Tuesday, 12 March 2019

La mia minigonna

Ci sono momenti in cui (cretini catto-bigotti a parte), per molti versi, vivo le app di dating come un vero e proprio vizio, tipo bere o fumare: non mi dà nulla di utile, mi fa sentire frustrato e incazzato con me stesso, ma non riesco a smettere. Continuo ad aggrapparmi a quella piccola quotidianità, al ritualismo di aprire il telefono, scorrere profili, vedere chi mi visita e rispondere più o meno acidamente a chi mi contatta.
Più o meno acidamente perché, a quanto pare, quando si sta online le regole della convivenza civile volano fuori dalla finestra.

Su tutte le app che frequento, il mio profilo è molto dettagliato. Tutti i campi circa le mie preferenze sessuali sono compilati, ché la curiosità e legittima, ma nella descrizione elenco, accanto ad alcune regole base per una conversazione cordiale, i miei interessi e hobby. Il messaggio è implicito: puoi soddisfare le tue curiosità circa un’eventuale intesa sessuale leggendo tutto lì, ma per arrivarci devi intavolare una conversazione interessante quando mi scrivi, per la quale ti offro molteplici spunti.
Che questo accada è piuttosto raro, e ormai nemmeno ci faccio più caso. Ma poi c’è la gente che non capisce che siamo persone, dietro i profili, e dovremmo trattarci come tali. Non sono lì per farmi deumanizzare e trattare alla stregua di un pene con le gambe, né farmi mancare di rispetto, né fare da accessorio alle parafilie altrui.
Poi è ovvio che dei casi più eclatanti mi piace parlare e ridere con i miei amici: certe cose sono talmente assurde che sembrano uscit da un b-movie. C’è chi rimane esterrefatto con me, chi se la ride, chi si incavola pure. Ma c’è anche una reazione che mi lascia sempre l’amaro imbocca. Perché da qualcuno arriva un qualche variazione di questo commento: “Vabbè, ma anche tu che stai lì, cosa ti aspetti? Cancellati e non ti scriveranno.”
Superficialmente può sembrare una domanda molto pertinente; scavando un po’, però, ha ramificazioni problematiche.

Il fatto che frequenti app di dating non significa che non debba essere rispettato. Non è che, perché sto lì, allora “me la cerco” – perché il sottinteso è questo – quando arriva il maniaco di turno.
Mi viene in mente una persona in particolare che mi ha detto questa cosa a più riprese e – sorpresa, sorpresa! – è super femminista: la minigonna non è consenso. Una donna che gira da sola la sera non è consenso. Cosplay non è consenso. Il vestito non è un invito.
Ho letto spesso post di questa persona (e di altre che mi hanno posto l’obiezione di cui sopra) in cui combatte attivamente il victim blaming nei casi di molestia. Post che ribadiscono l’importantissima, fondamentale verità che una donna deve sentirsi libera di andare dove vuole, vestita come vuole, sola o in compagnia, senza che debba temere di essere approciata malamente, molestata o stuprata. E chissà, magari è davvero andata in quel club o in quel pub perché cerca nuove conoscenze, magari anche con benefit, ma ciò non significa automaticamente che debba starci con chiunque le si offra, né che le si debba mancare di rispetto.

Ecco, mi chiedo: perché, se questo concetto è così chiaro per le donne nel mondo reale, sembra così difficile da applicare anche agli uomini che frequentano Grindr o PlanetRomeo? Cosa c’è di diverso? Perché quelle stesse persone mie amiche che con una mano combattono le molestie, con l’altra mi fanno un velato slut shaming perché sto sulle app se mi lamento di quelle che mi arrivano come vere e proprie molestie?
Il principio è lo stesso: vero, sto sulle app perché spero di conoscere persone nuove; vero, do una certa dose di disponibilità sessuale, entro gli stretti limiti che impongo. Ma ciò non significa che non mi si debba rispetto come essere umano, così come lo si deve alla ragazza in minigonna al pub.
Ad essere sincero, più delle avance maldestre o fuori luogo mi dà fastidio proprio che persone che mi si dicono vicine e si mostrano sensibili all’argomento su altri versanti reagiscano così e buttino la colpa su di me perché le ricevo. Stare su Grindr non è “cercarsela”, né più né meno che indossare una minigonna la sera.

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