Friday 11 September 2015

Lo Stato siamo noi

A me gli stereotipi piacciono ma anche no. Bello riderci sopra, bello farci le battute… brutto pensare che siano realistici o una buona base per discriminare e nutrire pregiudizi verso qualcuno. Per cui mi urta sempre quando i Polentoni fanno partire la solita solfa sui Napoletani così, Napoletani colà, Napoletani delinquenti, Napoletani camorristi, Vesuvio pensaci tu. Sì, ci sono dei Napoletani delinquenti. Così come ci sono i Milanesi delinquenti, i Romani delinquenti, i Triestini delinquenti, gli Algheresi delinquenti. Il problema non è “Napoletano”, è “delinquente”, e questo in molti sembrano non volerci pensare. E poi capitano cose che, puntualmente, mi fanno cadere le palle pensare che gli stereotipi e pensare che da qualche parte saranno pur usciti.
Ero lanciatissimo a incoraggiare il rione Sanità per essersi unito in piazza al funerale di Gennaro Cesarano – di qualcuno che della camorra è vittima e non membro – e che la gente parlasse e mettesse la faccia in tv… finché non siamo finiti punto e accapo. Prima gli striscioni contro la camorra che spariscono, poi la frase più stupida, più inutile, più irritante che si sente venire puntualmente dalle zone in cui spadroneggia la criminalità organizzata, courtesy del parroco stavolta: “Resteremo a lutto fin quando le istituzioni non ci daranno risposte”.
Ecco, ti pareva: via le accuse alla camorra, la colpa è sempre e comunque delle istituzioni. Non è la criminalità, è sempre lo Stato.
La mafia fa una strage in Sicilia? Colpa dello Stato che non ha protetto nessuno. La camorra uccide un ragazzo a Napoli? Colpa delle istituzioni non danno una risposta. Il funerale di Casamonica a Roma? Colpa dei carabinieri, dell’amministrazione, dell’ENAC che non ha fatto nulla per fermare la parata.
Fortuna che, mentre penso che per la gente lì non ci sia speranza, mi arriva l’illuminazione: è per tutta Italia che non c’è speranza.

Chiariamo l’ovvio: l’albero non attacca mai per primo. Perché è inutile girarci intorno, questa è un’altra manifestazione del vizio tutto italiano di dare la colpa dell’incidente stradale al palo, al guardrail, all’albero, all’asfalto, alla curva, mai al conducente che guidava troppo veloce.
Perché signori miei, forse vi sarà sfuggito, ma lo Stato siamo noi. Lo Stato non è un’entità astratta che campa in mezzo alle nuvole: lo Stato è l’insieme dei suoi cittadini ed è tanto buono o cattivo quanto lo sono loro.
Le forze dell’ordine non proteggono i cittadini dalla criminalità organizzata? Davvero? E dove sono i cittadini quando c’è da denunciare? Quando c’è da collaborare alle indagini, da dare testimonianze, da fare nomi e cognomi che sono sotto il naso di tutti? È colpa delle autorità che non fanno nulla, se la criminalità può girare indistrbata, o dei cittadini che, fra una fiaccolata e l’altra, fanno muro compatto per far scappare i piccoli delinquenti che fuggono in moto? È lo Stato che si batte il petto in televisione piangendo che “erano bravi ragazzi!” quando muoiono durante gli inseguimenti? Quando la sanità non funziona, quando i rifiuti restano a marcire per strada, quando le discariche abusive inquinano il terreno, come può lo Stato intervenire? Chi ha permesso a Tizio del clan Sempronio di infiltrarsi nelle istituzioni dello Stato? Chi l’ha votato e gli ha permesso di mettere le mani sugli organi che dovrebbero impedire alla sua azienda che scarica il veleno a mare, magari in cambio del posto di lavoro in quella stessa azienda?
Per cui, facciamoci tutti un bell’esame di coscienza e riflettiamo su questo punto fondamentale: lo Stato non ci ha abbandonati, siamo noi che abbiamo abbandonato lo Stato. Che l’abbiamo guastato fino al midollo. Perché lo Stato può funzionare e tutelarci solo nella misura in cui noi contribuiamo a farlo funzionare e collaboriamo nel farci tutelare. Non esiste nessun Messia, nessun Giorno del Giudizio, nessun miracolo dall’alto: la lotta per legalità, contro la corruzione e la criminalità, è qualcosa che deve partire da noi. Da tutti noi.

Sia chiaro, questo non è un discorso sui Napoletani, o contro di loro: è rivolto indistintamente a tutti. Perché, anche qui, la discriminante non è “Napoletano”, ma è “coglione”, e l’essere coglione è un fenomeno panitalico. Se ne parla spesso a Napoli perché è a Napoli che la camorra fa notizia, ma è lo stesso principio di base dietro ai vari Forconi, Grullini e compagnia cantante, e questa gente si trova ovunque.
Il che sostanzialmente significa che questo è un post che ho scritto unicamente per sfogarmi, perché gli Italiani non tireranno mai fuori le palle e non accetteranno mai l’idea di essere responsabili delle proprie azioni e che queste si ripercuotano sulla collettitività.
Signore e signori, siamo fottuti: mi toccherà emigrare in Scandinavia prima che arrivino i Siriani.

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