Friday, 10 October 2014

Il lato B della faccenda del quattordicenne napoletano

Quando questo si sia trasformato da un blog di cazzi miei a uno di opinionismo improvvisato e tuttologia applicata non me ne sono accorto di preciso, ma probabilmente da domani, non appena sarò a Trieste e privo di tv, smetterò di preoccuparmi di qualsiasi scemenza capiti nel mondo reale per tornare a sguazzare nella mia routine e depressione.

Detto ciò, il tema di questo post è, ovviamente, quello di cui tutti parlano, il quattordicenne napoletano che si è ritrovato una pompa su per il sedere (no, non sono una persona originale e sì, sento la necessità di aggiungere i miei cinque copechi in merito, come dicono i Russi).
Non credo di dover ribadire per l’ennesima volta opinioni che credo siano universalmente condivise sui tre che hanno torturato il ragazzino e sui loro parenti (seriamente, trovatevi una catacomba e infilatevici in silenzio). Di specifico ho solo da aggiungere che io ho l’età degli aggressori, e l’idea di avere a che fare in qualsiasi modo con un quattordicenne non mi sfiora neanche per la testa. Figuriamoci sfotterlo dall’alto dei miei dieci anni in più. Figuriamoci fargli del male, fosse anche un calcio negli stinchi. Seriamente, sono un adulto, quello è un ragazzino, che razza di problemi e complessi di inferiorità dovrei avere per cercare di rivalermi su di lui?
Ma questo, dicevo, sono opinioni universalmente condivise che non vale la pena di ripetere. Personalmente, oltre che con gli aggressori, in questa vicenda il problema ce l’ho – indovinate un po’? – con la stampa. La solita, inaffidabile, chiassosa stampa italiana sempre pronta ad avventarsi su qualsiasi vicenda come un avvoltoio.

Chiariamo subito un punto: la mia non è in alcun modo un’apologia degli aggressori – anzi, per come la vedo io il loro atto è più grave di come lo dipingono giornali e tg. È tortura e pure un tentato omicidio, il motivo è la più becera idiozia. Ma per cortesia, signori telegiornali: non è una violenza sessuale. Onestamente, tirando le somme fra le varie versioni che circolano per l’etere, anche se il poveraccio si è ritrovato una pompa d’aria compressa su per il retto, non lo è. Non è stata causata da motivi sessuali, non è stata fatta per la gratificazione sessuale degli aggressori, non ha a che fare con la vita sessuale di nessuna delle due parti. Compreso il ragazzino: enfasi sull’intestino perché è grasso. È una violenza discriminatoria, non sessuale. Quel ragazzino è stato torturato ed è quasi morto (perché è di questo che si tratta) in quanto “diverso”, non in quanto oggetto sessuale. Ciò la rende forse meno grave ai miei occhi? No. E anzi, parlare di violenza sessuale lo fa quasi sembrare un giochino erotico andato male, quando l’intento lì era umiliare e fare del male in maniera deliberata e assolutamente gratuita: lo trovo ancora più orribile. Questa specifica renderà forse le condizioni del ragazzino meno gravi? Nemmeno, non uscirà prima dall’ospedale per questo post. Perché allora il fatto che la stampa abbia aggiunto il carico da novanta mi urta tanto?
È il motivo di fondo. Una notizia del genere va già in prima pagina, ma immaginate quanto vende di più se ci aggiungiamo anche il reato di natura sessuale. Non una violenza discriminatoria, ma legata al sesso; non un mancato omicidio del diverso, ma un sordido giochino andato male: perfetto per vendere la notizia a tutti quegli Italiani che stanno col naso incollato allo schermo in cerca di tutti i dettagli più morbosi sull’omicidio della piccola Yara o chi per lei, perché ci si immedesimano e sentono quel piccolo brivido segreto nel pancino. Ma non solo. Pensateci: un ragazzino violentato da tre uomini ventenni. Nel tempo che intercorre fra la lettura del titolo e l’inizio dell’articolo, la mente dell’Italiano Medio si sta già pregustando anche la componente omosessuale e pederastica, quella familiare rassicurazione sul fatto che quegli schifosi finocchi ce l’hanno sempre con i bambini, che sono perversi come nessuno ammette più, con tutto il gusto voyeuristico di vederli perpetrare le loro sordide perversioni da dietro il vetro dello zoo mediatico e vivere quei brividi nel pancino tramite loro.

Congrats for making this unrelated tragedy about you a parte, lungi dal vederci un complotto antigay, ma era giusto un esempio su come la sessualizzazione di un crimine di natura non sessuale da parte della stampa giochi con la voglia di evasione del pubblico italiano per tenerlo incollato alla notizia finendo per snaturare completamente l’accaduto. In poche parole, così com’è è un fatto aberrante, ma con annessa gang rape ha quel retrogusto di scandalo sopra cui ricamare e che fa vendere le copie. Fra l’altro, alle scorrettezze della copertura mediatica di questa vicenda aggiungerei anche le interminabili interviste al parentado. Perché sì, ho scritto prima che i parenti degli aggressori dovrebbero strisciare sottoterra nel silenzio più assoluto, ma chi è che dà loro i quindici minuti di fama ai quali anelano tanto da svendere qualsiasi dignità? La nostra stampa. Probabilmente mascherandosi dietro il dovere di far sentire entrambe le campane per mantenere l’impazialità, ma con l’unico intento, ancora una volta, di incuriosire l’ascoltatore, di stuzzicarlo ad ascoltare fino a che punto quelle persone sono prive di buon senso e dignità con lo stesso gusto voyeuristico per i freak da circo con cui si fregavano le mani al pensiero del gang rape finito male.

Insomma, tanta solidarietà (e possibilmente un abbecedario) alla famiglia del quattordicenne, e tanto disprezzo per quegli altri. Ma quando ascolto il notiziario, io vorrei essere informato, e non emozionato o intrattenuto. Che siano le sviolinate sentimentali con cui i nostri giornalisti ammantano le vicende più tragiche, o il sensazionalismo perverso con cui cercano di vendere la cronaca più rivoltante: teneteveala per voi, a me interessa solo la notizia. Sul serio, fate i giornalisti, non le soubrette.

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