Finalmente Splinder torna a funzionare. E c’è così tanto da dire… E tante cose che passano in secondo piano.
Prima cosa: i miei capelli. Mercoledì il parrucchiere ha compiuto un vero scempio di quelli che erano i miei poveri capelli, tagliando più del dovuto e, per giunta, male. Oggi, finalmente, hanno iniziato a sembrare almeno vagamente decenti.
Seconda cosa: il rientro a scuola. Sonno a ondate, occhiaie onnipresenti, ma se non altro, in classe mia sono il più pallido, cosa che mi fa godere non poco. Ho riacquisito il posto dell’anno scorso con il controllo delle tendine delle finestre, quindi ho il mio rettangolino di ombra che mi protegge.
Ed ora le cose serie. Quando recidi un’amicizia di lunga data e subito dopo te ne entra in crisi un’altra, di certo entri in un periodo di riflessione. E, forse, sono riuscito a capire almeno in parte qual è il mio rapporto con gli altri.
Il dato più evidente, che non è nemmeno una scoperta recente, è che sono una persona fortemente egoista: tutto il mio mondo ruota unicamente intorno a Me. Penso sempre e comunque a Me, ed è solo questo che mi porta a fare del bene agli altri. Quando faccio del bene a qualcuno cui tengo, poi mi sento bene anche io, ed ho l’impressione che la causa primaria del mio interessarmi agli altri sia proprio il mio piacere personale, più che una sincera preoccupazione per l’altra persona. D’altro canto, se si tratta di un’amicizia, è inutile che mi si dica “voglio essere messa al primo posto”: per me tutti gli amici stanno sullo stesso piano, sono egualmente importanti. Probabilmente, ciò dipende dal fatto che, nel profondo, li considero “accessori” alla mia vita. Questo si evince dalla mia spiccata tendenza a parlare degli affari altrui, cosa che si accorda perfettamente alla teoria di cui sopra: considerando io gli altri solo in quanto parti della mia vita, ritengo le loro storie personali come digressioni fra le pagine del romanzo che è la mia vita, e dunque me ne intrattengo. Senza contare che io colleziono tutto, comprese le persone, e quando, dunque, trovo bella una persona, automaticamente voglio possederla. Che si tratti di desiderio di seduzione, o di un’amicizia profonda, è comunque una delle mie preziosità.
E tuttavia, ho sperimentato che, nel momento in cui mi innamoro, elevo idealmente l’altra persona allo status di seconda divinità del mio mondo, e mi ci dedico con costanza, sebbene anche questo in un’ottica strettamente egoista, nella quale il suo benessere porta comunque al mio.
Per giunta, sono decisamente irrecuperabile: mi vado perfettamente così come sono. E questo si aggrava col fatto che non temo di ritrovarmi, col tempo, solo. Anche se dovessi perdere gradualmente tutti i miei amici, sono conscio del mio fascino, che mi aiuterebbe a trovarmi dei nuovi amici. Magari anch’essi di passaggio, ma poi ne verrebbero altri. In un’ottica orientata alla morte (per molti) prematura - 38 anni - posso considerare il mio fascino e la mia bellezza come immuni allo sfiorire, avendo così la certezza di costante compagnia.
Non so se scegliere “autocelebrazione” o “autocommiserazione” per questo sfogo. Probabilmente entrambe, è un po’ metà e metà. Tuttavia, la cosa certa è che queste sono le carte in tavola, prendere o lasciare: chi vuole essere mio amico fa una scelta, cioè quella di accettarmi per quello che sono. Se non gli va bene, liberissimo di andare: mi sono stancato di correre appresso alla gente, preferisco attendere che si prostri ai miei piedi. Quest’ultimo caso tenterò di salvarlo. Ma poi basta.