Saturday 18 July 2020

Cocoon

Ho una confessione da fare: in quarantena non stavo poi così male.
 
Certo, c’erano giorni in cui avevo attacchi d’ansia alternati a momenti di depressione più profonda del solito, e tuttora mi guardo indietro e vedo due mesi di buco completo nella mia vita proprio come ci sono stati nel blog. Però era un malessere di provenienza esterna: preoccupazione per il disastro economico che pende sulla testa dell’Italia, per un virus la cui gravità si rivelava pian piano, per i morti, per la diffusione a macchia d’olio in tutta Europa.

Ma la quarantena in sé, quella non mi è pesata. Non poter uscire per me era non dover uscire. Non poter incontrare le persone per me era non dover inventare scuse per non farlo.
E tutta Italia ferma era, per me, io che non rimanevo indietro.

A una certa la Mater ha anche constatato con meraviglia quanto stessi gestendo bene la situazione: non mi appendevo ai soffitti in preda alla frustrazione, non guardavo fuori dalla finestra con desiderio, non mi lamentavo di essere chiuso in casa. Ho abbozzato un sorriso, ma non le ho detto che il mio stile di vita non è poi cambiato così tanto rispetto a prima. Anche perché come pensiero è agghiacciante: significa che in questi anni, specialmente gli ultimi due, la mia depressione è davvero peggiorata.

E infatti, non a caso, ora che siamo in fase di semiriapertura ho iniziato a sentirmi più ansioso. Mentre gli altri, le persone normali, iniziano a riprendere in mano la loro vita, tornano a uscire, viaggiano, s’incontrano, soprattutto vanno al lavoro, io ancora uso il virus come scusa per starmene chiuso in casa e non muovermi da Alghero, aggrappandomi con unghie e denti a ciò che resta di quel senso che mi dava la quarantena, di essere racchiuso in un bozzolo comodo, morbido e caldo, protetto da un mondo che improvvisamente non è più troppo veloce per me.

Sono un grandissimo egoista, ma una parte di me quasi aspetta con trepidazione la seconda ondata.
Sono diventato uno di quei mostri che, nel malessere, preferiscono far sì che tutti gli altri si abbassino a star male come loro piuttosto che cercare di migliorare se stessi.

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