Se dovessi rispondere alla domanda “cosa è successo questo week end a Hamar?”, non saprei da che parte cominciare.
Una risposta molto semplificata sarebbe “ho visto un ottimo live di una delle mie band preferite e trascorso momenti da backstage con alcuni dei miei musicisti preferiti e la mia cantante preferita; che mi ha ospitato”, ma tutto ciò è davvero riduttivo. Sarebbe più corretto dire che ho trascorso un week end assieme a ottimi amici che, oltre ad essere persone magnifiche, sono anche, incidentalmente, la mia cantante e alcuni dei miei musicisti preferiti.
Da questo punto di vista, il mio week end in Hedmark è stato la completa decostruzione del mio rapporto fan-artista con i Theatre of Tragedy e i The Crest, a partire dal fatto che, nella pratica, non sono partito per un concerto, ma sono stato invitato a una festa di compleanno. Il gradino fra platea e palco è stato azzerato e ho conosciuto davvero la band che ci suona sopra, non come artisti ma come persone. In carne ed ossa, come me.
E i momenti da fan non sono mancati: ho parlato con Kristian dei The Crest, di alcune canzoni in cui mi vedevo molto, del significato di alcuni testi dei The Black Locust Project. Con Hein abbiamo parlato dell’ultimo tour dei Theatre of Tragedy, degli album, delle demo del 1994, del rapporto che la band ha con Assembly. E l’ultima sera, con Nell, ci siamo seduti sul divano e abbiamo sfogliato la sua cartella con tutte le cose dei Theatre of Tragedy: le mail, i testi delle canzoni, quelli delle demo, i momenti più belli, quelli più brutti. Ma non mi sentivo come un fan che chiedeva le cose ai suoi musicisti preferiti, quanto come fra amici con una passione in comune – una che loro portavano avanti attivamente.
E poi ci sono stati i momenti in cui abbiamo parlato di noi, delle nostre famiglie, di dubbi e incertezze, di cose di cui parlano le persone normali. Il momento in cui abbiamo fatto colazione tutti assieme – con la marmellata di ribes rossi e quella ale fragoline selvatiche confezionate in casa da Nell; quello in cui ho fatto due chiaccheire con sua figlia per farle esercitare un po’ l’inglese. E il pomeriggio in cui siamo saliti in macchina e mi ha mostrato Hamar, il centro, la Domkirkeruinene e la ricostruzione del villaggio originario da cui è nata la città.
Ed è vero, la prima sera mi ci sono volute un paio di birre prima di scuotere via la sensazione di provenire da due mondi completamente diversi – loro, e Nell in particolare, da uno al quale non ero degno di accedere – ma mi ritengo davvero fortunato ad aver fatto amicizia con la mia cantante preferita e la sua famiglia. A poterci fare due chiacchiere senza meet & greet e pressione dei concerti. A sapere che è felice anche se non pubblica più album in cui canta.
Oh, e sono sempre più convinto che la Norvegia è la mia vera patria. Prima o poi ce la farò, ad andarci a vivere.
E i momenti da fan non sono mancati: ho parlato con Kristian dei The Crest, di alcune canzoni in cui mi vedevo molto, del significato di alcuni testi dei The Black Locust Project. Con Hein abbiamo parlato dell’ultimo tour dei Theatre of Tragedy, degli album, delle demo del 1994, del rapporto che la band ha con Assembly. E l’ultima sera, con Nell, ci siamo seduti sul divano e abbiamo sfogliato la sua cartella con tutte le cose dei Theatre of Tragedy: le mail, i testi delle canzoni, quelli delle demo, i momenti più belli, quelli più brutti. Ma non mi sentivo come un fan che chiedeva le cose ai suoi musicisti preferiti, quanto come fra amici con una passione in comune – una che loro portavano avanti attivamente.
E poi ci sono stati i momenti in cui abbiamo parlato di noi, delle nostre famiglie, di dubbi e incertezze, di cose di cui parlano le persone normali. Il momento in cui abbiamo fatto colazione tutti assieme – con la marmellata di ribes rossi e quella ale fragoline selvatiche confezionate in casa da Nell; quello in cui ho fatto due chiaccheire con sua figlia per farle esercitare un po’ l’inglese. E il pomeriggio in cui siamo saliti in macchina e mi ha mostrato Hamar, il centro, la Domkirkeruinene e la ricostruzione del villaggio originario da cui è nata la città.
Ed è vero, la prima sera mi ci sono volute un paio di birre prima di scuotere via la sensazione di provenire da due mondi completamente diversi – loro, e Nell in particolare, da uno al quale non ero degno di accedere – ma mi ritengo davvero fortunato ad aver fatto amicizia con la mia cantante preferita e la sua famiglia. A poterci fare due chiacchiere senza meet & greet e pressione dei concerti. A sapere che è felice anche se non pubblica più album in cui canta.
Oh, e sono sempre più convinto che la Norvegia è la mia vera patria. Prima o poi ce la farò, ad andarci a vivere.
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