Wednesday 10 November 2021

Mille piccoli graffi

Ieri notte il Mac mi ha tirato un nuovo numero: si è ibernato come ogni tanto fa (con la batteria nuova è meno frequente, ma sono più che altro io che ormai mi sono desensibilizzato e non batto più ciglio) e, quando l’ho riacceso, mi è sparito il wi-fi. Ho provato a riavviarlo e mi ha detto testualmente: “Wi-fi non disponibile, nessun hardware installato”. Ho fatto un bel respiro, l’ho proprio spento e quando l’ho riacceso era tornato tutto a posto. Sgradevole perché non me l’aveva mai fatto, ma nulla di che.

Oggi mi sono svegliato e, intercettando il flusso di coscienza che continua imperterrita a vomitarmi addosso mentre ancora non so nemmeno come mi chiamo, l’ho raccontato alla Mater.
La sua risposta? “Beh, ci credo, sta acceso da quando ti svegli a quando vai a dormire.”
Chiaro: è colpa mia che lo accendo e lo uso, non del fatto che ormai è nel suo decimo anno di vita.
E allora ho pensato: “Gee, I wonder why io mi colpevolizzi letteralmente per qualsiasi cosa.”
È sottile, apparentemente innocuo e a prima vista nemmeno irragionevole, ma oggi qualcosa ha cliccato nella mia testa e me ne sono reso conto: sono cresciuto con una fila interminabile di microattacchi come questo, di attribuzioni più o meno implicite di colpa per cose che sono o solo marginalmente collegate, o del tutto indipendenti dal mio corso d’azione. È tutto ciò che ho conosciuto nella mia vita, e non è quindi sorprendente se il mio primo pensiero, quando succede qualcosa, è trovare il punto in cui io ho sbagliato e fustigarmici sopra.
Però oggi bravo me, che ho immediatamente individuato e isolato il pattern senza lasciarmelo affibbiare né interiorizzarlo – e, anzi, riconoscere che è un comportamento abituale da parte della Mater.

Oh, e visto che siamo in tema, giusto tre giorni fa ho confessato a Katia di aver dovuto fare uno sforzo cosciente per non leggere ulteriori motivi in una cosa completamente scollegata da me che mi ha detto. E perché? Sempre perché sono cresciuto con una madre il cui metodo di comunicazione preferito, quando qualcosa non andava, era fare la passivo-aggressiva, e la cosa ha marchiato a fuoco nella mia coscienza che non posso fidarmi delle cose che mi vengono dette, c’è sicuramente qualcosa da leggere tra le righe, devo capire da solo qual è la cosa sbagliata che ho fatto, o quella giusta che non ho fatto.
Anche lì, ho riconosciuto il pattern e l’ho isolato, perché a volte la gente ha semplicemente i cavoli suoi e non dipende dalle mie presunte mancanze, ma non fidarsi della trasparenza di nessuno, soprattutto le persone più vicine, è davvero stancante.

TL;DR, ora che la mia generazione è in fase procreativa, ragazzə: ricordatevi di non essere mai genitori passivo-aggressivi e di non abituare lə vostrə figliə ad assumersi colpe che non dipendono da loro. Altrimenti tra venti o trent’anni saranno adultə copertə di cicatrici emotive incapaci di abbassare la guardia, rilassarsi e affrontare un problema senza fustigarsi.

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