amaranthe)
• Perdonami, Elize-Chan! Non sono degno del tuo ammoreh!
50. Il miglior ricordo associato alla numero 1? (Within Temptation)
• Nonostante la magnificenza del concerto ad Anversa, ricordo con più affetto il concerto a Milano nel 2011: eravamo quasi tutti lì e ancora tutti amici. Che bei tempi.

Thursday 26 December 2019

La coda della cometa

A me la disonestà intellettuale non piace. Non piace nemmeno quando è usata per portare avanti cause che condivido, perché si finisce per creare un castello di carte che, quando crolla, scredita il tutto. Ultimamente, nell’epoca della post-verità, quando i fatti non contano nulla, perfino chi cerca di migliorare il discorso pubblico e la società si è abbassato a queste tattiche meschine, e ciò non va affatto bene.

Prendiamo ad esempio un evergreen del dibattito ateo, di cui io stesso faccio parte: non è possibile che Dio abbia creato la luce il primo giorno se ha creato il Sole e le stelle solo il quarto.
Ah no? Dillo alla radiazione cosmica di fondo, che è la luce che si è sprigionata dal Big Bang prima ancora che anche solo protoni ed elettroni potessero aggregarsi in atomi, figurarsi diventare stelle.
Questo argomento getta le radici nella disonestà intellettuale perché, scientificamente parlando, non è corretto dire che nell’Universo non ci sia stata luce fino alla formazione delle prime stelle: anche se supporta una causa che condivido, non posso condonarlo. (Senza contare che è segno di grande ignoranza, perché basta leggere quattro righe dopo per trovare la vera fallacia logica, ovvero che le piante siano state create prima del sole e delle stelle; per criticare qualcosa bisogna quantomeno conoscerlo).

Nel mio adorato periodo natalizio, questo genere di cose sembra crescere esponenzialmente: forse in reazione al senso di fratellanza e pace preconfezionate che le lucine colorate portano, forse perché un po’ a tutti (me compreso) piace distinguersi facendo polemica su qualcosa di super popolare che non piace, forse perché ormai il Natale è un tale mucchio di parole vuote che lo viviamo per osmosi culturale e non ci preoccupiamo nemmeno più di ripescare la conoscenza pregressa che ne abbiamo avuto ai tempi del catechismo.
Ad esempio, non so che Bibbia abbiate letto voi da bambini, ma nella mia Giuseppe e Maria non erano rifugiati che nessuno voleva, erano due elettori fuori sede che hanno trovato tutti gli alberghi pieni. Supporto il discorso sull’accoglienza (pur con le mie riserve) e sono assolutamente d’accordo sull’importanza (specie pragmatica) di non abbandonare migranti e rifugiati a se stessi, ma è un esempio che non c’entra niente: punta a strappare una reazione di pancia dalla gente che si vede toccare la Natività, magari cercare di estendere il senso di empatia che si prova per il povero Gesù Bambino nato in una mangiatoia anche ai veri poracci che arrivano qui (spoiler: la gara per l’empatia la vincono sempre i feticci di legno). Beh, così non si fa che intorbidire ulteriormente un dibattito che ha perso ogni razionalità, e abbassarsi a usare la stessa scorrettezza di Salveenee & co. Non importa se è a fin di bene, è pur sempre un inganno.

E già che parliamo di Natività, la corona della faziosità natalizia quest’anno se la aggiudica Bansky con la sua Scar of Bethlehem, una rivisitazione della classica scena davanti a un muro di cemento con un buco a forma di stella lasciato da un colpo di mortaio.
Beh, Bansky ha dimenticato la coda della cometa.


