Sunday, 9 December 2018

Bandwagon

Anni fa, Claudio Rossi Marcelli ha riportato una citazione di Pete Waterman che trovo molto veritiera. Dice che la musica pop è come un fiore: quando sboccia si fa appena in tempo a sentirne il profumo che è già appassito.
Mettiamoci una puntina sopra e teniamolo da parte, poi ci ritorneremo.

Lo so, è irritante quando tutti e la loro zia si scoprono improvvisamente fan di qualcosa in concomitanza con un particolare evento – tipo quando tutti si sono ricordati dei The Cranberries lo scorso gennaio. Per i fan veri dev’essere frustrante vedere masse di inetti aprire bocca a sproposito su qualcosa che loro amano davvero, spammarlo a destra e manca per quella settimana e mezza, scrivere lunghe eulogie piagate da sintassi elefantina, gravitas preconfezionata e abuso di figure retoriche in cui ci si improvvisa connoisseur (ogni riferimento è puramente casuale) e poi passare alla moda successiva come se nulla fosse. Davvero, posso capire il reflusso acido che sale.

Detto questo, mi spiace per i fan, ma l’uscita di Bohemian Rhapsody mi ha catapultato nella massa di inetti che sono improvvisamente diventati isterici per i Queen. Sono settimane che canticchio la canzone in questione (che – gasp! – conobbi per la prima volta tramite la cover di Emilie Autumn), e dall’altro ieri che ogni tanto apro YouTube per ascoltare i brani più famosi e poi cliccare a caso nei suggerimenti per scoprirne di nuovi. Il tutto conoscendoli sì (perché sarebbe assurdo il contrario), ascoltandoli volentieri quando capitava, ma senza averli seguiti davvero prima. Dal punto di vista di un fan, probabilmente anch’io sono fra quelli che sono andati da zero a cento in uno schiocco di dita.
E non è sorprendente: Freddie Mercury è morto che avevo due anni e mezzo, non avevo fratelli o cugini più grandi che potessero farmeli conoscere all’età giusta (o meglio, di cugini più grandi ne ho da regalare, ma dubito abbiano una cultura musicale – o generale – tale da poter ascoltare musica del genere), per cui, semplicemente, non ci sono cresciuto. Per dire, la prima volta che ricordo di averli sentiti è stata nella pubblicità del Ballantines che usava Innuendo, e lì sono rimasti per tanto tempo.
Per tornare a Waterman, non ho avuto modo di annusare il fiore prima che diventasse un esemplare pressato nell’erbario dei fiori eccezionali: riconosco che la loro musica ha un valore immenso, che come band sono ineguagliabili, ma non posso definirmi un appassionato come lo sono delle band che ho ascoltato da ragazzino.

Tuttavia, trovo un po’ ingiusto ridurre il rinnovato interesse generale per i Queen unicamente a una moda che la gente segue ciecamente. Chi ha iniziato a postarli solo perché ne parlano tutti e avrà dei big like assicurati c’è di sicuro, ma non sono tutti.
Per questo, fan dei Queen, siate pazienti e non prendetevela indiscriminatamente con gli inetti che, come me, si sono goduti il film e sono saltati di prepotenza sul bandwagon. Il fatto che Bohemian Rhapsody incuriosisca e faccia parlare della band o venire voglia di approfondirli non è necessariamente una cosa negativa. È più della semplice ipocrisia degli ultimi arrivati che non se li sono mai filati davvero e ora ne parlano come se fossero Veri Fan™: magari sarà, per qualche ragazzino là fuori, il cugino più grande che li farà appassionare davvero alla band; o lo spunto per qualcuno che, come me, li ha apprezzati di passaggio e ora vorrà iniziare ad ascoltarli più seriamente.

E sì, fan dei Queen, voi siete arrivati prima e li ascoltavate da prima che tornassero di moda. Ma se sul bandwagon ora si sta stretti e c’è un sacco di gente che fa caciara, pazientate un po’ e vedete che quelli scenderanno, ma lasceranno dietro nuove persone con cui condividere la passione per la band. Di per sé, il film può essere quel momento speciale che, di conseguenza, rende speciale anche la band e la sua musica per le generazioni che non hanno potuto annusare il fiore quando era ancora sul prato.

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