Saturday 9 February 2019

Together, and be.

Sono cinque anni che Murka se n’è andata. Ho un po’ la fissa per i multipli del cinque e del dieci, quindi questo è un anniversario che mi ha dato una bella botta.
Ho capito ormai che il senso di perdita non passa mai, ma non so ancora se si riesce a imparare a conviverci. Non più tardi di qualche settimana fa, mentre ero ancora giù, la Mater ha comprato dei carciofi dal fruttivendolo e ha lasciato la busta di carta marrone con gli scarti nell’angolo dove si trovavano le ciotoline di Murka. Finché poi non l’ha buttata, ogni singolo pasto la vedevo con la coda dell’occhio, e ogni singola volta mi voltavo per abitudine convinto che fosse Murka che mangiava con noi. Anche più volte nello stesso pasto. È più forte di me, ancora non mi sono abituato del tutto al fatto che non ci sia più.

Come fanno le persone più sane di me, con un rapporto positivo con le proprie emozioni? Si finisce mai di elaborare il lutto? Arriva mai un momento in cui rimangono i ricordi e il senso di vuoto si colma?
Perché io ci ho impiegato anni, letteralmente anni anche solo a piangerla davvero. Katia mi ha raccolto col cucchiaino quando, d’un punto in bianco, mentre eravamo su Skype, mi sono messo a singhiozzare sotto il peso di tutto quel dolore.
E anche se cerco di non pensarci, di convincermi del contrario, purtroppo non riesco a scacciare il ricordo del verso che ha fatto quando, nell’altra stanza, il veterinario le faceva l’iniezione eutanasica. Me l’hanno detto e ripetuto, che era solo un riflesso condizionato, che non era cosciente, non ha sentito dolore, è stato uno spasmo involontario mentre era già addormentata, ma nel profondo non riesco a non chiedermi se davvero, davvero sono stato lì con lei fino all’ultimo momento in cui era cosciente. Se non l’ho abbandonata proprio alla fine.
Perché è così difficile sopravviere a qualcuno che si ama?

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