Il fatto è che è così facile, dalla comodità dell’Occidente, ridurre quel conflitto a una tifoseria da stadio, scegliere la nostra squadra del cuore ed ergerla a faro di purezza e innocenza contro i malvagi. La realtà, però, se ne frega di cosa è facile. La realtà è complicata. A maggior ragione, quella di un conflitto che va avanti da tre quarti di secolo.
Quel muro non esiste nel vuoto. Esiste nel contesto ben specifico di un conflitto che, detto semplicemente, è bilaterale. In oltre settant’anni, entrambe le parti hanno accumulato una tale montagna di torti, di tentativi di appianare le cose per poi inasprirle, di tattiche poco ortodosse, che arrivati nel 2019 è intellettualmente disonesto puntare il dito sugli uni fingendo che gli altri non abbiano fatto nulla. Questi costruiscono il muro; quelli lanciano razzi e accoltellano i civili. Questi bombardano scuole e ospedali; quelli ci nascondono dentro le armi.
Se vogliamo davvero liberarci di questo residuo marcio della Guerra Fredda (perché alla fine non è che un proxy fra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti sfuggito orribilmente di mano), dobbiamo smettere di fare il tifo, smettere di riportare le notizie a metà, smettere di giustificare dicendo: “Eh, ma allora prima”, e osservare la situazione con sufficiente onestà intellettuale per riconoscere che torti e ragione sono spalmati sull’intera scacchiera.
Se indichiamo la cometa, indichiamo anche la coda. Tutto il resto è faziosità.

Tuesday 24 December 2019

Let it fall

Oggi pomeriggio la Mater mi ha incastrato a fare l’albero di Natale.
Con un po’ di magheggi ben piazzati, sono riuscito a farle aprire i rami da sola e, alla fine, il mio contributo è stato sedermi accanto alla scatola e passarle gli addobbi, che lei si ingegnava ad appendere al nuovo abete finto.
Mentre tiravo fuori l’ultima pallina trasparente superstite, mi è caduta e, essendo di plastica fragile, si è rotta. Era dentro una scatolina rigida, lottare con la linguetta del coperchio e farsela scivolare di mano è un attimo. Tutto estremamente plausibile.
Eccetto che l’ho fatta cadere apposta.

Non so. Forse è il gatto che è in me. Forse era curiosità di vedere se bastasse così poco per romperla. Forse perché, delle tre palline fragili, è sempre stata quella che mi piaceva di meno e mi seccava che fosse proprio lei la superstite. Forse era un po’ di iconoclastia.
Ricordo anche quando l’ho comprata, nel 1999 all’ex Standa, con mio padre. A conti fatti, ricordo quando, dove e come ho comprato più o meno tutti gli addobbi, eccetto quelli più vecchi di me. Il festone di perline e campanelle all’Upim di Sassari nel 1994, quel giorno c’era anche la Ziaccia e la Mater mi aveva comprato anche un mini-set di Lego Paradisa. Delle palline del 1995 ne è rimasta una sola, ché all’altra già da anni si era crepato il rivestimento e si vedeva più polistirolo che colore. Quelle un po’ anonime che ci sbolognarono dei conoscenti di famiglia che dovevano traslocare sono facili da riconoscere: sono arrivate dopo che avevo comprato il gel glitter per decorare le più semplici che già avevamo. E non parliamo dei nastrini.

A una certa, la Mater ha fatto un’osservazione strana. All’ennesimo mugugno disinteressato con cui ho risposto al suo cinguettare su quanto fosse venuto bene l’albero, ha detto: “Non ti sei affezionato a quest’albero di Natale. Ti manca il vecchio”. Osservazione probabilmente aiutata dal fatto che sono cascato dal pero quando mi ha fatto notare che l’aveva già tirato fuori e addobbato l’anno scorso, cosa che avevo totalmente rimosso.
Solo che no, non mi manca il vecchio, quello che avevamo avuto fin da quando ero bambino, finché i rami non hanno iniziato a staccarsi, con ancora il ramo di fico intagliato e posizionato sulla punta del tronco dal Procreatore per mettere il puntale perché Maremma Maiala, mai che facciano un albero su cui sia davvero possibile infilarlo.
Non mi manca, dicevo, e ho anzi tirato un sospiro di sollievo quando la Mater l’ha buttato. Gli ultimi due anni l’abbiamo addobbato ed è rimasto lì spento, dimenticato in salotto finché è arrivato il momento di disfarlo.
E poi sono riuscito a ritardare di due-tre anni l’acquisto del nuovo, con una scusa o l’altra (finché è bruciato il negozio dove volevamo andare, non sto scherzando!), perché averci a che fare non fa che peggiorare il mio umore.

