Saturday, 21 November 2015

Cari Spiriti Illuminati

Ipocrisia
[i-po-cri-sì-a] n.f.
pl. -e
Simulazione di buoni sentimenti, di buone qualità o di buone intenzioni; mancanza di sincerità, falsità: “Quanta gente si nasconde sotto la maschera dell’ipocrisia.” | Azione, comportamento, discorso da ipocrita: “Mettere da parte le ipocrisie.
Etimologia: ← dal lat. tardo hypocrĭsia(m), dal gr. hypókrisis ‘simulazione’;
cfr. ipocrita.
Giusto ieri, 9 persone sono morte e 37 sono rimaste ferite e in un attacco dell’ISIS a Yusufiyah, in Iraq. Tre giorni fa, 49 persone sono morte e più di 200 sono rimaste ferite in due attacchi attribuiti al Boko Haram (una divisione africana dell’ISIS) a Yola e Kano, in Nigeria. A tutti quelli che “Eh, ma parlate solo di Parigi, non di Beirut o del Kenya” ora chiedo: dov’è la notizia?
Nel senso, dove sono i vostri post in cui la diffondete affinché tutti diventino illuminati come voi? Dov’è la solidarietà che eravate pronti a dare a tutto il mondo fino all’altro ieri? Ve la siete persa fra un #selfie e un #foodporn?

Come ogni volta che succede qualcosa, nei giorni successivi agli attacchi di Parigi i social media sono diventati un puttanaio. Sciacallaggio, Salveenee sulla cresta dell’onda, gente che reputavi normale praticamente indistinguibile dai leghisti, gente pronta a partire in crociata, gente pronta a fucilare il kebabbaro sotto casa… gente che invece è rimasta realmente shoccata dall’accaduto e ha voluto esprimere il proprio orrore e la propria solidarietà ai Parigini. Sì, ok, l’app per il tricolore francese nella foto profilo è stupida e pacchiana, c’è la Tour Eiffel-simbolo della pace di Jean Jullien che è diventata virale ed esce dalle orecchie, ma almeno c’è stato chi si è concentrato sull’aspetto umano della tragedia invece che imbracciare il fucile senza pensare. Poi, probabilmente, un’altra settimana e ce ne saremo dimenticati tutti come con IlPiccoloAylan™, il leone Cecil e tutto il resto; ma cosa dite, meglio un tricolore sulla foto profilo o l’ennesimo ku-klux “cacciamoli tutti”?
E poi ci sono loro, gli immancabili Spiriti Illuminati che nuotano controcorrente e devono distinguersi sempre e comunque. Poco puntuali, ché il primo post del genere l’ho visto intorno alle 15 di sabato 14 (ma sarà che ho oscurato dalla dashboard la maggior parte dei miei contatti), sono arrivati a scagliarsi contro la massa ignorante che pensa solo a Parigi e non a Baghdad, a Damasco, a Beirut, al Kenya, ai Marò e alla Costa Concordia. Perché siamo tutti dei grandissimi ipocriti, dicono: quando la tragedia ci capita dietro casa ci preoccupiamo, ma del resto del mondo ce ne freghiamo. Giusto?
Beh, tanto per cominciare, mi fa piacere che, con tutto l’odio, il Medioevo e il qualunquismo che sono circolati sul web in quelle ore abbiano trovato ancora le forze di arrabbiarsi, criticare e scrivere post sulla solidarietà altrui. Priorità, ognuno ha le sue.
In secondo luogo, questa argomentazione la accetto soltanto da quelle persone che possono dimostrarmi in modo inconfutabile che, quando si fermano davanti al muro dei necrologi, piangono e subiscono un lutto per dei perfetti sconosciuti identico a quello che avrebbero se fosse morto loro un parente, un amico stretto o perfino il gatto.
Fino a prova contraria, più una tragedia ci colpisce da vicino, maggiore è la risposta emotiva che abbiamo. È brutto che le persone muoiano, lo è sempre e lo sappiamo; tuttavia, la morte di uno sconosciuto, ma anche di un semplice conoscente, è un concetto astratto che può dispiacerci, ma che non ci rattristerà mai davvero, perché non è qualcosa che ci tocca. Al contrario, la morte di una persona cara ci provoca un lutto; è difficile da accettare, ci rende inconsolabili, spesso ci distrugge. Non è ipocrisia: una tragedia è sempre brutta, ma la risposta emotiva è basata sulla prospettiva che abbiamo sull’evento. Non è qualcosa di cui ci si può fare una colpa.
La nostra coscienza collettiva funziona allo stesso modo. Non è solo una questione di vicinanza geografica: tutti abbiamo visto Parigi nei film, ne abbiamo sentito parlare nelle canzoni, ne abbiamo letto sui libri. Molti di noi ci sono anche stati personalmente. In tantissimi abbiamo emozioni o ricordi legati a quella particolare città, che fa parte del nostro bagaglio di esperienze e ha radici profondissime nella nostra cultura. Per questo i fatti che l’hanno coinvolta ci hanno shoccati così: ci hanno colpiti di rimando.
Anche se remotamente, Parigi in qualche modo fa parte della nostra vita. E dato che la nostra coscienza collettiva è formata dall’unione di tutte le nostre vite, è semplicemente normale che la risposta emotiva comunitaria sia stata così forte. Sarebbe disumano se così non fosse. D’altro canto, Beirut, Baghdad, Damasco, Garissa… sono posti di cui conosciamo l’esistenza (e nemmeno tutti), ma che non fanno parte della nostra memoria collettiva. Nemmeno per Boston nel 2013 c’è stato così tanto casino in Europa – mentre in America ovviamente sì. Fra l’altro, molti hanno un’esperienza indiretta del Medioriente solo come luogo che nei notiziari è teatro di violenze e morte: è brutto da dire, ma nel nostro immaginario è un po’ una cosa che ci si aspetta. Ci potrà dispiacere – anzi, ci dovrebbe dispiacere – per tutti umanamente, ma una tragedia lontana non andrà a colpirci emotivamente con altrettanta forza. È semplicemente così che funzionano le emozioni umane. Perché è di questo che si lamentano, i nostri Spiriti Illuminati: di quella che, alla fine, è un’enorme risposta emotiva di tante persone che hanno visto una parte, piccola o grande, della loro vita colpita.

