Tuesday, 16 February 2016

Politica a Cinque PopStar

Il mio rapporto con la maggior parte delle popstar può essere definito come uno di tolleranza: so che stanno lì, vivono nel loro mondo, seguono le loro regole; me ne interesso di tanto in tanto, quando sfornano qualcosa di convincente, mentre le ignoro per il resto del tempo. Mi rendo conto che, nella maggior parte dei casi, musicalmente rappresentano cinquanta sfumature di inutilità. C’è Rihanna, l’incapace che ha fatto carriera a forza di favori sessuali alla gente giusta. C’è Britney, l’altra incapace che ha fatto successo perché è stata lanciata al momento giusto. C’è Madonna, che un tempo aveva idee interessanti e portava avanti battaglie rilevanti, ma che ora è solo una vecchia attaccata alla poltrona e ai soldi, che borbotta sempre le stesse cose pur di non scontentare il pubblico. Del resto, si sa, lo scopo principale di una popstar è quello di fare quanti più soldi possibile; se ci esce anche della buona musica è quasi sempre incidentale, molto più spesso fanno il minimo sindacale per non scontentare il popolo ignorante. E guai se qualcuna tenta di concentrarsi maggiormente sul lato creativo anche a costo di perdere la poltrona: viene prontamente punita dal sistema, come Lady Gaga con Artpop. E se qualcuna, come Beyoncé, usa il suo potere mediatico per affrontare temi di grande rilevanza, stiamo sicuri che la stampa le tirerà addosso controversie e critiche a non finire.
Eppure, bene o male accetto lo status quo del mondo del pop. Non sempre condivido le idee musicali delle popstar; un po’ mi irrita che guadagnino montagne di soldi per non far niente di utile mentre là fuori c’è gente come Susanne Sundfør o Eivør, che quanto a talento le asfaltano quasi tutte ma non guadagnano nemmeno un decimo; e vedere una Taylor Swift che soffia il Grammy come miglior album pop a una Florence Welch di sicuro mi va di traverso. Ma so che le regole sono queste, contano i soldi, le vendite e gli inciuci, per cui mi lascio sorprendere in positivo quando qualche popstar sforna un lavoro artisticamente rilevante e, delle altre, raccolgo quel poco che c’è di buono in mezzo al disagio.
Perché, quindi, se apprezzo la Madonna di un tempo nonostante ciò che è diventata e ascolto senza problemi qualche canzone di Rihanna o Britney qua e là, Lagna del Rey mi fa invece saltare i nervi come una mina antiuomo?
Il motivo è semplice: le altre popstar non hanno velleità artistiche spropositate. Non fanno mistero di essere costruite, non fingono di non usare smodatamente autotune e playback, non mentono su ritocchini e parrucche, non nascondono la fuffa di cui sono fatte ma, anzi, la ostentano con orgoglio e la trasformano in un punto di forza. In poche parole, se non hanno davvero un talento fenomenale, non si spacciano per articoli genuini e sostanziosi. Per contro, Lagna si spaccia per quella diversa, l’alternativa migliore a quel mondo pop privo di sostanza; anzi, lei è in grado di cambiarlo! Lei non pensa alle vendite, pensa al lato artistico della sua musica. Lei non lascia fare tutto ai produttori, è responsabile della propria musica. Lei non è stonata, è solo “una cantante da studio, non da live”. Lei non si è montata la testa, è la ragazza della porta accanto, fa parte dellaggente. Lei non si è rifatta nulla – e come potrebbe, è povera come laggente, mica ha i soldi per il filler. Lei ha le idee come non ce le ha nessuno, e sa come portarle avanti!
Ora, senza tutta questa sovrastruttura falsa come una moneta da tre euro, avrei accettato Lagna per quello che è: l’ennesima popstar incapace di cantare, con qualche idea carina che si lascia ascoltare di tanto in tanto e nulla più. Ma lei no, lei si ostina a fingersi quella diversa, quella migliore, quella genuina, quando invece è come tutte le altre popstar e, anzi, è anche meno competente: non sa infilare due note di fila in un secchio, scrive canzonette banali con testi banali, è rifatta da capo a piedi e ha un’imponente campagna di marketing che la spaccia per ciò che non è. In cosa, allora, è diversa dalle altre popstar, se non a parole? Per questo mi viene naturale smontarla a ogni piccolo passo falso: punisco per prima cosa la sua disonestà. Davvero, stimo molto di più una Britney Spears che, durante i concerti, scherza a cuor leggero sul fatto che canta in playback: almeno è onesta.

Ecco: prendete tutto questo discorso, applicatelo alla politica e capirete perché, fra tutti i partiti italiani, il Movimento 5 Stelle è quello che mi dà più ai nervi e che mi viene da criticare più aspramente. Da una Forza Italia, una Lega, un UDC, un NCD, non ti aspetti altro che porcate, sai già di che pasta sono fatti. Due terzi del PD sono composti da ex-democristiani sopravvissuti al collasso della Prima Repubblica, non è un mistero e anche lì sai cosa aspettarti. Fortuna che ci resta il partito pardon, moVimento dellaggente, quello diverso, quello che non si fa assoggettare dai ricatti della politica, quello che procede a testa alta e cambia le cose. Quello che se un tema è importante e aiuta la società, loro lo sostengono senza se e senza ma. Quello che se Grillo e Casaleggio prendono una posizione, chiunque non sia d’accordo si prende una pedata, tranne che su un tema scabroso come le unioni civili, lì diamo libertà di coscienza. Quelli che la politica la fanno a suon di dettagli tecnici per rallentare o ostacolare il lavoro del governo, così magari si riesce ad affossare il DDL in partenza con un pretesto futile senza prendersi la responsabilità di scontentare nessuno. Sia mai che ci si alieni i progressisti frustrati dal PD o, peggio, la fetta cattolica o i delusi e confusi di Berlusconi che dovranno votare qualcun altro d’ora in poi.
Oh, ma loro sono diversi dagli altri partiti, eh. Loro non badano a queste scemenze, alle poltrone, agli stipendi. Loro sono quelli che rispettano gli impegni e le cose le fanno. Sono ggenuini. Come Lagna.

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