Justice League è il miglior film dell’Universo Esteso DC che sia uscito finora.
No, un attimo. Visti i termini di paragone, non significa un granché, quindi riformulo: dopo aver guardato Justice League, sono uscito dal cinema soddisfatto. Con qualche riserva, ma soddisfatto.
E qui apriamo tre piccoli disclaimer.
Primo, quando vado a guardare un cinecomic, ciò che mi interessa è divertirmi e, magari, emozionarmi un po’; non pretendo un filmone profondo e super-significativo che mi faccia riflettere sulle sorti del mondo e sia una grande opera d’arte, mi basta passare due ore in allegria.
Secondo, preferisco la Marvel e lo ammetto senza problemi: di sicuro sono più propenso a chiudere un occhio sui suoi difetti rispetto alla DC fintanto che mi diverto e mi emoziono; di solito, più mi piace qualcosa e più sono critico ma, come da punto uno, da questi film non ho grosse pretese in ambito tecnico e formale. Fan della DC, siete avvisati.
Terzo, non ho letto i fumetti, mi baso unicamente sui film e valuto solo quelli; per cui, gli ottantatré anni di storia che ci sono a monte sono irrilevanti ai fini della narrazione cinematografica. E quando dico “la DC”, se non specifico diversamente, intendo quella dei film dell’Extended Universe.
Dicevo, Justice League ha finalmente colpito nel segno dell’intrattenimento che cerco e credo che la DC abbia capito cosa il pubblico si aspetta dal genere: non un polpettone che si prende tremendamente sul serio fra simbologia messianica, domande cosmologiche e ricerche sociali, ma qualcosa di divertente.
Non hanno rinunciato del tutto alla loro dannata magniloquenza e c’è il solito problema della lentezza (hint: se ho finito i pop corn e il film non è ancora praticamente iniziato, qualcosa non va) ma hanno fatto dei progressi (i pop corn li ho finiti durante la scena delle Amazzoni, quindi dai, la trama del film era appena iniziata; close enough). L’intreccio era finalmente lineare: lui è il cattivo, vuole fare questo, noi siamo i buoni, lo fermiamo così. Facile, logico, seguibile, senza piani supercomplicati per tentare di far sembrare il film più serio di quel che può essere, senza ventordici plot twist per fingere di saper scrivere cose di un certo livello. Ci sono sei supereroi iconici che lottano contro il male.
Non hanno rinunciato del tutto alla loro dannata magniloquenza e c’è il solito problema della lentezza (hint: se ho finito i pop corn e il film non è ancora praticamente iniziato, qualcosa non va) ma hanno fatto dei progressi (i pop corn li ho finiti durante la scena delle Amazzoni, quindi dai, la trama del film era appena iniziata; close enough). L’intreccio era finalmente lineare: lui è il cattivo, vuole fare questo, noi siamo i buoni, lo fermiamo così. Facile, logico, seguibile, senza piani supercomplicati per tentare di far sembrare il film più serio di quel che può essere, senza ventordici plot twist per fingere di saper scrivere cose di un certo livello. Ci sono sei supereroi iconici che lottano contro il male.
Ed è qui che arriviamo al grande problema che la DC ancora non ha colto: i personaggi. Siamo lì per loro. E le botte. E le esplosioni. Ma principalmente i personaggi.
Perché ammettiamolo: le storie su salvare il mondo sono tutte uguali. Plot twist in più, distrazione in meno, ma la storia resta quella: i buoni vivono la loro vita, qualcosa la minaccia, loro si uniscono per risolvere la cosa, ci riescono, il mondo torna in pace (e visto che questo è un franchise, la conclusione del film è ovvia). Ciò che conta è il viaggio: cosa motiva i personaggi, cosa rende un lotta la loro lotta, cosa imparano lungo la strada, come crescono alla fine di tutto. Arrivati al climax del film, dobbiamo conoscerli bene perché ci importi della loro sorte.
Ecco: tutto questo continua a mancare alla DC.
Ecco: tutto questo continua a mancare alla DC.
