“Complimenti, Alessandro, bravo davvero”.
Venendo dal professore di fisica e matematica (aka Uccellino Puzzone, ormai la nomenclatura è quella), non credo sia esagerato.
Sembra che la giornata più lunga (o, per lo meno, una delle più impegnative) sia finalmente giunta al termine. E si è conclusa con una passeggiata solitaria al lungomare, mentre tornavo a casa, osservando le bancarelle con The Last Song I’m Wasting On You degli Evanescence nelle orecchie. Passeggiavo lentamente, soffermandomi a guardare ogni cosa: le borchie, le imitazioni delle marche tamarre, gli oggetti etnici, i dolciumi, l’incenso, la bigiotteria, i minerali…
La mattina è iniziata con una Mater insolitamente fiduciosa che mi ha accompagnato a scuola in macchina. Dopo aver assistito pigramente a tre interrogazioni, è stato il mio turno.
Commenti su quanto la foto da quindicenne sulla carta d’identità sia poco somigliante all’attuale aspetto, convenevoli, e quant’altro. Ed io che inizio da Inglese.
Ad una certa, la prof (interna) mi fa delle domande di Francese ed Italiano (sempre in Inglese), e m’interrompe, facendomi notare che l’esame lo devo sostenere in Italiano. Risatina mia e della commissione, e mi volto verso quella di Italiano (esterna) mi chiede perché ho scelto quel periodo, ed io da lì la indirizzo al Decadentismo. Parliamo dei motivi per cui non ho inserito né D’Annunzio né Pascoli nella tesina (evitando di dire che, in sostanza, sono dei provincialotti in confronto agli autori mittel-europei), per poi passare a Filosofia e Storia (esterna).
Prima domanda: “Nella tua tesina affronti il tema del Bello. Come si rapportava al Bello Platone?”. Ora, chi l’ha più toccato Platone, negli ultimi due anni? Eppure me la sono cavata egregiamente. La seconda domanda è la concezione platonica dell’arte, e questa la ricordavo chiaramente. Si passa poi a Kant, Schopenhauer, Nietzsche, fino a domande del calibro di “Che cos’è per te l’Arte?”, “Secondo te il Bello è oggettivo?”, “Secondo te la Filosofia è un’Arte?”, “Cos’è, per te, il brutto in Arte?”. Ho sentito mandibole che cascavano, ma ho risposto a tutto. Storia è stata sulla stessa linea, suppergiù: non m ha chiesto nulla che fosse nella tesina o nel programma, ma di esporre la mia concezione della storia, se fosse lineare o ciclica.
È stato poi il turno di quello di Geografia Astronomica (esterno), che mi ha chiesto perché la scoperta di Nettuno, una breve esposizione dei fatti, da cosa si distingue una stella da un pianeta (dal fatto che in cielo il pianeta si muove, ma la cosa mi sembrava talmente ovvia che inizialmente sono finito a parlare della distanza da cui ci giunge la luce e la deflessione del pulviscolo atmosferico)… ed è poi stato il turno di matematica e fisica (interno).
[Con spiccato accento calabrese] “Dato che siamo in tema, parlami del campo magnetico terrestre”. Un invito a nozze! Insomma, sono riuscito a rispondere sia alle domande sul campo magnetico terrestre, sia a quelle sui condensatori, e perfino a quelle di matematica su Rolle ed i limiti! Quell’uomo mi ha davvero voluto bene!
Infine, Storia dell’Arte (interno). Mi ha lasciato esporre i Prerafaelliti, e poi... domanda inaspettata: “E dello Stile Liberty cosa sai dirmi?”. Nel programma, siamo arrivati al post-impressionismo, così, per dare un’idea di quanto il Liberty fosse fuori. Ed in quel momento, ho ringraziato di aver cominciato a scrivere il racconto ed essermi documentato a tal riguardo (l’attico dove vive Dorian è, appunto in Stile Liberty).
E questo è stato quanto. Ho visto le prove scritte, ho ricevuto complimenti per il saggio breve, mi è stato chiesto cosa voglio fare dopo.
“Davvero? Pensavamo l’Accademia”.
Ho esitato. Non ho detto che vorrei pubblicare un libro. Avevo solo voglia di uscire. E, quando già ero fuori, ecco i complimenti dell’Uccellino Puzzone, e gli altri che mi hanno detto che quello di Storia dell’Arte commentava che era stata una delle prove migliori.
