Uno dei motivi per cui ero restio a iniziare altre serie tv dopo la fine di Streghe, o quando mi sono appassionato a Once Upon A Time, è che sapevo che, avendo molto materiale con cui fare il confronto, avrei iniziato a notarne i difetti. Più conoscenze hai in un settore, più strumenti di valutazione ti trovi, meno riesci a soprassedere sulle castronerie. Con Streghe non è successo molto grazie al fattore nostalgia, col progredire (e deteriorarsi) di Once invece sì, purtroppo. Ma vabbè, in realtà sono contento di aver ampliato gli orizzonti, dato che amo affezionarmi ai personaggi di cui seguo le vicissitudini.
Il problema è che, dovendo scegliere qual è la mia serie tv preferita, non saprei bene quale indicare: ciascuna ha i suoi alti e bassi, è imperfetta, ma ha qualcosa che me la rende speciale e continua a farmela guardare.
In tutto questo, però, avverto un po’ il colpo della perdita di Game of Thrones. Ché sì, è ancora in corso, ma non sto morendo d’impazienza per la prossima stagione: ci vado appresso e basta, senza seguirlo con l’entusiasmo di un tempo. E il motivo è piuttosto semplice:
No, non si tratta della morte di Margaery per sé: non sono il tipo che si incarognisce perché gli viene a mancare il personaggio preferito, specie in una seria ad alto tasso di mortalità. È più che altro ciò che questa morte rappresenta: la fine della parte interessante di Game of Thrones. L’intrigo politico, le manovre di palazzo, la lotta per la corona. È ovvio che non ci fosse più spazio per Margaery e la sua faida con Cersei ora che la storia si sposterà sempre più su resurrezioni, draghi, Estranei e quant’altro. Insomma, il fantasy più classico, quello che guardo, sì, ma con poco interesse, solo quando ci inciampo sopra.
Già l’arrivo di Daenerys da solo rischia di porre fine a tutta la parte interessante: è una tale power player che, con i suoi draghi (salvo colpi di scena) e i Dothraki e la mega-flotta, renderà vana la trama politica. L’alleanza con i Martell e quel che resta dei Tyrell è un accessorio: è armata fino ai denti e pronta a riprendersi il trono; se qualcosa le andrà storto, sarà probabilmente qualche whatsit magico. Idem dicasi per gli Estranei: di fronte all’ennesima guerra per la salvezza dell’umanità, le manovre di palazzo perdono totalmente importanza: sul trono sedrà chi sopravvive, e questo non è molto interessante.
Un po’ mi sarebbe piaciuto assistere alla sovrapposizione del “grande disegno” con i piccoli magheggi del mondo reale: una Margaery che cerca di lavorarsi Daenerys per uscirne a testa alta, o che, abituata all’estate, patisce l’inverno e cerca di fargli fronte mettendo dove può una pezza all’incompetenza di Cersei. Ecco: vederle scontrarsi direttamente su questioni di stato in una situazione di vera emergenza, piuttosto che su chi si tiene Tommen, sarebbe stato molto più gratificante.
Fatto sta che, ora che i giocatori che davano colore al gioco del trono sono quasi tutti morti, continuerò a guardare per la curiosità di sapere come andrà a finire e per:
• L’immediato dopo-tragedia a King’s Landing, che spero offrirà ancora qualche buon momento di politica senza draghi.
• Sansa, di cui aspetto la rivalsa definitiva.
• Olenna, perché è sempre un piacere ascoltarla, specie nella speranza che incontri Daenerys e le infili un “Do shut up, dear” a metà del quarto d’ora di presentazione.
• Lyanna Mormont, perché di lei non c’è mai abbastanza.
• La morte di Cersei. Che arriverà. Oh, se arriverà. E mi godrò ogni singolo istante.
Il resto sarà, temo, il solito fantasy. Il Gioco vero e proprio è finito.
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