Una cosa che non apprezzo molto di me è che, passata la tempesta, mi guardo indietro e penso con fastidio che le mie reazioni siano state eccessivamente drammatiche. Il che non è scorretto, ok, ma credo che rientri nel pattern negativo di delegittimare le mie emozioni e non considerarle abbastanza importanti o valide da esistere.
Nelle scorse settimane ho toccato il fondo della nevrosi come non mi capitava da anni. Mi sono sentito genuinamente in trappola in una vita nella quale non c’è una cosa, grande o piccola, che vada come si deve, in cui anche fare qualcosa di semplice è una lotta estenuante. Ho avuto un desiderio strisciante che tutto finisse (pur, per fortuna, non sentendo di voler istigare direttamente questa fantomatica fine) perché davvero, esistere mi pesava troppo.
Il trigger di questo meltdown è stata la spedizione del pacco di roba estiva da Trieste: già aver dovuto disturbare Giulia mi ha messo ansia nonostante fosse stata lei a proporre di mandarle la chiave di camera mia così che potesse preparare e spedire tutto. Ma beh, da una parte QUALCUNO ha riaperto le ferite lasciate da Quella Luana e ancora non mi sono del tutto ripreso, dall’altra sapevo di aver lasciato camera in uno stato imbarazzante e che col passare dei mesi la situazione sarebbe stata solo peggiore. È per questo che ho procrastinato moltissimo la spedizione della chiave, così alla fine ho beccato proprio il periodo in cui TNT era in subbuglio: focolaio di covid, sindacati inferociti, spedizioni bloccate ad oltranza e poi difficoltà a smaltire tutto l’accumulo.
Il fatto è che io volevo la mia roba, dannazione. Volevo riceverla nei tempi indicati dal servizio per cui ho pagato, senza dovermi sbracciare con mille telefonate, entrare in ansia al pensiero che si perdesse, o temere che Giulia pensasse che la ritenevo in qualche modo responsabile della situazione o che non apprezzassi il tempo e le energie che aveva speso a fare la spedizione. Oh, e come intuibile da ciò che ho scritto nello scorso paragrafo, ovviamente pensavo che fosse colpa mia per aver aspettato tanto a mandare la chiave.
Davvero, tutto questo macello ha causato una reazione a catena nella mia testa a causa della quale sono stato male come nemmeno ricordavo fosse possibile, tanto che ho perfino snappato male a Katia quando ha cercato di scuotermi facendomi notare che stavo cercando deliberatamente un pattern di negatività in qualunque situazione e nutrendo ulteriormente il mio malessere.
Comunque, alla fine il pacco è arrivato (ieri, con due settimane di ritardo) e il peggio è passato. Anzi, gli impiegati degli hub del Nord Sardegna sono stati di un’umanità e professionalità incredibile nel tentare di rintracciare il pacco (che si è scoperto essere rimasto bloccato a Padova perché quegli imbecilli erano riusciti a staccare l’etichetta con l’indirizzo), mettere fretta ai colleghi per farlo recapitare, tenermi aggiornato a ogni passo e perfino darmi i loro contatti personali in modo da essere sicuri di trovarmi a casa per la consegna. Di quello sono genuinamente grato, anche senza il “something something. ogni situazione ha i suoi risvolti positivi e ogni periodo buio ha un aiuto inaspettato” o altre perle di positività tossica.
In realtà non me ne frega nulla, di aver imparato qualcosa da quest’esperienza o meno, di esserne cresciuto o meno, di aver resistito eccetera: mi sento liberato di un enorme peso sono solo contento che la tempesta sia passata e di potermi godere un briciolo di calma finalmente.
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