Wednesday 27 November 2019

Pills For Broken Dreams

Quasi un anno fa, una certa persona, in un certo contesto, mi ha chiesto quali fossero i miei sogni. Non la mia cripta onirica, ma i miei progetti, le mie speranze, le mie aspettative per il futuro.
Mi sono reso conto che non sapevo cosa rispondere.
Non so più quali siano i miei sogni. Non ricordo nemmeno quali fossero prima.
Di sicuro, a un certo punto, devo aver sognato di farmi una famiglia, per lo meno nella versione “ridotta” di una coppia: dopo tutto, sono pur sempre cresciuto con Gomez e Morticia Addams come modello romantico, dev’essere qualcosa che ho sognato.
Probabilmente ho anche sognato di diventare ricco; crescendo sarà diventato poi benestante, e infine economicamente stabile, ma quella speranza dev’essere stata lì. Ricordo distintamente che una delle prime sere a Trieste, nello squallore della camera della casa dello studente, col linoleum blu per terra e le pareti vuote, ho pensato che dovevo sbrigarmi a completare e pubblicare il racconto che stavo scrivendo, se volevo tirarmi fuori da lì.
Quando cantavo nella band, avrò pur sognato che pian piano ci saremmo fatti un nome. Sono piuttosto certo di aver anche sognato, un giorno, di mollarli e andare a fare il solista, ché già allora fare il darkettino a tutti i costi iniziava a farmi sentire limitato.
Naturalmente ho sognato di viaggiare, scoprire nuovi posti, scattare foto ovunque. E, a questo proposito, sicuramente ho sognato di arrivare di fronte a un certo qualcuno con la mia macchina fotografica.
Quella è l’unica certezza che ho ora. Per il resto, tiro a indovinare: nulla di tutto ciò mi fa sentire nulla, in questo momento. Nemmeno la condiscendenza con cui si ripensa a quando si era giovani e ingenui, quando si pensava che fare il passo più grande della gamba fosse facile. Nemmeno l’imbarazzo per aver immaginato qualcosa di stupido e infattibile.
Niente. Come se fossero appartenuti a qualcun altro.

Per il futuro, non riesco proprio a immaginare qualcosa. Un po’ è perché il mondo sta girando così velocemente che un futuro immaginato dieci anni fa è già obsoleto e inapplicabile. Un po’ perché l’attuale situazione sociale, politica ed economica è talmente disastrosa che fa temere anche solo per l’indomani, figurarsi se permette di fare piani a lungo termine. Ma principalmente non ricordo più come si fa a sognare.
O per lo meno a sognare in grande e nel concreto. Quel fatidico incontro mi aveva fatto ricominciare a fare qualche piccolo, sporadico sogno: non ammazzarmi di commissioni alle fiere, tanto per cominciare. Ma anche qualcosa di più superficiale, tipo potermi permettere un viaggio a Barcellona per farmi un tatuaggio da Elijah, la rosa araldica dei Tyrell per ricordarmi sempre che le miniere si prosciugano, l’inverno finisce e le rose sbocciano di nuovo.
E invece, grazie per l’ennesima delusione.
Se non altro, mi aggrappo alla consapevolezza che non posso prendermela con me stesso, per una volta: più di così non avrei potuto fare.
Però ho di nuovo paura di sognare anche in piccolo. Di sicuro non rimparerò entro breve a sognare in grande.

Where are my pills for broken dreams?
Where are my furs, my plastic gleam?
Please, entertain: the lights are on.

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