Anch’io ho i miei talloni d’Achille, perfino negli ambiti in cui le mie posizioni sono più nette: quello delle feste comandate, ad esempio, è il Capodanno. Se il Natale lo accolgo con percentuali variabili di indifferenza e fastidio a seconda di quanto me lo sbattono in faccia, la Pasqua – wait, la Pascosa? – dicevo, il Ferragosto come il giorno in cui mi barrico in casa per evitare le orde di turisti, i Santi e i Morti con un rapido rolleye, eccetera, il Capodanno è l’unica festa che sento davvero e a cui partecipo.
Ovviamente non nel senso di munirmi di alcool del discount, scendere in piazza in mezzo alla gente, fare il count down, urlare come un deficiente, agitare e stappare la bottiglia di spumante facendolo schizzare dappertutto come surrogato fallico, partecipare ai tremendi concertoni locali o seguire quello ancora peggiore della RAI – quelle sono cose che detesto e rendono la domanda “Che programmi hai per Capodanno?” particolarmente indigesta. E comunque, non fate finta di sorprendervi quando dico: “Sto a casa a guardare film con la mia migliore amica”, sotto sotto nemmeno voi volete davvero scendere in piazza a fare lo slalom tra i petardi e le chiazze di vomito.
Dicevo, quindi, il mio non è il capodanno VIP della festona: è un giorno che celebro interiormente con piccole tradizioni. Sento davvero un senso di chiusura e inizio di un nuovo ciclo, così mi piace fare cose benaugurali perché “come passi Capodanno poi passi tutto l’anno” – che come superstizione è piuttosto innocua.
Quest’anno però ho deciso di cambiare un po’ le carte in tavola: così come sono rimasto a Trieste evitando tout court lo stress dei parenti per Natale (e lo stress del Natale tout court), ho anche rivisto completamente il mio approccio al Capodanno. Di solito, gli ultimi giorni dell’anno sono una grande corsa a sistemare le cose: si pulisce casa, si prepara la roba vecchia da buttare via, ci si fa i capelli, la barba e quant’altro il 31 dicembre così, a mezzanotte, si è lindi, pinti e perfetti per salutare l’anno nuovo.
Ebbene, il 2018 l’ho iniziado come il relitto che il 2017 si è lasciato alle spalle, né più, né meno. Del resto, avendo pianificato di passare davvero la serata a casa su Skype con Katia, e avendo evitato di invitare gente per l’altra superstizione di Capodanno, me la sono potuta cavare con barba incolta, capelli sporchi e camera che è un caos senza fine.
Perché alla fine è vero, nel 2017 mi sono trascurato: mettevo i momenti di cura personale come “premi” finito di occuparmi degli altri, rimandavo la sistemazione della stanza a dopo aver sistemato gli spazi comuni, e alla fine non avevo più davvero le forze o la voglia di fare qualcosa per me se non il minimo socialmente accettabile. Idem in questi giorni: approfittando dell’assenza di tutti i coinquilini, ho rimesso in sesto l’intera casa, riordinato e pulito a fondo la cucina, grattato via il calcare dal piatto doccia a forza di bicarbonato, aceto e olio di gomito, lavato a fondo il corridoio, il tutto probabilmente per zero riconoscimento quando la truppa sarà tornata (e francamente, magari trovassi casa così io tornando da una lunga assenza), e non ho avuto tempo né energie da dedicare a me o alla mia stanza.
Ma poi mi sono detto, se “come passi Capodanno poi passi tutto l’anno”, perché mentire? Che senso ha che mi faccia trovare in condizioni splendide dal nuovo anno se il vecchio è stato un mezzo disastro?
E ora eccomi qui, sbarbato, con i capelli puliti e in piega, dopo che ho rimesso in ordine e spolverato per lo meno una parte della camera. Invece che farmi trovare pronto e perfetto dal nuovo anno sperando che tutto l’anno continui ad andare magicamente bene, l’ho iniziato rimettendomi in sesto con l’augurio che per tutto l’anno mi resti la determinazione di stare bene. Mi sono svegliato con calma, ho pranzato, ho preso del tempo per me, non ho preteso di fare tutto in una volta in camera, non ho contato i minuti in doccia, non ho ceduto alla tentazione di rimandare perché avrei potuto fare altro, ho messo i puntini sulle I con chi è già rientrato circa il fatto che io ho fatto trovare casa pulita e pretendo che resti tale, dopo di che mi è venuta dal nulla l’ispirazione per una foto e bam!, sono anche stato creativo. C’è stato giusto un po’ di sforzo per vincere l’inerzia iniziale (e perché sto seppellendo vecchie abitudini, ma shh!), ma sono riuscito a essere produttivo verso me stesso e verso gli altri senza arrivare esausto a fine giornata.
Stare bene, fisicamente e mentalmente, richiede un processo attivo e costante. Fin qui, l’approccio di iniziare l’anno in gloria e vedere dove va a parare non ha pagato. Vediamo ora che l’ho iniziato work in progress, con tutte le azioni per rialzarmi e sentirmi una persona. Fin qui, mi sento energico e motivato e non ho intenzione di tornare nello stato in cui ero nelle scorse settimane.
Chissà che non sia questa l’attitudine giusta.
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