Saturday 24 April 2021

Bambini grandi

Non so cosa sia stato. Forse la lentezza con cui ho abbassato entrambe le posate. Forse il lampo omicida che mi ha attraversato lo sguardo. Forse la combinazione tra lampo omicida e oggetti acuminati in mano. Il fatto sta che la Mater ha sùbito fatto marcia indietro sulla richiesta che io comunicassi al Guasto delle spese per l’installazione del gas e del riscaldamento in casa e gli chiedessi i documenti necessari per richiedere le agevolazioni di stato, e si è proposta di farlo lei stessa.
Di nuovo, dopo le ultime settimane ho seri dubbi che abbia la sensibilità necessaria per rendersi conto di quanto vicino io sia al punto di rottura e che dover mediare tra lei e il suo ex non avrebbe aiutato, quindi devo davvero aver fatto un’espressione tale da farle tornare in mente i discorsi su quanto mi sia rotto le scatole di far loro da cuscinetto. O forse, dopo che l’ultima volta non le ho fatto sconti sulla mia rabbia per come finisce sempre per tirarmi in mezzo e lasciare a me le conseguenze, ha pensato che fosse il caso di risparmiarsi il mio muso lungo (“Osi usare i miei incantesimi contro di me, Potter?”).

Comunque, dopo i convenevoli e una breve introduzione in cui gli dicevo che bisognava parlare della casa e gli passavo la Mater, ho assistito alla scena surreale di sentirli parlare tra di loro con toni civili e in maniera costruttiva. Due bambini grandi che non hanno più bisogno della baby sitter! Francamente non ricordo proprio quando fosse stata l’ultima volta in cui avevano parlato direttamente: mi viene in mente quando siamo andati tutti assieme a comprare il condizionatore per camera mia, ed era un paio d’anni prima che mi trasferissi a Trieste! C’è perfino stata una vaga cordialità nel chiedersi come stessero, di questi tempi, e alla fine si sono accordati su tutto e lui ha accettato senza trascinare i piedi di fare la sua parte.
Naturalmente la Mater non si è lasciata sfuggire l’occasione di trollarlo un po’. Con l’espressione e il tono di voce della gatta che sta per saltare sul bancone della cucina a rubare la fettina lasciata a scongelare, lo ha informato di essersi prenotata il vaccino, gli ha ricordato che hanno aperto uno hub in Paese, gli ha dato tutte le istruzioni su come fare anche una volta tornato e dopo aver saltato la chiamata del suo anno, e ha chiesto con finta innocenza come stesse andando in Turchia ora che hanno chiuso tutti i voli perché la situazione è fuori controllo. Il tutto ignorando bellamente me che le gesticolavo di starsene zitta e chiudere la chiamata finché eravamo in vantaggio e avevamo ottenuto ciò che volevamo, prima che lui cambiasse idea.
La cosa esilarante, però, è stata notare che il Guasto ha ancora palesemente timòre della sua ex moglie perché, lungi dalle filippiche che gli ho permesso di fare il mese scorso, i suoi tentativi di controbattere sono stati molto affannosi, brevi e decisamente patetici, e lei se li è gustati con malcelata soddisfazione fino a rosicchiare l’osso come faccio io con le alette di pollo speziate dei Mastri d’Arme.

Nonostante ciò, la telefonata si è conclusa in positivo e ci siamo portati a casa la vittoria. Non solo, i miei genitori si sono comportati – lo ribadisco! – da bambini grandi capaci di dialogare direttamente senza bisogno che io faccia da intermediario.
Capisco il rifiuto categorico della Mater di dargli i suoi contatti visti alcuni incidenti immediatamente post-divorzio quando al vecchio numero arrivavano telefonate oscene, ma d’ora in poi sarò ben disposto a ospitare le chiamate, non di più. Per cortesia, signori, il contenuto sbrigatevelo da soli senza la baby sitter. Siete adulti e vacc– ok, questa è un po’ fuori luogo, ma il succo l’avete capito, no?