In parte questo non è colpa sua, ma delle circostanze: è partita con uno svantaggio di cinque anni rispetto alla Marvel, si muove in un genere ormai sovrasaturo e deve fare le cose in fretta. Arrivati a The Avengers, avevamo visto almeno un film a testa su tutti – Iron Man, Captain America, Thor… Hulk, tecnicamente – e perfino i personaggi di sostegno come Black Widow e Hawkeye erano già stati introdotti abbondantemente. Conoscevamo chi avevamo davanti e potevamo immedesimarci in loro.
Arrivati al grande crossover DC, invece? Conosciamo davvero soltanto Wonder Woman, con cui abbiamo trascorso un intero film di esplorazione del personaggio. Ok, un po’ Superman, anche se il suo, di film, è stato quello che è. Batman l’abbiamo incontrato, ma del suo personaggio sappiamo poco e niente, visto che è annegato nella trama priva di senso di Dawn of Justice. Cyborg, Flash e Aquaman sono dei perfetti sconosciuti. E l’operazione di stallo della trama a inizio film in cui si è tentato di presentarceli è riuscita in poco, se non farmi terminare i pop corn: conosciamo giusto i loro poteri, qualche dettaglio sulla loro vita, una prima impressione sul loro carattere, ma non sappiamo abbastanza di loro perché ce ne importi davvero. Cyborg è un teenager pieno di (comprensibile) angst. Aquaman è il tizio muscoloso con quelle lenti brutte che vedi addosso ai cosplayer che non si impegnano – non sto scherzando, non sono abbastanza realistiche da sembrare naturali, né abbastanza strane da sembrare non umane di proposito, sembrano solo cheap. Barry… beh, è Peter Parker con un disturbo di deficit d’attenzione; con tutto che Ezra Miller fa un bel lavoro ed è divertente, inevitabilmente non ha l’impatto dell’altro Flash dopo tre stagioni di serie tv passate a conoscere il personaggio. Restano più che altro archetipi, template su cui costruire dei personaggi con i futuri film.
Ripeto, capisco la situazione in cui si è trovata la DC, dovendo buttare fuori il crossover ASAP senza il tempo di un film solista per tutti, ma ha finito col mettere il carro davanti ai buoi e togliere empatia al pubblico. Non bene.
Ma il problema è anche strutturale del film. Ad esempio, quando ancora dei supereroi non mi fregava nulla, mi hanno portato a guardare The Avengers senza che avessi visto nessun altro film Marvel. Ho incontrato i personaggi, ho capito subito chi era cosa, ho capito perché lottavano e mi importava che vincessero perché la narrazione mi ha dato tutto ciò che mi serviva per immedesimarmi. Per capire come e perché, facciamo un passo indietro.
Anche qui, lo ammetto candidamente: il motivo per cui adoro Civil War è che, praticamente, è Captain America: Stucky Il Film e io sono una fangirl. Riconosco che è pieno di difetti, ma è comunque migliore di Dawn of Justice perché ha qualcosa di fondamentale che a quello manca: l’elemento umano.
Helmut Zemo ha un rancore personale contro gli Avengers e mette su un complotto ridicolo da quanto è complicato perché ha perso la famiglia; Lex Luthor mette su un complotto ridicolo da quanto è complicato per… motivi filosofici, credo? Per ateismo nichilista? For the evulz? Perché in qualche modo Batman e Superman devono arrivare a pestarsi come uva a settembre se no niente film?
Gli Avengers sono una squadra e sono amici, ne hanno passate tante assieme e, quando li vedi combattere fra loro, sai che ci sono in ballo rapporti umani prima ancora che trattati internazionali, processi e chissà cosa. Batman e Superman? Due sconosciuti che vivono ai due lati del fiume e finiscono a fare a botte senza aver mai interagito.
Ironman e Cap arrivano alle mani perché Tony, con la sua coscienza sporca, è tutto incentrato sulle conseguenze delle sue azioni e il tentativo di riparare ai suoi errori, mentre Steve vuole salvare il suo ragazzo così disperatamente che è pronto a ignorare qualsiasi buon senso. Batman e Superman si pestano salcazzo perché.
Alla fine, il conflitto umano di Civil War non si risolve perché è talmente personale – i genitori di Tony e il ragazzo di Steve – che l’unica cosa che li ferma è aver esaurito le forze. In Dawn of Justice?