Sorvoliamo i commenti della Mater, e andiamo direttamente al saggio.
Sono stato dietro le quinte per buona parte del tempo, finché non o notato la Mater sul palchetto, così ho seguito le rimanenti performance da lì. Quando infine abbiamo iniziato noi di musica leggera, ho aggiunto l’ultimo tocco alla mia tenuta (ovvero la matita agli occhi), e sono salito sul palco.
Presentarmi al saggio di fine anno dell’Istituto Artistico Musicale Giuseppe Verdi, in un teatro colmo di mamme (algheresi) di bimbi che suonano il piano, vestito con un paio di anfibioni in piena estate, jeans stretti ornati da due catene (di cui una fatta di teschietti), una maglietta con i lacci sul petto e su un braccio, ed un polsino nero coi lacci, un braccialetto con i teschietti ed uno con le lamette all’altro braccio, senza contare i capelli lunghi e gli occhi truccati ha scatenato immediatamente una certa diffidenza. Quando poi è partita la traccia musicale e si sono sentite le chitarre elettriche (ricordiamo che Whoever Brings The Night non è mica una ballata), l’ostilità proveniente dalla sala è divenuta palpabile.
Ed è per questo motivo (ed anche perché era la mia prima esibizione pubblica) che ho fatto il maggior errore della performance: mi sono mosso pochissimo, se si esclude la mimica facciale. Tuttavia, non in pochi mi hanno detto che ho cantato bene e non ho stonato o sbagliato un attacco neanche una volta. Il che è bene.
Dopo di che, la passeggiata.
Ed è stato in quel momento che mi sono reso conto di quanto, basilarmente, la mia vita ad Alghero sia ormai finita. Ho finito la scuola, ed anche canto. Mi sono congedato in grande stile da ogni cosa che mi legava ancora a questa città. Ora ci sarà un periodo di nulla ad oltranza, di quotidianità sopita, fino al distacco definitivo.
Il futuro.
Venendo dal professore di fisica e matematica (aka Uccellino Puzzone, ormai la nomenclatura è quella), non credo sia esagerato.
Sembra che la giornata più lunga (o, per lo meno, una delle più impegnative) sia finalmente giunta al termine. E si è conclusa con una passeggiata solitaria al lungomare, mentre tornavo a casa, osservando le bancarelle con The Last Song I’m Wasting On You degli Evanescence nelle orecchie. Passeggiavo lentamente, soffermandomi a guardare ogni cosa: le borchie, le imitazioni delle marche tamarre, gli oggetti etnici, i dolciumi, l’incenso, la bigiotteria, i minerali…
La mattina è iniziata con una Mater insolitamente fiduciosa che mi ha accompagnato a scuola in macchina. Dopo aver assistito pigramente a tre interrogazioni, è stato il mio turno.
Commenti su quanto la foto da quindicenne sulla carta d’identità sia poco somigliante all’attuale aspetto, convenevoli, e quant’altro. Ed io che inizio da Inglese.
Ad una certa, la prof (interna) mi fa delle domande di Francese ed Italiano (sempre in Inglese), e m’interrompe, facendomi notare che l’esame lo devo sostenere in Italiano. Risatina mia e della commissione, e mi volto verso quella di Italiano (esterna) mi chiede perché ho scelto quel periodo, ed io da lì la indirizzo al Decadentismo. Parliamo dei motivi per cui non ho inserito né D’Annunzio né Pascoli nella tesina (evitando di dire che, in sostanza, sono dei provincialotti in confronto agli autori mittel-europei), per poi passare a Filosofia e Storia (esterna).
Prima domanda: “Nella tua tesina affronti il tema del Bello. Come si rapportava al Bello Platone?”. Ora, chi l’ha più toccato Platone, negli ultimi due anni? Eppure me la sono cavata egregiamente. La seconda domanda è la concezione platonica dell’arte, e questa la ricordavo chiaramente. Si passa poi a Kant, Schopenhauer, Nietzsche, fino a domande del calibro di “Che cos’è per te l’Arte?”, “Secondo te il Bello è oggettivo?”, “Secondo te la Filosofia è un’Arte?”, “Cos’è, per te, il brutto in Arte?”. Ho sentito mandibole che cascavano, ma ho risposto a tutto. Storia è stata sulla stessa linea, suppergiù: non m ha chiesto nulla che fosse nella tesina o nel programma, ma di esporre la mia concezione della storia, se fosse lineare o ciclica.
