Monday 19 May 2014

Il ritorno dei sogni creepy

È parecchio tempo ormai che non faccio sogni abbastanza articolati e interessanti da farmi venire voglia di annotarli per ricordarli dopo che mi sveglio. Stanotte ne ho fatto uno lungo e che ricordo molto dettagliatamente, dato che continuavo a svegliarmi e riaddormentarmi con la mente ancora focalizzata su di esso, così che mi sono rimasti impressi molti punti prima dei risvegli, ma la storia è andata avanti più o meno coesa. E, tanto per cambiare, c’era di mezzo una delle mie artiste preferite, ma quello ormai è un classico.

Era ambientato in un palazzo di epoca teresiana con un grande giardino situato nella periferia di Trieste, e sulle prime si trattava di un film che avevo già visto ma non ricordavo molto bene. Ovviamente, come capita in questi casi, mi sono trovato io stesso nel film e della storia, conoscendo alcuni degli avvenimenti futuri perché, appunto, l’avevo già visto, ma senza ricordare tutto.
Ebbene, mi ritrovo nel giardino della villa e, camminando, passo vicino a un albero piuttosto vecchio ma apparentemente normale; solo che, dalla visione del film, ricordavo che in realtà maledice le persone e le fa scomparire. E in modo creepy: penetra nei loro incubi e le costringe a sognare di scomparire; se il sogno si ripete per tre volte, la mattina i letti vengono trovati vuoti, le persone scomparse. Alcuni degli ospiti della villa (che, presumibilmente, avevano passeggiato vicino all’albero) sono già scomparsi, e io ricordavo dal film che alla risoluzione del mistero, l’ultima vittima viene ritrovata dentro il tronco ancora mezza viva, in un’agonia orribile, attorcigliata fra le schegge di legno e sanguinante, mentre l’albero consuma lentamente la sua vita. Ovviamente, voglio evitare a tutti i costi di fare una fine simile, per cui, dopo le prime due notti in cui sogno (dentro il sogno) di scomparire, la terza riesco a svegliarmi in tempo, prima di sparire, e riesco così a sfuggire momentaneamente alla maledizione.

Nella scena successiva, l’albero ha bisogno di assorbire più energia dalle persone in modo da potermi sopraffare e mantenermi addormentato fino al momento della sparizione; altre persone in città iniziano a fare gli incubi e sparire nei letti, e io decido di indagare. Sul bus che scende in centro, vedo che alcuni passeggeri schiacciano un pisolino e ogni volta che mi volto vedo che i sedili vuoti aumentano. Ricordando dal film che su quel bus c’era un pericolo, prenoto la fermata e mi precipito verso la porta per non addormentarmi anche io. Ci riesco, ma per farlo passo accanto a una bambina che tiene in mano un vaso con dentro un bonsai. Lei cerca di seguirmi, ma le porte si chiudono davanti a lei: io, ricordando che è lei la causa delle sparizioni in città perché il bonsai è un pollone dell’albero, le faccio un gestaccio di vittoria, e lei mi fissa con occhi vitrei e assenti. E questo è stato uno dei momenti più creepy dell’incubo, di cui ricordo ogni dettaglio: capelli neri con la frangetta, pelle bianca con le lentiggini, un vestitino bianco a fiorellini rossi, un nastro fra i capelli, e quegli occhi, le cui pupille erano dello stesso azzurro intenso e lattiginoso delle iridi.

A quel punto, mi ritrovo nel palazzo e scopro che anche Leandra, la cantante bielorussa, è stata maledetta dall’albero e si è appena svegliata di soprassalto dal terzo sogno, prima della sparizione. Ci consultiamo, ma io non so cosa fare perché non ricordo la fine del film: so che per qualche motivo l’albero ci vuole in particolar modo e non mollerà la presa, ma non ricordo cosa fare per evitarlo. A peggiorare le cose, entrambi non dormiamo ormai da troppo (per non sognare di scomparire), e iniziamo ad averne davvero bisogno, mentre la ragazzina continua a cercarci per farci addormentare maledicendoci di nuovo con il bonsai. Non ci resta che andare a cercare il proprietario della villa, che so essere implicato nella faccenda: visto che lui si rifiuta di dirci qualcosa, Leandra lo tortura soffocandolo e sbattendogli ripetutamente la testa contro la scrivania con la telecinesi. A quel punto è chiaro: siamo due ESPer. Leandra è una telecineta e io sono un veggente (il motivo per cui “ricordo” le cose come in un film è che in realtà intuisco il futuro), e l’albero ci vuole perché, in quanto ESPer, gli forniremmo energia più a lungo.
A quel punto, mi telefona la Mater con una soluzione temporanea per recuperare il sonno: dobbiamo cogliere dei rami di betulla, intrecciarli e metterli intorno al cuscino. La betulla è infatti l’albero nazionale della Bielorussia, e non lascerebbe mai che accadesse del male a qualcuno di sangue bielorusso: i suoi rami farebbero da barriera all’altro albero. Leandra ed io riusciamo a procurarci i rami e, per un soffio, a non farci vedere dalla ragazzina creepy. Ci chiudiamo in una camera, spranghiamo porte e finestre in caso ci abbia seguiti, tiriamo le tende e iniziamo a intrecciare i rami per poter dormire un po’ prima di capire come rompere la maledizione.

A quel punto, ovviamente, mi sono svegliato. E sinceramente, con gli occhi di vetro della ragazzina puntati addosso, non avevo più tanta voglia di riaddormentarmi per l’ultima puntata.
Non so bene cosa fare di tutto ciò. Il sogno l’ho per prima cosa trascritto in inglese e lo manderò via messaggio privato su Facebook a Leandra: chissà che non le ispiri un po’ di musica. A ripensarci, sarebbe interessante scrivere un racconto sfruttando proprio la tecnica del “ho visto il film” che poi si scopre essere precognizione, ma dovrei decidere come finire la soria e, soprattutto, capire come far funzionare la narrazione in modo da anticipare solo quanto basta senza svelare subito tutta la trama. L’albero deve nascondere qualche segreto più particolare per essere interessante. Oppure posso fare come con Rose Red: si sa che la casa è malvagia, sono gli eventi successivi a mantenere col fiato sospeso. Chissà. Ci penserò.

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