Tuesday 5 February 2019

To love, aimer, любить

Qualche mese fa ho scritto un post in preda a un improvviso e confuso stato emotivo in cui facevo una specie di confessione d’amore a una persona non identificata. Tutt’ora non so cosa pensarne.

Non so se sono solo contento o anche un po’ geloso del fatto che ora abbia una storia. Che abbia trovato una persona che l’ha aiutato a far pace con alcuni aspetti di sé, e quel qualcuno non sia stato io. Non so se ne sono davvero mai stato innamorato, o gli voglio solo molto, molto bene. A volte la linea fra amore platonico e amore romantico è tremendamente incerta.
Ci sono stati molti momenti, prima di ogni incontro, in cui ero davvero convinto di esserne innamorato. Poi ci vedevamo di persona e tutto era perfetto: ero sopreso e travolto, ogni volta, dalla naturalezza del nostro rapporto, da come tutto fosse al suo posto, senza desideri inconfessati e frustrati, senza (quasi) tensione sessuale, senza il senso che mancasse qualcosa, il solo piacere di trovarsi e trascorrere del tempo insieme. Forse ho solo voluto fantasticarci sopra, immaginare un po’ di romanticismo che non sentivo davvero, per aggiungere quella nota di piacere in più all’impazienza del rivedersi.
Non è sorprendente che buona parte delle altre lingue che conosco non facciano una distinzione tra “amare” e “voler bene”: è tutto to love, aimer, любить, ed è bello poter dire “ti amo” senza che dentro ci sia per forza quell’accezione romantica.

E comunque, ho il vizio di auto-denigrarmi. Magari mi piace pensare di essere stato l’amante silenzioso, il lupo travestito da pecora che segretamente voleva azzannargli la gola come tutti gli altri, quando in realtà sono sempre stato davvero l’amico disinteressato di cui aveva bisogno.
Però è bello che, in mezzo a tutta questa incertezza, l’unica cosa chiara è sapere di voler davvero bene a qualcuno.

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