Ore 4:36.
Sono all’aeroporto di Bologna e, dopo una notte insonne che ha compreso il finale della prima stagione di Lost In Space con Katia via Netflix mobile e Discord, l’evoluzione di tutti i Pokémon con mossa esclusiva da community day su Pokémon Go, e cazzeggio sulle app di dating perché a una certa mi si è liquefatto il cervello e non sono riuscito a leggere i nuovi libri di Agatha Christie che ho comprato ieri notte alla Mondadori qui in aeroporto.
Per inciso, la commessa è una super fan come me e abbiamo passato una buona mezz’ora a parlare di Agatha mentre controllavamo sul catalogo quali fossero stati finalmente ristampati e quali ancora no.
Il motivo per cui scrivo queste annotazioni ora, comunque, è un altro: avrei ancora un’oretta a disposizione prima di dover fare il controllo sicurezza, visto che il gate mi chiude alle 6:20 (il decollo è previsto alle 6:50), ma sono stanco di stare nel limbo che è la lobby dell’aeroporto e vorrei accucciarmi su una qualche seggiola al gate fino all’ora di mettermi in fila per l’imbarco, con tutte le incombenze alle spalle.
Fatto quello, ovviamente, non potrò più uscire dall’aeroporto.
In inglese si dice che third time is the charm, la terza volta è quella buona. Non so nemmeno più se tecnicamente questa sia ancora la terza, o già la quarta? Voglio dire, l’estate scorsa c’è stata una parentesi che però non considero, visto che non ero affatto convinto, quindi tecnicamente il detto è ancora valido? Non lo so.
Il fatto sta che ho deciso che qualcosa deve morire con la vecchia decade, perché se non mi pongo un limite così perentorio non c’è via d’uscita, e il decesso è avvenuto alle ore 4:36 del mattino del 15 dicembre.
E sì, l’ennesimo post di cui probabilmente solo io coglierò il senso, ma sta qui giusto per ricordarmi quante ore, poi giorni, poi settimane, poi mesi saranno passati quando mi riguarderò indietro.
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