Friday 27 January 2017

Bambole

Tenetemi lontano le bambole quando ho bisogno di catarsi emotiva. Per qualche strano motivo, colpiscono non so che nervo scoperto e bam, mi fanno aprire le fontane.
Gli esempi si sprecano. Ricordo che qualche anno fa girava un meme su una bambola con un occhio stampato fuori posto; deve avermi beccato in un momento particolarmente brutto, perché ho iniziato a piangere finché non ho aperto Photoshop e ho riposizionato l’occhio al posto giusto per sentirmi meglio. Quando ho scoperto Tree Change Dolls è stato addirittura imbarazzante: mi sono fatto un’ora e mezzo al telefono con Katia a piangere come un deficiente mentre sfogliavo l’album delle ex Bratz di seconda mano a cui Sonia Singh ha ridato una vita. E quando La Tela di Aracne stava sbaraccando a Lucca e minacciava di buttare via una bambola un filino creepy per mancanza di spazio, l’ho prontamente adottata e portata a casa.
Riflettendo, credo che la mia tristezza per le bambole abbia radici ben precise: empatizzo con i reietti. Mi ha fatto tristezza che nessun bambino avrebbe mai giocato con quella bambola con l’occhio stampato male. Mi ha commosso che delle bambole abbandonate da qualche rigattiere abbiano avuto una seconda possibilità. Mi è dispiaciuto che nessuno volesse portarsi via la bambola creepy de La Tela di Aracne. Porca miseria, ricordo pure che una mattina, mentre compravo il biglietto dell’autobus in una tabaccheria a Nichelino, ho visto una bambola di sottomarca e mi è dispiaciuto pure per lei: magari qualche genitore l’avrebbe comprata per il figlio, che ci sarebbe rimasto male perché non era la Barbie che aveva visto in tv e l’avrebbe lasciata in uno scatolone a prendere la polvere invece che giocare con lei.
È questo che mi colpisce: le bambole sono abbastanza “umane” perché ci si possa proiettare sopra questo genere di sentimenti. Una bambola che nessuno vuole è molto simile a un umano che nessuno vuole, ed è una cosa che fa male. Come cosa è più marcata perché è un oggetto, un bene di consumo, ma alla fine è poi così diverso da come spesso si trattano le persone? Tutti ci troviamo a essere difettosi. A essere dimenticati da qualche parte. A non essere abbastanza, solo una pallida imitazione di ciò che gli altri si aspetterebbero. Non è una bella sensazione.

La cosa interessante è che questa riflessione è partita dall’unico caso in cui una bambola che tutti schifano non mi ha fatto tenerezza ma, anzi, ha fatto orrore anche a me: quella di Emma Watson ne La Bella e la Bestia. Non riesco proprio ad avere pietà per lei: è orrenda. È grottesca. Quando ho visto il repaint che Noel Cruz ne ha fatto, non ho pensato “Povere Belle malriuscite, nessuno vi amerà, c’è un posticino per voi nel mio quoreh”, ma “Cavolo, fategliele sistemare TUTTE e POI ne possiamo parlare”.
Basta, vado dalla mia Tecla: è una bambola di carta pescata in una rivista russa di non so quanti decenni fa. Non ho idea di che fine abbia fatto fisicamente, ma prima di ritagliarla ho avuto il buon senso di scannerizzarla; quando ho ritrovato l’immagine, ho creato un PSD con lei e tutti i suoi vestiti, e ogni tanto glieli cambio. Boh, eccola: saluta tutti, Tecla!

Per forza di cose, a Tecla piace il vintage.

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