Ma la cosa peggiore è che un po’ mi dispiace. C’è una parte di me a cui sotto sotto mancano i tempi in cui tutta la faccenda natalizia mi entusiasmava tanto da memorizzare quando e dove ho preso quali addobbi, e ricordare in che ordine andassero messi sull’albero con la stessa facilità con cui saprei ricostruire il Faro dell’Isola Paradisa a distanza di vent’anni. Mi sembra di ritrovarmi privo di una facile valvola di sfogo e occasione per essere di buonumore che invece altre persone trovano con grande facilità. Non per la religione, non per le menate sulla famiglia – ché per la Mater almeno un’oretta al telefono la dedico quasi ogni giorno per tutto l’anno, mentre se alcuni parenti non li sento mai di sicuro c’è un buon motivo che non sparisce a Natale – quanto per me personalmente, per avere un paio di settimane di allegria, per quanto superficiale e stupida, piuttosto che aggravare ulteriormente il mio stato mentale.

Voglio chiudere con una nota un po’ più positiva: quest’anno ho partecipato alle feste giocando al Whamageddon e a meno di otto ore dal traguardo non sono ancora finito nel Whamhalla. Speriamo bene.
Oh, e oltre a godermi, come sempre, l’ottima cover di Santa Baby (aka l’unica canzone natalizia davvero onesta) di Emilie Simon che ci illustra l’unico vero significato del Natale, mi sono improvvisato singer-songwriter e ho riscritto il classico di Mariah Carey:

Every single fucking Christmas
There’s the present-buyng craze,
Boring songs about fake feelings
Saccharine as diabetes.

Fuck the toy electric trains,
And fuck the carols and refrains.
Also, fuck the candy canes:
All I want for Christmas…
…is Colton Haynes!


Sunday 15 December 2019

Let it die

Ore 4:36.
Sono all’aeroporto di Bologna e, dopo una notte insonne che ha compreso il finale della prima stagione di Lost In Space con Katia via Netflix mobile e Discord, l’evoluzione di tutti i Pokémon con mossa esclusiva da community day su Pokémon Go, e cazzeggio sulle app di dating perché a una certa mi si è liquefatto il cervello e non sono riuscito a leggere i nuovi libri di Agatha Christie che ho comprato ieri notte alla Mondadori qui in aeroporto.
Per inciso, la commessa è una super fan come me e abbiamo passato una buona mezz’ora a parlare di Agatha mentre controllavamo sul catalogo quali fossero stati finalmente ristampati e quali ancora no.

Il motivo per cui scrivo queste annotazioni ora, comunque, è un altro: avrei ancora un’oretta a disposizione prima di dover fare il controllo sicurezza, visto che il gate mi chiude alle 6:20 (il decollo è previsto alle 6:50), ma sono stanco di stare nel limbo che è la lobby dell’aeroporto e vorrei accucciarmi su una qualche seggiola al gate fino all’ora di mettermi in fila per l’imbarco, con tutte le incombenze alle spalle.
Fatto quello, ovviamente, non potrò più uscire dall’aeroporto.

In inglese si dice che third time is the charm, la terza volta è quella buona. Non so nemmeno più se tecnicamente questa sia ancora la terza, o già la quarta? Voglio dire, l’estate scorsa c’è stata una parentesi che però non considero, visto che non ero affatto convinto, quindi tecnicamente il detto è ancora valido? Non lo so.
Il fatto sta che ho deciso che qualcosa deve morire con la vecchia decade, perché se non mi pongo un limite così perentorio non c’è via d’uscita, e il decesso è avvenuto alle ore 4:36 del mattino del 15 dicembre.
E sì, l’ennesimo post di cui probabilmente solo io coglierò il senso, ma sta qui giusto per ricordarmi quante ore, poi giorni, poi settimane, poi mesi saranno passati quando mi riguarderò indietro.

Sunday 8 December 2019

Luminarie

Sì, è l’ennesima invettiva natalizia su questo blog. Non siete contenti?

Quest’anno sto cercando di fare buon viso a cattivo gioco durante il periodo natalizio. L’esasperazione è sempre lì, ma la sto canalizzando in battute passivo-aggressive su quanto l’aspetto più consumistico delle feste, su cui mi sono sempre scagliato, sia sotto sotto divertente e forse nemmeno la parte peggiore della faccenda. Vogliamo buttare soldi in panettoni e decorazioni? Vogliamo scambiarci regali? Va bene, facciamolo, almeno gira l’economia, c’è di peggio a questo mondo. Tipo il fatto che a Natale siamo tutti più buoni.
Sul serio, mettere il naso fuori di casa e vedere le luminarie e le altre decorazioni per strada mi mette addosso un’irritazione incredibile. Sopratutto qui a Trieste.