No, giuro: è questo. Il film È QUESTO. |
Con cosa il pubblico riesce a empatizzare? A parità di trama ingarbugliata, pila di equivoci e forzature varie (che già no, Civil War è decisamente meno forzato), la Marvel mette sempre un elemento umano, sentimentale, che alla gente in sala arriva facilmente. Natasha e Clint sono amici da sempre, Visione e Wanda sono amanti, e si trovano a combattere; Scott rischia di perdere la famiglia che è riuscito a riconquistare. Queste sono le cose che restano impresse. Non le chiacchiere filosofiche di Lex Luthor o “Se c’è anche solo l’un percento di possibilità che Superman sia malvagio va fermato”.
Justice League è anni luce avanti a Dawn of Justice sotto molti aspetti, ma gli manca sempre la scintilla di umanità.
Qual è stato il catalizzatore di The Avengers, il momento in cui sono passati da gruppo di cretini con un grosso ego che battibeccano e collaborano a denti stretti perché gliel’ha chiesto il governo a vera squadra, eroi che lottano fianco a fianco per una causa comune, non solo una missione? Coulson, una persona che conoscono e la cui morte è stata una conseguenza diretta della loro incapacità di lavorare insieme. C’è una tragedia umana e personale – di nuovo, qualcosa in cui il pubblico può immedesimarsi a livello emotivo, non solo cerebrale – che li unisce. E il cattivo? È Loki, il fratello di Thor: anche lì è personale.
In Justice League? A parte che il cattivo è un alieno random mai sentito prima, non c’è un vero momento in cui sembra che la squadra non possa funzionare e non c’è un evento umano e personale che li unisca e renda quella la loro battaglia. La cosa che ci si avvicina di più è quando discutono se sia il caso di resuscitare Superman, ma è un discorso principalmente etico, non emotivo. Ed è anche il momento in cui sono uscito dalla sala per un refill dei pop corn senza perdermi nulla.
E per carità, è verosimile e comprensibile che sei persone con i superpoteri si uniscano per salvare il mondo, ma è un concetto astratto. Non ha sullo spettatore lo stesso peso della risposta a un dramma personale e, per questo, la risoluzione non è altrettanto soddisfacente. È lì, ma l’investimento emotivo non è paragonabile. Per dire, abbiamo conosciuto di più la famigliola russa che metà
della Justice League, abbiamo visto la loro paura, la loro lotta per sopravvivere: la fuga sul pick up è stato l’unico momento in cui
mi sono genuinamente interessato al destino dei personaggi perché ho visto prima il loro dramma, e perché madre, padre e due bambini che cercano di salvarsi è qualcosa di facile da comprendere. Gli altri
erano degli estranei che facevano cose perché dovevano.
Per cui sì, la DC sta lentamente imparando dai suoi errori (e dai successi della concorrenza: lo ship-tease muove il mondo, e vedi come ci hanno buttato lì la SuperBat senza pudore), ma ancora non ha colto il vero segreto di un buon film di supereroi: le lotte e le botte hanno tutto un altro sapore se le si condisce con i sentimenti e le emozioni dei personaggi. In un cinecomic, molte cose sono perdonabili, ma se manca il coinvolgimento nella vicenda, qualcosa non va.
Ma non disperiamo: dopo i pessimi inizi, hanno capito come risalire la china e si può sperare che, se la sovrasaturazione del genere non fa fuori tutti prima, i prossimi film arriveranno ad afferrare quella nota elusiva capace di risuonare davvero negli spettatori.
Per quanto riguarda Justice League, non benissimo, ma comunque bene: è un film che vale la pena vedere non solo perché Gal Gadot è fantastica, o per la fossetta sul mento di Ben Affleck e le scene shirtless di Jason Momoa e Henry Cavill.
Che comunque non guastano.
Ma non disperiamo: dopo i pessimi inizi, hanno capito come risalire la china e si può sperare che, se la sovrasaturazione del genere non fa fuori tutti prima, i prossimi film arriveranno ad afferrare quella nota elusiva capace di risuonare davvero negli spettatori.
Per quanto riguarda Justice League, non benissimo, ma comunque bene: è un film che vale la pena vedere non solo perché Gal Gadot è fantastica, o per la fossetta sul mento di Ben Affleck e le scene shirtless di Jason Momoa e Henry Cavill.
Che comunque non guastano.
No comments:
Post a Comment