È stato poi il turno di quello di Geografia Astronomica (esterno), che mi ha chiesto perché la scoperta di Nettuno, una breve esposizione dei fatti, da cosa si distingue una stella da un pianeta (dal fatto che in cielo il pianeta si muove, ma la cosa mi sembrava talmente ovvia che inizialmente sono finito a parlare della distanza da cui ci giunge la luce e la deflessione del pulviscolo atmosferico)… ed è poi stato il turno di matematica e fisica (interno).
[Con spiccato accento calabrese] “Dato che siamo in tema, parlami del campo magnetico terrestre”. Un invito a nozze! Insomma, sono riuscito a rispondere sia alle domande sul campo magnetico terrestre, sia a quelle sui condensatori, e perfino a quelle di matematica su Rolle ed i limiti! Quell’uomo mi ha davvero voluto bene!
Infine, Storia dell’Arte (interno). Mi ha lasciato esporre i Prerafaelliti, e poi... domanda inaspettata: “E dello Stile Liberty cosa sai dirmi?”. Nel programma, siamo arrivati al post-impressionismo, così, per dare un’idea di quanto il Liberty fosse fuori. Ed in quel momento, ho ringraziato di aver cominciato a scrivere il racconto ed essermi documentato a tal riguardo (l’attico dove vive Dorian è, appunto in Stile Liberty).
E questo è stato quanto. Ho visto le prove scritte, ho ricevuto complimenti per il saggio breve, mi è stato chiesto cosa voglio fare dopo.
“Davvero? Pensavamo l’Accademia”.
Ho esitato. Non ho detto che vorrei pubblicare un libro. Avevo solo voglia di uscire. E, quando già ero fuori, ecco i complimenti dell’Uccellino Puzzone, e gli altri che mi hanno detto che quello di Storia dell’Arte commentava che era stata una delle prove migliori.
Sorvoliamo i commenti della Mater, e andiamo direttamente al saggio.
Sono stato dietro le quinte per buona parte del tempo, finché non o notato la Mater sul palchetto, così ho seguito le rimanenti performance da lì. Quando infine abbiamo iniziato noi di musica leggera, ho aggiunto l’ultimo tocco alla mia tenuta (ovvero la matita agli occhi), e sono salito sul palco.
Presentarmi al saggio di fine anno dell’Istituto Artistico Musicale Giuseppe Verdi, in un teatro colmo di mamme (algheresi) di bimbi che suonano il piano, vestito con un paio di anfibioni in piena estate, jeans stretti ornati da due catene (di cui una fatta di teschietti), una maglietta con i lacci sul petto e su un braccio, ed un polsino nero coi lacci, un braccialetto con i teschietti ed uno con le lamette all’altro braccio, senza contare i capelli lunghi e gli occhi truccati ha scatenato immediatamente una certa diffidenza. Quando poi è partita la traccia musicale e si sono sentite le chitarre elettriche (ricordiamo che Whoever Brings The Night non è mica una ballata), l’ostilità proveniente dalla sala è divenuta palpabile.
Ed è per questo motivo (ed anche perché era la mia prima esibizione pubblica) che ho fatto il maggior errore della performance: mi sono mosso pochissimo, se si esclude la mimica facciale. Tuttavia, non in pochi mi hanno detto che ho cantato bene e non ho stonato o sbagliato un attacco neanche una volta. Il che è bene.
Dopo di che, la passeggiata.
Ed è stato in quel momento che mi sono reso conto di quanto, basilarmente, la mia vita ad Alghero sia ormai finita. Ho finito la scuola, ed anche canto. Mi sono congedato in grande stile da ogni cosa che mi legava ancora a questa città. Ora ci sarà un periodo di nulla ad oltranza, di quotidianità sopita, fino al distacco definitivo.
Il futuro.
Luccellino puzzone è stato un Santo, vero? *-* XDDD
ReplyDeleteIn veste di futura editrice (H) ti invito a rileggere il post e correggere gli errori XD
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