Una volta, tanto tempo fa (tipo dieci anni), sono stato innamorato. Forse anche più di una volta. Non ne sono sicuro. I ricordi non aiutano, e sul blog c’è tanto materiale a riguardo, ma posso fidarmene? È difficile distinguere il ridimensionamento dovuto a una nuova
prospettiva, la dimenticanza dopo tanto tempo e il vero e proprio
revisionismo storico.
Se
ripenso a Mattia, ad esempio, trovo ridicolo chiamarlo “amore” quando è
stata letteralmente la storia di un pomeriggio. Tolto lo scambio
di commenti sui reciproci blog e qualche chat su MSN, tutto si è
consumato in quelle due ore a Milano e ha iniziato a sfaldarsi nel momento stesso
in cui sono salito sul treno per Genova. Non è stata una storia a
distanza perché non siamo mai andati oltre quel momento, non abbiamo
comunicato davvero, non abbiamo pensato a un secondo incontro.
Eppure, undici anni fa sono stato davvero male. Ci ho sofferto per mesi, da gennaio all’estate inoltrata. Non era solo materiale per post lagnosi e foto a tema, ricordo che in Bielorussia ero ancora a pezzi ed era, assieme a un potenziale coming out (che fu rimandato), un discorso serio per cui la Mater mi stette a sentire e mi consolò. Ci misi fino a settembre per riprendermi: il viaggio in Campania è il primo momento che ricordo in cui ripensavo a Mattia senza sentire dolore.
Per quanto ridicolo sembri adesso, per quanto minuscola l’effettiva vicenda, allora era tremendamente reale.
Eppure, undici anni fa sono stato davvero male. Ci ho sofferto per mesi, da gennaio all’estate inoltrata. Non era solo materiale per post lagnosi e foto a tema, ricordo che in Bielorussia ero ancora a pezzi ed era, assieme a un potenziale coming out (che fu rimandato), un discorso serio per cui la Mater mi stette a sentire e mi consolò. Ci misi fino a settembre per riprendermi: il viaggio in Campania è il primo momento che ricordo in cui ripensavo a Mattia senza sentire dolore.
Per quanto ridicolo sembri adesso, per quanto minuscola l’effettiva vicenda, allora era tremendamente reale.
Con
Matteo è difficile dirlo: la situazione ha preso una piega talmente
inaspettata e surreale che, nella mia testa, la realtà è solo ciò che è
successo dopo. Anche perché non l’ho mai confessato nemmeno a me stesso, ma trovo il prima imbarazzante.
Nonostante abbia fatto la cronaca quasi quotidiana di quei mesi, non ho mai davvero scritto sul blog cosa è successo alla fine: ho ripetuto a me stesso che il motivo era non sputtanare l’altra parte coinvolta ma, in realtà, è perché me ne vergogno.
Che poi, l’unica “colpa” che ho è essere stato un essere umano decente e comprensivo, ma sembrare un cretino prima e un debole poi è un attimo.
Nonostante abbia fatto la cronaca quasi quotidiana di quei mesi, non ho mai davvero scritto sul blog cosa è successo alla fine: ho ripetuto a me stesso che il motivo era non sputtanare l’altra parte coinvolta ma, in realtà, è perché me ne vergogno.
Che poi, l’unica “colpa” che ho è essere stato un essere umano decente e comprensivo, ma sembrare un cretino prima e un debole poi è un attimo.
L’ho
raccontato a pochissime persone, sempre temendo il loro giudizio
(perché una delle prime che l’ha saputo è stata spietata – sempre la
solita stornza), e ho dovuto talmente minimizzare la narrazione del
prima per rendere logico e coerente il dopo che nei miei ricordi è
rimasto ben poco di quella passione e quei sentimenti. Al massimo è
rimasto l’odio bruciante per quell’hipster del cazzo che si è
intromesso, perché un rancore è per sempre che De Beers levati.
Oggi al massimo dico che l’ultima volta che sono stato con qualcuno è stata dieci anni fa, senza scendere nei dettagli. Ma in effetti è vero: sono stato con qualcuno. Ho avuto una storia a distanza faticosa, tormentata eppure tremendamente appassionata. Ero davvero innamorato. Ho lottato quando c’era da lottare, gioito quando c’era da gioire e pianto quando c’era da piangere, e nei momenti in cui andava tutto bene c’era sostegno reciproco e stavo davvero bene. Non è un caso se, nonostante tutta la fatica durante e il dolore dopo, la cosa che ricordo meglio è la dedica che ho scritto sulla tesina della maturità.
Non sono stato debole a sostenere tutto quel dolore. Ma sono stato poco orgoglioso a lasciarmelo infliggere. Non m’importa minimamente di non essere stato orgoglioso allora, perché il rapporto valeva ben più di quello, ma è da allora che con chiunque sia arrivato dopo ne sono ossessionato: l’orgoglio. Salvare la faccia quando tutto finisce è la mia priorità. È una cosa che ho imparato sul campo con l’Uomo Lusingato, più che altro.
Ma il succo è questo: non ricordo nemmeno più com’è essere innamorati. Non riesco a interiorizzare perché tutti ne parlino come se fosse chissà cosa, né a livello emotivo, né tanto meno fisico. Non capisco perché lasciarsi debba essere ‘sto gran problema: basta semplicemente essere il meno coinvolto nella coppia per risparmiarsi grosse seccature, per il resto la vita va avanti.
Sono talmente distante da quel tipo di sensazioni che non riesco a immedesimarmici, né a considerarle più importanti della soddisfazione di avere l’ultima parola. E ho perso il filo di un discorso che già in partenza non sapevo dove sarebbe andato a parare.
Oggi al massimo dico che l’ultima volta che sono stato con qualcuno è stata dieci anni fa, senza scendere nei dettagli. Ma in effetti è vero: sono stato con qualcuno. Ho avuto una storia a distanza faticosa, tormentata eppure tremendamente appassionata. Ero davvero innamorato. Ho lottato quando c’era da lottare, gioito quando c’era da gioire e pianto quando c’era da piangere, e nei momenti in cui andava tutto bene c’era sostegno reciproco e stavo davvero bene. Non è un caso se, nonostante tutta la fatica durante e il dolore dopo, la cosa che ricordo meglio è la dedica che ho scritto sulla tesina della maturità.
Non sono stato debole a sostenere tutto quel dolore. Ma sono stato poco orgoglioso a lasciarmelo infliggere. Non m’importa minimamente di non essere stato orgoglioso allora, perché il rapporto valeva ben più di quello, ma è da allora che con chiunque sia arrivato dopo ne sono ossessionato: l’orgoglio. Salvare la faccia quando tutto finisce è la mia priorità. È una cosa che ho imparato sul campo con l’Uomo Lusingato, più che altro.
Ma il succo è questo: non ricordo nemmeno più com’è essere innamorati. Non riesco a interiorizzare perché tutti ne parlino come se fosse chissà cosa, né a livello emotivo, né tanto meno fisico. Non capisco perché lasciarsi debba essere ‘sto gran problema: basta semplicemente essere il meno coinvolto nella coppia per risparmiarsi grosse seccature, per il resto la vita va avanti.
Sono talmente distante da quel tipo di sensazioni che non riesco a immedesimarmici, né a considerarle più importanti della soddisfazione di avere l’ultima parola. E ho perso il filo di un discorso che già in partenza non sapevo dove sarebbe andato a parare.
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