Ne ho giù parlato a grandi linee tre anni fa: il nuovo sindaco forzista di Trieste era giubilante per aver riportato i tradizionali ventiquattro abeti decorati di Piazza Unità più una quantità spropositata sparpagliata per tutto il resto della città. L’amministrazione precedente, di sinistra, aveva ridotto il tutto a un unico albero grande in piazza e una proiezione di giochi di luce sulla facciata del Municipio.
Ma no, Dipiazza, spendendo dodici volte tanto, ha riportato i fasti natalizi in città e le sue dichiarazioni dell’epoca furono un non molto velato “Make Trieste Great Again”. E ne era orgoglioso. Oh, se ne era orgoglioso!

Nel frattempo, quest’anno, il vicesindaco ha buttato le coperte e i vestiti di un senzatetto in un cassonetto, “devo dire con soddisfazione”, per veder di nascosto l’effetto che fa. Tipo il quattro gennaio, o giù di lì, non ha nemmeno aspettato l’Epifania, che tutte le feste porta via.

Oh, e il Comune ha inaugurato una nuovissima statua di D’Annunzio, fortemente voluta dal sindaco in persona, proprio questo dodici settembre, nel centenario dell’Impresa di Fiume. Ma niente paura: sempre nel famoso comunicato del 2016, l’allora nuova amministrazione aveva fatto sapere che gli alberi sarebbero rimasti per strada fino al quindici gennaio, perché hanno il massimo rispetto della sensibilità della comunità slava triestina!

Sempre la nostra fantastica amministrazione comunale, che tanto ama il Natale e i buoni sentimenti, specie in tempi tanto difficili, è stata quella che ha negato l’uso della sala cerimoniale del Municipio per le unioni civili, relegandole in uno sgabuzzino amministrativo rigorosamente solo in orario di servizio. Perché ama il prossimo tuo, ma solo se non ama il cazzo.
E che dire di come ci hanno negato l’uso di Piazza Unità per il Pride di quest’anno, senza nemmeno cercare di indorare la pillola? Ci siamo comunque seduti lì per diverse ore perché che vuoi fare, spararci coi proiettili di gomma? Ma il punto resta.

E visto che di Piazza Unità si parla, penso che sappiamo tutti che è stato proprio lì che, nel 1938, Mussolini promulgò le leggi razziali.
Fast forward al 2018, e nell’ottantesimo anniversario, il nostro sindaco ha negato l’uso della piazza per una manifestazione che ne ricordasse e condannasse gli orrori perché, huh, ci sarebbe stato un altro evento di lì a cinque giorni. Pessime tempistiche, ragazzi.

Ciliegina sulla torta, una settimana fa un consigliere leghista ha sollevato in aula il fatto che, essendo profondamente cattolico, si è sentito offeso da Liliana Segre che andava in giro a dire che Gesù era ebreo.
Aaah, conosciamo bene ciò che celebriamo questo mese, ve’?

Ma niente paura, gli alberi sono al loro posto! Tutti e ventiquattro! E anche le luminarie, e gli altoparlanti con la musica natalizia, e la gioia, la pace, l’ammoreh e tutto il resto! Siamo così felici di aver riportato il Natale per tutti i bambini e le loro famiglie! “Quest’anno saremo superiori a Milano, Lubiana e Salisburgo”!

Sai cosa, Dipiazza? Fanculo. Fanculo te, i tuoi alberi di Natale, le luminarie, le canzoni natalizie e pure la stella di Natale di venticinque metri che si vedrà pure da Monfalcone.
Le stai usando come dichiarazione su come tu stia migliorando le cose, su come stia riportando i buoni sentimenti e sistemando la città, quando la tua amministrazione è stata uno shitshow dal primo giorno su ogni singola questione importante, soprattutto quelle che hanno davvero a che fare con la fratellanza, la decenza morale, il rispetto e l’ammoreh per il prossimo.

Perché sono questo, le luminarie, le dimostrazioni pubbliche sbandierate per strada: politica nuda e cruda. E più qualcuno se ne fa un vanto, meno gli frega di ciò che dice di promulgare col Natale, e più ha tradito ognuno di quelli che dovrebbero esserne i princìpi morali per tutto il resto dell’anno.
Non bastano un mucchietto di abeti e una tonnellata di lucine scintillanti a cancellare la puzza di marcio e l’oscurità interiore.

