Thursday, 2 March 2017

Riarrangiare il cervello intorno all’omosessualità di Le Fou

Circa due anni fa, (o mio dio, sono davvero passati due anni? A confronto, queste ultime due settimane sembr… no, SONO COMUNQUE LE PIÙ LUNGHE E DIFFICILI DA SUPERARE, AIUTATEMI).
Ahem, dicevo.
Circa due anni fa, avevo parlato fra il serio e il faceto di come Gaston de La Bella e la Bestia riassuma tutto ciò che di male il sessismo, il conservatorismo e il becero provincialismo hanno da offrire al mondo. Di faceto c’erano i miei commenti sulla gnoccagine di Luke Evans (che non ritratto: dai trailer e gli sneak peek, so già che andrò al cinema con un magliocino bello lungo), di serio l’analisi di come Gaston rappresenti il modello di mascolinità più tossico che possa essere partorito e coltivato da una società retriva e chiusa su se stessa. E sì, non appena sono stato abbastanza grande da avere cognizioni di causa, ho spesso scherzato sull’evidente man-crush che Le Fou ha verso di lui; parlando più seriamente, non è poi tanto assurdo pensare che un ambiente di mascolinità esasperata sia in realtà permeato da un forte impulso omoerotico, accuratamente nascosto per facilitare l’inserimento nel gruppo sociale chiuso e bigotto. Basti pensare a quanto omoerotismo involontario (?) permei l’estetica dei regimi totalitari che esaltano la prodezza virile fra i loro valori fondamentali.
E poi è successo questo:


Il primo commento che ho fatto è stato tipo: “Cavolo, nonostante Luke Evans che propelle i miei ormoni in orbita, mi sento comunque più eterosessuale di questa scena!”. L’avevo presa come un’esagerazione / parodia affettuosa della rispettiva scena nel film animato (le canzoni e le danze nei musical di questo tipo non sono quasi mai diegetiche, l’atteggiamento di Le Fou poteva rientrare nella non-diegesi), ma poi è arrivato l’annuncio dal regista, Bill Condon, via Attitude Magazine:


Le Fou è qualcuno che prima vuole essere Gaston, e subito dopo vuole baciare Gaston. È confuso su ciò che desidera, sta giusto capendo che ha questi sentimenti. E Josh Gad rende tutto ciò sottile e delizioso. Alla fine, ha un payoff, anche se non voglio anticiparlo. Ma è un momento carino ed esclusivamente gay in un film Disney.
Ed è qui che mi è esplosa la testa e non ho più idea di cosa pensare.

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Il fatto è che sono combattuto fra due pensieri più immediati, e un terzo su cui avrò molto da rimuginare. Il secondo di questi pensieri è che mi si sono inumiditi gli occhi per il fatto che il primo film Disney ad avere un personaggio LGBT, ma proprio apertamente LGBT – niente sottotesto, niente speculazioni, niente easter egg, niente fan theory, niente cameo sullo sfondo – sarà proprio La Bella e la Bestia, il remake del MIO La Bella e la Bestia. Non so, è una cosa che mi ha emozionato tantissimo.
Il secondo pensiero, dicevo, perché la primissima reazione è stato un breve tic del sopracciglio al fatto che questo storico primo personaggio apertamente LGBT della Disney sia il galoppino del villain. Ora, non che questo sia un problema di per sé; è solo che viene a inserirsi sulla scia di una lunga lista di villain Disney che sono “coded queer” (senza andare lontano, basterebbe menzionare Forte, il cattivo dell’orribile midquel Un Magico Natale, la cui motivazione di fondo è, sostanzialmente, una grossa cotta per la Bestia – ma per fortuna quel film non è mai esistito) fra cui Ratigan, Scar, Ratcliffe, Ursula, Ade, volendo anche Jafar… La quale lista è a sua volta una diretta eredità che ci ha lasciato il Codice Hays, concepito nel 1930 e durato fino al 1968, con il quale Hollywood si autocensurava su alcuni temi ritenuti “sensibili”, fra cui le “relazioni impure”; questi temi potevano essere sottintesi solo ed esclusivamente nella misura in cui si aggiungevano alla caratterizzazione di un villain che avrebbe poi subito la meritata punizione e, col tempo, l’associazione è diventata talmente forte che un modo veloce per stabilire un villain uomo è farlo effeminato e sessualmente ambiguo (così come un modo veloce per stabilire la villain donna è scriverla come femme fatale). Ora, nulla contro il Codice Hays – è un prodotto dei suoi tempi e parte della storia del cinema – ma un po’ mi secchrebbe se questa pietra miliare della Disney risentisse ancora dell’ombra di un vecchio artefatto della censura del secolo scorso.

Il terzo pensiero, ad ogni modo, è stato la realizzazione che Le Fou è parte integrante del “sistema”. Sulle prime mi ha irritato pensare a un personaggio LGBT così inglobato nel machismo tossico contro cui mi sono scontrato tutta la vita; soffermandomici a mente più lucida, in realtà è uno sviluppo molto interessante: La Bella e la Bestia del 1991 condanna apertamente la cultura dell’ostracismo e la mentalità provinciale del paese di Belle, e Gaston è presentato inequivocabilmente come un modello negativo. Ma se la persecuzione dell’“estraneo” è più facile da razionalizzare (Belle è stramba, per forza è esclusa), un Le Fou gay permetterebbe di sottolineare come un atteggiamento tossico e bigotto possa avere conseguenze e ferire perfino qualcuno che fa parte della “cerchia”. Involontariamente, un atteggiamento come quello di Gaston potrebbe far male a un amico, un familiare, un conoscente, e ciò non è bello.
Ovviamente dovrò aspettare il film per farmi un’idea definitiva in merito, ma se è questa la strada che hanno scelto di percorrere col primo personaggio Disney apertamente gay, è un messaggio molto profondo e importante, specie in un momento storico in cui, fra gli uomini bianchi, etero, cisgender, abili e che magari hanno vissuto la loro vita coccolati dall’avanzamento economico e sociale di un paese come la Svezia, si è diffusa questa antipatia per la political correctness e il rifiuto dell’empatia verso gli altri, mentre Milo Yiannopoulos viene osannato come il nuovo Messia (i riferimenti a cantanti che un tempo ritenevo intelligenti sono pruamente casuali).

Comunque, la curiosità di vedere come si svilupperà tutto ciò ha appena allungato la durata apparente di queste due settimane di circa il 300%.

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