Friday 23 April 2021

Yeah, right

È molto, molto difficile gestire un disturbo mentale quando le persone che ci sono più vicine sabotano costantemente ogni sforzo. Case in point, la Mater che nell’ultima settimana e mezza ha trovato qualsiasi scusa, dalla più stupida alla vagamente credibile, per sbattermi fuori di casa almeno dieci minuti ogni singolo giorno.
La cosa interessante è che, ogni volta che qualche suo amico o amica si ammala di qualcosa, lei è in prima linea a leggersi una pubblicazione scientifica dopo l’altra per capire di cosa si tratta, come è meglio muoversi, che suggerimenti può dare, in che modo può essere d’aiuto (e non parlo di Dr. Google laureato all’Università della Vita, eh, proprio pubblicazioni serie). Chiaramente, questo disturbo non se l’è preso con le mie, di condizioni, perché magari avrebbe quantomeno imparato che un attacco d’ansia ha sintomi fisici e oggettivamente misurabili. Poi si chiede perché sono mesi che mangio tra un conato e l’altro a causa dello stomaco perennemente teso.

A me non importa che questa zona rossa sia all’acqua di rose. Non m’importa che tutti siano in giro e nessuno controlli, né che io e la Mater siamo cauti e non andiamo in mezzo alla gente. Io so che, a uscire per futili motivi, anche solo sotto casa, anche solo brevemente, sto facendo una cosa sbagliata. Sto correndo un rischio inutile sia di ammalarmi, sia di beccarmi una multa e che, se anche davanti alle autorità dovessi cavarmela, lo farei mentendo. Non sto andando da Mauri’s a comprare una bacinella, non sto andando dal fruttivendolo, non sto andando da Saponi & Profumi, sto assecondando mia madre che vuole uscire. E questo mi fa stare male.
Ma la Mater no, la Mater al massimo ci ride sopra. Ahah, l’altro giorno abbiamo incontrato una pattuglia che ci ha superati e ha svoltato nella via dove stavamo per svoltare noi; io l’ho pregata di tornare indietro e prendere la parallela, ma no, lei ha continuato a sfilare trionfante lì, tanto quelli erano impegnati con un ragazzino che aveva fatto non so cosa con qualche bicicletta. E poi ci ha riso sopra con un’amica, che io ero fuori di me dall’ansia perché non mi ha nemmeno fatto la cortesia di cambiare leggermente percorso per evitarmene una fonte diretta e concreta.
Che poi, perché le do corda? Perché francamente ho i nervi troppo a pezzi per sopportare i suoi musi lunghi e la sua passivo-aggressività: almeno con l’ansia so cosa trovo e so che è tutta nella mia testa, mi sono detto. Però il risultato è che quando devo uscire per motivi seri, tipo andare a fare la spesa, non ho più le forze fisiche e mentali per sostenere la situazione e ta-dah, meltdown!
 
Oggi le avrei torto il collo. Andiamo sempre entrambi perché lei entra in negozio a prendere la roba e io poi porto il carrello a casa. Già ha il vizio di fermarsi ogni tre metri perché mai si dica che, già che è fuori di casa, non ne approfitti per aprire Pokémon Go. Già ha il vizio di farlo soprattutto nei punti dove passa più gente, quelli che io cerco di superare il più velocemente possibile per sentirmi almeno un briciolo più al sicuro. Non solo, oggi ha anche minacciato di attaccare briga. Eravamo in un punto affollato, da entrambe le parti stavano arrivando persone senza mascherina (cosa che mi triggera un misto d’ansia e incazzatura), non potevo attraversare la strada a meno di mollare la spesa lì perché era il viale a due corsie con l’aiuola nel mezzo che non avrei potuto superare col carrello, e mi sentivo in trappola. E lei che fa “Adesso gli dico di mettersi la mascherina, a quelli!”. Cioè, in quella situazione mi mancava solo dover fare da babysitter a lei perché non si mettesse a litigare e urlare per strada.
A quel punto, semplicemente l’ho mollata lì. L’ansia che mi ha fatto accumulare non-stop per due settimane ha raggiunto il punto di rottura e si è trasformata in vero e proprio attacco di panico. Sono tornato indietro, ho svoltato l’angolo e ho fatto il giro dell’isolato pur di evitare tutto quello stress, il tutto cercando senza successo di respirare normalmente. Che facesse il cazzo che le pareva, lei: ne avevo fin sopra i capelli per occuparmi pure di lei. Ho marciato verso casa a un passo talmente veloce che, nonostante io avessi il carrello, lei non riusciva a starmi dietro, e quando gliel’ho mollato per portare entrambi gli account di Pokémon a prendere due missioni rare vicino a casa – una scusa per camminare un altro po’ e sfogare l’ansia – mi ha anche detto che ero “odioso” a comportarmi così.
Pardon me, bitch?
Comunque, la cosa si è risolta con me che, una volta solo, mi sono sfogato mandando due audio in cui, a forza di ringhi e grida, raccontavo a Katia quello che era successo, poi sono tornato a casa e ho sfogato il picco di adrenalina passando l’aspirapolvere in tutta casa in meno di un quarto d’ora. Poi mi sono sdraiato sul letto, sono crollato esanime e ho dormito per un’oretta e mezza fino a cena.

