Tuesday 10 November 2020

No holds barred

Possiamo raccontarcela quanto vogliamo, ma essere un gay di destra significa che il tuo odio per gli altri è più forte del tuo amore per te stesso.”
Come da post precedente, la vittoria di Biden alle elezioni americane mi ha ringalluzzito parecchio e in questi giorni non la sto mandando a dire agli scagnozzi di destra che mi capitano a tiro. Questo è un commento che ho fatto su un articolo in cui si parlava di alcune povere vittime di Sindrome di Stoccolma gay storicamente conservatori, e la risposta non è tardata (capitalizzazione e punteggiatura liberamente corrette da me).
“Ma non è vero! Voi continuate a confondere ‘essere gay e pensarla su temi geopolitici, di interesse nazionale ecc’ come la destra con ‘essere un gay che la pensa come la destra italiana attuale sui temi gay’!”
Ora, avrei potuto limitarmi a far notare in maniera concisa che poco importa se sei in disaccordo con le politiche della destra circa la comunità LGBTQ+, se continui a votarli a) dai loro il potere di attuarle e b) dimostri che quella questione, che pure ti riguarda da vicino, è per te meno importante di altre politiche che, essendo di destra, sono esclusive e non inclusive.
Ma dato che ero in vena d’infierire, ho deciso di sviscerare il discorso molto più nel dettaglio, no holds barred.
“No, Tizio, quello che ho detto è un’altra cosa: essere un gay di destra significa odiare talmente tanto qualcun altro (partiamo dagli immigrati, soprattutto quelli non bianchi, ma pian piano scaliamo la lista fino agli Ebrei, poi gli Europei dell’Est, il vicino d’Oltralpe e, spesso e volentieri, anche quello della regione accanto) da essere disposti a privarsi di alcuni diritti fondamentali, in quanto gay, pur di far sì di toglierli a loro. 
Significa essere talmente terrorizzati dal cambiamento e insicuri del proprio valore sociale che la sola idea di dare un punto di partenza equo agli altri diventa ripugnante, sia mai che, con le stesse possibilità, si dimostrino più capaci di noi. 
Significa essere talmente persi di fronte all’idea di un mondo in cambiamento, sempre più interconnesso, da aggrapparsi a quest’idea anacronistica di un’Italia (Francia, Austria, Germania, Polonia, Ungheria) forte, autosifficiente e pronta a tornare ai fasti del passato quando in realtà ciascuna nazione europea, presa da sola, conta talmente poco che con l’alzarsi delle tariffe statunitensi alcuni farmaci sono stati ritirati dalla sanità pubblica perché costavano troppo. Questo di fronte a un’azienda privata, figurarsi di fronte alle vere potenze mondiali. 
 
No, non ho mai detto che un gay di destra odia gli altri gay. È solo che la felicità e la possibilità di autodeterminazione di se stesso e degli altri gay diventano danno collaterale, il prezzo da pagare pur di negare i diritti ad altri gruppi sociali e continuare ad aggrapparsi a questa fantasia di grandezza perduta da riconquistare. 
Vivere così, cedendo alla paura e cercando il male altrui anche a discapito del proprio benessere, è davvero triste.”
Questa risposta mi è valsa un “comunista vecchio stampo, proprio da Festa dell’Unità” da parte di un altro utonto di passaggio (e pensa se avessi parlato di redistribuzione del reddito tramite tassazione spietata dei patrimoni personali sopra una certa cifra).
Onestamente, io non mi vergogno di essere di sinistra. Anzi, è tempo di rimettere le cose nella giusta prospettiva e ricominciare a far vergognare la destra di essere la cloaca che è.

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