Wednesday 3 April 2019

Bigotta inquisizione

Oggi pomeriggio mi sono imbattutto in un articolo di Gay.it che riporta degli studi condotti dal professor Roberto Baiocco e colleghi, dai quali sarebbe emerso che, in soldoni, i figli di coppie omosessuali non sarebbero svantaggiati nella crescita a livello psicologico o affettivo, ma avrebbero addirittua una migliore qualità della vita legata ad alcuni fattori correlati (istruzione, stabilità della coppia, possibilità economiche, eccetera).
La seconda affermazione lascia un po’ il tempo che trova: ad esempio, le coppie composte da due uomini prese in esame hanno tutte avuto accesso alla maternità surrogata, il che implica che siano abbastanza facoltose e sia quello, più che l’omo o eterogenitorialità, a fornire benefici. Il dato emerso indica comunque che, a livello di sviluppo psico-emotivo, essere cresciuti da genitori dello stesso sesso non comporta svantaggi per il bambino: alla fine, è ciò che conta.

Sarebbe stata una lettura presa e lasciata lì, come se ne fanno molte, se non avessi avuto la pessima idea di andarmi a leggere i commenti. “Poi dopo non lamentatevi della ghettizzazione e della gente che va a Verona”, chiosa uno. “Volete tirarvi la zappa sui piedi? Perché con affermazioni simili capita”, se ne esce un altro. “Che cazzata”, riassume un terzo.
Ed è qui che sbatto la testa sulla scrivania.
Partiamo dalla “cazzata”, va’.
Per i tonti all’ultimo banco: nessuno si è svegliato una mattina e ha fatto una sparata a caso. Quelli riportati qui sono i dati emersi da una ricerca scientifica, né più, né meno. Lo studio di sicuro non è definitivo né assoluto (nessuna ricerca scientifica lo è mai, la scienza è corretta solo fino a prova contraria) e – la prima cosa che ho notato anch’io – può contenere bias statistici che hanno influenzato i risultati.
Detto ciò, prima di bollarla come una “cazzata” con qualche frase fatta, avete qualche dato che vi supporta? Avete fatto ricerche? Avete alle spalle studi di pedagogia e sociologia che vi permettono di analizzare la questione con la stessa cognizione di causa dei ricercatori che se ne sono occupati?

In secondo luogo, pretendere di non divulgare quelli che – ribadisco – sono i risultati di uno studio scientifico perché a qualcuno potrebbero non piacere è sbagliato a prescindere. Non va bene il risultato? Se ne verifica la verosimiglianza, si fanno controricerche, controstudi e si espongono i dati di quelle. Che, a loro volta, sono controvertibili da ulteriori studi. È così che funziona.
Uscirsene dicendo “Non parliamo di questi risultati perché poi quelli si arrabbiano e vanno a Verona” è ideologicamente sbagliatissimo: allora nessuno avrebbe dovuto pubblicare né gli studi che hanno dimostrato che l’omosessualità non è una devianza ma una semplice variazione del comportamento sessuale (umano e non), né quelli che hanno dimostrato che non esistono razze “superiori” o “inferiori”, né quelli che dimostrano che i vaccini non sono dannosi, né qualsiasi altra cosa che possa andare a urtare i preconcetti di qualcuno.
Ora, per fortuna non siamo più nel Diciassettesimo Secolo: non arriva l’Inquisizione a strillare che siamo eretici se le osservazioni empiriche dicono che è la Terra che gira intorno al Sole. Magari è il caso di non contribuire a tornare a quella mentalità?

In sostanza, non entro nel merito dei risultati della ricerca, anche perché non ho le competenze per farlo. Ciò che non condono è l’atteggiamento antiscientifico dietro questo genere di commenti. Sia di quelli che sono pronti a bollare il tutto come una cazzata senza averne le competenze, sia quelli che vorrebbero non si divulgassero i risultati perché vanno a urtare i pregiudizi altrui. Se la mettiamo così, non avremmo dovuto dar credito a nulla e ce ne saremmo rimasti comodi comodi a dar retta alla Bibbia e ucciderli a sassate, quei froci, perché “It’s Adam and Eve, not Adam and Steve.

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