E niente. Come canta Pescy, “I’m reaching a new level of not giving a fuck”: da oggi in poi non m’importa se mette il muso e fa la stizzosa, non ho più intenzione di uscire di casa se non per la spesa finché siamo in zona rossa. Perché nulla, nulla è peggio di come sono stato oggi pomeriggio. Che si arrangi se vuole cercarsi scuse per passeggiare e si sente sola. Sa benissimo che la mia salute mentale è precaria sotto le migliori condizioni, sa che la pandemia non aiuta minimamente, e nonostante ciò non si mette il minimo problema a riguardo. Non solo se ne frega completamente di evitarmi fonti di ansia, ma è prontissima anche a crearmele lei. E allora no, cara mia, non ci sto più. Visto che chiarmente sono l’unico a cui interessa del mio benessere psicologico, mi concentrerò solo su quello.

Friday 16 April 2021

Something something social media

Potrei aver appena disinstallato Twitter dal telefono. Ops.
Sono ancora lì, profilo e tutto, e ho ancora l’accesso attivo dal computer, ma credo di aver bisogno di un bel periodo di detox. Che poi, per anni Twitter l’ho avuto ma l’ho a malapena usato; poi Trump si è preso il covid e mi sono fiondato lì per partecipare alla Schadenfreude collettiva. Poi ci sono state le elezioni americane, quel magnifico cassonetto in fiamme, e sembrava che non ne avessi mai abbastanza. Ho iniziato a twittare i miei “snarky one-liners”, ho sguazzato in quello di Mrs. Betty Bowers, America’s Best Christian, di Bette Midler e di vari altri, e pian piano è diventato l’ennesimo vizio, peggio delle app di dating.
Il problema è che come ambiente è fondamentalmente tossico, un po’ come Facebook, che frequento sempre meno, ma per certi versi ancora più esacerbato, forse per la limitazione dei caratteri con cui esprimersi.
Oh, e i cancel party. Mi si era rivoltato un pochino lo stomaco già per quello di Armie Hammer prima di scoprire che c’era del merito dietro; poi quello perfettamente immotivato a Tom Ellis (solo che un cancel party solo italiano lascia il tempo che trova); ora Lindsay Ellis, che è stata l’ultima goccia. Un paio di conversazioni sono degenerate in insulti e parolacce già alla prima risposta, mi è stato dato del subumano per aver fatto le condoglianze alla regina Elizabeth perché le è morto il marito… Quindi niente, per quanto mi piaccia andare a blastare in tempo reale i conservatori americani o i peggiori politici nostrani, mi sono reso conto io stesso di quanto già poche settimane di frequentazione abituale a novembre mi avessero reso più aggressivo e spietato: preferisco fermarmi prima che la cosa mi sfugga del tutto di mano.
Che poi, meno Twitter significa più Instagram, che non è molto meglio. Solo che il medium visuale si presta meno al flame gratuito (chi ha voglia di leggere le caption anyway?) e i commenti sono un filo più macchinosi, il che rende fruire di un feed infinito di contenuti meno tossico. Con le dovute precauzioni: è da qualche giorno che medito di fare l’ennesima pulizia di account di bellocci che non postano più che le solite, trite e ritrite thirst trap. Non c’è salvezza da nessuna parte.