Per cui, cari Spiriti Illuminati, se volete puntare il dito contro qualcuno, avete un mucchio di gente che cerca di sfruttare questa risposta emotiva per sobillare l’odio verso cose e persone che c’entrano marginalmente o per niente con la tragedia. Il fatto che, per una volta, a quello si affianchi anche una partecipazione alla tragedia stessa, sincera o meno, consapevole o miope, è l’ultimo dei problemi.
Se trovate che tutta questa sia ipocrisia, siete liberi di non partecipare: basta non dire nulla. Certo, così passerete inosservati e nessuno si accorgerà di quanto siete controcorrente, svegli e distinti dalla massa, ma di sicuro non è questo il punto… vero?
Per quanto mi riguarda, l’ipocrisia, quella vera, è la solidarietà postuma (e posticcia) a Beirut, a Baghdad o a Garissa, arrivata giorni o mesi dopo, senza alcuna menzione della cosa quando sono successi i fatti, buttata lì solo per fare il coro di voci fuori dal coro. L’ipocrisia, quella vera, è che stiate condividendo gli articoli che “Tutti parlano di Parigi, ma non di X e Y”, ma a suo tempo non abbiate condiviso quelli che riportavano la notizia. L’ipocrisia, quella vera, è che in questi giorni, dopo esservi ersi a paladini di quelli che gli Occidentali cattivi ignorano, non abbiate nemmeno menzionato cosa è successo a Yusufiyah o in Nigeria perché siete già tornati a farvi i selfie davanti al cibo. Che fine ha fatto la vostra voglia di informarvi e prendere a cuore tutto il mondo?

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