Wednesday 4 December 2019

Bottom line

Cleansing sweat,
We are just using each other,
Too depraved to stay alive
But too young to die.

Fa strano ascoltare una canzone da ragazzini pensando a quanto sia figo e edgy il testo, senza però interiorizzarlo davvero, e ritrovarsi poi anni e anni dopo a risentirla e pensare a quanto quella situazione sia familiare.

Nella mia vita ci sono svariati rapporti che considero genuini. Alcuni hanno una bottom line, vero, ma la ritengo secondaria, almeno da parte mia, all'affetto e al rispetto reciproci. Altri sono nati proprio da quella e hanno poi sviluppato tutta la parte umana. In altri, invece, si è sviluppata col tempo sulla base di interessi comuni che hanno portato all'affidarsi l'uno all'altro per seguire una bottom line condivisa. Che poi, la bottom line può essere qualunque cosa: nel mio caso ha spesso a che fare con l'espressione artistica e il contributo che i miei potenziali amici possono darle, ma non necessariamente.
Il punto è che, nonostante ci sia una componente egoistica e d'interesse, sono rapporti che vanno oltre quell'aspetto e si basano sull'apprezzare la reciproca presenza nelle rispettive vite e, probabilmente, sopravvivrebbero alla perdita della bottom line.

In tutto ciò, sto iniziando ad avere seri dubbi su quanto un rapporto possa funzionare quando la bottom line è sessuale. Cioè, ho mezzo rinunciato all'idea di un rapporto romantico e a lungo termine, ma inizio a disilludermi anche sulla semplice amicizia con benefit e chiedermi se sia davvero possibile per due persone con una potenziale attrazione fisica (specie se reciproca) essere realmente amici.
Delle mie amicizie con benefit, solo una è davvero in buone condizioni, un rapporto basato su affetto, fiducia, passioni condivise che, quando l'occasione è buona, entra anche in territorio sessuale. Coincidentalmente, è anche l'amicizia i cui benefit sono più campati in aria: a parole scoperemmo e basta, nella pratica poi ci perdiamo a seguire le mille altre cose che abbiamo in comune e non resta chissà quanto tempo se non per baciarsi qua e là.
In un altro rapporto con un ragazzo potenzialmente attraente e a cui voglio davvero un mondo di bene, invece, fin dall'inizio ho deliberatamente deciso di sopprimere qualsiasi tensione sessuale, perché non era ciò di cui lui aveva bisogno in quel momento, e perché avevo timore di ridurre il tutto a quello. Sul serio, è una persona a cui voglio un tale bene, e con cui mi trovo così a mio agio, che far passare in secondo piano tutto quello solo per qualche orgasmo non mi è sembrato valesse la candela.
Col senno di poi, probabilmente ho fatto bene: è arrivato un paio di giorni fa l'ultimo di un'interminabile sfilza di ragazzi potenzialmente interessanti, con cui ho anche molte cose in comune, che molla prontamente qualunque interesse a parlare d'altro nel momento in cui percepisce che c'è potenziale intesa sessuale ricambiata da parte mia. Tanti bei discorsi, tante riflessioni interessanti, che hanno fatto da preludio a del sexting (ottimo, devo ammetterlo) per poi sgonfiarsi completamente: se non c'è il tempo di provocarsi e farsi una sega, in pratica tanto vale non sentirsi, mi pare di capire. Pensa se fossimo effettivamente finiti a letto.
E mi vengono in mente un paio di altre personcine brillanti che, arrivate al punto del “what if”, fanno puntualmente deragliare il discorso in quella direzione dimenticando completamente l'affinità intellettuale che ci ha fatti arrivare fin lì. Che delusione.

Quindi? Cosa deve fare uno per avere una vita sessuale che sia soddisfacente sia sul lato fisico che su quello cerebrale? Se nemmeno più le amicizie con benefit funzionano, qual è l'ultima spiaggia? O mi è solo capitata una sfilza di finti intellettualoidi che erano allupati cronici fin dall’inizio e lì fuori c’è davvero qualcuno con cui è possibile parlare non solo di quanto ce l’ha in tiro al momento? Perché francamente non ho più l’età per queste stronzate.