Per quanto riguarda i crociati delle cancellazioni, comunque, trovo molto stupido ritrovarmi colpito dal fuoco amico, ma ancora non penso che pretendere responsabilità da parte degli altri sia una cosa intrinsecamente negativa. Poi c’è gente che usa questo ideale come scusa per dar sfogo alla propria aggressività ed evitare le ripercussioni morali delle proprie parole, ma lì c’è poco da fare. È ben diverso dalla gente la cui stessa ideologia consiste nel nuocere agli altri. Quindi no, questa lagna che si sta cercando di zittire tutto e tutti continua a essere una grossa scemenza.

Quanto a Twitter, ho silenziato le conversazioni in questione, fatto un ripulisti di risposte inutili, donato due spicci al GoFundMe della ragazza trans che mi ha insultato (per la soddisfazione che sappia che alla sua transizione ha contribuito anche un subumano che ha fatto le condoglianze a Elizabeth II; si può essere petty anche facendo del bene), bloccato di nuovo Rose McGowan per non essere tentato di incazzarmi per le stronzate che spara, e adesso penso che farò ciò che fa la gente sana e andrò solo a sbirciarci un po’ di porno ogni tanto. Per quanto abbia bisogno di una valvola di sfogo in questo periodo, ho più bisogno di ridurre la tossicità dell’ambiente che mi circonda.

Tuesday 13 April 2021

Turchia portami via

Stupido io che ogni tanto ci riprovo.
Qualche giorno fa ho di nuovo sentito il Guasto, e inizio a pensare che questa faccenda di andare via in Turchia in piena pandemia sia più una scusa per non dire nuovamente che il vaccino mamma mia.
A sentire lui, lì va tutto bene. È tutto sicuro, non c’è nessun rischio, la gente è cauta ma la vita procede normale e il virus non c’è; giusto oggi, Breaking Italy ha pubblicato un paio di statistiche sulla Turchia, che è il Paese in orbita europea col più alto indice di contagi, tanto che perfino la Russia ha chiuso tutti i voli per non peggiorare ulteriormente la propria situazione. Cioè, stando alle grafiche presentate dal buon Shy, la situazione è questa:



Solo ieri, i nuovi casi positivi in Turschia sono stati più dell’intera popolazione di Alghero: c’è posto per altre tre o quattro volte il paesino del Guasto.



Qui invece la curva dei contagi per milione di abitanti paragonata a quella della Germania. Sta andando decisamente tutto bene, ve’?
 
E no, stavolta non è perché si beve la propaganda di regime dell’ennesimo dittatore per partito preso: anzi, Erdocoso non ci sta affatto simpatico perché sta bombardando il confine del BFF del Guasto, ché ci sono i Curdi – e guai a toccare la Siria e al Guasto, non ci vede più.
No no, a ‘sto giro il regime non ci piace, quindi la scelta di credere al fatto che non ci sia il virus in Turchia ha a che fare col complotto del virus in sé. È un modo per convincere se stesso che non ci sia da preoccuparsi e che possa continuare a giocare al complottista che ha capito tutto.
Per contro, l’idea che, quando tornerà, “ne parleremo” e “vedremo” quando e se si vaccina è solo l’ennesima bugia che quell’uomo mi ha detto da che mi ha messo al mondo.
Io onestamente inizio a essere esasperato. Non so nemmeno perché mi stia a preoccupare per lui.

Friday 9 April 2021

Oblio

Oggi mi è capitata una cosa che mi ha fatto rimanere male: per la prima volta in vita mia, una mia ex professoressa non aveva la minima idea di chi io fossi. L’ho incontrata, l’ho salutata con un sorriso chiaramente intuibile sotto la mascherina e lei ha continuato a guardarmi con la faccia da Errore 404 anche dopo che ho provato a ricordarle in che classe fossi, chi fossero i miei compagni, in che anno avesse insegnato da noi, eccetera. Ironicamente, si è trattato della prof di filosofia e storia.
E no, non Monica, la prof giovane del quinto anno che adoravo. No, era quella prima, quella che ho avuto in terza e quarta e che mi ha lasciato con buchi enormi in tutto ciò che è successo prima di Kant.
 
