Friday 23 April 2021

Yeah, right

È molto, molto difficile gestire un disturbo mentale quando le persone che ci sono più vicine sabotano costantemente ogni sforzo. Case in point, la Mater che nell’ultima settimana e mezza ha trovato qualsiasi scusa, dalla più stupida alla vagamente credibile, per sbattermi fuori di casa almeno dieci minuti ogni singolo giorno.
La cosa interessante è che, ogni volta che qualche suo amico o amica si ammala di qualcosa, lei è in prima linea a leggersi una pubblicazione scientifica dopo l’altra per capire di cosa si tratta, come è meglio muoversi, che suggerimenti può dare, in che modo può essere d’aiuto (e non parlo di Dr. Google laureato all’Università della Vita, eh, proprio pubblicazioni serie). Chiaramente, questo disturbo non se l’è preso con le mie, di condizioni, perché magari avrebbe quantomeno imparato che un attacco d’ansia ha sintomi fisici e oggettivamente misurabili. Poi si chiede perché sono mesi che mangio tra un conato e l’altro a causa dello stomaco perennemente teso.

A me non importa che questa zona rossa sia all’acqua di rose. Non m’importa che tutti siano in giro e nessuno controlli, né che io e la Mater siamo cauti e non andiamo in mezzo alla gente. Io so che, a uscire per futili motivi, anche solo sotto casa, anche solo brevemente, sto facendo una cosa sbagliata. Sto correndo un rischio inutile sia di ammalarmi, sia di beccarmi una multa e che, se anche davanti alle autorità dovessi cavarmela, lo farei mentendo. Non sto andando da Mauri’s a comprare una bacinella, non sto andando dal fruttivendolo, non sto andando da Saponi & Profumi, sto assecondando mia madre che vuole uscire. E questo mi fa stare male.
Ma la Mater no, la Mater al massimo ci ride sopra. Ahah, l’altro giorno abbiamo incontrato una pattuglia che ci ha superati e ha svoltato nella via dove stavamo per svoltare noi; io l’ho pregata di tornare indietro e prendere la parallela, ma no, lei ha continuato a sfilare trionfante lì, tanto quelli erano impegnati con un ragazzino che aveva fatto non so cosa con qualche bicicletta. E poi ci ha riso sopra con un’amica, che io ero fuori di me dall’ansia perché non mi ha nemmeno fatto la cortesia di cambiare leggermente percorso per evitarmene una fonte diretta e concreta.
Che poi, perché le do corda? Perché francamente ho i nervi troppo a pezzi per sopportare i suoi musi lunghi e la sua passivo-aggressività: almeno con l’ansia so cosa trovo e so che è tutta nella mia testa, mi sono detto. Però il risultato è che quando devo uscire per motivi seri, tipo andare a fare la spesa, non ho più le forze fisiche e mentali per sostenere la situazione e ta-dah, meltdown!
 
Oggi le avrei torto il collo. Andiamo sempre entrambi perché lei entra in negozio a prendere la roba e io poi porto il carrello a casa. Già ha il vizio di fermarsi ogni tre metri perché mai si dica che, già che è fuori di casa, non ne approfitti per aprire Pokémon Go. Già ha il vizio di farlo soprattutto nei punti dove passa più gente, quelli che io cerco di superare il più velocemente possibile per sentirmi almeno un briciolo più al sicuro. Non solo, oggi ha anche minacciato di attaccare briga. Eravamo in un punto affollato, da entrambe le parti stavano arrivando persone senza mascherina (cosa che mi triggera un misto d’ansia e incazzatura), non potevo attraversare la strada a meno di mollare la spesa lì perché era il viale a due corsie con l’aiuola nel mezzo che non avrei potuto superare col carrello, e mi sentivo in trappola. E lei che fa “Adesso gli dico di mettersi la mascherina, a quelli!”. Cioè, in quella situazione mi mancava solo dover fare da babysitter a lei perché non si mettesse a litigare e urlare per strada.
A quel punto, semplicemente l’ho mollata lì. L’ansia che mi ha fatto accumulare non-stop per due settimane ha raggiunto il punto di rottura e si è trasformata in vero e proprio attacco di panico. Sono tornato indietro, ho svoltato l’angolo e ho fatto il giro dell’isolato pur di evitare tutto quello stress, il tutto cercando senza successo di respirare normalmente. Che facesse il cazzo che le pareva, lei: ne avevo fin sopra i capelli per occuparmi pure di lei. Ho marciato verso casa a un passo talmente veloce che, nonostante io avessi il carrello, lei non riusciva a starmi dietro, e quando gliel’ho mollato per portare entrambi gli account di Pokémon a prendere due missioni rare vicino a casa – una scusa per camminare un altro po’ e sfogare l’ansia – mi ha anche detto che ero “odioso” a comportarmi così.
Pardon me, bitch?
Comunque, la cosa si è risolta con me che, una volta solo, mi sono sfogato mandando due audio in cui, a forza di ringhi e grida, raccontavo a Katia quello che era successo, poi sono tornato a casa e ho sfogato il picco di adrenalina passando l’aspirapolvere in tutta casa in meno di un quarto d’ora. Poi mi sono sdraiato sul letto, sono crollato esanime e ho dormito per un’oretta e mezza fino a cena.

E niente. Come canta Pescy, “I’m reaching a new level of not giving a fuck”: da oggi in poi non m’importa se mette il muso e fa la stizzosa, non ho più intenzione di uscire di casa se non per la spesa finché siamo in zona rossa. Perché nulla, nulla è peggio di come sono stato oggi pomeriggio. Che si arrangi se vuole cercarsi scuse per passeggiare e si sente sola. Sa benissimo che la mia salute mentale è precaria sotto le migliori condizioni, sa che la pandemia non aiuta minimamente, e nonostante ciò non si mette il minimo problema a riguardo. Non solo se ne frega completamente di evitarmi fonti di ansia, ma è prontissima anche a crearmele lei. E allora no, cara mia, non ci sto più. Visto che chiarmente sono l’unico a cui interessa del mio benessere psicologico, mi concentrerò solo su quello.

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