Ieri era il primo giorno di primavera e ho ucciso la prima zanzara dell’anno. Ok, ero al padiglione Expo di Marghera, che è circondato da paludi in cui quei piccoli mostri possono proliferare, ma credo che ciò significhi che la parte brutta dell’anno è ufficialmente iniziata. Se solo sabato mattina Venezia era avvolta da una coltre di nebbia che rendeva i suoi contorni misteriosi e affascinanti, oggi la temperatura è tiepida e il sole è onnipresente. Gli odori sono più vividi (e fra i canali di Venezia questa non è decisamente una buona cosa), gli insetti proliferano, la gente sciama fuori di casa e prende d’assalto le strade. Insomma, il mondo sta uscendo dal letargo e sta per diventare nuovamente insopportabile.
È vero, ultimamente sembra quasi che lo faccia apposta, a prendermi male per tutto ciò che le persone normali amano: Natale e Capodanno, poi Carnevale, la primavera, Pasqua… insomma, sono entrato nel circolo vizioso per cui le cose che mi lasciano indifferente ma rendono felici gli altri mi urtano proprio perché mi sento escluso dell’atmosfera gioiosa. Misery loves company: voler trascinare il resto del mondo nel mio stato di perpetua grumpiness è decisamente poco salutare.
D’altro canto, però, non mi sento pronto a rinunciare al conforto che l’autunno, l’inverno e tutte le cose ad essi associate mi portano: più che imporre una valenza negativa sugli altri privandoli di ciò che amano, la mia priorità è la positività che ciò che amo io dà a me.
Il fatto è che il cielo nuvoloso, il freddo, il buio, mi danno un senso di protezione. Le nuvole sono un limite che rende il cielo meno immenso, l’oscurità taglia via una larga fetta di modo e rende tutto più anonimo. E più fa freddo, più posso coprirmi di strati di vestiti che mi fanno da armatura contro il resto del mondo. Insomma, l’inverno è un bozzolo confortevole nel quale posso accoccolarmi, in cui ci sono più barriere fra me e “là fuori”. Ed è anche un momento in cui il resto del mondo è più goffo, lento, letargico e mi fa sentire meno fuori posto: ogni cosa è più lenta e mi sembra di arrancare di meno per starci appresso.
Cavolo, a rileggermi sembra che stia rivivendo il periodo goth che ho passato da
adolescente, solo a livello più esistenziale, interiorizzato, senza
ostentarlo per moda. Fatto sta che non mi sento affatto pronto ad affrontare un’esplosione di vitalità tutto intorno a me. E, sotto sotto, sto sperando che all’inverno mite che abbiamo avuto corrisponda un’estate moscia, fresca e piovosa.
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