In realtà non è sorprendente che non si ricordasse di me o dei miei compagni: la mia classe è stata per lei una specie di afterthought, un’ultima cosa fatta male e controvoglia prima di andare in pensione. Ho il vago ricordo che dovesse andarci già alla fine del nostro terzo anno ma, per qualche motivo, ne avesse aspettato ancora uno prima di farlo – e boy, quanto si vedeva che non ne aveva più voglia!
Il quarto è stato forse l’anno in cui ho avuto la media genrale più alta, tutto grazie ai dieci fiammanti in storia e filosofia. Dieci, proprio in pagella. In pratica, quella prof lì non ne aveva talmente voglia che le interrogazioni – che già erano calendarizzate – consistevano nel presentarsi alla cattedra con gli appunti il più in ordine e colorati possibile, farle dare uno sguardo, iniziare a parlare vagamente dell’argomento, droppare un riferimento più o meno forzato a Berlusconi, Ratzinger o simili, sedersi comodi e godersi lei che andava in berserk e faceva un’ora di comizio sui mali della Destra italiana o della Chiesa cattolica. “Bravissimi, si vede che siete preparati: dieci a tutti e tre!”, concludeva ogni volta (le interrogazioni di storia e filosofia di quell’anno erano gli unici momenti in cui ero in lega con due della sezione scansafatiche di classe mia, visto che ogni volta che andavamo tutti e tre assieme scattavano le scintille).
È facile, quindi, immaginare perché non si ricordi di me e della mia classe: non aveva voglia di insegnarci, non aveva voglia di interrogarci, non aveva voglia di stare a scuola, a maggior ragione non si sarà scomodata a memorizzare le nostre facce. Sarò stato uno di quei mascalzoncelli che, quindici anni fa, non vedeva lora di sbolognare per andarsene a godersi la pensione in santa pace.
 
Però ci sono rimasto lo stesso male. Non mi era mai capitato di non aver lasciato un’impressione su qualche mio ex insegnante. Perfino il professore di educazione fisica delle medie, quello che mi aveva lasciato lì col pollice fratturato dalla pallonata del mio compagno senza nemmeno degnarsi di controllare, mi ricorda sempre con rispetto e mi manda i saluti tramite la Mater quando la incontra. Sono sicuro che perfino la supplente di musica di quell’anno, che non poteva vedermi, si ricorderà di me se le dico: “Sono quello che aveva costretto a suonare il flauto col pollice fratturato dicendo che mentiva su dolore e gonfiore; oh, e a proposito, quando è tornata la titolare di cattedra ha provato il flauto e si è accorta che stonava per un difetto di fabbrica – non che lei se ne sarebbe mai potuta accorgere, visto che al massimo mimava i movimenti con la matita in aula”. (Sempre per la serie: “Un rancore è per sempre, DeBeers spostati”.)
Divago. Dicevo: essere un bravo studente che impressiona gli insegnanti è stata una parte fondamentale della mia identità per tanti di quegli anni che esser stato dimenticato da uno di loro, per quanto ci siano motivi validi, mi ha lasciato un brutto sapore in bocca. È come se mi avessero tolto quelle poche glorie che ero riuscito a conquistarmi e nel cui ricordo posso crogiolarmi in mancanza di materiale più recente.
Ed è ironico perché questa in particolare non è un’insegnante di cui ho particolare stima: era uno strumento per tirare su facilmente la media, non ricordo nulla di quel poco che ci ha insegnato, e mi rendevo conto che non meritavo nessuno dei voti che mi metteva. Del resto, se non ricorda nemmeno uno studente con la presunta media del dieci, dubito che, anche impegnandomi davvero, avrei fatto la differenza. Cioè, i voti li metteva a casaccio quindi non le sono rimasti impressi, ma almeno in consiglio di classe le avranno dovuto pur dire: “Ah, ma che bravo questo studente!”.
Che poi, probabilmente mi ferirebbe molto di più se Monica non si ricordasse di me: con lei mi sono davvero impegnato e, per quanto abbia ancora delle lacune vistose (lei si era messa le mani nei capelli quando aveva visto quanto poco la sua collega avesse coperto), ricordo tutto (beh, a parte Hegel, di lui ricordo solo che era un imbecille) e ho ancora grandissima stima di lei.

Quindi? Boh, sono talmente demoralizzato che mi dispiace che una persona che non stimo non si ricordi di me dopo quindici anni perché essere un ex studente brillante è uno dei pochi vanti che posso ancora permettermi. Yay.